Sfida di Scrittura #6 - Legami d'Amore

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  1. Rue Ryuzaki
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    Hans, Principe della Danimarca



    “Allora il principe serrò la mano sull'elsa della propria spada e piroettò, ora a destra e ora a sinistra, per schivare gli attacchi del drago, fino a che non riuscì a scivolargli in mezzo alle zampe e conficcargli la lama nell'addome. Il mostro ruggì e stramazzò a terra. Il nemico era stato sconfitto e la principessa era finalmente sana e salva, pronta a ricongiungersi al suo amato”, concluse il giovane Hans, posando il pennino tra le pagine del libro e voltandosi verso il fratello, Sigurd, seduto sull'erba al suo fianco. “Allora, quali sono le tue considerazioni in merito a quanto ho letto?”
    Sigurd si portò una mano sul mento e aggrottò la fronte. “Ebbene... credo che non sia del tutto malvagia come fiaba, anzi, direi che sia la migliore che tu abbia mai scritto, giacché c'è lo scontro con il drago. Le altre sono un po' troppo... troppo...” Posò lo sguardo su quello dell'ultimo fratello, i cui occhi silenti fremevano nel ricevere una risposta; allora strinse i denti e continuò: “smielate...?”
    Hans sussultò e sospirò, posando la vista verso l'orizzonte: il Sole primaverile si rispecchiava nel mare che brillava in lontananza, con tanto di vascelli ormeggiati nel porto. Il vento giocoso si dilettava a far danzare i fiori e l'erba, che donavano vita ai prati ormai nel pieno del loro splendore, e a far scompigliare i capelli ai due principi.

    “Grazie per l'onestà, fratello”, intervenne il più piccolo tra i due, il viso sorridente rivolto verso il suo interlocutore, “ma credo che le lascerò in codesto modo; le apprezzo per la loro semplicità e proprio perché sono incentrate solo su genuini sentimenti d'amore. Non gradisco molto i conflitti, a meno che non siano strettamente necessari.”
    “Oh, già... Hans il misericordioso!”, esclamò Sigurd con un sorrisetto beffardo sul candido viso.
    “Spiritoso! Dopotutto non sono io ad aver il nome del leggendario eroe che ha salvato la valchiria Brunilde”, gli rispose di rimando e subito notò Sigurd alzare appena il mento, gonfiando il petto. Allora Hans non poté fare a meno di ridere: avrebbe dovuto avere un'aria alquanto regale e altezzosa, ma il vento giocherellone gli aveva scomposto i fili dorati al tal punto da farli sembrare una matassa tutta arruffata.


    All'improvviso una voce femminile richiamò l'attenzione dei due, che si voltarono e videro una serva avvicinarsi con due destrieri.
    “Principe Sigurd, principe Hans!”, esclamò la giovane donna tra un affanno e l'altro. Non appena fu dinanzi a loro, s'inchinò e riprese a parlare: “Sono spiacente di dovervi disturbare, ma a palazzo è giunta madama Belinda, fra non molto si celebreranno le nozze di vostro fratello maggiore con la signora.”
    Sigurd sbiancò e sussultò nell'udire la notizia: “Non rimembravo che fosse oggi il fatal giorno!”
    Mentre Hans si picchiettò la fronte e scosse il capo. “Ebbene, direi che non c'è tempo da perdere”, esordì e si alzò da terra, poi offrì una mano al fratello, che si rimise in piedi e andò dal proprio cavallo.
    “Avreste potuto usufruire di uno dei due destrieri, Agnes, almeno non sareste giunta con un tale affanno”, aggiunse il biondo, montando sul proprio corsiero nero, seguito da Hans che cavalcò su quello bianco.
    “Non mi sembrava opportuno, non mi appartengono... sono vostri e non volevo incorrere in alcuna punizione.”
    “Non siamo come Frederik lo zotico”, puntualizzò Hans con un piccolo sorriso e porgendole una mano. “Venite, non vorrete tornare a palazzo a piedi, dopo tutta la fatica che avete fatto.”
    La ragazza si perse per un breve attimo nelle sue iridi smeraldine, le guance le si tinsero di un leggero rossore e il cuore le sussultò per un istante. “G-grazie, mio signore...” S'inchinò e subito dopo gli strinse la mano, venendo alzata da terra e fatta sistemare sulla sella del cavallo.

    E così, con una frustata di redini, i due principi cavalcarono verso il castello. Non appena furono abbastanza vicini, costeggiarono le mura di cinta ed entrarono dal cancello sul retro, così da non richiamare l'attenzione di chicchessia e raggiungere le stalle di soppiatto. Smontarono dai destrieri, Hans aiutò la serva a scendere, e di filata s'intrufolarono nel palazzo, sbucando nelle cucine – piene zeppe di leccornie per la grande cerimonia – per poi salire l'ampia scalinata. Approdati al secondo piano, i due fratelli si separarono ed entrarono nelle rispettive camere. Quando fu al sicuro nelle proprie quattro mura, Hans sospirò sollevato, si sgranchì i muscoli e si tolse il soprabito, adagiandolo sul letto. A quel punto riempì il catino con dell'acqua e si diede una rinfrescata al viso. Dopo di che si guardò allo specchio e si diede una sistemata ai fili ramati, scompigliati a opera d'arte dall'inarrestabile vento primaverile. Per finire si cambiò d'abito, indossando il completo da cerimonia rosso con fini decorazioni bianche e argentate.


    In capo a qualche minuto, la porta si aprì e la testa biondiccia di Sigurd sbucò, per poi entrare del tutto nella stanza e inondarla con la sua radiosità.
    “Ti sei sistemato in pochissimo tempo!”, constatò Hans, guardando il fratello attraverso lo specchio.
    Sigurd alzò le spalle. “Direi che non sono richieste particolari abilità per codeste cose. E poi ho fatto più in fretta possibile per fantasticare su Belinda insieme a te! Secondo te com'è?”
    “Ebbene... presumo sia una madama raffinata e gentile, magari spiritosa. Me la immagino con una lunga chioma ramata e gli occhi azzurri”, rivelò Hans con aria assorta, una mano sotto il mento e lo sguardo sognante.
    “Non ti ho chiesto qual è la principessa dei tuoi sogni!”, esclamò Sigurd, tra una risata e l'altra, dandogli una gomitata sul fianco. “Di certo non vorrai che nostro fratello si sposi con la nobildonna dei tuoi pensieri.”
    Hans rise di rimando, il viso lievemente arrossato. “No, direi proprio di no.”
    “Ordunque, come ti immagini Belinda? A me dal nome sembra una signora enorme, una di quelle robuste quanto un guerriero, tosta e seriosa. Anche i lineamenti me li immagino marcati, addolciti appena dalla lunghissima chioma rossa.”

    “Da come la descrivi sembra un uomo, non una nobile signora”, sottolineò Hans, trattenendo le risate.
    “Te l'ho detto, è il nome! Be-lin-da, senti come suona ampolloso e massiccio!”, gli fece notare Sigurd con tanto di gesticolazioni, per poi guardarlo in viso. “A te non fa lo stesso effetto?”
    Hans scosse il capo sorridendo. “No, decisamente no. Penso che sia comunque una madama raffinata e composta, magari seria, con uno sguardo glaciale e capelli voluminosi e rossi. Di fisico non la paragonerei a un cavaliere, beninteso, ma più a una donna minuta, forse un poco formosa.”
    “Spero per lei che non sia come dici tu, visto che si deve sposare con Bjørn*: gentile e amabile, grazie a Dio, ma con una stazza da orso! Un nome e una garanzia, insomma”, disse Sigurd e già la mente prese ad abbozzare assurde situazioni, con la povera Belinda schiacciata tra le braccia possenti del fratello maggiore; e allora mormorò: “Quando un lieto matrimonio si trasforma in un triste funerale...”
    “Sigurd!” lo rimproverò Hans, tirandogli una gomitata sul fianco.
    “Chiedo venia!”
    “Sarà meglio che ci accingiamo a raggiungere la cappella, prima di arrivare in ritardo.”
    “Ebbene, fate strada, fratellino”, incitò Sigurd, invitandolo con un gesto di mano.

    Hans si sistemò la giacca e, con passo deciso, si diresse verso la porta, seguito dal fratello. Insieme raggiunsero la chiesetta situata nel giardino nord del castello, gremito di nobili e cavalieri giunti da ogni angolo della Danimarca e Svezia. I due principi presero posto all'interno della cappella, decorata di fiori bianchi e celesti, e dopo una manciata di minuti la cerimonia iniziò. Il coro intonò la canzone tradizionale e Belinda fece il suo ingresso: un sontuoso abito celeste, e ricamato d'argento, quasi la faceva sparire, mentre i capelli fiammeggianti erano strettamente raccolti mettendo in mostra i lineamenti del viso.
    “Alla fine avevamo ragione entrambi...”, sussurrò Sigurd, avvicinandosi al viso di Hans senza distogliere lo sguardo dalla principessa.
    “È così piccola che quasi si perde nel vestito... Come fa a non cadere?”
    “Sarà tutta muscoli... Non mi sorprenderebbe se si sottoponesse a un addestramento da soldato, già il volto serio e duro sembra tipico da guerriero”, ipotizzò Sigurd con un piccolo sorrisetto sulle labbra.
    “Degna donna per Bjørn, anzi, lui in confronto sembra un agnellino.”

    Sigurd si portò le mani davanti alla bocca, cercando in tutti i modi di trattenere le risate e ritrovare il giusto contegno per un principe; dopo di che rimasero entrambi in silenzio. La cerimonia fluì e Bjørn e Belinda furono uniti nel sacro vincolo del matrimonio, sotto la benedizione di Dio e la testimonianza dei presenti. Quando il rito fu concluso, le campane suonarono a festa, portando l'annuncio della lieta novella in tutto il Regno. Allora la celebrazione continuò a palazzo, dove fiumi di birra e idromele scorrevano accompagnati da leccornie di ogni tipo.
    Verso sera, l'orchestra diede inizio alle danze e a quel punto Sigurd, rimasto in disparte insieme ad Hans, incominciò a guardarsi intorno.
    “Mmh... qual modesta donzella sarà la mia madama per codeste danze?”
    Hans sorrise e scosse il capo. “Sigurd, scegline una qualsiasi, è solo un ballo.”
    Il biondo si voltò verso il fratello minore, le sopracciglia arcuate e le labbra schiuse. “Ma non eri tu il principe romantico?”
    Il rosso distolse lo sguardo dal proprio libro e lo guardò, alzando le spalle. “Non credo che troverai la tua consorte qui, anche perché deve essere approvata prima da nostro padre, e dubito gli aggraderebbe una contessa come figlia acquisita.”

    “Sangue di Giuda!”, sospirò Sigurd, le spalle curve e una mano sul viso. “Il re potrebbe pure chiudere un occhio sui suoi ultimi figli... Che ci lasciasse fare qualcosa a noi gradito.”
    “Ebbene... non son certo se il mio pensiero sia affine a quello di nostro padre, potrei anche essere in errore e quindi... potrebbe anche gradire una contessa. Ho solo parlato per esperienza, in base ai nostri oneri nei confronti del nostro Regno...”, precisò Hans, lo sguardo fisso sul quello implorante e in cerca di approvazione del fratello. “Ordunque, credo che tu possa anche considerare codeste danze come un modo per conoscere la tua futura consorte, anche se non mi aspettavo un tal desiderio da parte tua. Credevo volessi unirti alla marina.”
    “Non voglio precludermi...”, informò Sigurd, tornando con lo sguardo sulla sala. “Mi lascio libero a ogni esperienza. Oh! Eccola!” Si alzò di scatto e si sistemò capelli e vestito, poi si voltò verso il fratello. “Tu non vieni?”
    Hans alzò il capo su di lui e gli sventolò il manoscritto: “No, voglio annotare di Belinda e Bjørn, ho avuto un'idea.”
    “Ebbene, a dopo!”

    Hans lo guardò allontanarsi, fino a che non raggiunse una giovane donzella, fine e delicata come una rosa, vestita con un semplice abito turchese. Allora tornò con il viso sul suo libro e, armato di pennino, riprese a comporre di Belinda la ninfa e Bjørn il principe orso. Rimase quasi per una buona parte della serata da solo, immerso in quel fiume di parole che andava, via via, a imprimere nelle pagine, quando la sua quiete solitaria non fu disturbata.
    “O guarda... il giovane Hans tutto solo, in compagnia del suo solito scribacchiare”, proferì Frederik, scambiando un'occhiata complice con l'altro fratello, Erik. “Chissà cosa scarabocchia.”
    Hans li guardò entrambi, la fronte corrugata e lo sguardo serio e le labbra assottigliate. Alzò appena il mento e parlò: “Frederik, Erik... spero che la serata sia di vostro gusto.”
    Erik alzò le spalle e accennò un piccolo sorriso. “Non posso lame-”, non ebbe il tempo di concludere la frase che il fratello più grande s'intromise.
    “Invero ci annoiavamo”, disse Frederik, richiamando l'attenzione di entrambi su di sé, “per questo siamo qui!” Allora strappò il manoscritto dalle mani di Hans, che subito scattò in piedi, ma si bloccò.
    “Vi chiedo di ridarmelo, Frederik.”
    “Non prima di aver letto qualcheduna delle tue storielle”, specificò il fratello maggiore, nel mentre sfogliava qualche pagina. “O ma che premura, il nostro fratellino ha scritto un racconto su Belinda e Bjørn!” Allora lesse qualche riga di Belinda la ninfa e Bjørn il principe orso, per poi scoppiare in una fragorosa risata.

    Erik aggrottò le sopracciglia e si voltò verso Hans, il capo chino celava il viso arrossato mentre le mani erano strette in un ferreo pugno. “Frederik, per favore, restituisci il libro ad Hans...”
    Il giovane principe guardò Erik e questi gli accennò un piccolo sorriso, mentre Frederik sbuffò e roteò gli occhi, per poi lanciare l'oggetto al proprietario.
    “Ad ogni modo, fai bene a trovarti un'altra occupazione, fratellino, visto che non c'è alcuna corona destinata al tuo capo!”, esclamò il maggiore con un ghigno sul pallido viso.
    “Dite il vero, non ho alcuna speranza di regnare, ma condividiamo lo stesso destino, caro fratello, essendo voi il settimo nella linea di successione. E con il matrimonio di Bjørn, il vostro diritto al trono si fa ancora più lontano”, puntualizzò Hans con un sorriso soddisfatto, il mento appena alzato e il libro stretto al petto.
    Frederik serrò i denti e strinse i pugni, le gote arrossate e la fronte increspata; l'ira trasudava da ogni parte del suo essere a tal punto che Hans era quasi certo che lo avrebbe visto tramutarsi in un drago. Dopo aver infilzato per bene il fratellino con il suo sguardo micidiale, Frederik alzò i tacchi e se ne andò.
    “I miei complimenti, Hans. Sei proprio un brillante e intelligente oratore”, disse Erik, posandogli una mano sulla spalla, mentre un sorriso gentile gli illuminava il viso lentigginoso e gli occhi azzurri, donandogli un tocco di tenerezza nello sguardo.
    “Grazie, Erik, spero che l'arte oratoria possa essermi utile in futuro.”
    “Se si vuole mantenere la pace tra i popoli, è certo che troverà un buon impiego. Non è la spada che
    mantiene l'armonia tra i regni, ma la parola”, lo rassicurò il fratello maggiore.
    “Vedrò di ricordarmelo.”
    E così la serata continuò, tra danze e brindisi, fino a che la luna non brillò alta nel cielo, pronta a condurre nel regno dei sogni ogni anima del castello.


    Le giornate seguenti filarono nel pieno della quotidianità, con Hans e Sigurd che trascorrevano il loro tempo in compagnia della natura selvaggia e incontaminata della Danimarca, ove il minore si dilettava a narrare al maggiore una qualche favola composta da poco. Ma un tale privilegio, essendo principi, non sarebbe durato per sempre: gli oneri, prima o poi, giungono sempre a reclamare il loro tempo. Erano i primi giorni di giugno, quando ciò avvenne e Hans fu convocato alla corte del Re. Non appena venne annunciato, il giovane principe varcò l'ingresso della sala del trono e, giunto in prossimità del Re, s'inchinò.
    “Volevate vedermi, mio Re?”, chiese Hans, ancora piegato in riverenza.
    “Ebbene, sì, figlio. Odo molti dire che ti diletti nell'arte dello scrivere e lo stesso Erik, venuto qui prima di te, ha elogiato le tue doti dialettiche. Per questo motivo ti ho convocato. Ho un'importante mansione da affidarti e solo tu, grazie a codeste abilità intellettive, puoi essere utile al Regno.”
    “In che modo, Sire?”, domandò il principe, lo sguardo fisso sulla figura imponente e fiera del padre.
    “Diplomazia. Il Regno di Arendelle è pronto a incoronare la sua nuova regina, la principessa Elsa. Il tuo compito sarà quello di assicurarti buone relazioni con quelli che, un tempo, erano nostri alleati.”
    Hans sussultò e il cuore perse un battito, scosse il capo e sbatté più volte le palpebre: “Mio signore, non credo che... che le mie doti oratorie possano essere all'altezza per una siffatta incombenza.”

    “Mi fido del giudizio di Erik, avrei potuto mandare lui, ma ha insistito nell'affidare a te codesto impiego, poiché ti ritiene più adatto alla situazione.”
    “Oh... Vi sono grato, padre, mio Re, per avermi scelto”, ringraziò Hans con un nuovo inchino, questa volta ancora più sommesso.
    “Partirai con le prime luci dell'alba. Sarai accompagnato da alcuni consiglieri e cavalieri. Ora va' a prepararti.”
    Detto ciò, Hans si congedò e tornò nella propria camera dove era certo avrebbe trovato un Sigurd curioso e frenetico.
    “Allora? Cosa voleva il Re?”, chiese il fratello, girandogli intorno e con lo sguardo fisso su di lui.
    “Domani partirò per Arendelle, affari diplomatici. La nuova regina verrà incoronata e io devo mantenere buoni rapporti con il suo Regno, per il bene del nostro”, rivelò Hans, mentre si apprestava a preparare il baule da portare con sé.
    “E fino a quando starai via?”, domandò Sigurd, una nota di tristezza diluita nella voce.
    Il rosso scosse il capo e alzò le spalle. “Non lo so, spero di cavarmela in un paio di giorni, al massimo due settimane.”
    “Pensami, quando danzerai con le madame norvegesi!”
    “Non credo che avrò tempo per le danze, Sigurd. È la prima mansione importante che mi affida nostro padre, non voglio di certo distrarmi troppo.”
    “Che principe esemplare. Dai, ti aiuto con la roba...”, mormorò, infine, Sigurd, armeggiando con qualche capo del fratello.
    “Grazie, Sigurd. Vedrai che tornerò presto.”
    Così alle prime luci dell'indomani, Hans s'imbarcò sul veliero reale e partì alla volta di Arendelle.


    *Bjørn: In norvegese vuol dire orso
     
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