Sfida di Scrittura #6 - Legami d'Amore

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    Da oggi inizia ufficialmente la Sfida di Scrittura Legami d’Amore!

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    I preliminari sono finiti, dunque è il momento di passare all’azione ;)
    Dopo aver scritto una storia coerente col tema da me proposto, ciascuna delle tre scrittrici partecipanti (Laura, Nancy e Rue) aprirà una discussione in questa sezione, mettendo come titolo “Legami d’Amore” o “Sfida di Scrittura 6”. Nella descrizione/sottotitolo ognuna dovrà scrivere il proprio nickname.

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    Il contenuto del post, ovviamente, dovrà essere costituito dalla storia :)
    A quel punto interverranno le lettrici-beta: ciascuna di loro leggerà solo la storia dell’autrice da cui è stata scelta come beta (Fanny leggerà la storia di Rue, Charly leggerà la storia di Laura, io leggerò la storia di Nancy) e darà tutti i consigli e le dritte che ritiene necessari.
    Quando autrice e lettrice-beta avranno raggiunto un accordo sulla forma definitiva della storia, essa dovrà essere pubblicata in questo topic ;)


    Ricapitolando:
    - da oggi le 3 autrici possono ufficialmente cominciare a scrivere le storie
    - ciascuna di loro, quando avrà scritto tutta la storia, la pubblicherà in una nuova discussione da aprire qui nella sezione “Mano alla penna!”, dal titolo “Legami d’Amore” o “Sfida di Scrittura 6”, e inserirà il proprio nickname nel sottotitolo
    - le 3 lettrici-beta si terranno pronte e ciascuna aspetterà che la sua autrice abbia aperto la discussione con la storia
    - ogni lettrice-beta è tenuta a leggere solo la storia della sua autrice, dando suggerimenti per migliorarla e/o correggendo eventuali errori commessi dall’autrice
    - il lavoro delle 3 autrici e delle 3 lettrici-beta è indipendente, poiché ogni autrice pubblicherà la sua storia in base ai suoi tempi, ovvero quando riesce a terminarla e si sente pronta per farla leggere alla sua beta, e ogni beta svolgerà il proprio lavoro di lettura e revisione autonomamente rispetto alle altre lettrici-beta
    - nel momento in cui beta e autrice saranno d’accordo sul fatto che la storia è pronta, ogni autrice pubblicherà la propria storia, ormai in forma definitiva, in questa discussione dove tutto è cominciato; qui avverranno le letture e i commenti “normali” che caratterizzano le sfide di scrittura :)

    Come limite di tempo, direi che si potrebbe fissare mercoledì 14 febbraio. In caso di imprevisti potete chiedermi di prorogare la scadenza della sfida (o eventualmente di anticiparla).

    Ricordate che non c’è un limite di parole per i vostri racconti (purché non arrivino a trasformarsi in storie lunghe a capitoli!) e che sono ammesse le fanfiction, ma soltanto se chi le scrive riesce a crearne una leggibile da tutti senza l’aiuto di una sinossi esplicativa. Le poesie e le filastrocche, invece, non sono ammesse.
    Se avete bisogno di rinfrescarvi ulteriormente la memoria sui parametri di questa sfida di scrittura, vi rimando al mio primo post.

    In bocca al lupo a tutte e che l’ispirazione vi accompagni!

     
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    Elizabeth Swann Io ho un dubbio: siccome sono un po' satura di storie d'amore, volevo proporre qualcosa di diverso ma inerente al tema della sfida. Sarebbe possibile partecipare con un estratto del mio romanzo? :)
    Chiedo perché sono un attimo incerta.
     
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    -Laura- guarda, dipende da cosa vuoi intendere con "amore". Come ho detto nel post di apertura di questo topic, ogni partecipante può scegliere di trattare il tema come preferisce, parlando di amore genitoriale, fraterno, ecc. Non c'è nessun obbligo di focalizzarsi sull'amore romantico.
    La cosa importante è che sia presente il tema del vincolo che unisce i personaggi coinvolti. Può trattarsi di un vincolo di sangue, oppure di un vincolo derivante da una promessa - che non dev'essere per forza pronunciata a voce da un personaggio, può essere implicita - di amarsi e sostenersi l'un l'altro. Insomma, il tema della sfida è abbastanza "flessibile", se capisci cosa intendo! ;)

    Se vuoi partecipare con un estratto di una tua opera, non c'è problema. L'unico requisito, a parte l'aderenza al tema, è quello della comprensibilità: la tua storia dovrà essere pienamente comprensibile anche a chi non sa nulla del tuo romanzo :)
     
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    Hans, Principe della Danimarca



    “Allora il principe serrò la mano sull'elsa della propria spada e piroettò, ora a destra e ora a sinistra, per schivare gli attacchi del drago, fino a che non riuscì a scivolargli in mezzo alle zampe e conficcargli la lama nell'addome. Il mostro ruggì e stramazzò a terra. Il nemico era stato sconfitto e la principessa era finalmente sana e salva, pronta a ricongiungersi al suo amato”, concluse il giovane Hans, posando il pennino tra le pagine del libro e voltandosi verso il fratello, Sigurd, seduto sull'erba al suo fianco. “Allora, quali sono le tue considerazioni in merito a quanto ho letto?”
    Sigurd si portò una mano sul mento e aggrottò la fronte. “Ebbene... credo che non sia del tutto malvagia come fiaba, anzi, direi che sia la migliore che tu abbia mai scritto, giacché c'è lo scontro con il drago. Le altre sono un po' troppo... troppo...” Posò lo sguardo su quello dell'ultimo fratello, i cui occhi silenti fremevano nel ricevere una risposta; allora strinse i denti e continuò: “smielate...?”
    Hans sussultò e sospirò, posando la vista verso l'orizzonte: il Sole primaverile si rispecchiava nel mare che brillava in lontananza, con tanto di vascelli ormeggiati nel porto. Il vento giocoso si dilettava a far danzare i fiori e l'erba, che donavano vita ai prati ormai nel pieno del loro splendore, e a far scompigliare i capelli ai due principi.

    “Grazie per l'onestà, fratello”, intervenne il più piccolo tra i due, il viso sorridente rivolto verso il suo interlocutore, “ma credo che le lascerò in codesto modo; le apprezzo per la loro semplicità e proprio perché sono incentrate solo su genuini sentimenti d'amore. Non gradisco molto i conflitti, a meno che non siano strettamente necessari.”
    “Oh, già... Hans il misericordioso!”, esclamò Sigurd con un sorrisetto beffardo sul candido viso.
    “Spiritoso! Dopotutto non sono io ad aver il nome del leggendario eroe che ha salvato la valchiria Brunilde”, gli rispose di rimando e subito notò Sigurd alzare appena il mento, gonfiando il petto. Allora Hans non poté fare a meno di ridere: avrebbe dovuto avere un'aria alquanto regale e altezzosa, ma il vento giocherellone gli aveva scomposto i fili dorati al tal punto da farli sembrare una matassa tutta arruffata.


    All'improvviso una voce femminile richiamò l'attenzione dei due, che si voltarono e videro una serva avvicinarsi con due destrieri.
    “Principe Sigurd, principe Hans!”, esclamò la giovane donna tra un affanno e l'altro. Non appena fu dinanzi a loro, s'inchinò e riprese a parlare: “Sono spiacente di dovervi disturbare, ma a palazzo è giunta madama Belinda, fra non molto si celebreranno le nozze di vostro fratello maggiore con la signora.”
    Sigurd sbiancò e sussultò nell'udire la notizia: “Non rimembravo che fosse oggi il fatal giorno!”
    Mentre Hans si picchiettò la fronte e scosse il capo. “Ebbene, direi che non c'è tempo da perdere”, esordì e si alzò da terra, poi offrì una mano al fratello, che si rimise in piedi e andò dal proprio cavallo.
    “Avreste potuto usufruire di uno dei due destrieri, Agnes, almeno non sareste giunta con un tale affanno”, aggiunse il biondo, montando sul proprio corsiero nero, seguito da Hans che cavalcò su quello bianco.
    “Non mi sembrava opportuno, non mi appartengono... sono vostri e non volevo incorrere in alcuna punizione.”
    “Non siamo come Frederik lo zotico”, puntualizzò Hans con un piccolo sorriso e porgendole una mano. “Venite, non vorrete tornare a palazzo a piedi, dopo tutta la fatica che avete fatto.”
    La ragazza si perse per un breve attimo nelle sue iridi smeraldine, le guance le si tinsero di un leggero rossore e il cuore le sussultò per un istante. “G-grazie, mio signore...” S'inchinò e subito dopo gli strinse la mano, venendo alzata da terra e fatta sistemare sulla sella del cavallo.

    E così, con una frustata di redini, i due principi cavalcarono verso il castello. Non appena furono abbastanza vicini, costeggiarono le mura di cinta ed entrarono dal cancello sul retro, così da non richiamare l'attenzione di chicchessia e raggiungere le stalle di soppiatto. Smontarono dai destrieri, Hans aiutò la serva a scendere, e di filata s'intrufolarono nel palazzo, sbucando nelle cucine – piene zeppe di leccornie per la grande cerimonia – per poi salire l'ampia scalinata. Approdati al secondo piano, i due fratelli si separarono ed entrarono nelle rispettive camere. Quando fu al sicuro nelle proprie quattro mura, Hans sospirò sollevato, si sgranchì i muscoli e si tolse il soprabito, adagiandolo sul letto. A quel punto riempì il catino con dell'acqua e si diede una rinfrescata al viso. Dopo di che si guardò allo specchio e si diede una sistemata ai fili ramati, scompigliati a opera d'arte dall'inarrestabile vento primaverile. Per finire si cambiò d'abito, indossando il completo da cerimonia rosso con fini decorazioni bianche e argentate.


    In capo a qualche minuto, la porta si aprì e la testa biondiccia di Sigurd sbucò, per poi entrare del tutto nella stanza e inondarla con la sua radiosità.
    “Ti sei sistemato in pochissimo tempo!”, constatò Hans, guardando il fratello attraverso lo specchio.
    Sigurd alzò le spalle. “Direi che non sono richieste particolari abilità per codeste cose. E poi ho fatto più in fretta possibile per fantasticare su Belinda insieme a te! Secondo te com'è?”
    “Ebbene... presumo sia una madama raffinata e gentile, magari spiritosa. Me la immagino con una lunga chioma ramata e gli occhi azzurri”, rivelò Hans con aria assorta, una mano sotto il mento e lo sguardo sognante.
    “Non ti ho chiesto qual è la principessa dei tuoi sogni!”, esclamò Sigurd, tra una risata e l'altra, dandogli una gomitata sul fianco. “Di certo non vorrai che nostro fratello si sposi con la nobildonna dei tuoi pensieri.”
    Hans rise di rimando, il viso lievemente arrossato. “No, direi proprio di no.”
    “Ordunque, come ti immagini Belinda? A me dal nome sembra una signora enorme, una di quelle robuste quanto un guerriero, tosta e seriosa. Anche i lineamenti me li immagino marcati, addolciti appena dalla lunghissima chioma rossa.”

    “Da come la descrivi sembra un uomo, non una nobile signora”, sottolineò Hans, trattenendo le risate.
    “Te l'ho detto, è il nome! Be-lin-da, senti come suona ampolloso e massiccio!”, gli fece notare Sigurd con tanto di gesticolazioni, per poi guardarlo in viso. “A te non fa lo stesso effetto?”
    Hans scosse il capo sorridendo. “No, decisamente no. Penso che sia comunque una madama raffinata e composta, magari seria, con uno sguardo glaciale e capelli voluminosi e rossi. Di fisico non la paragonerei a un cavaliere, beninteso, ma più a una donna minuta, forse un poco formosa.”
    “Spero per lei che non sia come dici tu, visto che si deve sposare con Bjørn*: gentile e amabile, grazie a Dio, ma con una stazza da orso! Un nome e una garanzia, insomma”, disse Sigurd e già la mente prese ad abbozzare assurde situazioni, con la povera Belinda schiacciata tra le braccia possenti del fratello maggiore; e allora mormorò: “Quando un lieto matrimonio si trasforma in un triste funerale...”
    “Sigurd!” lo rimproverò Hans, tirandogli una gomitata sul fianco.
    “Chiedo venia!”
    “Sarà meglio che ci accingiamo a raggiungere la cappella, prima di arrivare in ritardo.”
    “Ebbene, fate strada, fratellino”, incitò Sigurd, invitandolo con un gesto di mano.

    Hans si sistemò la giacca e, con passo deciso, si diresse verso la porta, seguito dal fratello. Insieme raggiunsero la chiesetta situata nel giardino nord del castello, gremito di nobili e cavalieri giunti da ogni angolo della Danimarca e Svezia. I due principi presero posto all'interno della cappella, decorata di fiori bianchi e celesti, e dopo una manciata di minuti la cerimonia iniziò. Il coro intonò la canzone tradizionale e Belinda fece il suo ingresso: un sontuoso abito celeste, e ricamato d'argento, quasi la faceva sparire, mentre i capelli fiammeggianti erano strettamente raccolti mettendo in mostra i lineamenti del viso.
    “Alla fine avevamo ragione entrambi...”, sussurrò Sigurd, avvicinandosi al viso di Hans senza distogliere lo sguardo dalla principessa.
    “È così piccola che quasi si perde nel vestito... Come fa a non cadere?”
    “Sarà tutta muscoli... Non mi sorprenderebbe se si sottoponesse a un addestramento da soldato, già il volto serio e duro sembra tipico da guerriero”, ipotizzò Sigurd con un piccolo sorrisetto sulle labbra.
    “Degna donna per Bjørn, anzi, lui in confronto sembra un agnellino.”

    Sigurd si portò le mani davanti alla bocca, cercando in tutti i modi di trattenere le risate e ritrovare il giusto contegno per un principe; dopo di che rimasero entrambi in silenzio. La cerimonia fluì e Bjørn e Belinda furono uniti nel sacro vincolo del matrimonio, sotto la benedizione di Dio e la testimonianza dei presenti. Quando il rito fu concluso, le campane suonarono a festa, portando l'annuncio della lieta novella in tutto il Regno. Allora la celebrazione continuò a palazzo, dove fiumi di birra e idromele scorrevano accompagnati da leccornie di ogni tipo.
    Verso sera, l'orchestra diede inizio alle danze e a quel punto Sigurd, rimasto in disparte insieme ad Hans, incominciò a guardarsi intorno.
    “Mmh... qual modesta donzella sarà la mia madama per codeste danze?”
    Hans sorrise e scosse il capo. “Sigurd, scegline una qualsiasi, è solo un ballo.”
    Il biondo si voltò verso il fratello minore, le sopracciglia arcuate e le labbra schiuse. “Ma non eri tu il principe romantico?”
    Il rosso distolse lo sguardo dal proprio libro e lo guardò, alzando le spalle. “Non credo che troverai la tua consorte qui, anche perché deve essere approvata prima da nostro padre, e dubito gli aggraderebbe una contessa come figlia acquisita.”

    “Sangue di Giuda!”, sospirò Sigurd, le spalle curve e una mano sul viso. “Il re potrebbe pure chiudere un occhio sui suoi ultimi figli... Che ci lasciasse fare qualcosa a noi gradito.”
    “Ebbene... non son certo se il mio pensiero sia affine a quello di nostro padre, potrei anche essere in errore e quindi... potrebbe anche gradire una contessa. Ho solo parlato per esperienza, in base ai nostri oneri nei confronti del nostro Regno...”, precisò Hans, lo sguardo fisso sul quello implorante e in cerca di approvazione del fratello. “Ordunque, credo che tu possa anche considerare codeste danze come un modo per conoscere la tua futura consorte, anche se non mi aspettavo un tal desiderio da parte tua. Credevo volessi unirti alla marina.”
    “Non voglio precludermi...”, informò Sigurd, tornando con lo sguardo sulla sala. “Mi lascio libero a ogni esperienza. Oh! Eccola!” Si alzò di scatto e si sistemò capelli e vestito, poi si voltò verso il fratello. “Tu non vieni?”
    Hans alzò il capo su di lui e gli sventolò il manoscritto: “No, voglio annotare di Belinda e Bjørn, ho avuto un'idea.”
    “Ebbene, a dopo!”

    Hans lo guardò allontanarsi, fino a che non raggiunse una giovane donzella, fine e delicata come una rosa, vestita con un semplice abito turchese. Allora tornò con il viso sul suo libro e, armato di pennino, riprese a comporre di Belinda la ninfa e Bjørn il principe orso. Rimase quasi per una buona parte della serata da solo, immerso in quel fiume di parole che andava, via via, a imprimere nelle pagine, quando la sua quiete solitaria non fu disturbata.
    “O guarda... il giovane Hans tutto solo, in compagnia del suo solito scribacchiare”, proferì Frederik, scambiando un'occhiata complice con l'altro fratello, Erik. “Chissà cosa scarabocchia.”
    Hans li guardò entrambi, la fronte corrugata e lo sguardo serio e le labbra assottigliate. Alzò appena il mento e parlò: “Frederik, Erik... spero che la serata sia di vostro gusto.”
    Erik alzò le spalle e accennò un piccolo sorriso. “Non posso lame-”, non ebbe il tempo di concludere la frase che il fratello più grande s'intromise.
    “Invero ci annoiavamo”, disse Frederik, richiamando l'attenzione di entrambi su di sé, “per questo siamo qui!” Allora strappò il manoscritto dalle mani di Hans, che subito scattò in piedi, ma si bloccò.
    “Vi chiedo di ridarmelo, Frederik.”
    “Non prima di aver letto qualcheduna delle tue storielle”, specificò il fratello maggiore, nel mentre sfogliava qualche pagina. “O ma che premura, il nostro fratellino ha scritto un racconto su Belinda e Bjørn!” Allora lesse qualche riga di Belinda la ninfa e Bjørn il principe orso, per poi scoppiare in una fragorosa risata.

    Erik aggrottò le sopracciglia e si voltò verso Hans, il capo chino celava il viso arrossato mentre le mani erano strette in un ferreo pugno. “Frederik, per favore, restituisci il libro ad Hans...”
    Il giovane principe guardò Erik e questi gli accennò un piccolo sorriso, mentre Frederik sbuffò e roteò gli occhi, per poi lanciare l'oggetto al proprietario.
    “Ad ogni modo, fai bene a trovarti un'altra occupazione, fratellino, visto che non c'è alcuna corona destinata al tuo capo!”, esclamò il maggiore con un ghigno sul pallido viso.
    “Dite il vero, non ho alcuna speranza di regnare, ma condividiamo lo stesso destino, caro fratello, essendo voi il settimo nella linea di successione. E con il matrimonio di Bjørn, il vostro diritto al trono si fa ancora più lontano”, puntualizzò Hans con un sorriso soddisfatto, il mento appena alzato e il libro stretto al petto.
    Frederik serrò i denti e strinse i pugni, le gote arrossate e la fronte increspata; l'ira trasudava da ogni parte del suo essere a tal punto che Hans era quasi certo che lo avrebbe visto tramutarsi in un drago. Dopo aver infilzato per bene il fratellino con il suo sguardo micidiale, Frederik alzò i tacchi e se ne andò.
    “I miei complimenti, Hans. Sei proprio un brillante e intelligente oratore”, disse Erik, posandogli una mano sulla spalla, mentre un sorriso gentile gli illuminava il viso lentigginoso e gli occhi azzurri, donandogli un tocco di tenerezza nello sguardo.
    “Grazie, Erik, spero che l'arte oratoria possa essermi utile in futuro.”
    “Se si vuole mantenere la pace tra i popoli, è certo che troverà un buon impiego. Non è la spada che
    mantiene l'armonia tra i regni, ma la parola”, lo rassicurò il fratello maggiore.
    “Vedrò di ricordarmelo.”
    E così la serata continuò, tra danze e brindisi, fino a che la luna non brillò alta nel cielo, pronta a condurre nel regno dei sogni ogni anima del castello.


    Le giornate seguenti filarono nel pieno della quotidianità, con Hans e Sigurd che trascorrevano il loro tempo in compagnia della natura selvaggia e incontaminata della Danimarca, ove il minore si dilettava a narrare al maggiore una qualche favola composta da poco. Ma un tale privilegio, essendo principi, non sarebbe durato per sempre: gli oneri, prima o poi, giungono sempre a reclamare il loro tempo. Erano i primi giorni di giugno, quando ciò avvenne e Hans fu convocato alla corte del Re. Non appena venne annunciato, il giovane principe varcò l'ingresso della sala del trono e, giunto in prossimità del Re, s'inchinò.
    “Volevate vedermi, mio Re?”, chiese Hans, ancora piegato in riverenza.
    “Ebbene, sì, figlio. Odo molti dire che ti diletti nell'arte dello scrivere e lo stesso Erik, venuto qui prima di te, ha elogiato le tue doti dialettiche. Per questo motivo ti ho convocato. Ho un'importante mansione da affidarti e solo tu, grazie a codeste abilità intellettive, puoi essere utile al Regno.”
    “In che modo, Sire?”, domandò il principe, lo sguardo fisso sulla figura imponente e fiera del padre.
    “Diplomazia. Il Regno di Arendelle è pronto a incoronare la sua nuova regina, la principessa Elsa. Il tuo compito sarà quello di assicurarti buone relazioni con quelli che, un tempo, erano nostri alleati.”
    Hans sussultò e il cuore perse un battito, scosse il capo e sbatté più volte le palpebre: “Mio signore, non credo che... che le mie doti oratorie possano essere all'altezza per una siffatta incombenza.”

    “Mi fido del giudizio di Erik, avrei potuto mandare lui, ma ha insistito nell'affidare a te codesto impiego, poiché ti ritiene più adatto alla situazione.”
    “Oh... Vi sono grato, padre, mio Re, per avermi scelto”, ringraziò Hans con un nuovo inchino, questa volta ancora più sommesso.
    “Partirai con le prime luci dell'alba. Sarai accompagnato da alcuni consiglieri e cavalieri. Ora va' a prepararti.”
    Detto ciò, Hans si congedò e tornò nella propria camera dove era certo avrebbe trovato un Sigurd curioso e frenetico.
    “Allora? Cosa voleva il Re?”, chiese il fratello, girandogli intorno e con lo sguardo fisso su di lui.
    “Domani partirò per Arendelle, affari diplomatici. La nuova regina verrà incoronata e io devo mantenere buoni rapporti con il suo Regno, per il bene del nostro”, rivelò Hans, mentre si apprestava a preparare il baule da portare con sé.
    “E fino a quando starai via?”, domandò Sigurd, una nota di tristezza diluita nella voce.
    Il rosso scosse il capo e alzò le spalle. “Non lo so, spero di cavarmela in un paio di giorni, al massimo due settimane.”
    “Pensami, quando danzerai con le madame norvegesi!”
    “Non credo che avrò tempo per le danze, Sigurd. È la prima mansione importante che mi affida nostro padre, non voglio di certo distrarmi troppo.”
    “Che principe esemplare. Dai, ti aiuto con la roba...”, mormorò, infine, Sigurd, armeggiando con qualche capo del fratello.
    “Grazie, Sigurd. Vedrai che tornerò presto.”
    Così alle prime luci dell'indomani, Hans s'imbarcò sul veliero reale e partì alla volta di Arendelle.


    *Bjørn: In norvegese vuol dire orso
     
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    FERITE RIMARGINATE



    Luana entra in casa con i suoi genitori.
    La madre accende la luce.
    Sul tavolo c’è un piatto.
    «C’è un odore strano…» Eugenio si copre il naso con una mano.
    Eloisa prende subito il piatto e lo porta in cucina, borbottando fra sé.
    In silenzio Luana si dirige in camera. Si toglie le scarpe, appoggia la chitarra di fianco all’armadio. Alza il suo smorto sguardo: è tutto finito. Sospira, i suoi occhi si gonfiano di lacrime. Il suo labbro inferiore trema di dolore e impotenza. I suoi sogni si sono sgretolati in mille pezzi. La felicità è volata via. Il suo fragile cuore manca di un battito, è ritornata nel suo Inferno di solitudine e incomprensione in cui la sofferenza la conforta, dove si deve sopravvivere e non vivere.
    Vuole solo sprofondare e piangere, piangere tanto fino a consumarsi l’anima. Non vuole tornare a scuola. Non vuole prendere altri brutti voti, perché deve studiare materie che non sono alla sua altezza. Non vuole essere presa in giro per come si veste o per il suo aspetto fisico. Non vuole più sentirsi oppressa dai genitori. Non vuole più rifugiarsi nella musica perché è l’unica che le dona pace. Vuole essere di più. Vuole inseguire sé stessa e i suoi sogni. Vuole essere solo felice.

    Suo padre si protende verso la porta.
    Lei si volta.
    «Dobbiamo parlare tutti insieme.»
    Luana scuote la testa. Ha timore di affrontare la madre. Sa che le farà del male, sa che le spezzerà il cuore in due e sa che le ucciderà l’anima con le sue cattive parole.
    «Per favore.» Eloisa allunga un braccio verso la figlia. «Se non fai un passo verso di noi, non risolveremo niente.» Afferra la mano di Luana. «Ci sono io.» La rassicura con tono calmo.
    La figlia terrorizzata fa un passo verso la sala da pranzo.
    Varca la soglia. Incrocia lo sguardo della madre che si sta asciugando le mani con un canovaccio bianco.
    Le loro iridi si incontrano. Nessuna proferisce parola.
    Luana freme, riconoscendo quello sguardo calmo e impassibile che precede un uragano d’ira.
    Eloisa lascia lo straccio sul tavolo e continua a fissarla. Nel suo viso piove un’ombra tetra. Fa un passo verso la figlia.
    Luana è piccola e fragile. Le sue guance avvampano rosse come due ciliegie. Le tempie le pulsano. Nel suo corpo divampa un incontrollabile fuoco scosso da infiniti brividi di freddo. Ha il fiato sospeso.
    «Ci sediamo tutti intorno al tavolo?» Prova Eugenio a smorzare l’aria pesante.
    Eloisa fa un altro passo verso la figlia. Il suo sguardo desidera compiere un brutale delitto.
    Luana sgrana gli occhi, sopraffatta. Ha perso.
    Indietreggia, ma sua madre l’afferra e la trattiene per un polso. «Come hai potuto fuggire via così? Senza dire niente a nessuno. Come ti è venuto in mente di scappare? Come ti è saltato in mente di fare una bravata del genere? Come hai solo pensato di prendere il treno e andartene a zonzo, senza un minimo di ritegno e di attenzione!»
    Luana scoppia piangere e a singhiozzare teorizzata dalla madre. La sua stretta è salda e forte. Le sta facendo male.
    «Dimmelo! Dimmelo adesso! Come ti sei permessa di prendere una decisone così avventata e pericolosa! Poteva succederti di tutto. Potevi trovarti in pericolo! Non hai pensato minimamente alle conseguenze, perché hai sempre la testa fra le nuvole.»
    «Eloisa, per favore, calmati. La stai terrorizzando.» Si intromette il marito. «Lasciala stare. Non ha bisogno…»
    «Tu devi stare zitto!» Gli sbraita contro l’altra.
    Si avvicina di più alla figlia e la stritola maggiormente. Luana singhiozza e prova a divincolarsi, ma non ci riesce. Le sue gambe minacciano di cedere.
    «Come hai potuto farmi questo?!» Le urla in faccia Luana. La lascia andare.
    Luana arretra cercando protezione verso il padre. «Per favore, non farmi del male, mamma…» La supplica tra lacrime e singhiozzi.
    La madre continua a fissarla furiosa. Fa un altro passo in avanti. «Ti rendi conto di quello che mi hai fatto!»
    Luana si copre il viso per proteggersi. Sa che fra poco la colpirà.
    «Mi hai fatto male da morire. Sono distrutta a causa tua!» Le urla ancora.
    La figlia ha il viso arrossato e bagnato. I capelli corvini sono incollati alle guance. È lì, in piedi, che trema. Si copre il viso con le mani, aspettando una schiaffo in viso.
    Eloisa si blocca. Realizza che la figlia ha paura della sua stessa madre. Scuote il capo. Si avvicina piano e l’afferra per le braccia. «Vieni qui, non ti voglio fare del male.» La rassicura con voce più calma.
    Con una braccio le cinge la vita e con una mano le poggia le testa sulla sua spalla. «Mi sei mancata tanto Mi hai fatto morire dentro… La tua mancanza mi ha devastato.» Le accarezza la testa. «Lo sai?» Le si chiude la gola. Le prime lacrime affiorano agli occhi. «Lo sai che non lo devi fare più? Lo sai che io non posso vivere senza di te? Lo sai che io ho bisogno di te? Ho bisogno di mia figlia.»
    Le lacrime scendono dal suo volto.
    Luana soffoca il suo pianto nel petto della madre che continua a coccolarla. Non vuole più lasciarla.
    Si abbandona al suo dolore e si abbandona al tocco caldo e delicato della madre. Era passato troppo tempo per ricordarsi un suo abbraccio.
    «Luana, tesoro mio, adesso calmati.» La rassicura un po’.
    Luana non vuole frenare le lacrime. Ha bisogno di sfogarsi. Ha bisogno del suo abbraccio. Ha bisogno dell’amore di sua madre.
    Eloisa avverte l’umidità dell’abito in forte contrasto con il suo corpo caldo. Fa uno smorfia accigliata. «Luana, va tutto bene.» Le scosta i capelli dalla fronte per darle un bacio.
    Luana si scosta appena. La madre scruta il suo viso rosso, sudato e accaldato. Non l’aveva mai vista così da quando… Da quando…
    Si scosta di scatto e le mette una mano sulla fronte. «Ma tu stai male!» Sbotta.
    Eugenio fa una faccia sbigottita. I suoi occhi cadono sulla moglie: ha un’espressione sconvolta e molto, molto familiare. L’aveva già vista… Tanti anni fa… Quando…
    «Ha la febbre Eugenio», constata con un certo timore.
    Riguarda la figlia. Le prende il viso fra le mani. «Luana.»
    Lei continua a singhiozzare, distrutta.
    «Vieni, devi metterti subito sotto le coperte.» La porta nella sua camera. Si avvicina al letto e disfa in fretta le coperte. Riesce a distenderla.
    Si siede sul ciglio. Le accarezza la fronte, scostando alcuni ciuffi di capelli. «Devi toglierti questo vestito bagnato.»
    Luana viene presa da una forte crisi di tosse.
    Eugenio l’aveva già sentita altre volte tossire, ma non pensava stesse già male. Anche lui preoccupato si affaccia alla porta. «Posso fare qualcosa?»
    «Guarda se dentro all’armadio ha un pigiama pulito.»
    Eloisa le solleva la schiena. «Vieni Luana.» La prende e l’abbraccia. Luana affonda il suo viso nel suo petto, non smettendo di piangere.
    Eloisa sospira, non sa cosa fare non sa come comportarsi. Disperata, prova a stringerla ancora di più a sé. Le accarezza il corpo, la riempie di piccoli baci sulle guance. «Luana, piccola mia», prova a parlarle.
    «Mamma», pronuncia con voce rotta.
    «Tranquilla.Va tutto bene,» continua a coccolarla. «Sono qui, amore mio.» Le dà un altro bacio sulla tempia e le accarezza la schiena.
    Le si scioglie il cuore. Si fa piccola nel suo abbraccio e scoppia di nuovo a piangere. «Scusa.»
    La madre le dà un altro bacio sulla guancia «Scusami tu se ti ho spaventata.» La stringe più forte, chiudendo gli occhi. «Scusami se ho sbagliato.»
    Luana singhiozza. «Mi sei mancata tanto.»
    Eloisa le accarezza la schiena e i capelli.
    «Ho bisogno di te, mamma», singhiozza ancora.
    «Sono qui. Non ti lascio. Te lo prometto.»
    «Sento che sto per cadere di nuovo.»
    «No, amore mio.» La coccola e la rassicura tra altri mille baci e carezze. Si tranquillizza. Le sue lacrime smettono di bagnarle il volto. I suoi singhiozzi diventano più dei lievi lamenti.
    Nella stanza piomba un triste silenzio.
    Eloisa le dà un bacio sulla fronte. Prova scostarla e a guardarla in viso. Le asciuga le ultime lacrime con il pollice.
    La figlia la guarda a sua volta con gli occhi lucidi.
    Eloisa le dà altre carezze sulla fronte e le accenna un mezzo sorriso.
    Si stupisce e si incanta ad ammirarla. È da tempo che non le dona un affettuoso e luminoso sorriso.
    Eloisa si rasserena e tira un sospiro di sollievo.
    Eugenio va verso di lei. «Ecco il pigiama.»
    Lo prende in mano. «Tesoro, riesci a cambiarti a sistemarti un po?» Si allontana, alzandosi dal letto. «Ti aiuto a raggiungere il bagno.» L’abbraccia e con calma la alza.
    Luana ha le tempie che rimbombano. Emette un gemito di sofferenza. Si leva in piedi, ma viene invasa da un forte senso di vertigine.
    «Piano, senza fretta.» Eloisa la sospinge con cautela fuori dalla stanza e per mano la conduce alla porta del bagno.
    Luana entra e si chiude dentro.

    ***

    La mamma giunge al suo letto, sedendole accanto. La copre bene e le tasta la fronte. «Cerca di riposare un po’.» Fa per alzarsi, ma viene trattenuta per un polso.
    Eloisa freme al tocco caldo della figlia e si volta a guardarla con occhi lucidi. Nella sua espressione legge una richiesta implorante di non lasciarla sola. «Mamma…»
    Si avvicina e le dà un altro bacio sulla fronte calda. «Riposa. Sono qui.»
    Le accarezza la mano, finché si addormenta in un sonno profondo.

    Eugenio si alza dal divano e osserva la moglie dispiaciuto e affranto. L’aveva già vista così… Non si sarebbe più staccata da lei….
    La donna vede il marito sulla soglia. «Scusa se ti sto ignorando.»
    «È giusto così. È tua figlia.» Appoggia una mano sul muro e con l’altra si tiene il fianco.
    «Lo sai vero? Lo sai come…», prova a parlare, ma viene interrotta.
    «Lo so, non devi dirmi niente….», gli si incrina la voce. «È doloroso anche per me…» Deglutisce a fatica.
    «Non so come ho fatto a non accorgermene che stava male…che tossiva…» Abbassa il capo. Si sente in colpa.
    Le fremono le labbra. La osserva riposare serena. «Sta succedendo un’altra volta…» Le prime lacrime scendono dal suo viso. «Sono preoccupata da morire. Non la vedevo così da…», si blocca terrorizzata. Gli occhi carichi di tensione e timore che possa succedere ancora. «Non voglio rivivere ancora quel momento…» Sospira a fatica e a bocca aperta. Si porta una mano al petto. Le dita le tremano.
    Il marito crede che stia per avere un attacco d’ansia.
    Fa un passo e le si avvicina calmo. Le accarezza la schiena. «Ha la fronte bollente.» Si asciuga il volto umido e arrossato.
    «Vado a prendere il termometro.»
    Eloisa lo blocca. «No Eugenio. Ho paura…»
    Il marito si china e prende il viso della moglie fra le mani. «Stai tranquilla. Non ha niente di grave. Ha solo un crollo dovuto alla stanchezza del viaggio. Tutto qui. Ieri notte ci siamo inzuppati di pioggia tutti quanti, ha solo preso freddo», cerca di rassicurarla. «Non ha niente che non va. È solo tanto stanca.»
    Eloisa scuote la testa. Anche lei è esaurita, ma soprattutto è impotente, non si sente abbastanza per sua figlia.
    «Mi sento in colpa», sospira trattenendo le lacrime. «È colpa mia se è scappata, se l’ho lasciata andare via, se l’ho solo allontana da noi.» Fallisce e scoppia a singhiozzare. «È colpa mia se adesso sta male, ha la febbre alta. Se mi fossi comportata diversamente, se fossi stata una madre migliore…» Confessa con voce rotta.
    Eugenio la prende fra sé e l’abbraccia forte.
    «Se fossi stata una mamma migliore non sarebbe scappata. Non mi odierebbe.»
    «Non ti odia.» Le sussurra Eugenio, continuando ad accarezzarle il corpo.
    «Non so cosa fare. Vorrei rimediare, aiutarla, ma non so come… Non so quale sia il modo migliore o il modo giusto per farlo…» È disperata.
    «Guardami.» La moglie alza lo sguardo. «Se c’è una cosa che ho imparato da questo viaggio è che nessuno ci insegna a essere genitori. Nessuno ci insegna come prenderci cura di loro. Nessuno lo sa cosa è meglio o meno per i nostri figli. Facciamo quello che possiamo, siamo anche noi quello che siamo. Non siamo perfetti. Non ci sono genitori che sappiano subito capirli e ascoltarli.» Gli accarezza le guance, cacciando via le lacrime.
    «Diventare genitori non è un obbligo è una scelta, non mi sono mai pentito di questo.»
    «Nemmeno io. È che quella volta potevo aiutarla di più… Io lo so che posso aiutarla di più…»
    «Lo so che vorresti essere di più per tua figlia, ma tu sei già tanto per lei, perché sei una mamma presente. Lo sei sempre stata quando aveva bisogno ci sei sempre stata e ci sei anche adesso. È da quando è ritornata a casa che non riesci a staccarti da lei.»
    Eloisa singhiozza ancora. «Mi sento in colpa perché ho sbagliato. Solo che me ne sono accorta troppo tardi.»
    «Anch’io me ne sono reso conto tardi.» Le lascia il viso per prenderle una mano. «Ma non è tardi per rimediare. Finché sarà qui con noi, non sarà mai troppo tardi per curare le nostre ferite.» Le bacia la fronte.
    «Vorrei che mi perdonasse. Vorrei ricostruire il nostro rapporto. Vorrei aiutarla, vorrei farle ritornare il sorriso. Quel dolce e ingenuo sorriso che ha sempre avuto e che mi ha sempre regalato ogni giorno da quando è nata. Ma non so da dove iniziare. Non so come prenderla, non so cosa dirle, non so come comportarmi. Non voglio rifare gli stessi errori che ho commesso in passato.» Affonda il viso nel petto del marito in preda a un attacco di singhiozzi. «È la mia bambina. Non voglio perderla. Non voglio più vederla soffrire, non voglio più che stia male…»
    Eugenio la scosta dal suo corpo per guardarla in viso. «Quello che devi fare adesso è aiutarla, non importa come. Comincia a fare il primo passo, comincia ad ascoltarla per provare a capirla.»
    Tira su col naso e si asciuga le lacrime.
    «Lei ha bisogno di sua mamma. Ha bisogno del tuo amore. Ha bisogno che le stiamo entrambi vicini per ascoltarla, perché è questo che non siamo mai riusciti a fare. Ad ascoltare la nostra figlia che ormai non è più una bambina. Sta crescendo, ha bisogno di essere capita e di potersi esprimere anche lei come meglio desidera. Se noi la ascolteremo, vedrai che lei poi lo farà con noi e infine potremo iniziare a capirci a vicenda. I nostri litigi si trasformerebbero in normali conversazioni, potremmo migliorare il nostro rapporto.» Si volta verso la figlia. «Io credo che questo lo voglia tanto anche lei. Altrimenti non sarebbe scappata…»
    Eloisa si strofina il viso e si asciuga le ultime lacrime.

    Eugenio si alza, lamentandosi del suo mal di schiena.
    Esce dalla camera.
    Ritorna con il termometro e glielo porge.
    Eloisa si morde il labbro e titubante lo prende in mano.
    Lo apre. Si protende verso la figlia per infilarglielo sotto il braccio con delicatezza, cercando di non svegliarla.
    La madre le tasta la fronte. È caldissima.

    ***

    «Allora ha la febbre?» Domanda il marito che è ritornato a sedersi sul divano in salotto.
    «Sì.»
    La moglie si leva e va in cucina. Dalla credenza afferra una caraffa. La riempie con l’acqua. Dal freezer prende dei cubetti di ghiaccio e li getta dentro.
    Tira fuori un panno morbido da un cassetto e ricompare in salotto.
    Il padre la scruta, mentre ritorna in camera dalla figlia. Chiude gli occhi e sorride, lasciandosi andare sul divano. «Hai bisogno?» È da un tempo che non la vede così presa dalla figlia. Non se n’è accorta, ma si stava già prendendo cura di lei.
    «No tranquillo.» Appoggia il vassoio sopra il comodino. «Dovresti riposare pure tu.»
    «Già… Non volevo lasciarti da sola.» Si desta dal divano, sedendosi.
    «Non sono da sola. C’è lei qui con me.» Rivolge lo sguardo verso il marito. «Ho bisogno di stare con lei e lei ha bisogno di me.»
    Eugenio acconsente in silenzio e si alza. Senza indugiare o dire altro si ritira nella sua stanza.

    Eloisa imbeve il panno fino a inumidirlo per bene e lo va ad appoggiare sulla fronte della figlia.
    Luana si lamenta e si scosta un pochino.
    La madre le dà un bacio sulla guancia. «Tranquilla, amore mio. Sono qui.» Le prende e le accarezza la mano. «Ti voglio bene, amore mio.»
    Eloisa rimane lì a vegliarla fino al calar della sera.

    ***

    Luana si risveglia dal sonno. Ha una pezza fredda sulla fronte.
    Vede sua madre ancora lì che la guarda preoccupata e le accarezza la mano.
    «Sei rimasta qui.»
    Eloisa alza gli occhi e sospira sorpresa. «Sì» Si protende verso di lei e le dà un bacio sulla fronte. «Te l’ho detto, non vado da nessuna parte.» Le sorride. Luana la guarda incantata, con gli occhi lucidi per la febbre.
    «Come stai piccola mia?»

    Dal corridoio giunge un sonoro sbadiglio.
    Sulla soglia compare il padre assonnato. Si sgranchisce il corpo. «Che ore sono?» Si gratta la testa.
    «È tarda sera Eugenio. Potevi rimanere a letto.»
    Il padre entra nella camera.
    «Hai fame, vuoi che ti prepari qualcosa?»
    «No, grazie.» Si avvicina alla figlia e le fa una carezza sulla guancia. «Come stai, tesoro?»
    «Ho male dappertutto», ripete al padre, emettendo dei colpi di tosse. Prova ad alzarsi un poco, ma non le riesce come vorrebbe.
    «Non sforzarti troppo.» Eloisa l’abbraccia e la aiuta a sollevarsi, appoggiando la schiena contro i due soffici cuscini sottostanti. «Così va meglio?»
    La figlia annuisce.
    Eugenio va a sedersi dall’altra parte del letto.
    Luana si scosta e sussulta stupita. Sono tutti e due lì che la guardano e le accarezzano il debole corpo.
    Eloisa abbassa e distoglie lo sguardo. «Perché sei scappata?»
    «Vorrei saperlo anch’io. Anche se lo so…» L’uomo viene interrotto dalla moglie.
    «Anch’io lo so, ma vorrei sentirlo dire da lei.»
    Luana guarda il padre.
    «Se te la senti…»
    Luana sbuffa e si morde il labbro. Abbassa gli occhi umidi.
    Eloisa le stringe la mano, incrociando il suo sguardo velato di lacrime. «Siamo qui per ascoltarti. Se lo vuoi…»
    «Se lo sapete, perché dovrei..»
    «Perché abbiamo bisogno di sapere cosa ne pensi tu.»
    «Non mi capireste», gioca con un filo della coperta.
    La madre lancia un’occhiata al marito. Si alza dal letto e si avvicina a lei, stendendosi di fianco. Le prende la mano. «Noi vogliamo provarci. Vogliamo capirti.»
    «Devi però darci il permesso di farlo», aggiunge Eugenio, avvicinandosi anche lui.
    Luana annuisce.
    «Dopo la litigata di quella sera. Ho sentito un forte desiderio di fuggire via da qui. Ero troppo arrabbiata, per…tante, tante cose… Non solo a causa vostra… Cose che penso neanche vi immaginiate.» La sua voce si incrina. «Cose, di cui, non vi siete mai resi conto…»
    «Luana, ora siamo qua e siamo pronti a sentirle. Puoi dirci tutto quello che vuoi..» Le stringe di più la mano. «Sfogati tesoro mio. Non vergognarti di niente.»
    Un magone le soffoca la gola. Gli occhi le si inumidiscono fino a vedere tutto sfocato. Sospira cercando di trattenere le lacrime.
    «La odio quella scuola. Mi avete rinchiuso in una prigione infernale.»
    «Pensavamo fosse una buona scelta. Abbiamo sbagliato. Volevamo solo garantirti un istruzione completa con un futuro facile e assicurato. Avevi solo tredici anni. Pensavamo fossi troppo piccola per scegliere da sola.»
    Luana sospira. «Ho brutti voti perché non è la mia scuola.»
    «Va bene. Cosa vorresti fare?» Le accarezza i capelli.
    La figlia non vuole pronunciarsi.
    «Me lo dirai quando sarai pronta o avrai qualche idea, d’accordo? Non è difficile cambiare scuola, forse perderai degli anni, ma…», si sofferma per riflettere un attimo. «Non importa. Se questo ti causa disagio, troveremo una soluzione. Insieme.»
    Eloisa nota che vuole dire altro ma è molto titubante. «C’è qualcos’altro?»
    Luana strizza gli occhi, ma le prime lacrime le rigano il volto.
    Eloisa è allarmata. «No, amore mio»
    Inizia a singhiozzare. «No, non piangere.»
    Anche la figlia non riesce più a trattenersi e scoppia in lacrime.
    «Vieni più vicino a me.» Eloisa la prende e l’abbraccia, coccolandola un poco. Le dà un bacio sulla fronte.
    «Non ho nessuno in quella scuola. Non ho amici. Sono sola. Non ho nessuno con cui parlare, chiacchierare con cui fare merenda insieme. Fa schifo.»
    Eugenio guarda Eloisa che non sa come comportarsi e cosa dire.
    «Luana perché dici così?» Le prova a domandare.
    «Perché è solo la pura verità. Mi prendono in giro in classe e lungo i corridoi. Ogni giorno devo sopportare i loro insulti, più quelli dei professori, che mi detestano e basta. Non c’è un momento in cui non mi rinfacciano quanto fannullona sono, perché non riesco nemmeno a prendere una misera sufficienza. Mi dicono che sono strana e diversa, perciò mi stanno tutti lontano», singhiozza disperata.
    La madre si scosta da lei per mettersi più comoda sul letto: si siede con la schiena appoggiata alla testiera del letto e prende Luana e la fa sedere in mezzo alle sue gambe, tenendola sempre stretta a sé.
    Luana si appoggia alla suo petto. «Non potete capire cosa significhi alzarsi tutte le mattine con la nausea di dover sopportare ogni giorno le loro perfide occhiatacce, le prese in giro e venire sempre umiliata davanti a tutti. Chiudersi in bagno per delle ore perché non riesci più a sopportare le ingiuste cattiverie sia dei compagni che dei professori. Sono sempre quella che non studia, che non si impegna abbastanza, che non sa fare niente, che si veste male, che è sempre troppo magra, quella che non sa parlare, quella che non riesce a difendersi, quella sempre sola, triste ed emarginata. Io ci sto morendo in quella scuola, mi sta distruggendo l’anima.»
    Eloisa stringe a sé la figlia, le dà un altro bacio sulla tempie e le accarezza il viso, cercando di alleviare la sua sofferenza. Si volta e lancia un’occhiata a Eugenio che le rivela un’espressione affranta.
    Le crolla il mondo addosso. È impotente, non sa come reagire.
    Eugenio si mette a braccia conserte, si tappa la bocca e si chiude in sé stesse abbassando lo sguardo.
    Se Luana detesta quella scuola è solo loro la colpa. Se solo l’avessero ascolta adesso sarebbe tutto diverso…
    «Perché non hai provato mai a dircelo?» Le scosta una ciocca di capelli dall’orecchio.
    «Perché avevo paura che deste ragione a loro…» Luana guarda la madre. «Tu me lo dici sempre che se fossi diversa…sarei una figlia migliore.»
    Eloisa chiude gli occhi e serra le labbra cercando di trattenere le lacrime. Si sente un disastro come madre.
    «Lo so che tu mi vorresti diversa…»
    Eloisa le preme un dito sulla bocca e scuote la testa. «No, non ti voglio diversa», riesce a dire a malapena. Le dà un bacio in piena fronte. Le prime lacrime le rigano il volto.
    «Pregiudizi e critiche che ti rimbombano ed entrano nella tua testa fino a diventare delle voci. Perfide voci che ti sussurrano terribili parole. Più ti rimbombano più dai loro ascolto e più le senti più le senti più sembrano vere.» Singhiozzante, si aggrappa di più a lei. «Mamma, la mia mente è piena di demoni che mi urlano che sono un disastro, che è ora di farla finita…»
    Eloisa prova a coccolarla, ma in questo momento è in una valle di lacrime, più scioccata e turbata della figlia. «Per favore no…» La implora con voce rotta. «Non devi dirlo mai.»
    «Non riesci neppure più a guardarti allo specchio, perché sai che c’è qualcosa che non va in te. Sai che sei brutta, che non piaci e non piacerai mai a nessuno, che nessuno potrà mai amarti, perché sei solo uno schifo, sei una nullità, sei vuota dentro. Vorresti solo scomparire, farla finita, perché se gli altri ti odiano, ti odi ancora di più. Vorresti cambiare, ma c’è qualcosa che ti trattiene. C’è qualcosa dentro di te che soffoca ogni respiro, ti trafigge l’anima e ti punge il cuore, come se attorno ad esso ci fosse un filo spinato che te lo stritolo sempre di più, fino a fartelo sanguinare, finché smette di battere e tu non provi più nessuna emozione. Cadi nel buio più oscuro, cadi tra le braccia del male dove c’è solo il dolore a darti conforto. Non riesci più a muoverti, sei intrappolata e legata in catene in una prigione che prende il nome di depressione.»
    Eugenio si fa più vicino anche lui alla figlia e le stringe una mano.
    Eloisa non riesce a fermare il suo pianto e i suoi singulti. Si sente in colpa perché suo marito glielo aveva detto, ma lei non ci aveva creduto o forse non riusciva ad accettarlo, non lo sapeva nemmeno lei. Sentirlo adesso dalla sua bambina ha tutto un altro valore: è tanto tremendo quanto straziante, perché questa volta sta riuscendo a capirla. Eloisa sta capendo le emozioni e le sensazioni della figlia. Le sembra brutto, ma anche tanto bello che dentro di lei sta sorridendo. Adesso sa come aiutarla.
    «Amore mio…» La stringe di più a sé e la coccola stretta stretta, stampandole altri baci sul viso umido e arrossato.
    «Io mi odio già e voi avete peggiorato tutto. Voi siete la mia famiglia, i miei genitori; pensavo che su di voi potessi contare, pensavo di trovare un po’ d’amore, un po’ di pace e conforto, ma anche voi, come gli altri, vi siete rivoltati contro di me.», singhiozza ancora.
    «Lo sappiamo.», aggiunge il padre.
    «Abbiamo sbagliato tutto», confessa la madre.
    «Mi fate sentire sbagliata. Mi fate sentire come se fossi un vostro errore, un peso che dovete sopportare. Sembra che non mi vogliate bene. Sembra che non conti nulla. Qualsiasi cosa che dico o che faccio non ha importanza.»
    Eloisa le accarezza i capelli, prorompendo di nuovo in un pianto disperato. La fa sprofondare nelle sue braccia, stringendola a sé perché non la vuole più sentire lontana da lei.
    Eugenio con gli occhi arrossati si rivolge alla moglie. « È arrivato il momento di dirglielo.»
    La donna scuote il capo, aggrappandosi alla figlia.
    «È la ragione di tutti i nostri sbagli. Lo deve sapere. Ha il diritto di saperlo. Deve capire perché l’abbiamo ostacolata sempre in tutto.»
    «Mamma», la chiama la figlia. Non l’aveva mai vista così distrutta e colma di lacrime.
    «Niente.» Le scosta i capelli dal viso e le accarezza una guancia. «Ho solo sbagliato a…»
    «Non è stato un errore Eloisa. Smettila di darti colpe che non hai.»
    Eloisa distoglie lo sguardo. Chiude un attimo gli occhi. Con una mano si strofina il viso, cercando di frenare le lacrime e i singulti.
    Eugenio le accarezza la spalla.
    Eloisa prende fra le mani il volto della figlia. «Io e tuo padre abbiamo tenuto segreto anche noi qualcosa», sospira. «Io e tuo padre abbiamo faticato molto per averti. Io volevo avere un figlio. Era sempre stato il mio sogno prendermi cura di un bambino e crescerlo con amore. Non so quante volte ho provato a rimanere incinta… Non so quante volte io e tuo padre abbiamo tentato invano… Ci siamo arresi. Io ero distrutta e arrabbiata con me stessa. Mi stavo odiando a morte e detestavo ogni centimetro del mio corpo perché non mi permetteva di avere un figlio.»
    «Mamma…» sibila Luana. I suoi occhi si riempiono di lacrime.
    «So cosa vuol dire odiarsi da morire, tesoro mio. Lo so perché ci sono passata anch’io, per avere te. Ti capisco.» Le accarezza la guancia.
    «Ma alla fine ci sei riuscita», constata Luana, appoggiando una mano sulla guancia di lei.
    «Sì», tira su col naso, abbozzando mezzo sorriso. «Non ho mai fatto nulla di importante nella mia vita. È sempre stata piuttosto noiosa. L’unico sogno che avevo era avere te.» Si blocca, cercando di non piangere. «Ti ho desiderata e sognata con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima.»
    Luana è allibita.
    «Sei la mia felicità.»
    La figlia si commuove l’abbraccia forte.
    «Quando ti ho vista per la prima volta, quando ti ho tenuta in braccio la prima volta, facevo fatica a realizzare che eri là con me e che stavi bene, che eri entrata a far parte della mia vita. Che eri la mia bambina, che io e tuo padre ce l’avevamo fatta. Penso sia stato il giorno in cui ho iniziato veramente ad amarmi e a vivere», scoppia a piangere di nuovo. Le sue lacrime scendono libere lungo il viso. «Da quel giorno ho iniziato ad amarti sempre di più. Ho iniziato a prendermi cura di te, a crescerti nel miglior modo possibile, a confortarti e a proteggerti sempre, non facendoti mai mancare nulla.» Le dà un bacio sulla fronte e le accarezza il viso.
    «Non avevi ancora due anni, forse è per questo che non te lo puoi ricordare…»
    «Ricordare cosa?» Luana è curiosa.
    «Ti sei ammalata. Non sapevamo cosa avessi di preciso… Ti abbiamo portata da diversi dottori. Ci hanno dato delle cure, degli antibiotici e stavi pian piano migliorando, quando una notte mi accorsi che non respiravi più.»
    Luana ha un’espressione incredula.
    «Ti abbiamo portata al pronto soccorso d’urgenza. Ti abbiamo consegnata ai medici… Lasciarti è stato straziante, perché non sapevamo se…», si blocca, cacciando via altre lacrime. «Dopo qualche ora ci hanno chiamato e spiegato che avevi una polmonite trascurata, e che piccola com’eri poteva portarti…» Eloisa sospira e si copre il viso con una mano. Prende a singhiozzare forte.
    «Mamma…» Non l’aveva mai vista così colma di dolore. Dolore che sta provando a causa sua.
    «Mi è caduto il mondo addosso. I dottori ci dissero che c’erano poche probabilità che guarissi, che superassi solo quella notte.» Si sofferma. «La figlia che tanto ho desiderato stava morendo…e io non potevo fare nulla per salvarla. Ho iniziato ad avere tanti sensi di colpa. Mi sono sentita così impotente», riprende a singhiozzare forte.
    «Mamma.» La chiama. Le accarezza la guancia. «Io sono qui. È solo un brutto ricordo.» Le si rompe la voce. «Sono qui con voi. È questo ciò che conta adesso.»
    Eloisa la prende e la coccola fra le sue braccia.
    «Perché non me lo avete mai detto?»
    «Certi dolori i genitori preferiscono tenerseli per sé», confessa, accarezzandole il viso. «È per questo che, da quell’avvenimento, io e tuo padre, ma soprattutto io, non ho voluto più lasciarti andare via. Luana io ho sbagliato, lo so, ma non l’ho fatto perché sono cattiva, non volevo privarti della tua stessa vita, ma certi dolori ti cambiano così nel profondo che non sai più cosa è giusto o sbagliato per tua figlia.
    Tu vuoi solo che stia sempre bene, vuoi solo proteggerla e difenderla. È per questo motivo che non ti abbiamo mai dato la libertà che in realtà ti meriti tantissimo. Non ti ho mai fatto prendere decisioni da sola, ti ho sempre tenuta relegata in una prigione, nella mia prigione, perché non voglio soffrire ancora, non voglio rimanere senza la mia bambina. È stata una scelta egoista, ma io ho bisogno di te. Sei la mia felicità. Il mio orgoglio.» Le stringe le mani. «Sono andata in crisi quando ho saputo che eri fuggita via. Sono andata in crisi sapendo che poteva succederti qualcosa di brutto. Mi sono sentita in colpa per aver fallito come madre.»
    «Abbiamo sbagliato entrambi Eloisa», aggiunge Eugenio. «Abbiamo sbagliato a non provare ad ascoltarti, anche solo per una volta.»
    «Avevamo paura di perderti ancora che alla fine è successo veramente….», continua Eloisa.
    «Ho sbagliato anch’io.» La guarda negli occhi. «Mamma, papà, ho sbagliato anch’io perché non dovevo scappare, dovevo affrontarvi, ma mi ero arresa al vostro controllo e non avevo più voglia di combattere, non avevo più voglia di vivere. Non ci ho provato nemmeno io a provare cambiare il nostro rapporto, a provare a capirvi, a riflettere sul perché siete così oppressivi, ho preferito andarmene via. Sono fuggita via perché qui, con voi, non mi sentivo più felice. Non mi fate sentire amata e accettata. Mi avete distrutto i miei sogni. Ero su tutte le furie, non vi sopportavo più, non sopportavo più di stare alle vostre scelte che quel giorno ho detto basta. Odiate la musica. Odiate la mia chitarra. Non volete vedermi né suonare né cantare. Ma voi non potete togliermi ciò che io amo di più. Non potete privarmi della mia passione…»
    «Hai ragione, Luana. Ci dispiace tantissimo.» La madre le bacia la guancia.
    «Mi avete detto che non mi porterà da nessuna parte, io questo ancora non lo so… So solo che per me è importante perché mi ha salvato la vita, quando non c’eravate. La musica mi capisce e mi ascolta. Io vorrei seguire questo mio sogno. Non so dove mi porterà, non so a cosa mi porterà, ma lo voglio inseguire, almeno lasciate che ci provi. Solo questo.» Le si riga il volto di lacrime. «Io vorrei tanto rendervi orgogliosa. Io vorrei tanto farvi felici, ma non posso farlo da sola. Non riesco», si blocca e riprende a singhiozzare. «Perché mi manca il vostro sostegno. Io ho bisogno del vostro incoraggiamento. Ho bisogno che voi due.» Punta loro le dita contro. «Crediate e abbiate fiducia in me. Io capisco che volete proteggermi, che volete solo il meglio per me, ma adesso non sono più una bambina, sto crescendo e so cosa è giusto e so cosa voglio fare per me stessa. Ho bisogno che mi accompagnate voi. Dovete solo accettarmi. Siete la mia famiglia.»
    «Sì, amore mio. Noi ti accettiamo, ti amiamo tantissimo. Siamo qui solo per te.» La coccola ancora e le bacia il viso la mamma. «Ci perdoni?» Guarda il marito.
    «Ci perdoni?» Aggiunge Eugenio.
    «Vi perdono. Vi voglio tanto bene. Vi chiedo scusa anch’io per avervi fatto soffrire e per avervi fatto stare in pensiero per troppi giorni.»
    «Te lo promettiamo: non ti faremo più soffrire. Ti chiedo scusa Luana.»
    «Ti chiedo anch’io scusa, ancora una volta, piccola mia.»
    «Mi siete mancati tantissimo. Ve lo giuro: io non vi odio, ero solo tanto arrabbiata e frustrata per tutto quello che vi ho detto. Vi voglio troppo bene per odiarvi. Ve lo prometto non scapperò mai più. Non vi abbandonerò mai. Io ci sarò sempre per voi, però per favore non toglietemi la musica, la mia felicità ancora una volta.»
    «No Luana, non succederà più. Promesso.» Eloisa le accarezza il viso.
    «Ci sei mancata tanto anche tu. Troppo da non saper nemmeno come descrivertelo.» La stringe a sé la madre.
    Anche Eugenio si avvicina di più a loro e le abbraccia entrambe.
    Luana, stretta fra i suoi genitori, è finalmente a casa. «Non potete capire, ma questo momento l’ho sognavo da una vita!» Confessa, piangendo tra i singhiozzi.
    «Non sai quanto Luana. Non sai quanto…», confessa Eugenio, baciandole la fronte.

    ***

    Eugenio si alza dal letto e si sgranchisce il corpo indolenzito. Sbadiglia «Io ritorno nel mio letto.Sono esausto.»
    Dà un bacio sulla fronte alla figlia. «Buonanotte, piccola mia.»
    «Buonanotte papà ti voglio bene.»
    «Anch’io. Se hai bisogno sono qui. Riposa adesso. Ne hai bisogno.»
    Eloisa le tasta la fronte. «Ti è risalita la febbre», constata.
    «Mi sento tanto debole, mamma. Mi fa male la testa. Mi pulsa tutta…»
    «Perché hai pianto tanto…» Si alza anche lei dal letto. «Ti aiuto a sistemarti bene sotto le coperte.» Le appoggia il panno freddo e bagnato sulla fronte. «Ecco fatto.» Le bacia la guancia. «Cerca di dormire. Se hai bisogno mi chiami.»
    Luana la trattiene per un braccio. «Per favore, mamma resta qui.»
    Eloisa cede alla sua debolezza. «Sì amore mio. Mi metto qui vicino a te.» Si stende a fianco a lei.
    Luana si fa più stretta e si gira di lato.
    Eloisa l’abbraccia e la stringe a sé.
    Luana chiude gli occhi.
    La madre le dà un bacio sulla guancia. «Buonanotte tesoro mio. Ti amo tanto.»
     
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    IL FILO ROSSO D'AMORE


    Lo sapeva. Lo aveva sempre saputo, eppure non riusciva ad accettare che fosse quello il suo destino: allontanarsi da lei, dall'unica persona che gli avesse mai fatto battere forte il cuore, l'unica che gli avesse dato uno scopo. Sapeva che doveva farlo, per riuscire a conquistarla, per dimostrarle il suo amore.

    Una volta una persona gli aveva detto che si amava veramente una donna solo se si riusciva a capire il suo mondo, ma soprattutto se si riusciva a farlo proprio.
    "Perché dovrei essere io a rinunciare a tutto quello che sono e ad annullarmi per lei?" aveva pensato Salvo.


    Era trascorso molto tempo dall'ultima volta che aveva sentito quella frase e, anno dopo anno, aveva cercato di dimostrare a sé stesso che l'amore non significava cedere, né significava smettere di coltivare le proprie ambizioni.
    Aveva avuto varie avventure, varie storie che lo avevano reso felice, ma non lo avevano mai soddisfatto completamente.
    La sua storia con Laura sembrava essere destinata alla stessa fine: lui si comportava in maniera dispotica, pretendendo il potere di decidere del futuro del loro rapporto come se fosse l'unico responsabile.
    Laura era una ragazza così dolce, sensibile, in grado di provare un amore tanto grande da non essere capace di odiare neanche le persone che l'avevano ferita di più, così come avevano fatto i suoi genitori, che l'avevano abbandonata alla nascita. Tutta la sua famiglia era sua sorella minore, che aveva conosciuto solo al compimento dei 18 anni ricevendo una lettera dalla direttrice.
    Lei voleva che anche Salvo potesse accettare questo legame con quella adolescente, che potesse accettare di prendersi cura di lei, dopo che un catastrofico incidente aveva ucciso entrambi i suoi genitori.
    Salvo non amava prendere alcun genere di responsabilità, specie quando il "problema" era stato creato da altri e non aveva mai accettato questo legame "morboso" che sembrava aver travolto Laura, quasi una sorta di filo sottile che le legava in maniera inspiegabile.
    -Si chiama amore!-
    esclamava Laura, ogni volta che Salvo cercava di farle notare a cosa stava rinunciando per aiutare sua sorella, che era testarda e amava mettersi nei guai.
    -Spera solo di non essere mai trascinata in qualcosa di più grande di te-
    le disse, prima di salutarla in maniera definitiva.

    Laura lo aveva salutato con un sorriso, ma in realtà il suo cuore era scosso da un sentimento che non si poteva spiegare e un'emozione simile alla nostalgia, ma a cui andava mescolata anche un po' di rabbia.

    Salvo pensava che, salutandola, si sarebbe finalmente sentito libero, che avrebbe perso ogni responsabilità. Eppure un sentimento che non aveva mai provato prima non lo lasciava respirare.

    Laura era riuscita a rimediare quasi sempre ai suoi piccoli errori, sebbene non fosse riuscita ad allontanare sua sorella da alcune persone che avevano un certo ascendente negativo su di lei.
    -Laura, ho bisogno di aiuto!-.
    -Se me lo chiedi, deve essere una situazione seria... cosa hai fatto questa volta?-.
    Alice abbassò lo sguardo con le lacrime agli occhi, sapendo che questa volta sua sorella non l'avrebbe potuta aiutare e forse non avrebbe neanche voluto farlo. Laura la osservò attentamente e si rese subito conto che quella non era certamente una "ragazzata".
    -Sì...io...- iniziò a balbettare Alice.
    Laura attese che lei proseguisse il racconto. In silenzio, con le mani intrecciate in grembo e il principio di un sorriso d’incoraggiamento sulle labbra, guardò con occhi pieni di amore quella ragazza che, per la prima volta dopo tanto tempo, stava cercando di confidare un suo grave errore.
    -Sai che ho da poco preso la patente. Oggi c'è stato un piccolo incidente... credo di aver ucciso un mio amico-.

    Laura non riusciva a credere a ciò che sua sorella stava dicendo e cercò di trattenersi, astenendosi così dal dare voce ai suoi pensieri. Scese quindi un silenzio assurdo, che fece sentire Alice ancora più preoccupata.
    -Di' qualcosa: arrabbiati, dimmi che sono una criminale, ma non restare così- riprese Alice, mentre Laura cercava di trovare le giuste parole e per riuscire a prendere la decisione più corretta.

    -Tesoro mio, io sarò al tuo fianco e questo lo sai. Ora raccontami tutto e vedremo cosa fare-.
    Alice la guardò dritta negli occhi e iniziò a parlarle di come quel suo amico volesse costringerla a spingere il loro rapporto di amicizia verso qualcosa di più e come lei, dopo averlo respinto, si fosse messa alla guida.
    -Io volevo andare via, ma lui si è lanciato davanti la macchina e io non sono riuscita a frenare. Ho avuto paura e...-
    concluse, lasciandosi andare a un pianto dirompente e lanciandosi fra le braccia di Laura.
    — Dobbiamo assicurarci che lui sia ancora vivo e che starà bene. Ma dov’è successo tutto ciò?
    Alice la guardò con le lacrime che ancora permeavano i suoi occhi e, dopo qualche momento, chiese:
    -Finirò in prigione?-.
    Laura la strinse nuovamente a sé, dopodiché le rispose:
    -No, non lo permetterò-.
    -Neanch' io-
    Laura si voltò di scatto al suono della voce di Salvo. Lo vide avanzare verso di lei, e le balzò il cuore nel petto per la gioia quando lo sentì parlare di nuovo:
    -Io non voglio lasciarti sola, non potrei permettere che ti capiti qualcosa-
    Quelle parole furono suggellate dal bacio più tenero che Laura avesse mai ricevuto, coronato da un abbraccio commosso che la univa sia alla sorella che a Salvo.

    La polizia bussò qualche minuto più tardi alla porta, dicendo che alcuni testimoni avevano visto un pick-up nero di targa CT-805-SU che aveva investito un ragazzo e che era stato guidato in quella direzione.
    Laura restò per un attimo interdetta, dopodiché trovo il coraggio di rispondere:
    -Certo, quella è la mia auto-.
    -Allora, signorina, la dichiaro in arresto!-
    esclamò uno degli agenti.
    Laura non oppose resistenza e, mentre l'agente stava leggendo i suoi diritti, Salvo guardò negli occhi Alice e lì comprese il significato delle parole di sua madre: doveva proteggere entrambe da quella situazione e sebbene sembrasse paradossale, ora doveva allontanarsi da lei proprio perché l'amava.
    -Scusate, ma devo confessare che sono stato io-
    disse poi, attirando l'attenzione degli agenti.
    -Io ho preso in prestito l'auto e posso solo dire che si è trattato di un incidente-.
    Gli agenti si scambiarono uno sguardo, dopodiché procedettero all'arresto di Salvo, intimando comunque a Laura e ad Alice di restare a disposizione finché le indagini non si fossero concluse.
    Per portare a termine le indagini ci volle appena una settimana, dato che Salvo si era autoproclamato colpevole e dopo aver parlato con Laura e sua sorella, le aveva convinte a sostenere la sua versione.
    Alla fine fu condannato per omissione di soccorso e quindi a 4 mesi di reclusione, anche perché il ragazzo si era ripreso ed era sulla via della guarigione. Salvo ricevette la visita di Laura in prigione e comprese che l'amore, nonostante la distanza, stava crescendo. Anzi, proprio grazie all'amore lui aveva superato i suoi limiti.
    Laura aveva trovato un uomo che per la prima volta aveva mostrato un amore incondizionato, fatto di sacrifici e di responsabilità.
    -Ti aspetterò e farò il possibile per farti stare meglio. Ti devo anche ringraziare perché per la prima volta mia sorella mi ha dato ascolto- disse Laura, con una voce dolce e sommessa, che lasciava trasparire il suo senso di colpa nel sapere che una persona innocente si sarebbe trovata a pagare per un errore fatto da una persona a lei così vicina.
    Laura in quel momento desiderava solo che a separarli non ci fosse quel vetro, ma non potendo realizzare tale desiderio si allontanò, pensando a come l'amore aveva salvato non solo la sua vita, ma anche quella della sorella e aveva ridato una luce nuova a Salvo.

    Trascorso quel periodo, Salvo tornò da lei, facendole la proposta di matrimonio più semplice ma più bella di tutte. Lei accettò, gettandogli le braccia al collo.

    Salvo decise che non sarebbe più scappato dinanzi alle sue responsabilità e scoprì anche che l'amore, se diviso, si moltiplica, cosa che insegnò al suo piccolo Mattia e alla sua dolce Linda. Laura aveva finalmente coronato il suo sogno: sapere di essere amata e poter condividere quell'amore.
    Trascorsero tutta la vita insieme e insieme si ritrovarono nel momento della morte, osservando felici da lassù coloro che restavano e che, sulla scia di quell'amore, conducevano le proprie vite portandone ancora il frutto.
     
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    Rue Ryuzaki
    Lo stile di scrittura e il modo di descrivere questa situazione mi hanno affascinato molto, sebbene non sono riuscita a comprendere l'attinenza con la tematica. La lettura è stata molto piacevole e mi ha fatto sorridere l'immaginare le varie scene e il finale sospeso richiama necessariamente un seguito (che vorrei leggere :XP: ). Alla prossima

    -Laura-
    Sebbene non ho concluso la lettura del tuo romanzo dal quale prende piede questa storia (se non sbaglio "Alla ricerca della felicità" ?) lo trovo un seguito interessante e sicuramente lega molto bene con la storia. Certo ha un effetto completamente diverso se si conosce la storia dal leggere semplicemente questa parte. Per ritornare alla tematica dell'amore, mi piace molto il tuo modo di descrivere innanzitutto l'amore per la vita (che non deve essere un sopravvivere, ma un "vivere", riuscendo a godere della vita stessa). Poi molto bella la tua descrizione dell'amore provato da parte di sua madre, che anche se all'inizio si mostra severa, alla fine cede all'amore che prova per la figlia. Ho concluso la lettura e ho avuto modo di approfondire maggiormente l'amore materno e anche paterno (nel suo gesto di lasciare spazio alla madre, credo che abbia fatto ciò che era meglio per Luana). Io credo che il loro atteggiamento possa dimostrare anche il lato "oscuro" dell'amore, sebbene con il finale si ritorni ad apprezzarne il lato bello, grazie a questa riconciliazione e alla forza che da ai protagonisti di parlare tanto liberamente. Una storia bella, sebbene qualche piccolo errore (specie nella parte finale) è ancora presente e (parere puramente personale) in certi punti le descrizioni e gli eventi sono troppo approfonditi. Resta comunque una storia che offre interessanti spunti, specie per l'amore verso se stessi, che scaturisce da tali eventi.

    Edited by Nancy Cuomo - 16/3/2024, 18:34
     
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    Rue Ryuzaki
    L’Incipit è molto coinvolgente, ti proietta subito dentro la storia.
    Assistiamo a un matrimonio “forzato” spinto forse da scopi non d’amore, ma sicuramente politico-sociali. Non poteva non essere festeggiato con del buon idromele. AHAHAHAH
    Bella la scena in cui i fratelli si immaginano la figura di Belinda. AHAHAHAH, davvero divertente e buffa. Anche io me la sono immagina bella paffuta, robusta con seno prosperoso o una fanciulla simile a Biancaneve.
    Il world-building, anche se rappresentato a sprazzi (diciamo) è uno dei miei preferiti. Ormai sono mesi che sono affascinata da questi mondi e atmosfere antiche e un po’ pre medievali (se si può dire)
    Da come inteso al fratello minore non ama i conflitti (spoiler: ha ragione) ma se fossero conflitti per amore, forse cambierebbe idea (spoiler: ha ragione anche qui.) È stato un colpo di scena nel realizzare che la storia di Hans è collegata a Arendelle e alla Regina Elsa… Hai collegato la storia a Frozen! Ho adorato troppo. Idea davvero originale. Mi dispiace però che prenderà le posizioni dell’antagonista del cartone…
    Ho associato subito il nome del personaggio Sigurd all’eroe vichingo che ha salvato, appunto, Brunilde. Mi è piaciuta molto la sua caratterizzazione.
    Devo dire che Sigurd è il fratello più valoro e coraggioso, Hans quello più quieto ma il più bello e ho subito intuito che era anche quello più romantico. Bjorn quello serio e taciturno che deve tacere e adempiere solo al bene per la famiglia, non importandosi di quello che forse per lui è realmente importante.
    Dopo il matrimonio ho avuto la conferma che Hans rimane il mio principe preferito (parlo solo di questo pezzo di racconto…dopo sai chi preferisco ahahahaha) Lo vedo un po’ diverso dagli altri. Sicuramente più sensibile e forse più portato per le arti che per la guerra. Mi ha fatto poi una tenerezza incredibile di come venga minuto dagli altri… Mi ha ricordato qualcuno… Non ha nessuna corona che lo attende e forse nemmeno una regina… (Mi ha ricordato, qualcuno, e tu sai chi… hihihihi)

    Bella l’espressione “occhi silenti”

    Adesso una delle miei citazioni preferite: “Non è la spada che mantiene l'armonia tra i regni, ma la parola”, lo rassicurò il fratello maggiore.”

    Ma fatalità devi sempre nominare due principi è? Ma che casualità!!!

    In sintesi, questa breve l’ho apprezzata molto e mi piacerebbe leggere un seguito. Purtroppo l’elemento, il legame d’amore non l’ho provo né sentito, né percepito…


    Nancy Cuomo
    La tua opera inizia con un Incipit è molto coinvolgente e già molto riflessivo che riguarda l’amore. Il tema centrale della Sfida. Inoltre il punto di vista del narratore è già centrato sul personaggio maschile di Salvo che lo trovo molto in confusione su una precisa scelta. (Ha ragione! Noi donne siamo difficili!)
    Sono d’accordo con lui, perché l’amore non deve completamente annullarti o non deve annullare un membro della coppia, né farti stare male o cambiare abitudini o te come persona per accomodarsi verso le esigenze e i bisogni dell’altra o dell’altro.
    Capisco la situazione di Laura, ma da come mi è arrivato il suo personaggio credo sia un po’ un inetta, una che non lotta, una che si è adagiata sugli allori, non reagisce, non vuole contribuire e vuole dipendere solo da lui e lui la deve, per così dire, “mantenere” o almeno assecondarla sempre. Le fa pena capisco, ma sta parlando del suo passato, davanti ha un futuro tutto da scrivere e scoprire però… Poi l’ho vista anche abbastanza oppressiva nei confronti di Salvo. È un comportamento tossico. Si sa. Fa bene allontanarsi da li, ma ovviamente non ci riesce se sente un vuoto dentro di lui… è normale, ma secondo me è la scelta migliore per lui.
    Mi dispiace molto per Laura per l’incidente. Ovviamente Salvo l’ha subito soccorsa e protetta, nonostante tutto, perché quando ami una persona morirete per lei no? Ha fatto quello che ritenga più giusto, ma che in realtà è la cosa più sbagliata, facendo capire quanto tossico può diventare un amore… Mi dispiace troppo per lui, veramente, eppure potrebbe benissimo essere la vita reale.
    Alla fine si è risolto tutto per il meglio, ma un finale al quale dissento parecchio.
    La storia è breve, scorrevole e carina. La lettura è stata godibile. È una storia che mi ha lasciato dell’amore in bocca. Non sono veramente riuscita a capire il loro rapporto e il loro amore. Io l’ho trovato un po’ tossico… Io se fossi stata al posto di Salvo l’avrei abbandonata già da un pezzo. Secondo me Laura è un personaggio che deve imparare a riscattarsi da sola e non trovando l’aiuto nell’amore.
    Poi questo è solo mio pensiero…
     
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    Rue Ryuzaki Ancora una volta fai un tuffo nel passato (un passato più preciso in questo caso rispetto, magari, a uno più vago tipico di fiabe che hai scritto) e riesci molto bene sia nelle descrizioni, che nei dialoghi, a teletrasportarci, stavolta, alla corte danese. Forse non sono molto adatti come paragoni, ma, per il suono dei nomi che hai sapientemente scelto per i fratelli, mi hai rimandato alla serie tv "Vikings", mentre, per l'ambientazione del castello e la presenza di tanti figli dai caratteri differenti mi hai ricordato Winterfell e gli Stark di "Game of Thrones". Il legame d'amore che hai scelto di descrivere intuisco sia quello fraterno, soprattutto tra Hans e Sigurd e ti è venuto molto bene: hai saputo dare loro pochi tratti, ma precisi per caratterizzarli. Ho trovato decisamente originale l'idea di collegare la tua opera a "Frozen" e ti sostengo in questa tua riscrittura (lo trovo parecchio sopravvalutato). Ottimo inizio, se di questo si tratterà! ;)


    -Laura- Leggere questo tuo componimento, sia in fase di revisione come lettrice-beta che ora, è stata un'esperienza molto forte emotivamente. Questo perché lo sento molto sincero e, specifico che è solo una mia impressione, autobiografico, perlomeno nei sentimenti espressi, sicuramente dalla figlia, ma ho trovato anche le figure dei genitori molto realistiche. Magari mi sbaglio, ma, essendomi rivista in tale situazione in un certo periodo della mia vita, addirittura in alcune frasi, ho pensato questo. In ogni caso, anche se è una lettura colma di sofferenza, di tutti e tre i protagonisti, lascia una speranza perché c'è un dialogo, una propensione all'ascolto e la volontà di capirsi. Il legame genitori e figli non è affatto scontato e quello descritto da te è davvero potente e realistico. Molto ben gestita anche la parte in cui descrivi l'episodio del passato, l'ho trovata molto credibile. davvero i miei complimenti.

    Nancy Cuomo Se ho ben capito, hai voluto raccontare sia l'amore fraterno che l'amore romantico, entrambi, soprattutto, nella loro parte irrazionale. Le dinamiche subito mi hanno un po' spiazzato, concordo con Laura che ci sono dei tratti, in entrambi i rapporti, non so se sia voluto, un po' tossici. Questo però non mi ha disturbato, nel senso che esistono anche questi tipi d'amore, che denotano a mio parere un'immaturità sentimentale, infatti ho percepito tutti e tre i protagonisti della vicenda come giovanissimi. Non sono qui a fare la morale per carità, la mia è una semplice constatazione.
    Trovo molto bello invece il concetto dell'amore che, anche se diviso, cresce e mai diminuisce.
    In generale, la lettura risulta scorrevole, ma ti consiglio, se vorrai pubblicare la storia in Biblioteca, di rendere la narrazione più ricca e sfaccettata, approfondirla un po', senza per questo dover aggiungere elementi nuovi.
    Alla prossima! :)
     
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    Appena ho letto il titolo, ho pensato "Hans, delle Isole del Sud?"... ma procediamo!

    La storia è cominciata coi due fratelli, il minore intento a scrivere fanfiction (perdona l'ironia) il maggiore nei panni di un meticoloso recensore. Adoro queste scenette!

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 7/2/2024, 18:49) 
    "E così, con una frustata di redini, i due principi cavalcarono verso il castello. Non appena furono abbastanza vicini, costeggiarono le mura di cinta ed entrarono dal cancello sul retro, così da non richiamare l'attenzione di chicchessia e raggiungere le stalle di soppiatto. Smontarono dai destrieri, Hans aiutò la serva a scendere, e di filata s'intrufolarono nel palazzo, sbucando nelle cucine – piene zeppe di leccornie per la grande cerimonia – per poi salire l'ampia scalinata."

    Questa parte l'ho trovata un po' affrettata: com'è possibile che non ci siano delle guardie? Avrebbe più senso se entrassero di soppiatto con la complicità di qualche capitano.


    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 7/2/2024, 18:49) 
    "Allora tornò con il viso sul suo libro e, armato di pennino, riprese a comporre di Belinda la ninfa e Bjørn il principe orso."

    Io scherzavo con le fanfiction, ma alla fine le scrive davvero! :D

    E più vado avanti, più fratelli appaiono... è davvero Hans! Credevo che fosse solo ispirato, perché il personaggio è caratterialmente mooolto diverso dalla sua controparte.

    Beh, la storia era più incentrata sull'amore fraterno, ed è stata carina da leggere!





    Nota dell'amministratrice:

    Se si ha difficoltà a citare correttamente il messaggio di un altro utente, ci sono gli appositi post della Guida al sito da consultare --> link.


    Edited by Elizabeth Swann - 16/3/2024, 17:26
     
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    Laura_Ruetta Eccomi a leggere la tua storia! Ho capito che si tratta di estratti della tua storia "I ragazzi del treno", l'inizio mi ricordava qualcosa, anche se non avevo letto tutto il resto. Sono stata contenta di sapere che alla fine la protagonista riesce a ricongiungersi con la sua famiglia. Mi piace l'amore familiare che si sente nella storia, ho sentito soprattutto l'amore materno e mi hai fatto venire voglia di coccole e coccolare mia madre :XD:
    La lettura è stata molto, molto intensa e introspettiva. Vorrei lasciarti qualche annotazione per migliorare qualcosina:

    ti suggerirei di evitare di ripetere lo stesso tipo di azioni che fanno i personaggi, per esempio nella storia c'è la madre di Luana che bacia parecchio la figlia, come azione ci sta, ma ti suggerirei di non ripeterle troppo vicino! Potrebbe risultare un po' ridondante, anche se comprendo che la situazione che hai descritto è molto naturale che ciò venga fatto dalla madre, però lascia anche al lettore la possibilità di immaginare qualcosa, soprattutto se l'azione l'hai espressa un paio di righe più sopra.

    Altra annotazione: a fine dialogo, se inserisci i verbi del dire o comunque legati a quanto detto nel dialogo, vanno messi in minuscolo. Per esempio, tu hai scritto: «Mamma.» La chiama. -> per essere più corretto sarebbe: «Mamma» la chiama. <- dopo la parola "mamma" non è necessario il punto e dopo le virgolette caporali puoi anche non mettere la virgola (la virgola dopo le virgolette è una scelta editoriale, se fai caso non è presente in tutti i testi narrativi) e la lettera dopo va in minuscolo.
    Il discorso cambia se il verbo dopo il dialogo è un che specifica un altro tipo di azione, es: "Cosa fai?" Lo guardò alzarsi dal letto.

    CITAZIONE
    «Mi sei mancata tanto Mi hai fatto morire dentro… La tua mancanza mi ha devastato.

    In questo punto ti sei dimenticata il punto fermo.

    CITAZIONE
    Fa uno smorfia accigliata.

    Errore di battitura!

    CITAZIONE
    «Dopo la litigata di quella sera. Ho sentito un forte desiderio di fuggire via da qui. Ero troppo arrabbiata, per…tante, tante cose… Non solo a causa vostra… Cose che penso neanche vi immaginiate.» La sua voce si incrina. «Cose, di cui, non vi siete mai resi conto…»

    Nel primo passaggio non è necessario il punto fermo, ma piuttosto è meglio una virgola perché si lega alla frase successiva. Nel secondo passaggio le due virgole tra "di cui" non vanno messe!

    Ci sono alcuni errori di battitura nel testo e altre sviste, ma credo che tu possa individuarle con facilità con una lettura più calma e a mente più serena ;)
    Ad ogni modo ho sentito tanto l'amore familiare.

    Rispondo anche al commento che mi hai lasciato: sono contenta che il Worldbulding ti sia piaciuto e che tu abbia trovato divertente la descrizione di Belinda :XD: Sono anche contenta che tu abbia apprezzato anche gli altri personaggi! E sì, Hans è proprio quello di Frozen e la storia è il primo capitolo per la mia versione della storia! Quindi Hans è completamente diverso da quello del film, diciamo che è la rivincita di Hans :XD: e pian piano avrai modo di leggere altri capitoli!




    Nancy Cuomo
    Bella la tua storia! il tuo lavoro di coppia con Ellie è stato davvero ottimo! La lettura è stata scorrevole e piacevole. Mi spiace che sia finita un po' presto... per sentire di più il legame d'amore avrei mostrato qualche scena in più, Salvo che chiede alla fidanzata di sposarlo o anche un loro incontro durante la reclusione di lui... insomma qualcosina in più! Però devo farti i miei complimenti perché mi è stata facile la lettura!

    Per rispondere al tuo commento: potrai leggere il seguito della storia! Visto che è la mia riscrittura di Frozen, per dare giustizia a Hans.


    Magic_Charly
    CITAZIONE
    riesci molto bene sia nelle descrizioni, che nei dialoghi, a teletrasportarci, stavolta, alla corte danese

    Sono contenta di essere riuscita a trasportarti indietro nel tempo alla corte danese! E anche che tu abbia percepito un che di Vikings e GOT! Sono molto lusingata, soprattutto perché sono due serie\storie molto apprezzate dalla gente.
    Sono anche contenta che tu sia riuscita a percepire il legame tra Sigurd e Hans! Volevo proprio mostrare un amore fraterno, ovviamente contestualizzato nell'epoca in cui si svolgono i fatti! E avrai modo di leggere tutta la mia riscrittura di Frozen! :XD:



    fanwriter91
    CITAZIONE
    "E così, con una frustata di redini, i due principi cavalcarono verso il castello. Non appena furono abbastanza vicini, costeggiarono le mura di cinta ed entrarono dal cancello sul retro, così da non richiamare l'attenzione di chicchessia e raggiungere le stalle di soppiatto. Smontarono dai destrieri, Hans aiutò la serva a scendere, e di filata s'intrufolarono nel palazzo, sbucando nelle cucine – piene zeppe di leccornie per la grande cerimonia – per poi salire l'ampia scalinata."

    Questa parte l'ho trovata un po' affrettata: com'è possibile che non ci siano delle guardie? Avrebbe più senso se entrassero di soppiatto con la complicità di qualche capitano.

    Ti ringrazio per avermi fatto notare questa cosa! Non c'avevo pensato, quindi provvederò a rimediare nella versione definitiva ;) diciamo che avevo un po' l'ansia da prestazione :XD:

    CITAZIONE
    E più vado avanti, più fratelli appaiono... è davvero Hans! Credevo che fosse solo ispirato, perché il personaggio è caratterialmente mooolto diverso dalla sua controparte.

    Beh, la storia era più incentrata sull'amore fraterno, ed è stata carina da leggere!

    Sì, la storia è proprio incentrata su quel Hans! è il primo capitolo della mia riscrittura di Frozen, dove do una rivincita a questo personaggio e scriverlo come avrebbe dovuto essere (così come tutta la storia) e diciamo che gli ho attribuito qualche caratteristica dell'autore Hans Andersen, come omaggio alle sue fiabe tra cui La Regina delle Nevi! E sono contenta che ti sia piaciuta la lettura ;)
     
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    Re(gina) dei Pirati

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    - Hans, Principe della Danimarca, di Rue Ryuzaki
    Devo necessariamente fare una premessa (che, purtroppo, allungherà il mio commento): con gli anni ho sviluppato un’antipatia crescente per “Frozen”. Già a prima visione non mi era parso tutto ’sto gran fenomeno di film (anche se nutrivo una certa simpatia per Anna, che – non mi stancherò mai di ripeterlo – è la vera protagonista della storia, mentre Elsa è soltanto la damigella in pericolo)… poi tutta la risonanza mediatica che ha avuto, generata dalla propaganda, mi ha fatto capire che è addirittura un prodotto fatto male, pieno di approssimazioni, che cerca di dire tutto e il contrario di tutto spacciandosi per un’opera rivoluzionaria. Insomma, esattamente il tipo di opera da cui preferisco stare alla larga.
    Proprio per questo trovo intrigante l’idea di dedicare una fanfiction a uno dei personaggi di “Frozen”, per tentare di approfondirne il carattere e le motivazioni; specie se il personaggio in questione è il principe Hans, che di primo acchito non mi aveva fatto né caldo né freddo, ma col tempo, grazie a una buona riflessione e ai commenti intelligenti e puntuali di altri spettatori del film, mi si è rivelato per quello che è: un cattivo reso tale in fretta e furia, una figura abbozzata e buttata lì, senza curarsi della sua caratterizzazione, giusto per imbastire un colpo di scena nell’ultima parte del film. Complimenti agli sceneggiatori, eh -_-

    In questo racconto di Rue, invece, s’intravede un chiaro sforzo di attribuire ad Hans una personalità ben definita, esplorando le sue passioni e, soprattutto, il rapporto con i suoi numerosi fratelli (di cui, nella storia vera, non sappiamo pressoché nulla). Il focus della storia è dunque l’amore fraterno, fatto di risate, complicità, battute scherzose e bonarie. Ho molto apprezzato l’introduzione di Sigurd, la cui esuberanza fa da contraltare al carattere più riservato di Hans. Quest’ultimo mi ha colpita tantissimo per il suo atteggiamento cavalleresco e gentile, che non mi aspettavo di vedere così marcato (ma d’altronde, se dobbiamo dirla tutta, non è poi troppo diverso dal modo in cui si comporta il personaggio durante l’incontro con Anna nell’opera originale!). Interessante anche il contrasto con uno dei fratelli maggiori, prepotente e sprezzante, che mostra un’altra possibile faccia del rapporto fraterno, ovvero il conflitto e la mancanza di comprensione.
    Mi sarebbe piaciuto vedere altre scene con Sigurd, soprattutto dopo la convocazione di Hans al cospetto del Re, ma capisco che l’autrice volesse evitare di dilungarsi. Il legame d’amore l’ho percepito in particolare quando si trattava delle interazioni con questo fratello biondo e ridanciano, ma mi azzardo a dire che la sensibilità romantica riversata da Hans nei propri racconti indica la ricerca di un altro legame d’amore, quello di coppia.
    In sintesi, bell’esperimento “what if”, che non teme di distaccarsi dall’opera originale laddove essa si è mostrata più superficiale thumbsup


    - Ferite rimarginate, di -Laura-
    In questo caso il legame d’amore è quello genitore-figlio; nello specifico madre-figlia, anche se pure il padre ha il suo ruolo nella storia. Una scelta significativa e apprezzabile, esplorata all’interno di un contesto fatto di drammatiche incomprensioni, timori e solitudine.
    Devo ammettere che la lettura, a tratti, è risultata un po’ pesante per me, forse perché alcuni concetti sono stati ripetuti più volte. Ad ogni modo, la parte che mi ha colpita di più è quella in cui, all’inizio, la giovane protagonista ha paura della reazione della madre, temendo urla e schiaffi da parte sua: è stata una cosa triste da leggere, ma fa capire fino a che punto fosse arrivato il loro livello d’incomunicabilità.

    I genitori che tendono a rinchiudere un figlio sotto una campana di vetro nel tentativo di proteggerlo non sono pochi al mondo; anzi, ho l’impressione che si tratti di un fenomeno abbastanza comune. È normale che a un certo punto scoppi il conflitto, che in questa storia è giustamente rappresentato come molto amaro e doloroso per entrambe le parti in causa. Per fortuna viene dato spazio anche all’inizio di una riconciliazione, a cui la madre riesce a dare il via trovando in sé stessa il coraggio di aprirsi, per confessare all’amata figlia un trauma da cui non è mai guarita.
    Molto belle le parole sulla difficoltà dell’essere genitori, le ho sentite sincere e veritiere :cry: <3
    Si capisce benissimo che il racconto è un frammento di una storia ben più ampia, ma la trama resta comprensibile e alla portata di tutti, perciò nulla da ridire, anche perché l’attinenza al tema della sfida c’è. Sono lieta che l’autrice abbia trovato il modo di partecipare all’iniziativa, nonostante le titubanze iniziali :)


    - Il filo rosso d’amore, di Nancy Cuomo
    Questa storia è forse la più completa di tutte a livello tematico, poiché è incentrata sia sul rapporto di coppia che sul rapporto fra sorelle. C’è quindi un legame d’amore “doppio”, se così si può dire, che forma una catena al centro della quale troviamo la fidanzata del protagonista, presentata come una ragazza capace di provare i sentimenti più puri e altruisti. Forse è una figura un tantino idealizzata… :=/: È proprio lei, in ogni caso, a fungere da esempio per gli altri personaggi del racconto, a cominciare dal protagonista stesso, che impara il significato del sacrificio e dell’empatia.

    La cosa che apprezzo di più dell’autrice è la capacità di tirar fuori spunti sempre interessanti per delle storie da scrivere (al di là del modo in cui poi esse prendono forma). Per quel che riguarda questa storia in particolare, avrei preferito – era uno dei consigli che avevo dato in veste di lettrice-beta – che i passaggi più cruciali venissero approfonditi maggiormente, magari tramite ulteriori dialoghi capaci di scavare un po’ nell’animo dei personaggi, le cui motivazioni rischiano di non risultare abbastanza chiare e “forti” al lettore. Tuttavia, per un futuro ampliamento del racconto c’è sempre tempo… ;)


    Per concludere, invito le tre autrici a condividere qui una loro riflessione su quest’iniziativa. Pensate che sarebbe un’esperienza interessante da rifare? Vi piace avere un lettore-beta con cui confrontarvi?

    Le lettrici-beta di questa sfida, Magic_Charly e Fanny Solomon , sono egualmente invitate a esprimere la loro opinione. Personalmente sarei felice se sul forum si ripetesse una cosa del genere; non per forza nell’ambito di una sfida di scrittura e seguendo le stesse dinamiche, sia chiaro… Dipende da quello che pensate voi ^_^ Comunque, sarei favorevole a un secondo tentativo di organizzarci in coppie scrittore+beta per condividere le nostre conoscenze!

     
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    Elizabeth Swann
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    Proprio per questo trovo intrigante l’idea di dedicare una fanfiction a uno dei personaggi di “Frozen”, per tentare di approfondirne il carattere e le motivazioni; specie se il personaggio in questione è il principe Hans, che di primo acchito non mi aveva fatto né caldo né freddo, ma col tempo, grazie a una buona riflessione e ai commenti intelligenti e puntuali di altri spettatori del film, mi si è rivelato per quello che è: un cattivo reso tale in fretta e furia, una figura abbozzata e buttata lì, senza curarsi della sua caratterizzazione, giusto per imbastire un colpo di scena nell’ultima parte del film. Complimenti agli sceneggiatori, eh -_-

    Ho voluto incentrare la fan fiction su Hans proprio per questo motivo! E condivido il tuo disappunto! Volevo dare un giusto merito a questo personaggio che è stato distrutto dalla politica e dai moti "rivoluzionari" del menga della sceneggiatrice\regista che lasciano un po' a desiderare...

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    Ho molto apprezzato l’introduzione di Sigurd, la cui esuberanza fa da contraltare al carattere più riservato di Hans. Quest’ultimo mi ha colpita tantissimo per il suo atteggiamento cavalleresco e gentile, che non mi aspettavo di vedere così marcato (ma d’altronde, se dobbiamo dirla tutta, non è poi troppo diverso dal modo in cui si comporta il personaggio durante l’incontro con Anna nell’opera originale!).

    Sono contenta che tu abbia apprezzato Sigurd! Mi è uscito proprio spontaneo! E per la caratterizzazione di Hans mi sono ispirata proprio al primissimo incontro che abbiamo di lui nel film e anche alla personalità sensibile dell'autore della fiaba.

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    Il legame d’amore l’ho percepito in particolare quando si trattava delle interazioni con questo fratello biondo e ridanciano, ma mi azzardo a dire che la sensibilità romantica riversata da Hans nei propri racconti indica la ricerca di un altro legame d’amore, quello di coppia.

    Il legame d'amore fraterno che volevo rappresentare era proprio quello con Sigurd, messo in contrasto con altri tipi di legami fraterni come hai notato tu! E volutamente ho fatto scrivere a Hans fiabe classiche sul principe e la principessa per far notare che lui è in cerca di un altro tipo di amore, quello di coppia! (e anche per dirne quattro alla sceneggiatrice che odia il principe e la principessa XP )
    Sono contenta che la storia ti sia piaciuta, spero di riuscire presto a scrivere e pubblicare i primi capitoli del seguito.

    Per quanto riguarda l'esperienza, devo dire che mi è piaciuta tanto! è sempre bello poter ricevere feedback di qualcuno che può aiutarti a migliorare la tua storia e il tuo modo di scrivere! La rifarei volentieri come esperienza, magari dando una sottotraccia per i lettori-beta, es. focus sulla grammatica o sul contenuto. E poi è stato bello potersi confrontare con Fanny e vedere le sue opinioni in merito alla storia!
     
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    Elizabeth Swann Esperienza che si potrebbe sicuramente ripetere! :)
     
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    Elizabeth Swann
    Per quanto riguarda il tuo commento alla storia, vorrei dirti che sono stata felice di averti come lettore-beta e i tuoi consigli sono stati molto utili (specie riguardo la grammatica e la punteggiatura). Non credo che apporterò ulteriori cambiamenti alla storia, perché il mio intento è proprio quello di lasciare libera interpretazione in alcuni passaggi, ma soprattutto la superficialità della descrizione segue la superficialità dei protagonisti (che per l'appunto sono fin troppo lineari).
    L'iniziativa è sicuramente interessante e da ripetersi e ti ringrazio per l'opportunità di confronto
     
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48 replies since 22/12/2023, 16:29   599 views
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