NEL BOSCO (La Fanciulla e L'Angelo Caduto)

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    Cari lettori,
    questo è il mio primo racconto che scrivo.

    Non è perfetto, ma sono sicura che voi amanti delle storie romantiche lo apprezzerete moltissimo.

    L'idea di scrivere questo racconto nasce durante l'estate del 2019.
    Ero in montagna a fare un escursione con molte altre persone.
    Siamo andati a visitare una grotta, chiamata "Bocca Lorenza", in provincia di Vicenza. L'escursionista che ci ha assistito e accompagnato lungo tutto il percorso ci ha spiegato che intorno a questa cavità terrestre si cela una sorta di leggenda riguardante una povera fanciulla che persa nel bosco cade nella grotta nella quale trova un demone, il quale la rapisce per portarla all'Inferno.

    Da questa antica storiella è nato il mio primo racconto.

    Durante il lockdown del 2020 ho cominciato a scriverlo per vedere se ero veramente portata per la scrittura.

    Nel Settembre dello stesso anno ho iniziato a pubblicarlo su Wattpad per concluderlo a Gennaio del 2021.

    Ad Aprile, con mia grande stupore e meraviglia è stato pubblicato dalla casa editrice Historica nel libro Favole e Fiabe vol. 5 2021.

    Sarà la prima fiaba di una serie di altri racconti ambientanti nel magico bosco di montagna di cui sono follemente innamorata.

    Buona Lettura... <3


    Categoria: bollino verde
    Genere: Romantic Fantasy

    RACCONTO LUNGO

    NEL BOSCO (La Fanciulla E L'Angelo Caduto)



    IL VILLAGGIO


    In un antico e piccolo villaggio sperduto, in una valle verde e profumata, protetta da alte montagne imponenti dai dolci pendii smeraldini e dalle vette rocciose e frastagliate, dove le nuvole bianche e gonfie come batuffoli di cotone giocavano a rincorrersi, era giunta finalmente la primavera.

    Il paesino aggraziato, sotto la luce del sole dorato di un tardo pomeriggio, accoglieva i pastori e i loro greggi al ritorno dal pascolo.
    Tra le strade lastricate si potevano udire le risate divertite dei bambini che giocavano con i cagnolini dei cacciatori e le imprecazioni delle comari, le quali sorreggevano ceste di vimini piene di biancheria sporca.
    Venivano costantemente travolte dal passaggio di carri e carrozze e per loro arrivare al fiume dalle acque lucenti era sempre impossibile.
    Ogni casa era piccola e confortevole, fatta di mattoni grigi come la pietra.
    I giardini erano tinti di ogni colore che la natura potesse offrire. Erano un tappeto di fiori bellissimi: rosso sangue erano le rose, bianche erano le margherite, blu erano le viole, gialli erano i narcisi. Tutti fiori dai petali delicati e profumati e sopra di essi le api baciavano i pistilli e le farfalle zaffirine danzavano in cerchio, mentre le chiome degli alberi diventavano sempre più folte e rigogliose di un verde chiaro brillante.
    Nel frattempo le prime mele si sfumavano di rosso pallido.

    DELIA


    Ecco qui, in questo villaggio viveva una giovane fanciulla dai lunghi ondulati capelli castani e dagli occhi nocciola, di nome Delia, che si affrettava a lasciare la sua dolce dimora.

    Scese i due scalini mal messi del portico di casa, fece una giravolta, annusò con grande piacere una rosa rossa del suo giardino, aprì il piccolo minuscolo cancello di legno e si ritrovò nella strada del paese coperta di ciottoli grigiastri disconnessi fra loro.

    Era proprio una bellissima giovane donna, alta e snella.
    Indossava un vestito rosa in lino ricamato, leggero e svolazzante, con le maniche lunghe fino ai polsi e sopra di esso portava un grembiule bianco, chiuso sul dietro con due nastri formanti un piccolo fiocco.
    I capelli ondulati le cadevano sulle spalle, scendendo fino all'altezza della vita.

    Camminava tranquilla e serena per la strada.
    Era diretta verso la piazza del paesino e stava canticchiando teneramente a bassa voce.

    Un passante la guardò e la salutò con un grande sorriso.
    «Salve, buon pomeriggio.»

    Delia ricambiò il saluto con lo stesso sorriso.
    «Buon pomeriggio anche a lei.»

    La fanciulla risultava agli occhi di tutti i compaesani un'incantevole ragazza.
    I suoi occhi color nocciola esprimevano un'affascinante tenerezza e dolcezza; inoltre era molto educata, gentile e rispettosa.

    Viveva sola con la madre.
    Suo padre era morto accidentalmente, ruzzolando giù da una rupe; il corpo non era mai stato recuperato e così l'aveva lasciata sola.
    L'aveva abbandonata.
    Le mancava molto, non mostrava mai la sua sofferenza e la sua fragilità per il padre perso, voleva dimostrare di essere una ragazza forte e lo era veramente; ma alcune volte, alcuni giorni, soprattutto quelli piovosi, il dolore le faceva troppo male e per alleviare la sua angoscia straziante, che si portava sempre dentro, leggeva un buon libro o cucinava qualche buona e gustosissima torta.

    In paese la conoscevano tutti.
    Aiutava i più piccoli a imparare a leggere e a scrivere.
    Trascorreva le mattine nella piazza del paese.
    Qui si sedeva ai piedi della fontana di marmo bianco per dar da mangiare ai passerotti.
    A volte aiutava i venditori a sistemare i frutti in grandi ceste di legno per poi essere vendute.

    Fra questi venditori vi era anche la sua migliore amica Diana, un'altra bellezza incantevole, alta e snella come Delia, con capelli ondulati color miele, occhi smeraldo e una spruzzata di lentiggini sulle guance.
    Si conoscevano da sempre, da quando erano nate.
    Avevano passato l'infanzia insieme.
    Erano state cresciute dalle loro madri, anche loro migliori amiche fin da bambine.
    Delia e Diana avevano instaurato un profondo rapporto di amicizia: un legame molto stretto le univa da sempre.
    Alla soglia del loro dodicesimo compleanno decisero di farsi un giuramento, una promessa eterna di amore, davanti al pozzo vecchio della casa di Diana: avevano lanciato una moneta d'argento giurando insieme, a occhi chiusi, tenendosi strette il mignolino delle loro mani.

    «Io Delia, prendo te Diana come migliore amica per l'eternità e prometto di rimanerti per sempre fedele.»

    «Io Diana, prendo te Delia come migliore amica per l'eternità e ti prometto solennemente di rimanerti per sempre fedele.»

    Riaprirono gli occhi e risero di gusto e infine si abbracciarono felicemente.




    Gli anni passarono in fretta e i tempi belli si spensero, quando la madre di Diana morì di colera.
    La povera giovane fu costretta a trasferirsi con la zia Marilla in un remoto paese, perdendosi di vista.


    Passarono alcuni anni.
    Ormai si erano dimenticate una dell'altra.
    Un giorno di Carnevale ci fu una festa in maschera nella piazza del villaggio.
    I suonatori di violino circondavano la gente che ballava e cantava allegramente a ritmo della frenetica melodia.
    Tutti indossavano maschere diverse fra loro, dai colori vivaci e brillanti, che luccicavano sotto la luce del sole.
    Fu proprio in quel momento, nel chiassoso turbinio della folla che Delia riconobbe l'amica perduta, la quale si nascondeva dietro una maschera celeste arricchita di minuziose perline blu luccicanti con due piume di pavone poste ai lati.
    La riconobbe dalle lentiggini e dai suoi occhi verdi come due smeraldi.
    Invece Diana riconobbe l'amica sotto una maschera rosa decorata con filamenti sottili dorati.
    Notò subito i suoi capelli castani morbidi e lucidi che ora le arrivavano fino alla vita.
    Si tolsero le maschere e i loro occhi si incrociarono, le loro anime si ritoccarono, si riunirono, sorrisero insieme, si presero le mani e poi si abbracciarono forte, così forte che sentirono i loro cuori di nuovo vibrare di tenero amore e divennero nuovamente più unite che mai.
    Delia aveva appoggiato la sua fronte su quella dell'amica.
    Dopo quattro anni, si erano ricongiunte e adesso si ritrovavano tutti i giorni in quella piccola piazza, a ridere, a mangiare un frutto, ad aiutare le persone e a giocare con i bambini.

    Delia stava proprio dirigendosi in quella direzione, verso la piazza del villaggio per incontrare la sua amica.

    Giunse ai piedi della fontana, dove con grande meraviglia Diana la stava già aspettando con un cesto pieno di albicocche.
    Appena Diana vide l'amica, balzò in piedi e la strinse in un abbraccio forte, colmo del suo affetto per lei.

    «Ciao amica mia, come stai?»

    «Sto benissimo quando ti rivedo e tu come stai oggi?»

    «Sono davvero felicissima!»

    «Mi fa piacere amica mia.»

    «Dai su, vieni un po' a sederti qui vicino a me.»

    Le due amiche si sedettero ai piedi della fontana.

    «Desideri un'albicocca?» domandò Diana all'amica.

    «Sì certo, con piacere.»

    Le porse sulla mano una grossa e succosa albicocca.

    «Grazie.»

    Insieme addentarono il frutto e ne assaporarono il gusto dolciastro, guardandosi intorno.
    La piazza si stava lentamente svuotando.
    I mercanti stavano chiudendo le bancarelle e le madri chiamavano i propri figli, perché era ora di rincasare.

    Era arrivato il momento.
    Diana doveva fare una confessione all'amica, ma non sapeva da dove cominciare, allora si fece un po' di coraggio.

    «Delia, ti devo dire una cosa importante...»
    pronunciò a fil di voce, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

    «Dimmi.» disse Delia dolcemente.

    «Sai che avevo cominciato a frequentare un ragazzo, tanto tempo fa...ecco...»

    L'amica la interruppe.
    «Erberto? Sì, me lo ricordo, era proprio bello...»

    Sorrise compiaciuta, mentre addentava l'albicocca.

    «Sì proprio lui.»

    Stette un attimo in silenzio, poi aggiunse timidamente sottovoce.

    «Ecco mi ha chiesto di sposarlo.»

    Delia sgranò gli occhi e per poco non inghiottì il nocciolo del frutto.
    Deglutì a fatica l'ultimo spicchio di albicocca e sputò nella mano l'osso per poi gettarlo all'indietro, nell'acqua della fontana.

    «Oh non so cosa dire...sono molto felice per te.»

    «Scusami tanto non ti volevo scioccare, non era mia intenzione, non sapevo come dirtelo...»

    «Tranquilla, è che mi sembra un po' troppo affrettato un matrimonio. Sei ancora molto giovane...»

    «Ma non ti devi preoccupare, ne ho già parlato anche con zia Marilla. Pensa ha fatto i salti di gioia. È entusiasta all'idea di organizzare un matrimonio e ha aggiunto che ormai sono abbastanza matura per avere un marito.»

    Diede l'ultimo morso all'albicocca e anche lei gettò il nocciolo nell'acqua della fontana, poi aggiunse sorridendo.

    «E tu potresti farmi da damigella.»

    Si avvicinò all'amica cingendola per un braccio. La vedeva perplessa, il suo sguardo rivolto verso terra si era incupito.

    «Noi rimarremo amiche per sempre, non ti abbandonerò mai, questo matrimonio non rovinerà la nostra amicizia, te lo prometto.»

    Gli occhi le brillavano, ma c'era qualcos'altro che la turbava.

    «Sei sicura della tua scelta di sposarti? Lo ami con tutta te stessa? O meglio sei sicura che lui ti ami veramente e che ti rimarrà fedele per il resto della vita?»

    Fece un profondo respiro, cercando di mandar giù, ma aveva un groppo in gola e gli occhi lucidi.

    «Sai non voglio che ti faccia soffrire, star male o peggio, che ti possa abbandonare da un momento all'altro.»

    «Assolutamente no, ma che dici, io sono felicissima, quando sto con lui mi sento davvero amata.»

    Delia si rimise in piedi, strofinandosi la gonna del vestito.
    Porse una mano a Diana che la aiutò a rimettersi in piedi.

    «Ascoltami.»
    disse Delia, guardando seriamente l'amica.

    «Sposalo solo se ti rende felice.»

    Diana a quelle parole abbracciò l'amica, stringendola fortemente a sé.

    «Oh, Delia, non ti preoccupare andrà tutto bene. Ti voglio bene.»

    «Anche io ti voglio tanto bene amica mia.»

    Si sciolse dal caldo abbraccio e indietreggiò lentamente di qualche passo.

    «Adesso devo andare, mia madre mi starà aspettando per preparare la cena. Ci vediamo domani, così parliamo meglio e me lo presenti questo ragazzo, no?»

    «Ma certo, contaci. A domani allora.»

    «A domani amica mia.»

    Delia le voltò le spalle e abbandonò la piazza, mentre Diana rimase lì ferma a osservarla andar via.

    Nuvole grigie offuscarono la luce del sole, mentre la giovane fanciulla rincasava.

    Camminava lentamente.

    Il suo tenero viso era diventato triste, i suoi occhi spenti e persi.
    Quella notizia si era rivelata un colpo al cuore, non pensava che Diana avrebbe trovato il vero amore così presto e mentre ella si sarebbe sposata, lei si sarebbe sentita ancora più sola. Nessun ragazzo del paese l'aveva ancora corteggiata, ma non poteva farci niente, doveva solo accettare che ben presto l'amica sarebbe diventata una moglie devota e doveva essere assolutamente felice per lei.


    Arrivò alla porta di casa ed entrò.
    All'interno sua madre intenta a impastare il pane, l'accolse con un grande sorriso di sollievo.

    «Eccoti qui tesoro mio. Stavo cominciando a preoccuparmi.»

    «Scusami mamma, ma ero con Diana.»

    Si pulí per bene le scarpe prima di entrare, chiuse la porta e andò a sedersi su una sedia davanti a sua madre.

    Guardò la figlia con occhi misteriosi.

    «Ti ha dato la bella notizia allora?»

    «Sì, me l'ha detto.»

    «E...cosa ne pensi? Non ti vedo molto felice? C'è qualcosa che ti turba? Io l'ho visto, me lo ha presentato proprio stamattina al mercato, è davvero un ragazzo bellissimo e direi anche molto educato. Stai tranquilla, te lo farà conoscere anche a te.»

    Delia non rispose, si era incantata a guardare le mani della madre che lavoravano la pasta per il pane.
    Aveva troppa confusione in testa, molte domande e preoccupazioni la stavano divorando da dentro.
    Girando il capo si accorse che il cestino di vimini era vuoto.

    «Mamma, vado a raccogliere un po' di fragole rosse nel bosco, vedo che sono già finite.»

    «Oh sì, le ho usate per fare una crostata.»

    «Allora è meglio che vada a prenderne altre...»

    «Ma a quest'ora? Fra poco sarà buio.»

    «Non importa, ci metterò pochissimo. Te lo prometto, sarò a casa prima che faccia sera.»

    «E va bene.» rispose rassegnata.

    Delia si alzò dalla sedia, diede un fugace bacio alla madre e prese il cesto di vimini.

    Successivamente piombò fuori dall'abitazione e si incamminò per la strada ciottolosa, diretta verso il bosco.

    Sua madre la seguì di fretta fuori dalla porta di casa abbandonando l'impasto e quando vide che sua figlia era già per strada le urlò.

    «Stai molto attenta e si prudente, torna a casa prima che arrivi la notte.»

    «Certo, stai pure tranquilla mamma.» Le fece eco Delia.

    NEL BOSCO...


    Piano, piano, Delia stava abbandonando il suo paesino.

    Si girò a osservarlo.

    Ormai vedeva solo alcune case, che si facevano sempre più minuscole, fino a scomparire.

    La giovane fanciulla svoltò a sinistra per imboccare un sentiero a malapena visibile, circondato da ciuffi d'erba alti e sottili di un verde brillante.

    La valle era cosparsa di fiori di tarassaco e di soffioni.

    Delia ne raccolse uno vicino a lei e con un gesto delicato se lo portò a pochissimi centimetri dalle sue rosse labbra ed espresse un desiderio.

    «Fa che anch'io possa trovare l'amore.»

    Soffiò delicatamente aprendo leggermente la bocca.
    I petali del fiore si staccarono dolcemente dal pistillo e si sparsero intorno alla valle, alcuni di essi vennero inghiottiti dal bosco e la fanciulla li inseguì incuriosita.

    Ella si inoltrò così nella foresta.

    Due farfalle bianche comparvero dietro di lei e decisero di farle strada.

    Entrò nel bosco.
    Era il luogo più magico e affascinante che avesse mai visto.

    Si rese conto che era incantato: non c'erano né fatine, né gnomi, ma gli ultimi raggi del sole che filtravano tra i rami degli abeti si riflettevano sul polline che volava libero nell'aria, producendo uno scintillio luccicante.

    Delia si guardò intorno.
    Era stupefatta.

    Tutto il bosco era immerso in un'atmosfera dorata.

    Il muschio cresceva verde e rigoglioso, intorno alle rocce e sulla corteccia degli alberi.
    Le api volavano felici, i fiori crescevano sereni sul terreno.
    Il ciclamino del bosco, di un viola inteso, regnava in quel luogo pacifico.
    Il vento faceva cantare i verdi e alti abeti, muovendo migliaia di rami.
    La fanciulla si accorse che intorno a lei crescevano anche cespugli di lamponi e fragoline.
    Ella non ci pensò due volte e si acquattò a raccoglierne più che potè: era proprio quello che stava cercando.

    Tutto d'un tratto, avvertì qualcosa, un rumore di legnetti spezzati: a quanto pare non era sola.

    Delia sentì un rumore di passi, come di piccoli zoccoli.

    Si trovava chinata dietro una roccia enorme. Abbandonò la raccolta dei frutti, attese un momento e udì ancora il solito rumore: era sempre più vicino.

    Per non perdere l'equilibrio, appoggiò le mani sull'enorme masso di roccia coperto dal muschio.
    Percepì all'istante che era freddo e umido e portò lo sguardo alla sua destra per vedere se c'era qualcun altro.

    I suoi occhi grandi color nocciola videro un bellissimo cerbiatto.

    Delia presa da un'incredibile curiosità si alzò bruscamente in piedi.

    Fu così che i suoi occhi incontrarono quelli neri dell'animale.

    Il piccolo cucciolo preso dallo spavento fuggì velocemente.

    La fanciulla scossa da un brivido di eccitazione si mise a inseguirlo, voleva assolutamente accarezzarlo, ma non si accorse che si stava addentrando nel bosco ancora di più.

    Il cerbiatto correva velocissimo, ma Delia riusciva a stargli dietro, finché il piccolo cucciolo deviò la sua corsa e scomparve all'improvviso in mezzo alla vegetazione che si era fatta più fitta.

    Ella lo aveva perso di vista in un baleno.
    Si bloccò di colpo e riprese fiato, si sedette su una piccola pietra e attese.

    Sperava che si facesse vedere o che sbucasse fuori da qualche altra parte; desiderava che l'animale capisse che non aveva cattive intenzioni, ma non successe nulla.
    Nessun cucciolo di cerbiatto sarebbe ricomparso o sarebbe venuto da lei.

    Ben presto, prese coscienza che si era persa.

    «Mi son persa.» disse a fil di voce.

    Era il tramonto, fra poco sarebbe calata la notte.
    Doveva sbrigarsi a uscire in fretta dal bosco, ma la via di casa non riusciva più a trovarla e nemmeno sapeva dove aveva lasciato il suo cestino con i frutti raccolti.

    LA GROTTA NASCOSTA


    Girovagando un po', Delia riuscì a trovare un'apertura nascosta tra due pini distanziati fra loro, che acconsentirono alla fanciulla di uscire.

    Delia abbandonò il bosco, quel luogo magico e incantevole.

    Il suo cesto di frutti rimase lì ad aspettarla per sempre.
    Ella non sarebbe più tornata a riprenderlo.

    La fanciulla sbucò fuori dal bosco e si ritrovò in uno spiazzo di terra verde e libero, con ciuffi d'erba, circondato da querce secolari.
    Il cielo era diventato azzurro scuro; se lo si guardava con attenzione le prime stelle brillavano già in modo fievole.
    La luna piena si stava tingendo di giallo.

    Delia sentì qualcosa vibrare intorno a lei: ed eccole che arrivarono a farle compagnia le prime lucciole.
    In un attimo illuminarono il luogo e confortarono di piacevolezza e meraviglia la giovane fanciulla.
    Delia si sedette sull'erba alta e rigogliosa e ammirò questo spettacolo di luci naturali.
    Con una mano ne toccò una e se la portò al palmo.
    Vide che altre lucciole si avvicinavano lentamente a lei.
    Le cominciarono ad accarezzare il corpo.

    All'improvviso venne spaventata da una civetta scura, che volò davanti a lei e andò a nascondersi dietro due rami sporgenti.
    Delia un po' intimorita, ma anche incuriosita, decise d'inseguirla.

    Si diresse nella sua stessa direzione.
    Con le mani si fece strada nel buio come un cieco.
    Successivamente spostò alcuni rami delle querce e avvertì immediatamente una sensazione di freddo. Subito dopo venne colta da un vento gelido, che le fece venire la pelle d'oca.
    Si accorse che era capitata davanti a una grotta gelida, oscura e tenebrosa; ne percepiva l'umidità da fuori.
    Le si gelò anche l'anima: stava davanti a un buco oscuro completamente immobilizzata.

    La notte era ormai calata e doveva cercare un rifugio, un luogo abbastanza sicuro per passare la notte.
    Allora entrò nella grotta lentamente, guardandosi intorno, ma non riusciva a vedere assolutamente niente, era immersa nella più profonda oscurità.
    Sobbalzò dal terrore quando due pipistrelli uscirono stridendo.
    Subito dopo, Delia avvertí un altro rumore strano, come un ringhio di qualche bestia feroce.
    Al solo pensiero che ci fosse qualcosa di così mostruoso, rabbrividì di paura, si strinse a sé e andò a rannicchiarsi all'entrata della grotta.

    Rivolse uno sguardo alla luna piena e udì l'eco di un lupo.
    Era un suono così inquietante, che esprimeva solitudine e sofferenza.
    Anche la fanciulla si sentiva persa e sopratutto sola, come tutte le creature della notte.

    I lupi ululavano, vedeva i pipistrelli volare in circolo e i gufi bubbolavano nascosti fra i rami degli alberi.
    Le lucciole erano scomparse.
    Era notte fonda ormai e di luminoso vedeva solo la luna, anch'essa di un giallo pallido, solitaria e circondata dalla luce brillante delle stelle nel cielo notturno.

    Delia venne accolta come parte di questo scenario.
    Ella lentamente chiuse gli occhi e si addormentò.
    La notte l'accolse con sé.

    DELIA DOVE SEI?


    Il sole splendente illuminava la valle fiorita, verdeggiante, fresca e profumata.


    La madre di Delia si precipitò nella piazza del paese in preda all'angoscia e all'agitazione.
    Era tutta quanta in disordine e per giunta spettinata; i ciuffi di capelli scuri le uscivano dallo chignon. La veste rosa che indossava aveva le maniche arrotolate fin sopra al gomito e il grembiule bianco era stropicciato.
    Aveva l'aria di una donna che aveva passato la notte stando sveglia, soffocata da terribili paranoie e brutti pensieri.

    Ella arrivò nella piazza correndo, tenendosi su i lembi del vestito per non inciampare.

    Quando arrivò nei pressi della fontana si inginocchiò e cominciò a piangere a dirotto come una disperata.

    Molti venditori le rivolsero sguardi perplessi, ma nessuno accorse in suo aiuto.

    Fortunatamente Diana, in compagnia del suo futuro marito e la vedova zia Marilla, appena vedendola in quello stato così miserevole, accorsero immediatamente.

    La zia Marilla, con le guance arrossate dal troppo lavoro, si sedette ai piedi della fontana, dove si era inginocchiata la madre di Delia.
    Con tutta calma si rivolse all'amica.
    «Tesoro, che succede? Perché piangi così forte?»

    La madre di Delia rispose a fatica singhiozzando. «Delia ieri sera non è rientrata al tramonto come le avevo detto. Era uscita a raccogliere dei frutti selvatici. Penso che le sia successo qualcosa di brutto. Ho tanta paura, ho già perso mio marito, non posso perdere anche lei. Per favore aiutatemi, vi prego!»

    Si trovava in una valle di lacrime, disperata più che mai.

    Invece a Diana le si fermò il cuore.
    «Ma com'è possibile?»

    A Diana cominciarono a pizzicarle gli occhi di lacrime, il suo respiro si fece d'un tratto affannoso, l'ansia prese il sopravvento.
    Non riusciva a crederci che la sua migliore amica era scomparsa all'improvviso, senza nessuna spiegazione.
    Un senso di colpa la assalì nel petto. Forse non avrebbe dovuto dirglielo così bruscamente che ben presto si sarebbe sposata.
    Doveva immaginarselo perfettamente che poteva rimanere sconvolta e scioccata; lo sapeva benissimo, aveva letto nei suoi occhi un velo di tristezza e smarrimento personale.
    Povera Delia, era una fanciulla che viveva sola con la madre, portandosi dentro una nostalgia profonda verso il padre mancato e Diana era l'unica amica che aveva, con la quale si sentiva davvero felice, con la quale poteva confidare ogni segreto e calmare qualsiasi paura e preoccupazione.
    Ma purtroppo non era stata in grado di capire che emozioni potesse provare, oltre a essere felice per lei.
    Diana non era stata in grado di comprendere che l'amica aveva paura che l'amore provato per lei, una volta sposato Erberto, non sarebbe stato più lo stesso.
    Delia aveva solo paura di non essere più amata dalla sua migliore amica.
    Ora Diana si sentiva terribilmente affranta, ma non poteva più tornare indietro.

    La voce di Marilla interruppe improvvisamente la cascata dei suoi pensieri.
    «Ma certo che ti aiutiamo, la ritroveremo vedrai, ma adesso ti devi dare una calmata. Dai vieni con me, andiamo a prendere un tè a casa mia.»

    Marilla alzò a fatica l'amica e sorreggendola per un braccio la condusse verso la direzione opposta della piazza.

    «Diana vieni anche tu con noi, ti vedo molto scossa.»

    Aveva ragione.
    Il viso della giovane era diventato pallido e aveva le guance rigate di lacrime.
    Erberto la prese per mano senza dirle una parola e seguirono la madre di Delia e Marilla verso la loro dimora.

    Prima di imboccare una via stretta del paese, Marilla si arrestò bruscamente.
    Si girò verso la nipote.
    «Diana per favore, vai dai pastori o dai cacciatori, vai a sentire se per caso hanno visto Delia e se ti danno una risposta negativa dì a loro che la vadano a cercare in qualsiasi bosco, da qualche parte deve pur essere finita, lontana non deve essere andata, ne sono sicura.>>

    «Sì, certamente.»

    «Fatti accompagnare da Erberto. Va e porta belle notizie, ti aspetto a casa mia.»

    «Vado, a più tardi.»

    La madre di Delia e Marilla abbandonarono la piazza, mentre Diana e il suo fidanzato andarono verso i cacciatori.

    La fanciulla aveva il cuore in gola, era pervasa dall'ansia e dalla preoccupazione.
    Si avvicinò al loro gruppo, scostandosi da Erberto, il quale indietreggiò di due passi.
    Diana gli rivolse un'occhiata dolce.
    «Aspetta qualche minuto che provo a chiedere se qualcuno l'ha vista.»

    I cacciatori erano un gruppo di dieci individui accompagnati da cinque cani.
    Avevano ciascuno un fucile a doppia canna che tenevano riposto dentro a una specie di custodia in cuoio allacciato alla spalla destra.
    Erano tutti uomini alti e ben robusti, avevano stivali marroni che arrivavano fino a metà polpaccio, delle brache marroni strette in vita da un cinturone con infilati i bossoli d'oro per caricare i fucili. Le brache erano accompagnate da una camicia bianca in lino e un gilet marrone di pelle chiuso con tre bottoni. In testa portavano tutti un capello di paglia.


    Timidamente la fanciulla si avvicinò a loro e si fece forza facendo alcuni passi in avanti. «Buongiorno, scusate, potrei parlarvi un momento?»

    Un cacciatore si fece avanti, portandosi la pipa fumante alla mano per rispondere.
    «Sì, sei...»

    La ragazza si schiarì la voce.
    «Piacere, mi chiamo Diana sono una stretta amica di Delia, non so se la conoscete.
    Ieri pomeriggio è andata nel bosco per raccogliere dei frutti selvatici, solo che dopo non è più tornata.
    Sua madre è molto preoccupata e anche io, se per caso la vedete o la trovate, per favore riportatela a casa, che sia viva o morta, per favore riportatela da me, ne sarei davvero grata, sono davvero preoccupatissima, credo di non saper sopportare a lungo la sua assenza.»
    Non si era accorta, ma stava di nuovo piangendo.

    «Sì certo la conosciamo bene, vedremo di ritrovarla il più presto possibile, stai pure tranquilla figliola, ci pensiamo noi.»

    «Va bene. Grazie infinite. Davvero.» ringraziò di cuore i gentili cacciatori.

    Si allontanò dal gruppo e andò a rifugiarsi tra le braccia di Erberto.
    «Oh tesoro mio, sono così preoccupata e in ansia, ho tanta paura che la trovino senza vita, è tutta colpa mia, dovevo aspettare di dirle del nostro matrimonio, l'ho scossa parecchio, poverina, chissà dove sarà...»

    Erberto prese il volto aggraziato di Diana fra le sue calde mani e le disse in tono dolce e pacato. «Amore mio, non temere, se si è persa i cacciatori la ritroveranno o tornerà lei a casa da sola sana e salva, non temere, vedrai si risolverà tutto per il meglio.» le baciò la fronte.

    Infine si presero di nuovo per mano e anche loro abbandonarono la piazza verso la casa di zia Marilla.

    MALIK L'ANGELO CADUTO


    Delia si svegliò completamente indolenzita, con la schiena che le faceva male.
    Era piena mattina.
    Il vento le passava tra i capelli ondulati.
    I fili d'erba dondolavano.
    Le foglie frusciavano fra gli alberi facendoli cantare.
    In lontananza si poteva udire il cinguettio degli uccellini.
    Il cielo era limpido, tinto di azzurro chiaro.

    Delia si alzò lentamente, appoggiandosi alla parete fredda e umida della grotta.

    Fece qualche piccolo passo e calpestò alcune pietre scalciandole in avanti.

    Rivolse il suo sguardo assonato verso l'interno della cupa caverna.
    Stava davanti a un buco nero, ma era curiosa di spingersi dentro per vedere cosa l'aveva spaventata la sera prima, anche se provava timore.

    Si incamminò lentamente, a piccoli passi, stando attenta a non far rumore.
    Si inoltrò nella più totale oscurità.
    La tenebra l'avvolse completamente nel più assordante silenzio.
    Rimase ferma, immobile, per qualche minuto, con l'orecchio teso, pronta a scappare in caso di un apparente pericolo.

    All'improvviso sentì dei passi.

    Presa dal panico e dal terrore scappò verso l'uscita.

    I passi la stavano seguendo.

    Delia pensò che ormai era spacciata.
    Se era un animale feroce, come un orso o un lupo mannaro, l'avrebbe sbranata lasciando solo un mucchietto di ossa minute.
    Ma prima che uscisse completamente dalla grotta, una voce attirò la sua attenzione.

    «C'è qualcuno? Chi sei?»

    Delia fu colta dalla paura.
    Il cuore cominciò a martellarle forte nel petto. Provò a farsi coraggio e rispose con voce tremante.

    «Mi chiamo Delia e mi sono persa.»

    Si girò verso l'oscurità della grotta, ma non riusciva a vedere nessuno.

    La figura misteriosa continuò ad avanzare verso di lei.

    Delia sentiva il suo trascinarsi lento nel terreno ghiaioso.

    La fanciulla respirava a fatica, aveva una grande paura di scoprire che razza di creatura fosse.
    A un tratto, la luce mattutina illuminò i suoi piedi. Erano come quelli di un giovane uomo, ma le unghie erano a punta, molto aguzze e per di più di un orribile colore giallastro.
    Delia fece un passo indietro mentre lui avanzava.

    Non si rese conto che lo stava portando fuori dalla grotta.

    La giovane aveva gli occhi sgranati e pieni di paura puntati verso il corpo ancora nascosto di questo essere sconosciuto.

    Man mano che indietreggiava, i suoi piedi toccarono l'erba morbida e lentamente cominciava a scorgere nell'ombra il contorno di questa strana creatura.

    Intravide le gambe, belle e lunghe. Aveva cosce e polpacci muscolosi. Il bacino invece era coperto da una specie di lenzuolo aggrovigliato intorno alla vita. Le mani erano grandi, con dita lunghe e unghie a punta, meno aguzze di quelle dei piedi, ma dello stesso colore, mentre le braccia erano muscolose come le gambe; si potevano vedere le vene, quelle più grosse, esposte.
    Solo adesso Delia si stava rendendo conto di quanto fosse alto e quando anche il suo viso venne illuminato dal sole, rimase senza fiato.

    Era davvero meravigliata.

    Si accorse che era un giovane fanciullo.

    Pensò che si fosse perso anche lui, ma vedendo come era ridotto, forse si rifugiava in quella caverna già da molto tempo.

    Il suo viso aveva lineamenti dolci e graziati, le guance leggermente infossate e gli zigomi prominenti. I suoi occhi erano grandi, di un azzurro intenso, brillavano alla luce del sole e i capelli erano folti e dorati, gli cadevano ondulati fin sopra le spalle.
    Solo, sotto alla completa luce del sole, Delia si accorse che il suo corpo era rovinato, pieno di tagli e di cicatrici, che nella mezza oscurità non aveva assolutamente notato.

    Ella si trovava davanti a un giovane uomo con un corpo terribilmente trasandato, pari quasi a quello di un morto.

    Sembrava che lui avesse combattuto una disastrosa guerra.

    Delia era confusa, perplessa e un po' intimorita.

    Si domandava da dove provenisse questa povera creatura e che cosa ci faceva tutta sola in una grotta così oscura come quella.

    Lei rimase immobile, mentre il giovane si faceva strada verso l'aria aperta, i suoi piedi toccarono l'erba fresca.

    Delia vide che dietro alla sua schiena aveva delle strane protuberanze.

    Il fanciullo fece qualche altro passo in avanti.

    Delia sgranò gli occhi.

    Indietreggiò spaventata.

    La misteriosa e sconosciuta creatura che si trovava davanti a sé, aveva le ali.
    Ali al quanto strane. Ali corvine, nere, come quelle di un pipistrello e in alto all'estremità aveva grossi artigli aguzzi.

    Delia fu di nuovo pervasa dalla paura, per poco non le venne un colpo al cuore, voleva scappare, ma qualcosa la immobilizzava; lo sguardo di lui l'aveva ipnotizzata, era incantata dalla sua forma, dal suo corpo, dai suoi lineamenti e dal suo volto, che non sembrava affatto brutto e cattivo, era invece di una bellezza enigmatica, nonostante la sua carnagione fosse di un pallore cadaverico, lacerata da tagli e segnata da cicatrici non ancora completamente rimarginati. Quel volto dolce e angelico a Delia suscitava una sorta di fascino molto misterioso.

    «Chi sei tu?»
    Le parole le uscirono spontaneamente dalla bocca.

    «Mi chiamo Malik.»

    «Sei un angelo?»

    «Sì, sono un angelo caduto.»

    A Delia le brillarono gli occhi dallo stupore e dalla meraviglia, non ci credeva che davanti a sé c'era una creatura celeste.

    Era molto incuriosita.
    La paura l'abbandonò.
    «Cosa ci fai qui, perché sei uno dei caduti?»

    «Ti conviene andartene, non è posto per una fanciulla.» tagliò corto lui, indietreggiando verso l'oscurità della grotta.

    «Ecco, io mi sono persa...» disse a bassa voce, mentre si avvicinava all'angelo.

    «Mi dispiace, io non posso aiutarti e nemmeno lasciare questo posto. Adesso per favore scappa, sparisci, vedrai che la strada la ritroverai. Addio.»

    Indietreggiò ancora, le voltò le spalle e scomparve nell'oscurità.

    Delia lo seguì silenziosamente.
    Era misteriosamente attratta da quella creatura, non voleva lasciarlo lì, tutto solo, in quel buco freddo e oscuro.
    Vedendolo in quello stato, le aveva fatto provare tenerezza e una certa pena, voleva aiutarlo a liberarsi da quel posto.

    Malik, che si era seduto su una roccia sporgente, avvertì i suoi minuscoli piedi camminare sul terreno ghiaioso e poi la vide comparire davanti a sé.
    «Non vuoi ascoltarmi. Ma lo sai che posto è questo almeno?»

    «Sì è una grotta, da dove tu dovresti uscire e prendere un po' di luce e aria fresca.» puntualizzò in modo innocente.
    Poi si inginocchiò davanti a lui appoggiando le mani sulle sue ossute ginocchia.
    «Sei ridotto piuttosto male...»

    Malik non aveva mai sentito delle mani così dolci, morbide e calde come le sue.
    Anzi, era la prima volta che qualcuno lo toccava.
    Non si era mai imbattuto in creature umane, specialmente in una bella e giovane fanciulla come lei.

    La sua domanda sorse spontanea
    «Come avevi detto che ti chiami? Di dove sei?»

    Lei lo guardò negli occhi.
    «Mi chimo Delia, provengo da un piccolo paesino, ma...»
    Le salì un strano nodo alla gola
    «Mi sono persa. Ero andata a raccogliere dei frutti di bosco, poi ho visto uno splendido cerbiatto, così bello e così vicino, ho deciso di rincorrerlo e poi non sono più riuscita a ritrovare la strada per far ritorno a casa. Era quasi il tramonto e ho trovato questa grotta e ci ho passato la notte...»

    Ci fu un momento di silenzio.

    «E tu che ci fai qui tutto solo, è il tuo rifugio, la tua dimora forse? È per questo che non vuoi lasciarla?» chiese con voce titubante.

    «Sono un angelo, si può vedere dal mio aspetto, sicuramente lo avrai notato. Comunque tu non sai dove ti sei cacciata, questa non è una semplice grotta come la vedi tu...»

    «E cos'è allora?»

    «Vedi da quella parte?»
    L'angelo caduto fece segno con l'indice puntandolo su una zona ancora più scura e tenebrosa.
    «Per di la c'è una porta, una delle porte che ti conducono direttamente all'Inferno ed io sono uno degli angeli custodi dell'oltretomba.
    Proteggo l'Inferno e proteggo voi umani in modo che non entriate mai in quel posto terrificante. Chiunque varcasse quella porta, da vivo o da morto non riuscirebbe più a farvi ritorno.»

    «Allora sei più un...»

    Malik concluse per lei.
    «Sì sono un demone, sono stato costretto a diventarlo e guarda adesso come sono ridotto...»

    Delia riuscì subito a scorgere una nota di tristezza e di dolore nei suoi occhi azzurri, che erano diventati lucidi.
    «Qualcosa dentro di me cominciò a crescere e a mettere radici. Mi assalì una certa rabbia e frustrazione, che più avanti si mescolò al dolore già provato durante la caduta. Ci furono notti che questo dolore sembrava quasi mangiarmi vivo: urlavo, piangevo, tiravo pugni alle pareti, mi graffiavo con le unghie, mi sembrava di impazzire, stando rinchiuso in questa grotta oscura. Il dolore mi ha ucciso l'anima. Le tenebre me l'hanno fatta diventare nera e marcia come il carbone. Ho perso la mia grazia angelica ed è da secoli che ormai convivo con tutto questo. Mi ci sono abituato, però continua a fare male, penso che in fondo non me lo meritavo tutto questo.
    Mi sento più solo che mai.»
    Aveva le lacrime agli occhi, stava piangendo.

    Delia gli asciugò con i pollici le lacrime umide, poi lo baciò sulla fronte delicatamente come se fosse la creatura più fragile dell'universo.
    «Stai tranquillo ci sono io adesso, mi prenderò io cura di te. Te lo prometto, ti porterò fuori da questo buco nero. Ti guarirò dal male e dalla sofferenza. Ti guarirò con il mio amore.»

    DELIA SCOMPARSA NEL BOSCO


    I cacciatori diedero un consenso collettivo alle richieste dell'amica di Delia.

    Lasciarono il piccolo villaggio per andare a caccia come facevano tutti i giorni.

    Proseguirono per la loro solita strada.

    Camminarono a lungo per i pascoli verdeggianti insieme ai loro cani, tenendo gli occhi ben aperti e vigili.


    Uno di loro, quello più anziano, si fermò, gli altri fecero lo stesso e si radunarono tutti insieme.

    Il più vecchio prese la parola.
    «Sentite è meglio che ci dividiamo a gruppi di due così sarà più facile ritrovarla, ognuno prenderà una strada diversa che lo porterà nel bosco, massima prudenza, per qualsiasi evenienza tenete il fucile carico.»

    Il resto del gruppo approvò facendo un moto acconsentito con il mento.

    Poi si divisero.

    Il cacciatore più anziano, seguito da uno dei suoi compagni, si inoltrò nel bosco attraverso un uscio abbastanza largo in mezzo a due abeti verdi smeraldo distanziati fra loro tanto da formare una porta segreta per entrare in questo magico e meraviglioso mondo nascosto.

    I cacciatori non sapevano che spettacolo la natura offriva al suo interno e soprattutto non sapevano che quel misterioso e ombroso varco lo aveva attraversato anche la giovane fanciulla.

    Decisero d'inoltrarsi nel profondo cuore della foresta.

    Furono accolti dagli abeti di un acceso verde, che dondolavano insieme ai fiori colorati in una danza prodotta dal vento.
    Si poteva udire un lieve ronzio nell'atmosfera.

    I due cacciatori si guardarono intorno e cominciarono a camminare molto lentamente, facendo attenzione a dove mettevano i piedi. Sarebbe stato un gran dispiacere calpestare quei bellissimi e vivacissimi fiori colorati.

    Ad un tratto il più anziano si fermò e chiamò il compagno più giovane.
    «Tu, vieni un po' qui, ho trovato qualcosa.»

    L'altro compagno si avvicinò a un passo dagli stivali di lui.

    «Questo deve essere il suo cesto, lo ha abbandonato qui, con i frutti dentro.»

    Si guardò intorno.

    Era perplesso.

    Poi raccolse un paio di more e se le portò alla bocca.
    «Sono ancora fresche.» disse dopo averle assaporate dolcemente.

    «Ma dove sarà finita?» Si interrogò l'altro.
    Era ancora più perplesso del suo compagno, che tirò un sospiro pesante, quasi di sconfitta e rassegnazione.

    Si rialzò in piedi.
    «È impossibile trovarla, può essere ovunque, si sarà sicuramente persa.»

    Il cacciatore anziano provò un senso di sconforto e raccolse il cestino.
    «Dai ritorniamo al villaggio, qui non c'è niente da fare, se è viva ritornerà a casa da sola. Se ci mettiamo a cercarla ci perderemo anche noi nel bosco. Dai su vieni, da questa parte.»

    Quando uscirono dalla foresta si ritrovarono tutti nella strada ghiaiosa e sassosa che conduceva al loro paesino.
    Si riunirono in cerchio e l'anziano si accorse che un suo compagno teneva in mano una specie di scialle in lino bianco.

    «Io credo che sia suo. Era nel bosco, lo avrà sicuramente perso.»

    «Noi invece abbiamo trovato il suo cesto di frutti di bosco, sono ancora freschi, non è da tanto che li ha raccolti, massimo un giorno o due.»

    Confusi, turbati e avviliti, sospirarono tutti insieme.

    «Torniamo a casa a dare la brutta notizia...» disse uno dei cacciatori.

    Tornati al villaggio, il più anziano andò alla porta di casa della madre, tenendo in mano il cesto trovato nel bosco.
    Poi si fece passare anche lo scialle abbandonato.

    Gli altri rimasero in strada, in disparte.

    Il vecchio bussò alla porta un paio di volte.
    Si trovò faccia a faccia con la madre addolorata, lo sguardo perso e disperato, scure occhiaie le circondavano gli occhi lucidi.
    Si guardarono entrambi, finché l'anziano cacciatore aprì la bocca, balbettando.

    «Queste cose dovrebbero essere di sua figlia, le abbiamo trovate in mezzo al bosco.»

    La madre quando vide quegli oggetti proruppe in un pianto disperato.

    «Oh grazie ma...»

    «Lei non l'abbiamo trovata, ci dispiace moltissimo, non sappiamo proprio dove sia, ma vedrà che ritornerà a casa presto, si sarà persa nel bosco, è davvero un luogo immenso...» disse il cacciatore, sembrava davvero addolorato e in pena per la povera madre.

    «Le avevo detto di stare attenta. Comunque grazie mille.»
    La madre con le lacrime che le rigavano le guance prese in mano il cestino e poi lo scialle.

    «Si figuri, qualsiasi cosa di cui può aver bisogno non si faccia problemi, conta pure su di me e sui miei compagni.»

    Girò il volto e lanciò un fugace sguardo verso il suo gruppo di cacciatori.
    «Arrivederci e a presto.»

    Il cacciatore uscì dal vialetto dell'abitazione e si chiuse il cancelletto alle sue spalle, mentre la madre di Delia richiuse la porta.




    Nei giorni successivi i cacciatori ritornarono sui loro passi, mentre la madre e l'amica passarono il resto dei loro giorni a sperare che Delia tornasse a casa sana e salva.
    Ma non successe...

    «Per prima cosa ti porto via da qui.»

    Delia gli prese una mano per aiutarlo ad alzarsi, ma sentì che lui la tratteneva.

    «Senti io non posso lasciare questo posto davvero. Devo rimanere qui a vegliare la porta in modo che nessuno ci entri.
    Per favore capiscimi.»

    Delia lo lasciò andare e si rialzò in piedi, mentre l'angelo caduto si faceva sempre più piccolo e fragile avvolto dal buio.
    I suoi occhi azzurri brillavano di profonda tristezza, ma la fanciulla non voleva per nulla arrendersi.

    «Questo non è assolutamente il tuo posto. Non meriti di restare qui a marcire, a soffrire per l'eternità. Tu non vuoi questo giusto?»

    «No ma...»

    LA CASETTA ABBANDONATA


    «Allora niente, ti porto via da qui, per sempre.»

    Delia protese le sue morbide mani verso di lui. «Vieni con me, per favore. Ti prometto che guarirò le tue ferite. Ti farò sentire meglio. Dai su, ti aiuto a rialzarti.»

    La fanciulla si piegò per prendere le mani dell'angelo.
    Erano calde e robuste.
    Lo aiutò a rimettersi in piedi.
    Era alto, forte e muscoloso.

    Delia non riuscì a resistere e lo strinse a sé in un abbraccio tenero e dolce, pieno di amore.

    L'angelo si irrigidì non ricambiando l'abbraccio.
    Aveva paura o almeno era perché non la conosceva ancora, ma lo fece sentire bene per un breve momento.

    Dopo qualche secondo Delia si scostò da lui e gli disse dolcemente.
    «Vieni, sorreggiti a me, che usciamo da questo buco tenebroso.»

    Uscirono dalla grotta umida.

    I loro occhi per un istante furono accecati dalla luce del sole.
    Fecero fatica a riprendere la vista e ad abituarsi di nuovo alla luce, specialmente l'angelo che aveva gli occhi ancora rossi e gonfi dalle troppe lacrime versate e troppo abituati al nero della tenebra.

    Nonostante questo, dopo qualche minuto, si ricomposero.

    Delia si pulì e si sistemò il lungo vestito di lino, poi slacciò il grembiule e lo abbandonò nell'erba verde, più a nulla le sarebbe servito.

    Si incamminarono verso il bosco.

    Seguirono un piccolo sentiero che costeggiava la foresta e proseguirono lungo di esso.

    Delia sorreggeva Malik.

    Trascorsero delle interminabili ore.

    Procedevano sotto il sole caldo, entrambi erano ormai davvero esausti.
    Camminavano a stento e a fatica.

    Delia era sfinita e sudata.
    Le sue gambe non ce la facevano più a sorreggere lei su per il sentiero e nemmeno il corpo del povero angelo.

    Si sentiva le labbra secche e screpolate.

    Malik avvertì il suo respiro stanco, diventare sempre più affannoso e pesante.
    «Se non ce la fai più a portarmi, puoi abbandonarmi qui...non m'importa...»

    «Non ci penso nemmeno a lasciarti qui. Dobbiamo solo trovare...»

    Finalmente giunsero su un dolce e verdeggiante pendio circondato dal bosco e per la gioia e la meraviglia di Delia c'era quella che sperava: una casetta.
    Una casa abbandonata da qualche cacciatore. Ella potè tirare un sospiro di sollievo.

    «Eccone una finalmente. Vieni siamo arrivati. Ci sistemeremo qui, sarà la nostra nuova casa.»

    Raggiunsero la casetta abbandonata, poiché caddero, sprofondando nell'erba alta, stanchi morti.

    Delia trasse un lungo sospiro e si rasserenò. Guardò per un attimo il cielo, poi chiuse gli occhi, il suo respiro si fece più regolare.

    Anche Malik si era disteso proprio accanto a lei.
    Per lui quel giorno sarebbe stato l'inizio di una nuova e sorprendente vita, ma lui questo ancora non lo sapeva.
    Non poteva immaginare cosa lo attendeva.
    Il suo corpo debole adagiato sul prato, le sue ali distese sull'erba fresca, le sue mani che giocavano con i ciuffi verdi e lo strano ronzio che sentiva nell'aria, era tutto un mondo nuovo che doveva ancora conoscere ed esplorare.

    Visto da questa prospettiva gli sembrava abbastanza gradevole, ma quando i suoi occhi si fermarono a fissare il cielo azzurro e le soffici nuvole bianche, che correvano ad acchiapparsi e a confondersi, ebbe un tuffo al cuore.

    Capì che gli mancava il Paradiso.
    Quella era la sua vera casa e nient'altro.

    Poi rivolse i suoi occhi verso Delia e la guardò.
    Si accorse che era proprio una bella fanciulla.
    I suoi capelli brillavano al sole, aveva le ciglia di un nero profondo, lucide e folte, un naso davvero aggraziato e le labbra di un rosa intenso, erano solo da mordere e da baciare.
    Il sole le aveva fatto comparire sugli zigomi piccole lentiggini e aveva le guance rosse e accaldate, ma era davvero un incanto.
    Malik per un momento pensò che fosse un angelo come lui, ma in realtà era solo una semplice fanciulla, che si era sfortunatamente persa nel bosco.
    Rimase a guardarla incantato fino a che non si addormentò insieme a lei.




    Era il tramonto, quando Delia si svegliò.

    Il sole stava ormai scomparendo, illuminando la punta degli abeti.
    L'erba era sfumata di un verde scuro e le rocce si erano tinte di arancione.
    Le nuvole erano diventate rosa come lo zucchero filato.
    Il cielo era di un azzurro limpido, ma denso e cupo.
    Il risveglio fu molto piacevole.
    Delia si alzò dalla verde soffice erba.
    Si guardò per un attimo attorno: non c'era nessuno.
    Sentiva solo le foglie degli alberi muoversi, ronzii fastidiosi di api e insetti e il respiro regolare di Malik che stava ancora dormendo beatamente.
    Non se lo sarebbe mai aspettato di trovare un angelo, una creatura celestiale.
    Era veramente un incanto, nonostante i graffi, le cicatrici, le ali sporche e malandate, le unghie giallastre lunghe e aguzze, i suoi lineamenti erano perfetti, la pelle pallida liscia e marmorea lo faceva assomigliare a una statua scolpita nel marmo.
    Era troppo bello per essere un umano.

    La notte sarebbe scesa in fretta e di certo questa volta Delia voleva passarla al sicuro, dentro la minuscola casetta abbandonata dai cacciatori.

    Si alzò completamente, si sgranchì il corpo e andò a studiare la baracca.
    Fece due giri intorno ad essa.
    Era piccola, a forma di cubo, costruita in assi di legno.
    Aveva una piccola porta e una piccola finestra che però era chiusa dall'interno.
    Provò ad aprire la porta.
    Afferrò la maniglia in legno.
    Cercò di spingerla in avanti e indietro.
    Era come incastrata o meglio incollata allo stipite.
    Delia allora cominciò a spingere di più, mettendoci più energia possibile e facendosi forza con il braccio e la spalla per spingere ancora di più la porta all'interno della casetta.
    «Dai, accidenti, apriti.»

    E finalmente si aprì.

    Delia fu scaraventata dentro la baracca.
    Per poco non cadde a terra, ma per fortuna si era aperta.
    Si meravigliò dell'interno.
    Era vuoto, c'era solo un telo bluastro impolverato, ammassato in un un angolo.
    «Bene!» pensò.

    Andò di nuovo fuori.
    Malik stava ancora dormendo tranquillo, non voleva svegliarlo, ma voleva portarlo dentro alla casetta.
    Decise di prenderlo per le gambe e lo tirò a fatica dentro la baracca.
    Fece uno sforzo enorme, ma riuscì a portarlo all'interno, al chiuso.
    Appoggiò le gambe dell'angelo sul terreno legnoso.
    Trasse un lungo respiro, era davvero pesante.
    Poi prese il telo e lo coprì dalla testa ai piedi.

    Delia corse ad aprire la piccola finestra.
    La notte era finalmente calata.
    Le nuvole erano scomparse e le stelle argentate brillavano serene nel cielo.
    Il silenzio era piombato in un secondo.
    Il giorno aveva lasciato spazio alla notte limpida e blu.

    Questa era un'altra notte fuori casa.

    Ormai aveva pensato di non tornare più al suo villaggio, di darsi per morta, perché aveva fatto una promessa: di prendersi cura di lui, di guarirlo dal suo più profondo male.

    Aveva deciso così e pensava che era la scelta più giusta nei confronti di Malik.
    Era un angelo e la incuriosiva molto.

    Lo guardò dall'alto, dalla posizione della finestra, poi si avvicinò a lui lentamente, si inginocchiò e si distese accanto a lui.
    Era così fragile, innocente e indifeso, lo avrebbe protetto a tutti i costi, non gli avrebbe mai fatto del male, lo avrebbe guarito e dopo chissà...

    Gli diede un bacio sulla fronte, lui non si destò.

    Delia appoggiò la sua testa sul suo petto vegliandolo per tutta la notte.

    DUE ANIME SI SONO PERSE NEL BOSCO


    Delia venne risvegliata dal dolce cinguettio degli uccellini primaverili.

    I raggi del sole filtravano dalla finestra.
    Nell'aria, la sottile polvere danzava silenziosamente.

    La fanciulla sbadigliò, molto assonata.

    Si alzò in piedi lentamente e andò verso la finestra, girò la maniglia e con un veloce scatto l'aprì e fu accoccolata dalla fresca brezza mattutina e ne assaporò il dolce profumo.

    Poi udì uno strano brontolio provenire dal suo stomaco.
    Caspita, aveva fame.

    Si guardò il vestito e le mani, che erano entrambi lerci.
    Il vestito era rigato di verde e pieno di polvere nel di dietro, segno che aveva dormito su un luogo abbandonato, mentre le mani erano sporche di terriccio.
    Delia si toccò infine i capelli, erano crespi e annodati.
    In quel momento voleva assolutamente fare un bagno e mangiare qualcosina e doveva prima o poi farlo, dentro a quella casetta non c'era nulla, non sarebbe sopravvissuta a lungo.
    Doveva uscire, addentrarsi nel bosco, cacciare un animale o raccogliere della frutta selvatica e soprattutto trovare un ruscello o una sorgente per avere dell'acqua fresca.
    Ma si rese immediatamente conto che di tutto questo ne aveva più bisogno lui, Malik.

    Doveva svegliarlo.

    Si avvicinò e si inginocchiò di lato al suo corpo. Lo osservò: i suoi capelli, i suoi lineamenti, le sue labbra, il suo petto che si alzava e si abbassava lentamente, le sue ali ripiegate su se stesse e le sue cicatrici, quei graffi infiniti sulla sua pelle sporca di un rosa marmoreo, egli poteva sembrare una creatura brutta e paurosa, ma per Delia era veramente un essere demoniaco bellissimo e incantevole.

    «Ehi Malik svegliati.» disse dolcemente, portando le sue labbra a un soffio dal suo orecchio, scrollandolo lievemente con la mano appoggiata al suo petto.

    L'angelo caduto si svegliò poco dopo, facendo un profondo respiro.

    «Sei sveglio finalmente.»

    La fanciulla era felice del suo risveglio.
    Lo stava guardando intensamente, con occhi profondi e con i capelli ondulati che le cadevano lungo il dolce viso e lungo la schiena.

    «Hai dormito bene?»

    «Sì, credo di sì.»

    L'angelo caduto si sentiva assai spaesato e confuso, non ricordava o meglio non riusciva a capire dove Delia lo avesse portato.

    Si guardò un attimo attorno, sentiva il pavimento in legno duro e umido, riusciva a percepire la pesantezza della coperta di lana che gli pizzicava il corpo.

    Si mise a sedere e domandò perplesso.
    «Ma dove siamo?»

    «In una minuscola casetta abbandonata da qualche cacciatore. Ti eri addormentato sull'erba, non volevo svegliarti e ti ho trascinato qui dentro per passare la notte insieme.»

    «Capisco, non mi ricordo niente, ma grazie.»

    Delia si eresse in piedi e tolse dal corpo di Malik la coperta e la ripiegò, appoggiandola in un angolo della stanza.

    «Io avevo pensato di metterci di nuovo in marcia e andare a raccogliere qualcosa da mangiare e vedere se riusciamo a trovare anche dell'acqua fresca.»

    Ci fu un attimo di silenzio.

    «Non sei obbligato a venire, ovviamente, puoi stare anche qui ad aspettarmi.»

    Malik la interruppe subito.
    «No, vengo con te. Io conosco i boschi, o almeno penso di riuscire a riconoscerli, ci ho vagato molto, un tempo, per trovare la grotta.»
    Il suo volto si rabbuiò di colpo.
    «Non vorrei che ti perdessi un'altra volta, è pericoloso sai, specialmente quando comincia a fare buio.»

    Delia ne fu sorpresa.
    «Oh va bene.»

    Malik provò ad alzarsi, ma la fanciulla lo soccorse immediatamente.

    «Aspetta, ti aiuto io.»

    Ella lo sorresse e lo tenne per un braccio, finché non si rialzò in piedi completamente, riacquisendo l'equilibrio da solo.

    «Come stai?»

    «Sto un po' meglio.»

    Malik guardò negli occhi Delia, sembrava una principessa, adorava i lineamenti del suo volto, così tenero e dolce e le lentiggini la rendevano ancora più bella e graziata.

    Uscirono dalla porta.

    Il sole li accolse in tutto il suo splendore.

    Si incamminarono seguendo il sentiero che li aveva condotti alla minuscola casetta di legno. L'erba era sempre più alta e rigogliosa, i raggi del sole rendevano lucenti i suoi filamenti.
    I fiori erano vivaci e colorati, dondolavano armoniosi.
    I piccolissimi insetti, volavano tra gli steli d'erba, anche le api volavano allegramente, emettendo un sordo ronzio.
    Le farfalle bianche ne volavano a miriade tra i fiori.
    Gli alti e robusti verdi abeti oscillavano all'unisono, cullati dalla fresca aria della mattina.
    Il sole caldo e luminoso risplendeva nel cielo più azzurro di sempre.

    I due giovani fanciulli camminavano insieme continuando a seguire il sentiero, costeggiato dall'erba alta.
    Ogni tanto si scambiavano fugaci occhiate.
    Delia gli cingeva il braccio. Aveva questa strana sensazione che se lo avesse lasciato per un solo secondo, sarebbe caduto.
    La fanciulla lo guardava costantemente con occhi compassionevoli, quasi amorevoli.
    Provava un po' di amore nei suoi confronti. Insomma era insieme a un angelo caduto, le sembrava così fragile, ma di una bellezza assai affascinante.
    Delia provò a sorridergli lievemente.
    Lo guardò per un istante, ma si sentì subito in imbarazzo, forse doveva ancora abituarsi all'idea che era una creatura celeste e non un semplice uomo.
    Lei non riusciva proprio a capire perché volesse, in qualche modo, aiutarlo a combattere il suo dolore lacerante.

    Egli ricambiò il suo sorriso e non si accorse che per un minuscolo istante qualcosa nei suoi occhi brillò.
    Delia invece, vide quello strano bagliore nei suoi occhi azzurri e fu felice di essere ricambiata. Inavvertitamente senza rendersene conto spostò il suo braccio e lo fece scivolare lungo il braccio di lui e la sua mano intrecciò quella dell'angelo.
    Le loro mani si toccarono per la prima volta.
    La fanciulla percepì la sua mano forte e muscolosa, come quella di un potente uomo e Malik fu scosso da un brivido a quel tocco delicato; gli sembrò di aver sfiorato una mano dolce e delicata, come quella di una fata.
    Lo fece rabbrividire, di certo non se lo sarebbe mai aspettato, ma per ricambiare il suo amorevole gesto strinse la mano di Delia ed ella fece lo stesso ricambiando con una stretta più forte.
    Si guardarono di nuovo negli occhi e furono incantati dai loro teneri e impacciati sguardi di chi si stava forse innamorando, ma senza esserne consapevole.

    E intanto camminavano insieme, tra il verde dell'erba, guardandosi a vicenda, ignari di dove madre natura li stesse conducendo.

    Giunsero a quello che pensarono la fine del sentiero.

    Si trovarono davanti a due imponenti alberi di betulla, che ostacolavano il passaggio o chiudevano il sentiero in un punto morto.

    I due giovani si guardarono intorno.

    C'era solo erba alta ed erano circondati dagli abeti che rendevano il luogo un posto oscuramente ombroso.

    Regnava il silenzio.

    «Che facciamo, torniamo indietro?» chiese l'angelo caduto.

    Delia invece si era intanto accovacciata a terra per vedere se il sentiero moriva proprio in questo punto o continuava, e infatti, non finiva qui il sentiero, ma in realtà proseguiva oltre, chissà dove.

    «No, aspetta, il sentiero prosegue, dobbiamo solo riuscire a spostare questi rami.»

    La fanciulla provò a spostare con fatica i rami delle due imponenti betulle, ma Malik vedendola in difficoltà accorse immediatamente ad aiutarla.

    «Aspetta, faccio io.»

    Con la sua incredibile forza, che aveva nei suoi muscoli, in un lampo, scostò i rami insidiosi degli alberi robusti, i quali emisero uno scricchiolio di rottura, quando l'angelo li separò per farne un passaggio; fece un minuscolo uscio per far passare Delia.

    «Ecco fatto, ora puoi passare senza problemi. Fai veloce.»

    Delia era davvero stupefatta della capacità di forza che aveva Malik, ridotto nella sua condizione, che rimase a bocca aperta.

    Dopodiché si affrettò a oltrepassare il varco.

    L'angelo poco dopo richiuse l'apertura e come per magia i rami piegati dalla sua forza ritornarono al loro stato naturale.

    Si trovarono nel procinto di un pendio.

    Delia per poco non cadde in avanti, ma Malik, vedendo che stava per perdere l'equilibrio la sorresse, facendo passare le sue braccia sotto le sue e abbracciandole la vita; un gesto che le parve tanto delicato, ma mai quanto sicuro e forte.

    Rivolse il suo sguardo verso di lui, che la guardava un po' preoccupato.

    «Stai bene?»

    «Sì, grazie.» rispose lei, con un sorriso da imbambolata, di sicuro non se l'aspettava nemmeno questo di gesto.

    Il sentiero era circondato da una fila indiana di pini sia a destra che a sinistra, che rendeva tutto così freddo e ombroso.

    I due giovani fanciulli proseguirono e scesero lungo il dolce pendio e quando arrivarono alla fine della discesa, la fila di pini si interruppe bruscamente.

    Il sentiero ora era davvero finito in un punto morto, lasciando spazio all'erba alta.

    L'ombra venne uccisa da una luce bianca, davvero splendente.

    Per un attimo, i due fanciulli, furono illuminati e abbagliati da questa luce innaturale che li accecò la vista.

    Intanto i loro corpi e le loro gambe continuarono ad avanzare nell'erba verde brillante, ignari di dove fossero mai capitati e proprio in quel preciso momento riuscirono a riaprire gli occhi e a scorgere la meraviglia che li stava circondando.

    Erano finiti in paradiso.

    Erano arrivati, o meglio madre natura li aveva condotti in questo luogo, incantevole e magico, ma dimenticato.
    La natura lo aveva nascosto al resto del mondo, custodendolo molto segretamente, in modo che nessun anima malvagia lo potesse scoprire e poi distruggere.

    Delia e Malik non erano finiti lì per caso, era stata proprio madre natura a condurli in quel piccolo paradiso; sapeva benissimo che non erano cattivi, che non avrebbero mai rovinato quel luogo.
    Li aveva saputi osservare bene in questi giorni e sapeva in cuor suo che essi erano due creature diverse dagli altri esseri viventi.

    Erano solo due fanciulli, una giovane umana e un anglo caduto, erano due anime perdute, che avevano trovato rifugio in quel bosco, in questo luogo incantato, due anime perdute che madre natura invitandoli nel suo mondo verde e incantato, li aveva accolti piacevolmente e li aveva fatti incontrare.

    Entrambi erano solo due creature molto singolari, che si erano perse in quel bosco e poi si erano ritrovate, grazie a madre natura, che stavano cercando in realtà solo una cosa: l'amore.

    Il vento e la natura li prese con sé nella sua magica danza, trasportandoli mano nella mano, in un posto a loro ancora del tutto ignoto.

    I due fanciulli come ipnotizzati, si fecero guidare dall'istinto della natura che aveva nei loro confronti, che si era ormai adattata alla loro presenza e li aveva accolti come dei figli, conducendoli in questo posto, dove era solo la natura e le sue creature a regnare.

    UN PARADISO SEGRETO


    I giovani fanciulli si ritrovarono in questo splendido luogo.

    Troppo magico e incantevole.

    Era di una bellezza unica, un piccolo paradiso in terra, un oasi segreta custodita dalla natura, racchiuso intorno al bosco color smeraldo.
    L'erba era tinta di un chiaro verde brillante, non era alta come quella che costeggiava il sentiero, ma si presentava bassa, cresceva forte e rigogliosa.

    Tra questi ciuffi d'erba, vivevano minuscole creature: formiche, moscerini e neri ragnetti, i quali si arrampicavano e scendevano dagli steli d'erba.

    I moscerini riposavano pacifici, le formiche facevano provviste di cibo, i piccoli ragni tessevano le loro ragnatele.
    Farfalle blu volavano leggiadre appena sopra i fili d'erba.
    Api e calabroni, soffici e pelosetti, volavano tra l'erba, schivando ogni stelo che si ritrovavano davanti, emettendo un dolce ronzio, per poi posarsi delicatamente sopra qualche fiore; facevano a gara chi succhiava più nettare.

    I fiori crescevano alti e forti, fra l'erba, ed erano di colori intensi, vivaci e brillanti, pieni di energia, con petali delicati e gonfi di vita.
    I pistilli gialli conservavano gelosamente il polline, che veniva offerto solo alle api regine.
    I fiori erano tinti di tutti i colori: le margherite erano alte e giganti, con petali sottili di un bianco candido, le viole avevano sfumature porpora e bluastre, si raccoglievano in piccoli gruppetti per formare dei piccoli mazzi pronti per essere colti, i tulipani erano di un rosso intenso, mai visto prima, i narcisi erano gialli come il sole, le rose erano colorate di rosa e di rosso e i soffioni, fragili e leggeri, dondolavano al vento e infine le primule, erano di ogni disparato colore inimmaginabile. Le stelle alpine erano le regine della montagna.

    Al centro di questa radura paradisiaca, c'era un piccolo laghetto dall'acqua azzurro ghiaccio, così limpida e cristallina, abitata da pesci rossi allegri e guizzanti.
    Sulla sua superficie, una coppia di cigni innamorati, nuotava silenziosamente in circolo.
    Esso era circondato da una corona di narcisi gialli.
    Da un lato, tra due imponenti rocce grigiastre, crescevano cespugli alti e rigogliosi, con foglie di un verde smeraldo brillante.
    Da essi sbucavano le rose rosse gonfie di petali delicati e profumati.
    Mentre dall'altro lato, si innalzava una gigantesca roccia marmorea, alta quanto una montagna, da dove sgorgava un ruscello, la cui acqua scintillava alla luce del sole, rendendola quasi argentata, e scendeva poi a cascata nel laghetto alimentandolo in continuazione.

    La cascata bagnava i raggi del sole, creando un piccolo arcobaleno che creava un arco sopra il laghetto.

    Ai lati della cascata c'era un albero che offriva delle rosse mele, molto succose e un altro, più piccolo, da cui sbucavano fuori piccole albicocche mature color arancio con sfumature rosee, pronte per essere colte.

    Piccoli passerotti cinguettavano allegramente e volavano da ogni parte, posandosi di tanto in tanto sull'erba, sulle rocce sporgenti o tra i rami degli abeti che custodivano questa magica oasi segreta.

    Dall'altra parte del lago, c'era uno spiazzo verdeggiante, ricco di fiori colorati con al centro due alti e imponenti alberi di quercia, dove all'ombra, creata dalle loro chiome rigogliose, riposavano un cucciolo di cerbiatto e sua madre.

    Alcuni coniglietti banchi con gli occhi rossi, sbucavano fuori dalle loro tane nascoste nel bosco, per venire ad abbeverarsi nella piccola e rinfrescante pozza.

    IL BAGNO NEL LAGHETTO


    Intanto i due fanciulli si erano portati verso il laghetto.

    Erano davvero stupefatti, incantati e ipnotizzati dalla bellezza soprannaturale di quel luogo.

    Si guardarono un attimo e sorrisero insieme.

    «È veramente magnifico questo posto. Non pensavo esistessero luoghi così magnifici, nascosti nel bosco.»

    Delia si guardò intorno, ancora per un momento, poi aggiunse guardando Malik.

    «E se vivessimo qui. Guarda c'è tutto quello che ci serve, acqua e cibo. Che ne dici? Io qui ti potrei curare molto facilmente, se ovviamente lo vorrai.»

    «Sì, sarebbe perfetto.» pronunciò debolmente l'angelo, perché non era molto sicuro.

    La fanciulla invece gli fece un grande sorriso, con gli occhi che le brillavano sotto il sole.

    Delia e Malik si avvicinarono di più alla pozza, poi si inginocchiarono davanti a essa.

    La fanciulla percepì la freschezza dell'erba appena affondò le sue mani tra i suoi ciuffi.
    Si sporse in avanti con il viso e guardò dentro il laghetto: poteva specchiarsi e vedere il suo viso riflesso in quell'acqua così pulita e limpida.
    «Vieni, guarda anche tu.» suggerì all'angelo.

    Malik, un po' incerto, fece successivamente lo stesso.
    Si specchiò anche lui in quelle acque e vide il suo riflesso, ma poco dopo indietreggiò, non gli piaceva per niente il suo aspetto, proprio per niente.
    Si sentiva orribile.
    Non era degno di stare così vicino a una creatura bella come Delia, perché di aspetto erano veramente l'opposto.
    Si rattristò improvvisamente e la fanciulla si accorse subito che in lui, qualcosa lo aveva profondamente turbato, aveva gli occhi lucidi come se stesse per mettersi a piangere.

    Lei lo guardò in viso.
    «Ehi, tutto bene? Hai paura dell'acqua?» chiese dolcemente.

    «No, non ho paura dell'acqua, non mi piace il mio aspetto, sono diventato bruttissimo, prima ero...»

    Delia si avvicinò a lui lentamente e gli prese le mani.
    «Secondo me, non sei così orribile come pensi, sei solo rimasto troppo a lungo in quella grotta oscura e per giunta tutto solo.»

    «Ho il corpo coperto di orribili cicatrici e graffi. Ho anche delle ferite.»

    «Le cicatrici sono segno di chi ha combattuto tante guerre e non sono segno di debolezza, anzi, se hai combattuto e sei sopravvissuto a tutto questo dolore fino ad adesso e oggi ti trovi qui, vicino a me, in questo luogo, è un grande passo. Mi prenderò io cura di te d'ora in poi, vedrai riuscirò a guarirti da ogni male, te lo prometto.»

    L'angelo la guardò negli occhi.
    «Non sei obbligata a farlo.»

    «Non mi sento obbligata, lo voglio fare.»

    Delia si alzò in piedi e cominciò a togliersi le piccole scarpette, intanto anche Malik si alzò in piedi e la guardò perplesso.
    La fanciulla si tolse anche il vestito e rimase solo con la sottoveste in lino, che le copriva le gambe fino a metà coscia, aveva una scollatura a V ed era tenuta su da due sottilissime bretelle.

    «Ci facciamo un bagno? Io mi sento sporchissima. Anche a te farebbe bene.»

    Poi si tolse anche la sottoveste, sotto era completamente nuda.
    Ella non si sentì per niente imbarazzata, mentre Malik era arrossito lievemente, sentendosi in imbarazzo per lei.
    Si incantò a guardarla.
    I capelli ondulati le scendevano in vita coprendole il seno.
    Aveva dei bellissimi lineamenti, era snella e magra, le sue forme erano del tutto femminili. Appariva come una dea da venerare e poi i suoi occhi incantavano l'angelo, perché brillavano di una luce piena di dolcezza infinita.
    Uno sconosciuto desiderio di poterla toccare e accarezzare lo pervase all'improvviso.

    «Allora vieni?»
    La sua voce lo risvegliò dai suoi pensieri.

    Delia si tuffò nel laghetto e riemerse con rapidità.

    «Dai, coraggio, l'acqua è fresca, si sta benissimo!»

    Malik era imbarazzato, ma si tolse quell'infimo lenzuolo che lo copriva appena, lo sciolse dal suo corpo e lo fece cadere a terra.
    Anche Delia rimase stupita dal fascino dell'angelo caduto, perché nonostante fosse ridotto male, era davvero una meraviglia.
    I muscoli scolpiti, le braccia e le gambe ben formate, i suoi capelli dorati e ondulati che gli ricadevano sulle spalle, lo rendevano in realtà ancora più affascinate ed enigmatico.
    E quello che Delia amava tanto di lui, erano le sue ali corvine.
    Per lei significava, che nonostante tutto, aveva ancora davanti una creatura angelica graziata e celeste.

    Infine anche Malik si tuffò in quelle acque lucenti e si ritrovarono insieme nel laghetto a fare il bagno.

    Si stavano guardando intensamente.

    La corrente li fece avvicinare.

    Ormai erano molto vicini, a pochi centimetri l'uno dall'altra, non riuscivano proprio a smettere di fissarsi, erano entrambi ipnotizzati dai loro sguardi, finché un bacio scappò dalle labbra di Delia.
    La fanciulla stampò un dolce bacio sulle labbra dell'angelo, mentre egli venne scosso da un brivido inaspettato.
    Lui era totalmente incantato, ma anche assai confuso; come faceva a piacerle così tanto, addirittura da baciarlo?
    Anche lui, in realtà, sotto sotto, forse stava cominciando a provare qualcosa di nuovo, forse amore, ma non era sicuro, perché era un sentimento che non aveva mai provato, quindi non sapeva se quello che sentiva in quel momento era un pizzico di amore per Delia. Intanto quello che riusciva a percepire era una piccola attrazione verso di lei.
    Così si avvicinò di più alla fanciulla e anche se titubante, ricambiò il suo bacio.

    Le mani di Delia scivolarono lungo il corpo di lui e fu così che lo abbracciò e lo strinse a sé.
    In quel momento, l'angelo non si sentì mai più solo.

    Rimasero per un bel po' di tempo abbracciati in mezzo al laghetto, facendo l'amore con gli occhi.

    DISTESI NELL'ERBA


    Uscirono dal laghetto, l'acqua cristallina li aveva ripuliti dalla sporcizia.

    Delia aveva di nuovo la pelle rosea morbida e pulita.
    Aveva i capelli gocciolanti come Malik.

    L'angelo era di un pallore mortuario, ma il suo corpo era stato purificato ed era interamente scolpito da forti muscoli.
    Ogni suo lineamento era perfetto.
    Sarebbe stato davvero la perfezione in persona se non fosse stato per come era ridotto, secondo gli occhi della fanciulla.
    Aveva ancora ferite che adesso pulite, erano ancora più evidenti, risultavano scure e profonde. Le nocche delle mani erano invece screpolate e sbucciate.
    Le cicatrici si potevano contare a vista d'occhio.
    Delia lo avrebbe sicuramente guarito.

    La fanciulla si distese sull'erba fresca per asciugarsi il corpo, mentre Malik dubbioso la fissò per un istante.
    Assomigliava tanto a un angelo.

    «Distenditi anche tu.» disse dolcemente, invitandolo vicino a lei, battendo la mano destra sull'erba.

    Anche Malik si distese sull'erba.

    Guardò Delia che si riposava a occhi chiusi.

    Alzò gli occhi al cielo azzurro, dove le nuvole bianche e gonfie come la panna, si rincorrevano e in quel momento immaginò di essere lassù fra quei batuffoli di cotone, posato a rilassarsi beato su uno di essi insieme ai suoi fratelli.
    Gli salì la nostalgia e una lacrima gli rigò il viso.
    Chiuse gli occhi, non voleva assolutamente piangere, specialmente davanti a lei, non voleva che lo vedesse così debole, ma non si accorse che Delia lo stava già fissando.

    La fanciulla non sapeva il motivo per cui quella lacrima fosse scesa così, in modo spontaneo dal viso dell'angelo e non voleva nemmeno saperlo, per non rovinare assolutamente quel dolce momento fra di loro.

    Allora fece solo un semplice gesto: allungò la sua mano verso la sua e gliela strinse.

    Malik sentì all'improvviso una stretta amorevole, sicura e forte.
    L'angelo strinse la mano di Delia ricambiando il gesto.

    La fanciulla si girò verso di lui su un fianco e appoggiò la sua testa sul suo petto, appena sotto il mento e portò una gamba sopra quelle dell'angelo.

    Malik a sentir il suo corpo caldo sopra di lui non riuscì a resistere e l'abbracciò forte, ringraziandola silenziosamente del suo speciale conforto.

    Infine cullati dal vento e dal ronzio sordo degli insetti, si addormentarono insieme.

    MALIK RACCOGLIE FRUTTI FRESCHI NEL BOSCO, DELIA ACCAREZZA UN CERBIATTO


    Delia si svegliò che era ormai pomeriggio inoltrato.

    Si alzò dall'erba indolenzita, confusa e assonata, fece un grande sbadiglio e si sgranchì il corpo.

    Andò a recuperare i vestiti, prese in mano la sottoveste e poi il vestito.

    La fanciulla si accorse subito che la sottoveste era pulita, quindi se la rimise indosso.

    Dopo guardò il vestito: era davvero lercio, non poteva indossarlo, doveva assolutamente lavarlo.
    Notò che accanto al suo c'era anche lo straccio di Malik ancora più sporco del suo.
    Li tirò su entrambi da terra, prendendoli tra le mani.

    Delia si avvicinò al lago e li immerse nell'acqua e cominciò a lavarli, prima il suo, poi quello dell'angelo, sfregandoli energicamente e insistentemente fino a che non furono di nuovo candidi e lucenti come la seta.
    Finito di lavarli per bene, raccolse gli indumenti, strizzando prima l'uno e poi l'altro.

    Si guardò intorno per decidere dove distenderli, in modo che si potessero asciugare velocemente e pensò immediatamente alle rocce poste affianco al lago tra i cespugli di rose.
    Andò così a distendere prima il suo vestito e poi ritornò saltellando a riprendere il lenzuolo di Malik e distese anche il suo al sole su un'altra roccia.


    Gli occhi di Malik si stavano lentamente aprendo.
    Egli si stava svegliando.
    L'angelo si accorse subito che non avvertiva più il peso del corpo di Delia sul suo.
    Di scatto si mise a sedere e per un minuscolo attimo venne pervaso da una strana angoscia e da un timore che lei fosse sparita, ma la vide quasi subito, con indosso la sottoveste proprio davanti ai suoi occhi, che lo guardava assorto.

    «Ciao, ti sei svegliato. Ho lavato i vestiti sporchi.» disse sorridendo, inginocchiandosi davanti a lui, mentre l'angelo si metteva seduto più comodamente.

    «Grazie, ma non dovevi.» pronunciò dolcemente, guardandola negli occhi.
    Malik si sentiva a disagio e impotente; non sapeva cosa fare con lei, non sapeva come comportarsi, ma poi gli venne in mente che forse aveva fame.

    «Hai fame per caso?»

    In quel preciso momento lo stomaco di Delia borbottò.

    «Mi sa che il mio stomaco ti ha sentito.» rispose ridendo teneramente.

    Malik a quel punto si alzò.

    Delia però gli porse la mano per dargli un aiuto.

    Malik stupito dal gesto, la prese con forza e si levò in piedi.

    «Io vado a cercare qualcosa da mangiare, va bene? Ma tu resta qui per favore, non ti allontanare e non inoltrarti nel bosco, finirai per perderti un altra volta.»

    Si avvicinò a lei e sussurrò al suo orecchio
    «E io non ti voglio perdere.»

    Successivamente le voltò le spalle e si allontanò fino a che scomparve nel bosco.
    Lei rimase lì, ferma e immobile, ipnotizzata da quelle parole.

    Malik si addentrò nella foresta, doveva in qualche modo cercare del cibo, non voleva assolutamente tornare da lei senza aver trovato niente, con le mani vuote.
    Quindi si mise alla ricerca.

    Per prima cosa cominciò a setacciare il bosco in cerca di rametti secchi, caduti dai rami dei pini verdi, per costruire una sorta di cestino, per poi metterci dentro quello che trovava di commestibile.
    Riuscì a raccoglierne a migliaia e fece un mucchietto vicino alla base di un abete, poi si sedette su una roccia e prese quelli che gli sembravano di qualità migliore.
    Cominciò a intrecciarli una alla volta a coppie di tre in modo parallelo.
    Successivamente li unì tutti insieme, legandoli come una treccia con altri rametti, quelli più sottili in direzione longitudinale, in modo che le coppie di rametti fossero tutte allineate uguali e tenute insieme dai rametti più sottili, posti orizzontalmente e anche questi intrecciati fra di loro.
    La base del cesto era pronta.
    Dopodiché prese altri rametti e cominciò a incrociarli e a legarli strettamente nelle piccole fessure rimaste alla base e cominciò a costruire le pareti del cestino. Prima incastrò alcuni rametti poi ne mise altri, i quali vennero attorcigliati attorno a quelli infilati alla base. Malik li attorcigliò sempre a forma di coppie di tre, creando sempre delle treccine unite fittamente tra di loro.
    Mancava solo una cosa adesso: il manico. Prese un'altra volta altri rametti, utilizzò quelli più flessibili possibili in modo che non si spezzassero; ne prese alcuni e gli intrecciò saldamente fra di loro.
    Finito il manico ricurvo lo fissò al resto del cesto con altri rametti.
    Il cestino fu così finito e completato.
    L'angelo si sentì pienamente soddisfatto.

    Adesso doveva solo trovare il modo di riempirlo.
    Vagò per il bosco incantato, molto a lungo, senza trovare niente.

    Cominciava a sentirsi piuttosto stanco.
    I piedi gli facevano male, dato che camminava sempre scalzo su quel terreno così instabile, pieno di muschio, terriccio umido e ramoscelli spezzati, ma non voleva assolutamente arrendersi.
    Doveva per forza, a tutti i costi, trovare qualcosa da addentare.
    Non voleva tornare da lei a mani vuote, si sarebbe sentito davvero a disagio e inutile.
    Ben presto però, si accorse che davanti a lui si stagliava un tappeto di funghetti dall'aria commestibile.
    Non perse un secondo di tempo che si mise a raccoglierli all'impazzata.
    Malik riempì più di mezzo cesto e ne fu abbastanza compiaciuto.
    Era già qualcosa di buono.

    L'angelo dopo aver raccolto i funghi, ripercorse la strada al ritroso.
    Si era accorto che i raggi del sole che filtravano fra gli abeti, emanavano una luce dorata.
    Malik si incantò a guardarli per un attimo, ma si accorse che il loro colore preannunciava il tramonto.

    Si affrettò così ad uscire dal bosco che per poco non inciampò su un cespuglio di ortiche selvatiche, che riuscì a schivare a mala pena, perché in realtà, aggressive come erano, lo punsero ai polpacci.
    L'angelo all'improvviso fu pervaso da un dolore lancinante, sentiva le gambe pizzicare e bruciare. Gli crebbe una voglia matta di grattarsi per calmare il bruciore e presto si accorse che delle bolle bianche gli stavano spuntando ovunque sulla pelle.
    Malik fu preso dal panico, ma doveva proseguire e sbrigarsi, tuttavia tra i cespugli verdi delle ortiche vide che in mezzo vi crescevano anche fragole, more e lamponi.
    Egli decise di raccoglierle, raccattandone molte, stando attento però a non farsi pungere anche le mani e ce la fece e ne fu felice, perché alla fine era riuscito a riempire il cestino.

    Ora poteva tornare tranquillo e sereno da Delia.




    La fanciulla invece era rimasta nel paradiso incantato e non si era mossa di lì nemmeno per un istante. Voleva assolutamente essere fedele alle parole dell'angelo, ma non sapeva cosa fare.
    Voleva sempre di più far parte di quel luogo magico e incantato, voleva unirsi alla natura.

    Si mise a danzare e a trotterellare in tondo e cominciò a canticchiare una canzone sconosciuta, intorno al laghetto.

    Dopo qualche minuto si arrestò di colpo.

    Non si era accorta che in quel luogo sotto ai lati della cascata crescevano forti e prosperi un albero pieno di albicocche e un altro albero ricco di mele rosse.
    Avanzò verso di essi e cominciò a raccogliere alcuni di questi frutti.
    Prese quelli più bassi e quelli più maturi.
    Dopo averne raccolti abbastanza, corse a sistemarli per terra, sotto a una delle rocce che si trovavano alla riva, dall'altra parte del laghetto.
    Appoggiò i frutti per terra e li lasciò lì per quando Malik sarebbe tornato.
    Li avrebbero mangiati insieme.

    La fanciulla riprese la sua danza, soddisfatta di aver trovato da mangiare.

    Mentre gironzolava allegramente si accorse di due cerbiatti che si riposavano all'ombra di un germoglioso albero dal tronco scuro e robusto. Delia era incantata, voleva assolutamente avvicinarsi e toccarli meglio per porgerli una delicata e dolce carezza che solo le sue mani potevano offrire.

    Cominciò ad avvicinarsi alle due creature, molto lentamente, cercando di non far rumore pestando i fili d'erba e ci riuscì.
    Era ormai a pochi metri e i due animali erano ancora lì fermi e pacati.
    La stavano fissando negli occhi.
    Adesso era a pochi centimetri e i cerbiatti erano ancora seduti sull'erba.
    A quanto pare non avevano nessuna intenzione di allontanarsi o scappare perché intimoriti da lei.
    Delia era così vicinissima agli animali.
    Si inginocchiò di lato al cucciolo e con la mano destra toccò il suo pelo.
    Con grande sorpresa, non si scostò nemmeno di un millimetro e continuò ad accarezzarlo delicatamente e dolcemente.
    Il suo pelo era così morbido e sofficissimo. Rimase lì a coccolarlo per alcuni minuti.

    Intanto Malik uscì finalmente dal fitto bosco. Poverino era davvero sfinito, le gambe gli pizzicavano ancora ed era di nuovo tutto sporco.
    Vide che Delia stava accarezzando dolcemente i due cerbiatti.
    Un lieve sorriso apparve nel suo viso dai lineamenti marcati.
    In quel momento, Delia le sembrò sempre più bella e percepì di essere sempre di più attratta da lei, ma non sapeva ancora spiegarsene il motivo.

    DELIA GUARISCE LE FERITE DELL'ANGELO


    Malik decise di chiamarla a gran voce.

    «Delia, sono tornato.»

    La fanciulla udì e riconobbe la voce dell'angelo in ben che non si dica e quando lei lo vide, gli accorse immediatamente, correndo e precipitandosi verso di lui, dimenticandosi completamente dei cerbiatti.

    Quando fu proprio di fronte a Malik, lo strinse a sé e lo abbracciò forte.
    Malik sorpreso, la ricambiò cingendole delicatamente la vita con una mano.

    Delia guardandolo super felice negli occhi aggiunse.
    «Mi sei mancato, hai trovato qualcosa?»

    Malik fece comparire dietro di sé un cesto di funghi e frutti di bosco.

    Delia era veramente stupita.
    «Wow. Sei stato davvero bravo. Da pure a me il cesto, lo appoggio vicino al lago. Sai anche io ho raccolto qualche cosa. Mele e albicocche. Erano proprio laggiù.»
    La fanciulla indicò con il dito i due alberi pieni di frutti, accanto alla cascata.
    «Non li avevamo visti.»

    Detto questo, Delia si incamminò insieme all'angelo verso il laghetto, nella direzione in cui ella aveva riposto anche le sue di scorte.

    «Eccoci qui.» La fanciulla appoggiò il cestino a terra.

    Malik vide che aveva raccolto alcune mele e molte albicocche.

    «Grazie Malik, per essere andato a procurare del cibo.» disse, accennando mezzo sorriso.

    Delia si pose davanti all'angelo e cominciò ad osservarlo dalla testa ai piedi.

    La fanciulla quando vide come era conciato, non potè non sgranare i suoi occhi color nocciola.

    Malik era sporco e mal ridotto un'altra volta.

    Si accorse che qualcosa lo aveva punto.
    «Oh Malik, ma sei ridotto male. Sei caduto per caso. Ti senti bene? Ti sei fatto male? Sei stanco? Hai dolore da qualche parte? Oh come stai?»
    Delia aveva quasi le lacrime agi occhi nel vederlo nuovamente conciato male.

    «Sto bene, sono solo stanco e...» fece una pausa.
    «Mi hanno punto delle ortiche. Credo.»

    «Malik è meglio che ti fai un altro bagno, io intanto vedo cosa posso fare per curare le tue ferite e quel rossore alle gambe.»

    «Va bene.» rispose l'angelo, con voce tranquilla, anche se in realtà era preoccupato.

    Aveva spaventato Delia.

    Allora non indugiò e si immerse nel laghetto.

    L'acqua era diventata tiepida, dopo che il sole l'aveva riscaldata durante la giornata.
    Era davvero una sensazione piacevolissima starsene a bagno nella pozza.
    Malik si rilassò e chiuse gli occhi e sentì che piano piano il dolore alle gambe si stava alleviando.

    Intanto Delia si stava dando da fare, doveva curarlo in un qualche modo.
    Mentre rifletteva, camminando da una parte a l'altra, senza darsi tregua, un'idea si accese nella sua mente.
    Si diresse verso la riva del laghetto, dove cresceva della camomilla rigogliosa e profumata.
    Ebbene lo avrebbe curato con essa, dato che aveva molte proprietà benefiche.

    Guardò per un istante Malik che si stava riposando; poi cominciò, in tutta fretta, a raccogliere la camomilla.

    Dopo averla raccolta, ne fece un mucchio e cominciò a lavarla e a pulirla nell'acqua del laghetto.

    Dopodiché la portò con sé e decise di lasciarla ad asciugare al sole, stendendola sopra ad una roccia.

    Successivamente la raccolse di nuovo, prese il lenzuolo bianco dell'angelo e lo distese sopra al masso e sopra a esso ci mise la camomilla che cominciò a sgretolarla con le mani, finché non si ridusse in una polverina giallognola e verdastra.
    La sparse per bene nel lenzuolo, che poi lo raggomitolò su se stesso e lo portò verso la pozza, dove lo immerse e lo lasciò in ammollo per qualche minuto abbondante con dentro la camomilla frantumata.

    Nel frattempo nel luogo incantato era calata la penombra serale.
    Gli animali si stavano rintanando nel bosco.
    Il sole era sceso dietro le montagne.

    Delia riprese il lenzuolo lasciato in ammollo nel laghetto, lo tirò su e con tutte e due le mani lo strizzò con forza.
    Si accorse subito che la camomilla lo aveva tinto di un giallo molto pallido.

    Chiamò Malik che però si era appisolato nell'acqua.

    La fanciulla si avvicinò a lui e poi delicatamente lo sfiorò alla spalla.

    Lui si voltò e la guardò, girandosi verso di lei, che con una mano gli scostò una ciocca di capelli ondulati dal suo viso.

    «Puoi uscire dall'acqua adesso e stenderti sull'erba.»

    L'angelo non disse niente, ma fece quello che la fanciulla desiderava.

    Uscì dall'acqua e si sistemò sull'erba.

    Delia si inginocchiò accanto a lui, prese il panno umido e cominciò a passarlo sul corpo di lui dove le ferite, seppur piccole, erano ancora aperte.
    Passò il lenzuolo su tutto il suo corpo più e più volte, massaggiando e accarezzando molto delicatamente la sua pelle marmorea.
    Malik se ne stava lì tranquillo, senza dire nulla su quello che stava facendo Delia e intanto la osservava, incantato dalla sua bellezza.

    Nel frattempo un miracolo stava avvenendo: le sue ferite magicamente stavano scomparendo, lasciando solo alcune minuscole cicatrici.

    In poco tempo il suo corpo venne guarito dalle ferite e la sua pelle diventò liscia e morbida.

    Delia era veramente stupefatta, non credeva ai propri occhi.
    Era veramente senza parole.
    Non avrebbe mai pensato che la camomilla avrebbe guarito così velocemente delle ferite.
    Poi pensò che questo era successo solo grazie alle magiche meraviglie che questo luogo nascosto poteva regalare, alleviando così ogni male e ogni dolore di qualsiasi essere vivente.

    La fanciulla si sentiva davvero felicissima.
    Era riuscita a curare le ferite dell'angelo, come gli aveva promesso fin dal primo loro incontro nel bosco.

    Malik la guardò con grande sorpresa e in quel momento scoprì quanto fosse diventata speciale per lui.

    La guardò con occhi pieni di dolcezza e affetto. Ella finalmente potè ammirarlo per la creatura che era sempre stato: un angelo perfetto, dai cappelli ondulati color dell'oro, due occhi grandi di un azzurro chiaro intenso simili a due pozzi di ghiaccio, il viso dagli zigomi scavati e il corpo dalla pelle marmorea, scolpito interamente da solidi muscoli.

    «Grazie.» disse l'angelo, non staccando gli occhi dalla fanciulla.

    Delia che ancora non ci credeva al miracolo, lo abbracciò forte con un enorme sorriso lucente e con il cuore che le batteva per la gioia.

    UN ANGELO SI INNAMORA DI UNA GIOVANE FANCIULLA


    La fredda e buia sera era ormai giunta.
    Nel paradiso incantato l'oscurità regnava.

    «Che ne dici se mangiamo qualcosa adesso?» propose la dolce Delia al giovane angelo.

    «Sì, per me va bene.» rispose Malik.

    Successivamente si alzò dall'erba e si diresse verso il bosco.

    Delia lo seguì con lo sguardo perplesso.

    L'angelo si inoltrò nel tenebroso bosco.
    Riusciva a vederci ancora benissimo e quindi andò a raccogliere dei rametti secchi caduti dai pini.

    Prese con sé i primi che trovò e facendo attenzione uscì dalla boscaglia e da lì Delia si accorse cosa volesse fare.

    Malik gettò a terra i rametti vicino al laghetto; poi andò verso di esso e cominciò a raccogliere dei minuscoli sassi che si trovavano in prossimità della riva; ne prese più che che potè e li dispose a cerchio nell'erba e in mezzo ad esso vi gettò i rametti secchi e infine accesse il fuoco che avvampò di un arancio caldo e vivo.

    L'angelo si sedette vicino al fuoco, mentre Delia andò a prendere il cesto dei funghi, in cui vi pose dentro anche le mele e le albicocche e le portò con sé.

    Anche lei si sedette davanti al fuoco, appoggiando a terra il cestino fra lei e Malik.

    «Ecco.» disse, mentre si sistemava comodamente sull'erba alta.

    I due fanciulli cominciarono a svuotare il cesto, mangiando tutto quello che li capitava in mano, stando in perfetto silenzio.

    Più tardi, Malik e Delia, aiutandosi con le mani, infilarono dei funghi secchi in alcuni ramoscelli e li cucinarono sul fuoco.
    Una volta abbrustoliti se li papparono all'istante.
    Di tutto quello che erano riusciti a trovare ben poco rimase in disparte.

    Stanchi e con la pancia piena si sdraiarono sull'erba.
    Con gli occhi rivolti verso il cielo tinto di blu, videro le prime stelle luccicanti comparire una alla volta.

    «Che bello spettacolo che è questo luogo nascosto. Adoro guardare il cielo, specialmente di notte. Sono così affascinanti le stelle e il loro misterioso luccichio.»

    «Alcune di esse non sono semplicemente stelle, ma angeli, che brillano del loro più grande splendore. Solo che tu non puoi percepirli o riconoscerli, sei troppo lontana per vederli, ma loro di sicuro vedono te.» spiegò l'angelo in modo del tutto pacato.
    Poi aggiunse.
    «Sai anche io ero uno di loro. Qualche volta anche io, stavo là, fra le nuvole a osservare incuriosito la terra e i suoi esseri che la popolavano. Ogni cosa vista da lassù mi sembrava perfettamente bella, ma quando caddi cambiò tutto quanto. Per prima cosa persi la mia grazia angelica.»

    Delia si fece curiosa.
    «Che fanno gli angeli lassù?»

    «Cerchiamo di proteggere voi umani. Vi aiutiamo a prendere decisioni sagge e giuste, ma sopratutto proviamo in tutti i modi ad allontanarvi il più possibile dal male.»

    La fanciulla gli sorrise e provò a sbilanciarsi di più verso la storia dell'angelo.
    «Te lo ricordi il paradiso?»

    «Sì, mi manca molto, non ci sono parole per descriverlo. Viene chiamato la Radura Celeste. È cosparso di tante nuvole bianche, morbide e soffici, su cui puoi adagiarti indisturbato. C'è un ruscello che scorre lungo tutta la radura. Le sue acque, se la guardi bene hanno dei riflessi argentati e poi ci sono fiori bianchi ovunque, e noi angeli che cantiamo e danziamo, tutti insieme creando una bellissima e piacevolissima armonia di pace.»
    Malik guardò Delia, con occhi lucidi.

    «Deve essere davvero meraviglioso da come me lo hai descritto. Mi dispiace davvero moltissimo per il tuo brutto destino, non te lo meritavi. Non meritavi di cadere e tanto meno di soffrire.» affermò la fanciulla con tono triste e compassionevole.

    «Sai forse, non ti ho detto tutta quanta la verità quando mi hai trovato nella grotta.»

    Ci fu un attimo di silenzio.

    «Io sono uno dei tanti angeli caduti e il mio destino qui sulla terra me lo sono scelto da solo. Ogni angelo, dopo la caduta scelse l'oscurità, le tenebre e il male di Lucifero. Io non volevo scegliere questo, non avrei mai scelto il male. Cercai di oppormi, in qualche modo, cercai di raggiungere il Paradiso, ma i cancelli erano già stati chiusi e nessun angelo ormai non poteva più entrarci. Così un giorno incontrai Lucifero e mi disse che dovevo fare una scelta: occupare un posto all'Inferno come demone o rinchiudermi in una grotta e custodire una delle tante porte che ti portano giù negli Inferi.
    Ecco, io presi in considerazione quest'ultima scelta e mi chiusi là dentro, in quella caverna umida e buia. Mi nascosi per secoli e secoli, al resto del mondo, finché non arrivasti tu.
    Sei sbucata dal nulla, così all'improvviso, mi sei sembrata un miracolo, una benedizione dal cielo.
    Grazie a te ho rivisto la luce.»

    Delia, a quelle parole, si commosse teneramente, mentre Malik si era avvicinato di più a lei.
    «E tu, come hai fatto a perderti? Ti sei persa veramente o sei scappata?»

    La fanciulla che fino ad allora si era scordata di tutto quello che le era successo, in un minuto di tempo riaffiorò nella sua mente, la sua vita, la sua famiglia, la sua migliore amica, il matrimonio imminente e tutto quello che le era successo prima che si addentrasse nel bosco e si perdesse, senza provare a cercare la via di casa.
    La sua anima venne assalita da una tremenda preoccupazione e nostalgia.

    Malik si accorse che stava fissando, con occhi sgranati, le fiamme rossastre del fuoco acceso.

    Si era come incantata, non riusciva a percepire più niente, tranne il suo cuore che aveva accelerato i battiti.

    «Tutto bene?» domandò l'angelo preoccupato.

    «Sì.» rispose Delia a bassa voce, risvegliandosi dal suo momento di trans.

    Si schiarì la voce.
    «Non sono scappata. Ero solo frustata e furiosa, perché avevo ricevuto una notizia assai spiacevole dalla mia migliore amica.
    Un giovane uomo aveva chiesto di sposarla così di punto in bianco.
    Io ero molto turbata e anche un po' scossa, non volevo che la mia migliore amica Diana si sposasse, almeno non così presto e così giovane e con un uomo che conosceva da poco.
    Le ho perfino domandato se lo amasse tanto e se lui l'amasse davvero con tutto il suo cuore come mi raccontava spesso lei.
    Ovviamente mi ha sempre fatto cenno di sì con la testa, mi ha detto che di lui mi potevo fidare e che anche se si sarebbe sposata, dopo il matrimonio saremo sempre state migliori amiche per sempre e avremo continuato a vederci tutti i giorni. Io a Diana voglio un bene dell'anima, ho paura che quell'uomo la faccia soffrire e non voglio che lei si addolora. Mi si spezzerebbe il cuore vederla star male.»

    Delia aveva il dolce viso rigato da lacrime di amore e compassione.

    Malik nel vederla così non indugiò e si avvicinò ancora di più a lei e istintivamente le prese la mano e la strinse amorevolmente.

    Delia invece non riusciva a staccare il suo sguardo dal falò che continuava a bruciare nella umida notte.

    «Forse sono anche un po' invidiosa e gelosa. Almeno Diana adesso ha trovato qualcuno di speciale che non la faccia sentire più sola in vita sua.
    Quando mio padre morì, mi lasciò un terribile vuoto e d'allora io mi sento tanto sola, mi manca il suo caloroso affetto, il suo amore, quello che solo lui sapeva darmi. Vorrei ritornare ad essere amata e sopratutto ad amare senza che qualcuno poi decida di abbandonarmi, ma ormai penso sia troppo tardi...»

    A quelle parole Malik ne fu tremendamente colpito perché come si sentiva lei, un po' persa e senza un briciolo di amore, anche lui, dopo la caduta si sentiva solo, abbandonato e senza amore.

    L'angelo guardò Delia.

    Poi con le mani le prese il volto bagnato dalle lacrime e la baciò delicatamente sulle labbra.
    In quel preciso momento non riuscì più a fermare quell'istinto di poterla toccare e desiderare anima e corpo.
    La baciò con passione e lei dopo qualche istante ricambiò il suo bacio con la stessa intensità.

    Si staccarono per un momento e si guardarono negli occhi che luccicavano di puro amore.

    «Io voglio amarti Delia.
    Mi sono innamorato di te il primo momento che ti ho vista sotto la luce del sole.
    Non volevo crederci che mi sarebbe successo, non volevo credere che potevo ritornare ad amare di nuovo una persona, una bellissima fanciulla come lo sei te. Sei stata veramente un dono, una gioia, incontrarti nella grotta.
    Avevo solo paura di non essere ricambiato, non volevo che il mio cuore si spezzasse di nuovo, ma tu in realtà lo hai aggiustato e lo hai guarito dalle ferite e delle cicatrici, mi hai rifatto scoprire la luce e l'amore.
    Non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi fatto rinascere, per avermi guarito. Sei la creatura più meravigliosa che io abbia mai conosciuto. Ti amo Delia e ti amerò per l'eternità.»

    La baciò sulla fronte.

    «Anche io voglio amarti Malik. Grazie per avermi accolta nella tua vita. Sei il mio angelo. Sei il mio amore.»

    Si baciarono di nuovo con affetto e passione.
    Le loro mani accarezzarono i corpi morbidi e snelli; si accoccolarono insieme; si baciarono altre mille volte.

    Malik cominciò a baciare ogni centimetro del corpo di lei, amandola e adorandola profondamente.
    Lo stesso fece Delia, che non voleva più lasciarlo andare.

    Finalmente avevano ritrovato l'amore.

    Magicamente tra i ciuffi d'erba spuntarono una miriade di lucciole colorate che circondarono i due innamorati, i quali si strinsero ancora di più.

    E sotto un cielo stellato di metà primavera un angelo e una dolce e giovane fanciulla finirono per fare l'amore.

    IL FUNERALE DI DELIA


    2 MESI DOPO ...



    Era una giornata assai piovosa.

    Ormai erano quattro giorni che la pioggia non smetteva di scendere dal cielo nuvoloso.

    Il villaggio era caduto in un'atmosfera desolata e grigiastra, sembrava morto e abbandonato già da tempo.

    Per le vie del paese, non c'era un'anima viva, né un cane, che passeggiavano come erano solito fare.

    La pioggia scendeva incessantemente e bagnava il lastricato della strada, i tetti e i vetri delle finestre.
    Le grondaie sgorgavano acqua da tutte le parti.

    Tutto era immerso nel più totale silenzio.

    La pioggia era la sola a fare rumore.

    Tutta la gente del villaggio era riunita in un immenso giardino recintato, dove giacevano le lapidi di alcuni parenti defunti.
    Queste lapidi erano piantate saldamente a terra.
    Qualsiasi specie di fiore circondava le diverse tombe; alcune di esse erano addirittura protette, da piccoli alberelli folti e rigogliosi.

    Quella cupa mattina, tutte le persone del villaggio erano riunite in quel luogo desolato, angosciante e pervaso dalla morte.

    Essi erano quasi tutti quanti vestiti di nero. Alcuni si coprivano il capo con un mantello, altri tenevano in mano gli ombrelli per ripararsi dalla pioggia, alcuni piangevano e mormoravano sottovoce preghiere confortanti.
    Erano tutti quanti radunati vicino ad una tomba, ornata di rose bianche e rosse.

    Era la tomba di Delia.

    Ormai la povera madre l'aveva data per morta e adesso se ne stava lì, in ginocchio, disperata dal dolore a piangere la figlia.
    Vicino a lei, alla sua destra, c'era Diana, con il volto rigato di lacrime, accompagnata dal suo uomo Erberto.
    Non portavano ancora le fedi.
    Dovevano ancora sposarsi.

    Intanto fra la piccola folla alcune voci si domandavano ancora:

    «Ma che fine avrà fatto?»

    «Oh povera ragazza...»

    «Era così giovane e bella...»

    «Avrà fatto la stessa fine del padre...»

    L'atmosfera che si poteva percepire era triste e pesante.
    Molte persone erano addolorate, i loro occhi gonfi di lacrime, erano carichi di profonda sofferenza, alcune signore anziane singhiozzavano, altre si soffiavano il naso in continuazione, sotto quella pioggia incessante di fine primavera.




    A mezzogiorno, conclusosi il funerale della giovane Delia, gli abitanti del paesino abbandonarono il cimitero, camminando lentamente, tenendo sempre il capo chino per nascondere il loro viso triste e pallido.

    La madre della fanciulla non smetteva di piangere e di singhiozzare, ancora in ginocchio davanti alla tomba della figlia scomparsa.

    La signora Marilla che era proprio in piedi, affianco a lei, con il volto stanco e affranto, cercò di aiutarla a rialzarsi dall'erba inzuppata dall'acqua.
    «Dai cara, forza su, alzati in piedi, piangerla non la riporterà di certo indietro.»

    La madre di Delia si alzò infreddolita e tutta quanta tremolante.
    Il suo viso era rigato da lacrime cariche di dolore.
    Si portò il fazzoletto fradicio e sporco alla bocca, non riusciva proprio a togliere lo sguardo dalla tomba della figlia scomparsa.

    Marilla allora la incitò nuovamente.
    «Coraggio su, aggrappati a me e andiamo a bere una bella tazza di tè caldo a casa mia, vedrai ti farà bene. Almeno ti toglierai di dosso il freddo che ti sei presa questa mattina.»

    La madre di Delia senza dire una parola si aggrappò al braccio della signora Marilla e insieme si voltarono verso Diana, la quale se ne stava anche lei a osservare la tomba dell'amica.
    Dietro di lei c'era Erberto che cercava in tutti i modi di confortarla teneramente.

    «Come stai cara?» domandò Marilla.

    «Sto malissimo. Sono profondamente addolorata. Ho perso di nuovo la mia migliore amica e questa volta credo di averla persa per davvero e per sempre.»
    Riprese a piangere singhiozzando.

    La madre di Delia si scostò dalla signora Marilla e la strinse a sé abbracciandola forte.

    «Se hai bisogno di qualcosa conta pure su di me, sai dove trovarmi. A tua madre avevo promesso che mi sarei presa cura di te come una figlia e che non ti avrei mai fatto mancare nulla.»

    Diana aveva gli occhi gonfi di lacrime che bruciavano di profondo dolore.
    «Oh grazie, davvero.»
    La fanciulla riabbracciò la madre di Delia più forte di prima.

    Marilla però si intromise e le liberò delicatamente dall'abbraccio.
    «È meglio andare, abbiamo preso già abbastanza freddo...»

    Erano rimasti solo loro quattro nel cimitero.

    Successivamente lo abbandonarono anche loro, lasciandosi alle spalle la tomba della povera Delia, data per morta da tutti gli abitanti del villaggio.

    MALIK CHIEDE A DELIA DI SPOSARLO


    Il sole ritornò finalmente a splendere dopo giorni interminabili di pioggia incessante.

    La fanciulla e l'angelo che si erano rifugiati nella casetta abbandonata, uscirono finalmente all'aria aperta.

    Il sole ritornato luminoso e splendente, li accolse con il suo calore estivo.




    I due fanciulli passarono giorni all'aria aperta. Ritornarono nel loro piccolo e magico paradiso, che diventò la loro dimora.

    Nei giorni che trascorrevano insieme, si facevano il bagno, mangiavano frutti e funghi, danzavano insieme sempre più uniti e innamorati che mai.

    Delia era veramente felice, aveva ritrovato il suo amore perduto e Malik era completamente guarito.
    Aveva abbandonato le tenebre.
    Aveva scacciato dalla sua anima il male, il dolore e la sofferenza.
    E aveva finalmente scoperto l'amore, grazie a Delia, che ora l'amava e se la teneva stretta a sé più che mai.
    Le sue ali corvine erano diventate bianche e si erano coperte di piume lucide, con sfumature argentate e le aveva rinchiuse all'interno delle sue scapole.

    Malik aveva costruito una corona di rose rosse e Delia la portava fieramente nella sua testa.




    Un giorno semplice e sereno, l'angelo doveva dire a Delia qualcosa di importante.

    Entrambi si sedettero all'ombra di una quercia.

    «Tesoro mio, devo dirti una cosa. Ci ho riflettuto a lungo durante questi mesi.»
    Malik le prese le mani dolcemente.

    «Sì, dimmi pure.»

    «Non voglio metterti fretta, ti lascerò tutto il tempo che vorrai per pensarci bene e sarò felice di qualsiasi scelta tu prenderai.»

    La fanciulla si fece ancora più curiosa di prima.

    «Delia, amore mio, vuoi sposarmi?»

    Ci fu un imbarazzante attimo di silenzio, ma subito dopo aver realizzato la calda proposta, alla fanciulla si illuminarono gli occhi di gioia e di amore.
    «Sì Malik, voglio sposarti.»

    Tenendosi per mano, si scambiarono un tenero bacio sulle labbra.
    Infine si abbracciarono dolcemente e nel mentre succedeva questo, a Delia salì un dubbio.

    «Ma aspetta, Come facciamo? Dove ci sposeremo?»

    Malik si sciolse dall'abbraccio di lei e si schiarì la voce.
    «Io avevo pensato che sarebbe il momento che tu ritornassi a casa tua. Sai avrai fatto preoccupare molto la tua famiglia. Credo che ormai ti daranno sicuramente per scomparsa o addirittura per morta.»

    La fanciulla si allontanò per un attimo dall'angelo un po' turbata.
    Ella cominciò a riflettere a lungo sulla sua situazione.
    Era scappata, perdendosi nel bosco.
    Successivamente aveva trovato Malik.
    Aveva trovato un angelo dentro un grotta che gli aveva promesso di guarirlo dal suo dolore e dalle sue ferite e un po' alla volta ci era veramente riuscita, scoprendo così che si era follemente innamorata di lui fin dal primo istante che l'aveva visto davanti alla caverna.
    Si era preso cura di lui, si era innamorata di lui, lasciando da parte la possibilità di ritrovare la strada per ritornare a casa, da sua madre e dalla sua migliore amica.
    E in questi ultime settimane presa dall'amore e dai forti sentimenti che provava verso l'angelo, si era completamente dimenticata della sua famiglia e della sua vita.
    Malik aveva ragione, era troppo tempo ormai che era lontana dal suo villaggio.
    Era arrivato il momento di ritornare a casa, però aveva paura.
    Aveva timore della reazione che potessero avere i suoi familiari.
    Cosa penserà sua madre e soprattutto cosa penserà Diana, la sua migliore amica? Saranno felicissime di rivederla, di sapere che non era realmente morta, come tutti credevano o dallo spavento preso dalla sua improvvisa e inspiegabile scomparsa, non le rivolgeranno mai più la parola?

    Delia li aveva tutti quanti abbandonati.

    «Malik?»

    «Sì?»

    «Io non mi ricordo la strada di casa, mi ero persa veramente nel bosco.»

    «Allora dobbiamo metterci subito in marcia e ritrovarla insieme.»

    «Sì credo che tu abbia ragione. È passato tanto tempo. Ho paura nel sapere come reagiranno alla mia vista e anche alla tua, ma è giusto così.»

    La fanciulla si avvicinò all'angelo.
    «Malik voglio ritornare a casa e voglio che ci sposiamo, perché voglio passare il resto della mia vita con te.»

    «Allora mio tesoro dobbiamo metterci in marcia subito e ritrovare la strada.»

    A quelle parole, gli occhi di Malik brillarono di felicità e amore.
    Si avvicinò a Delia, la strinse fra le sue solide braccia e le diede un dolce bacio sulla fronte.




    Nella tarda mattinata, mano nella mano, decisero di lasciarsi alle spalle questa dimora incantata.

    Delia rivolse un ultimo sguardo verso questo luogo magico; a mente ringraziò madre natura di averli ospitati e di averli accolti piacevolmente nel suo piccolo paradiso, senza che a lei e al suo angelo fosse mai mancato niente.
    Ella diede un bacio al vento, in segno di affetto verso a tutti gli esseri viventi che lo avrebbero abitato in eterno.

    Infine la fanciulla strinse più stretta la mano di Malik e insieme si addentrarono nel fitto bosco.

    L'ombra li inghiottì.

    DELIA RITROVA LA STRADA DI CASA


    Vagarono per giorni interi tra i boschi e le praterie verdeggianti.

    Tra l'erba alta e tra i fitti pini smeraldini.

    Sotto il sole cocente o in posti molto ombrosi e oscuri.

    Salirono e scesero interminabili montagne e colline.

    Si nutrivano come meglio potevano e dormivano dove capitava.

    Erano diversi giorni che vagavano alla ricerca della strada giusta.
    Entrambi erano stanchi e stremati.

    Delia pensò che non sarebbe più ritornata a casa, non avrebbe più rivisto sua madre e Diana, la sua migliore amica.
    Ella si sentiva sempre più persa e confusa, anche se il suo angelo Malik la rassicurava, di tanto in tanto, baciandola e riempiendola di coccole.

    «Malik, non ce la faccio più! Non riusciremo mai a trovare la strada giusta...Ci siamo persi per sempre!»
    Delia era molto sconfortata, triste e delusa.
    Sfinita come era, voleva solo sdraiarsi a terra e sfogare la sua stanchezza piangendo.

    «Tranquilla, tesoro mio, prima o poi troveremo la strada giusta. Ti fidi di me?»

    La guardò intensamente negli occhi.

    Malik le porse una mano.

    Delia titubante, afferrò la mano dell'angelo e la strinse saldamente.
    Infine Malik le diede un caldo e confortante abbraccio pieno di amore.
    «Sì mi fido di te Malik.»

    Allora l'angelo dopo averla coccolata, la riprese per mano.
    «Delia vieni per di qua.»

    Tenendole sempre la mano, uscirono dal bosco ombroso e si ritrovarono a valle.
    L'erba era altissima.
    Malik percepì che da qualche parte, in mezzo a quella sterpaglia, c'era forse un sentiero.

    «Delia, per di qua.» Le ripetè ancora.

    Per qualche ora di tempo camminarono tra l'erba cercando di non inciampare.

    Finalmente insieme trovarono un sentiero sassoso che conduceva verso una salita abbastanza ripida.

    «Ecco, questo è un sentiero. Percorriamolo, ci porterà sicuramente da qualche parte.»
    disse Malik.

    Intrapresero la stradina sconosciuta, camminando lentamente e stando vicini, tenendosi sempre per mano.

    Ad un tratto Delia si arrestò.
    Venne colta da un deja vu improvviso.
    Il sentiero sassoso che stava percorrendo insieme a Malik a pochi metri da loro si divideva in due sentieri più piccoli laterali, uno dei quali conduceva in mezzo al bosco e fu allora che la fanciulla ricordò.

    «Mi ricordo di questo posto, quel sentiero laggiù che porta nella foresta incantata. È quello che ho seguito quella sera al tramonto.
    Aspetta ora rimembro: ero andata a prendere dei frutti di bosco, poi trovai un cucciolo di cerbiatto e mi misi ad inseguirlo e così quella notte mi perdetti in mezzo al bosco, non ritrovando più la strada di casa.
    La mattina seguente incontrai te nella grotta.»

    Delia si era portata le mani al viso, ansimava dal caldo e dalla fatica, sentiva il cuore batterle forte nel petto, perché dopo tanti giorni di disperata angoscia, era vicina a casa.

    «Malik?» Gli rivolse un occhiata incredula.
    «Sono quasi arrivata a casa. Il mio villaggio è dopo quella salita lì.»

    La indicò con l'indice. «Finalmente sono a casa.
    Che gioia immensa!»

    La fanciulla non riusciva a crederci.
    Si avvicinò a Malik e alzandosi in punta di piedi gli stampò un tenero bacio sulla guancia.
    «Oh grazie amore mio. Senza di te non ci sarei mai riuscita a ritornare al mio villaggio, alla mia casa, dalla mia famiglia. Grazie a te che mi hai aiutato a non perdere mai la speranza.»

    «Delia per te farei qualsiasi cosa. E comunque grazie a te, per non aver mai perso la fiducia in me.»

    «Adesso Malik vieni con me, ti dovrò far conoscere un po' di persone a me molto care. Non avere timore.»

    Delia prese per mano il suo angelo e lo trascinò verso la salita che conduceva verso il piccolo paese.

    La fanciulla si sentiva al settimo cielo.
    Era davvero felicissima, oltre ogni dire.
    Era emozionantissima, non stava più nella pelle, il suo corpo trepidava di felicità!

    Ella si mise a saltellare, a fare giravolte con Malik che la seguiva con un bel sorriso radioso in viso.

    DELIA FINALMENTE A CASA


    La giovane fanciulla ritornò al suo villaggio.

    Seguita da Malik, percorse la via principale che portava direttamente verso il centro del paese.

    Quando intravide le prime abitazioni dai tetti rossi, a gran voce cominciò a gridare

    «Sono tornata a casa. Sono viva.»

    Alcuni mercanti che a quell'ora stavano facendo ritorno a casa, si voltarono di spalle per capire chi stava urlando in quel modo.

    Ad un certo punto videro una ragazza dai capelli ondulati comparire dietro alla salita della strada. Era seguita da un ragazzo sconosciuto.
    Delia saltellava all'impazzata, tenendo con le mani i lembi del vestito, per non inciampare.

    Delia gridò di nuovo a gran voce.
    Desiderava che tutti potessero sentire che era finalmente ritornata a casa.

    «Sono Delia. Sono viva. Sono ritornata a casa.»

    Altri passanti si fermarono a osservarla incerti.

    Alcuni di loro si scambiarono occhiate perplesse, altri invece la riconobbero quasi all'istante e nei loro visi comparvero sorrisi di stupore e di gioia. Erano commossi.




    Intanto nella sua casa, la madre ancora molto addolorata, con il viso triste e pallido, stava servendo il caffè a Diana, che era in compagnia del suo futuro marito.

    «Erberto vuoi un altro goccio di caffè?»

    «Sì molto volentieri.»

    «Ecco qui.»

    «Grazie lei è molto gentile.»

    La madre di Delia gli sorrise lievemente, anche lei si versò altro caffè nella tazzina e poi si sedette al tavolo, davanti ai due giovani.
    «Siete felici? Domani finalmente vi sposerete.»

    «Sono un po' in ansia...» precisò il giovane uomo.

    «Non vi preoccupate, sarà una bellissima cerimonia. Marilla ha pensato proprio a tutto. Sarà il giorno più bello della vostra vita...»

    Mentre la madre di Delia parlava del matrimonio imminente con Erberto, la giovane Diana venne scossa da un leggero brivido.
    Una voce arrivò al suo orecchio, ma non ci fece caso.

    Dopo un po' però la risentì.

    Era più vicina e più udibile.

    Diana pensò che fosse solo un eco strano che voleva tormentare la sua testa stanca.

    Provò a ignorarlo.

    La madre di Diana bevve il suo ultimo sorso di caffè, poi appoggiò la tazzina e si rivolse alla ragazza, che da quando era entrata non aveva ancora detto una parola.

    «Diana tutto bene?»

    Ella se ne stavi lì, seduta a fissare assorta il colore bruno del caffè e ancora una volta sentì la voce sempre più chiara, netta e decisa.

    Rivolse il suo sguardo verso la finestra.

    La tenda bianca offuscava ciò che succedeva fuori.
    Riusciva solo a intravedere delle figure grigie muoversi lentamente lungo la via.

    «Diana? Ci sei? Ti senti male?» La madre di Delia stava cominciando a preoccuparsi.

    «No no, è solo che...» Si interruppe bruscamente, sentendo di nuovo la voce.

    «La sentite anche voi questa voce? Questa voce così familiare...»


    Delia era giunta davanti al cancello in legno di casa sua seguita da Malik, il quale si sentiva assai spaesato.

    La fanciulla gridò a gran voce ancora una volta.

    «Sono Delia. Sono viva. Sono ritornata a casa.»

    Aveva attirato l'attenzione di tutto il paese.
    Quelli che l'avevano riconosciuta ora la stavano seguendo.

    Diana sgranò gli occhi e si alzò di scatto diritta in piedi.

    Andò alla finestra e vide la sua migliore amica.

    La vide più bella che mai, con una corona di rose in testa, i capelli ondulati che le cadevano lungo la schiena, sempre con il suo bel sorriso radioso che le cerchiava il viso.
    La felicità la colpì al cuore nel rivederla.

    «Delia. È Delia. Delia è ritornata a casa!»

    Aprì la porta e si precipitò furiosamente in strada urlando il suo nome.

    «Delia!»

    Quando anche la madre ed Erberto realizzarono cosa stava succedendo, uscirono correndo dall'abitazione e si riversarono anche loro nella via del paese.

    La madre quando vide che Diana stava abbracciando fortemente la figlia creduta perduta, scoppiò a piangere.

    Diana ora, tra le braccia della sua migliore amica, irruppe in un pianto liberatorio di felicità assoluta.

    Anche Delia versò lacrime di felicità e si strinse all'amica più che potè.

    «Oh Delia...sei viva...» disse Diana singhiozzando.

    «Ti credevamo morta...»

    «Scusami tanto, non volevo abbandonarti, giuro che non succederà mai più. D'ora in poi sarò sempre al tuo fianco. Non volevo farti soffrire, né farti star male. Io ti voglio un mondo di bene e te ne vorrò per sempre, perché tu sei la mia migliore amica. Sei una parte di me. Sei una parte della mia vita.»

    Delia baciò l'amica sulla guancia e la strinse ancora di più a sé.

    «Anche io ti voglio tanto bene Delia.»

    La madre che ormai non riusciva più a reggere alla scena, corse incontro alle ragazze e le abbracciò entrambe.

    Tutti i passanti si fermarono ad ammirare quella scena di puro amore, stupiti più che mai nel rivedere Delia davanti ai loro occhi.

    Delia vide subito che ad abbracciarle era la madre.

    «Oh mamma, sono tornata a casa finalmente.»

    La madre la abbracciò forte e irruppe in un pianto di dolore sconfitto e di gioia indescrivibile.
    Le lacrime non smettevano di scendere lungo il suo viso pallido.
    «Oh la mia bambina...» pronunciò con voce tremante, accarezzandole la testa dolcemente.
    «Sei viva. Fatti guardare.»

    La madre si sciolse dall'abbraccio e guardò sua figlia dalla testa ai piedi molto attentamente. «Come stai? Dove eri finita? Ti è successo qualcosa di brutto?»

    «Mamma è una lunga storia. Mi ero persa nel bosco... e...e...ho conosciuto una persona.»

    Malik era ancora lì, ma si era messo in disparte ad assistere alla scena appena successa; ne era rimasto commosso e non voleva assolutamente interrompere e intralciare quel momento così intimo e delicato.

    Delia però si rivolse verso di lui, allontanandosi dalla madre per prendergli la mano.

    «Mamma, Diana, voglio presentarvi una persona che ho conosciuto nel bosco.»

    Malik allora si fece avanti timidamente e si affiancò a Delia
    «Vi presento Malik è un...»

    Lo guardò per un attimo, ma poi ci ripensò.

    «È un ragazzo. Si era perso nel bosco, proprio come me. Ci siamo incontrati per caso e abbiamo vissuto insieme in questi ultimi mesi. Ci siamo innamorati e vorremo sposarci.»

    Diana e la madre erano davvero stupite.

    «Delia non ci crederai mai, ma io questo momento l'ho sognato per tutta la vita. Sono felicissima per te. Ci sposeremo domani, insieme. Sarà il giorno più bello della nostra vita!»

    «Sì sarebbe davvero meraviglioso.»

    Si strinsero le mani per poi finire di nuovo abbracciate. Con dietro la madre, che le accarezzava dolcemente, ancora con gli occhi gonfi di lacrime.

    «Oh Delia, piccola mia, sono davvero felice.»

    La madre la baciò in fronte e poi si rivolse a Malik.
    «Giovanotto ma tu sei praticamente nudo, vieni subito dentro. Su venite tutti dentro. Forza. Coraggio. Malik per favore vai a farti un bagno e poi guardo cosa posso darti da vestire, forse i vestiti di mio marito ti andranno bene...»

    Malik e la madre entrarono in casa seguiti da Erberto.

    Mentre le due fanciulle si fermarono per un momento sul portico di casa.

    Diana guardò per un istante Malik, poi guardò la sua migliore amica.

    «È proprio uno schianto, sai. Biondo con gli occhi azzurri. A guardarlo sembra un angelo.»

    «A chi lo dici....»

    Le ragazze sorrisero di gusto.
    Le loro risate si sparsero nella calda aria estiva e volarono su in cielo.

    IL GIORNO DEL MATRIMONIO


    Arrivò il giorno del matrimonio.

    Il sole splendeva alto nel cielo di un azzurro limpidissimo.
    Gli uccellini cinguettavano allegramente.
    Le farfalle bianche volavano qua e là, posandosi ogni tanto su qualche fiore colorato, delicato e profumato.
    Per le vie si sentivano schiamazzi vari, che andavano perdendosi nell'aria calda dell'estate.

    Diana era nella camera da letto dell'amica. Indossava il suo abito da sposa fatto apposta per lei dalla sarta del paese.
    Il vestito era di un bianco lucido con una scollatura a cuore. Aveva le mezze maniche a sbuffo, le quali cadevano dalle spalle. La gonna era ampia e toccava terra. L'intero vestito era ricamato finemente con motivi floreali realizzati con fili argentati e perline luccicanti. Diana sul capo portava il velo che le ricopriva i capelli sciolti e ondulati, esso era lungo fino al bacino. In mano teneva un bouquet di peonie e rose bianche.

    Ella si stava ammirando allo specchio, quando Delia entrò dalla porta. «Ma sei una meraviglia!»
    affermò con grande stupore.

    «Grazie.» sorrise lei, arrossendo lievemente.

    Poi si accorse che la sua migliore amica era ancora praticamente in sottoveste.

    «Ehi ma aspetta.» La guardò sbigottita.
    «Che ci fai ancora mezza nuda. Vestiti su, o non vorrai mica far aspettare il tuo sposo.»

    In quel momento nella camera da letto giunse la madre di Delia.
    In mano teneva un vestito bianco vaporoso.

    «Delia questo è l'abito che ho indossato quando ho sposato tuo padre, dovrebbe andarti bene.»

    Delia corse dalla madre e prese il vestito.
    «Oh deve essere meraviglioso.»

    La madre sorrise. «Vieni ti aiuto a indossarlo.»

    Questo vestito le stava d'incanto: era tutto quanto in seta bianco, con le maniche a sbuffo e la scollatura a cuore. La gonna era di un bianco perla lucido ed era ricoperta da un tulle bianco. Il corpetto era impreziosito di perline che luccicavano sotto la luce del sole, che entrava dalla finestra posta davanti allo specchio. L'intera gonna era ricamata con fili d'oro che formavano delle piccole roselline. Il vestito era uno spettacolo per gli occhi.

    La madre prese una coroncina di rose bianche intrecciate con fili dorati e gliela mise sul capo. «Ecco fatto, oggi ti stanno meglio queste bianche.»

    Infine le mise il lungo velo che lo fece ricadere con grazia lungo la schiena di lei, fino a toccare terra.

    Delia si guardò allo specchio.
    Era davvero una meraviglia.
    Si ammirò attentamente, il vestito della madre le stava d'incanto.
    Un sorriso le illuminò il dolce e tenero viso.

    «Ecco tieni il tuo bouquet.» disse la madre sospirando.
    Era uguale a quello dell'amica.

    Ora le due giovani fanciulle erano pronte per la cerimonia.

    Entrambe erano davanti allo specchio, che si guardavano soddisfatte.

    La madre si intromise fra loro due.
    Aveva gli occhi lucidi. «Guardatevi. Siete bellissime. Sembrate delle principesse.»

    «Grazie mamma.» Delia diede un bacio sulla guancia della madre.

    «Diana tua madre e tuo padre oggi sarebbero molto fieri e felici per te. Goditi questo giorno meraviglioso.»

    «Grazie. Lei è sempre così gentile. Mi ha aiutato molto. Senza il suo supporto e quello di zia Marilla, non sarei mai riuscita ad andare avanti.»

    La madre di Delia strinse a sé Diana in un caldo e affettuoso abbraccio.

    «E ora è meglio che ci sbrighiamo, non vorrei già mettermi a piangere.»




    La piazza del villaggio era stata adibita a festa. C'erano numerosi banchetti con tanto cibo delizioso: salatini, frutta, brioche e pasticcini, che aspettavano solo di essere addentati e gustati.

    In mezzo a questi banchetti, c'era un banchettopiù grande, in cui sopra di esso era posta la grande torta degli sposi.
    Essa era composta da ben dieci strati di Pan di Spagna e ricoperta interamente da panna montata zuccherata.
    In cima alla torta c'erano le statuine delle coppie degli sposi in marzapane.
    La torta era tutta quanta decorata con foglie verdi e petali di rose gialle e confetti rosa e azzurri.

    Nella piazza sventolavano bandierine bianche ovunque.
    I bambini correvano allegri tra i banchetti.
    Gli abitanti del paese erano tutti vestiti elegantemente e aspettavano solo l'arrivo delle spose.
    Essi si erano riuniti tutti vicino alla fontana, dove i due giovani sposi vestiti in abiti eleganti, attendevano con ansia le loro compagne.

    Malik indossava l'abito di matrimonio del padre di Delia. Era di un blu scuro con ricami dorati. Sotto alla giacca portava una camicia in puro lino bianco. Sembrava un principe uscito da qualche fiaba. Il colore del vestito metteva in risalto i suoi occhi azzurri. I suoi capelli ondulati biondo dorato erano tenuti sciolti, gli cadevano sopra le spalle.

    Erberto invece indossava un vestito liscio di colore nero. La giacca era ricamata con motivi floreali creati con fili d'argento sottilissimi, anche lui sotto la giacca portava una camicia in lino. I suoi cappelli scuri erano raccolti in una coda bassa.

    L'orchestra cominciò a suonare e davanti agli sposi comparvero delle graziose bambine dagli abiti rosei e vaporosi, con in testa una coroncina di margherite profumate.
    In mano tenevano dei cestini con dentro petali colorati di fiori che stavano sparpagliando allegramente nel terreno lastricato della piazza. Queste giovani damigelle erano seguite da una bambino piccolo e paffutello vestito di azzurro, il quale con le mani stava sorreggendo un cuscino in raso di seta bianco lucido, con sopra le fedi dorate degli sposi.

    Tutto questo preannunciava l'arrivo imminente dei Delia e Diana.

    Subito dopo la folla cominciò ad aprirsi in due per far passare le damigelle che poi si affiancarono agli sposi, mentre il bambino porse le fedi al sacerdote che era dinanzi a Malik e a Erberto.

    Accanto a loro c'erano la madre di Delia e Marilla che si sorreggevano a vicenda, trepidanti dalla troppa emozione.
    Vedere la loro figlia e la loro nipote sposarsi insieme, era come un sogno che si avverava.

    Ed ecco che la folla accolse le due splendide spose.
    Giunse all'altare prima Diana a passo lento, la quale si affiancò subito a Erberto.

    Successivamente sopraggiunse anche la bellissima Delia.

    La fanciulla lentamente avanzava lungo la piazza.
    Il cuore le batteva forte per l'emozione.
    Era affiancata da una coppia di piccole damigelle gemelle, che le sorreggevano il lungo velo bianco.

    La folla la guardava come ipnotizzata: era una meraviglia.
    Sembrava una principessa.

    Quando giunse all'altare anche lei occupò il posto vicino a Malik.
    Entrambi si sorrisero a vicenda e l'angelo le sussurrò all'orecchio. «Sei bellissima amore mio.»

    Delia gli sorrise amorevolmente. «Grazie, anche tu sei un incanto.»

    La cerimonia ebbe inizio con l'orchestra che riprese a suonare un'altra melodia.

    «Diana ed Erberto e Delia e Malik siete venuti a contrarre matrimonio in piena libertà, senza alcuna costrizione, pienamente consapevoli del significato della vostra decisione?»

    «Sì.»

    «Siete disposti, nella nuova via del matrimonio, ad amarvi e onorarvi
    l'un l'altro per tutta la vita?»

    «Sì.» Gli sposi si guardarono a vicenda.

    «Se dunque è vostra intenzione di unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete il vostro consenso.»

    Gli sposi si presero per mano.
    Delia guardò negli occhi Malik.

    Stava succedendo veramente.

    «Io Malik, prendo te Delia, come mia sposa e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.»

    «Io Diana, prendo te Erberto, come mia sposo e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.»

    «Ora benedico questi anelli che vi donate scambievolmente in segno di amore e di fedeltà.»

    Gli sposi si scambiarono le fedi.
    Delia mise l'anello al suo sposo e Malik fece altrettanto con la sua sposa.
    Entrambi erano felici più che mai.

    Lo stesso fecero Diana ed Erberto.
    Anche loro si amavano tantissimo.

    «Ora potete baciare la sposa.»

    I giovani si baciarono appassionatamente.

    Delia baciò il suo angelo e Malik baciò la sua fanciulla in un profondo, tenero, appassionato bacio, pieno di amore infinito e incondizionato.

    La folla acclamò applaudendo le due nuove coppie di giovani sposi e l'orchestra cambiò melodia, che riprese a suonare una vivace sinfonia.

    La folla di persone si disperse per tutta la piazza.
    Alcuni andarono ad abbuffarsi di cibo tra i banchetti allestiti tutti attorno alla piazza. Mentre gli sposi andarono a tagliare la torta per offrirla ai vari invitati.

    Infine anche gli sposi si unirono alle danze.
    Malik e Delia presero a danzare insieme.
    L'angelo le cingeva la vita con un braccio per trattenerla a sé, mentre con la sua mano sinistra teneva stretta quella di lei.
    Delia teneva la sua mano destra introno al collo di lui.
    Ballavano volteggiando in cerchio intorno alla piazza.
    I loro occhi si guardavano intensamente facendo l'amore.
    Insieme ridevano felici, stretti e vicini.

    «Ti amo Delia.»

    «Ti amo tanto anche io angelo mio.»

    Delia e Malik
    vissero per sempre felici e contenti

    FINE.

    MORALE DELLA FIABA


    L'amore guarisce ogni ferita.
    L'amore cura ogni male.
    Si può imparare ad amare
    E si può ricominciare ad amare dopo anche essere caduti nelle tenebre e nel male più profondo.
    Basta solo crederci.
    Perché la potenza più grande al mondo è l'amore e veramente l'unica che sappia sconfiggere il dolore, la sofferenza e il male.
    Credete sempre nella forza dell'amore.
    E non abbiate mai paura di amare.
    Solo l'amore può salvare noi stessi e il mondo. <3
     
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    Eccomi! Finalmente sono riuscita a finire di leggere! Prima di iniziare, ti consiglierei di mettere, all'inizio della storia, i capitoli con i vari link (basta che evidenzi il titolo di ogni paragrafo e con il tasto destro del mouse fai copia link del testo) così è più facile ritrovare il segno se non si riesce a leggere tutto in una volta!

    Innanzitutto i miei complimenti per essere riuscita a farla pubblicare nella raccolta di Favole e Fiabe! Sono davvero contenta! Ti hanno trovata loro o gliel'hai spedita tu?
    Per chi volesse supportare Laura ecco il link alla raccolta: https://www.ibs.it/favole-fiabe-2021-vol-5...e/9788833372556

    Per quanto riguarda la storia, avevo già letto alcuni pezzi nel post delle sfide di scrittura e già lì ero curiosissima di sapere come continuava, quindi sono stata piacevolmente felice di poter scoprire il finale!
    La storia in sé è molto fiabesca, sembra proprio di leggere una storia Disney. Mi piace tanto il modo aggraziato con cui descrivi i paesaggi e le vicende in generale, è difficile spiegarti quello che mi comunica la tua scrittura sembra quasi un fiore dal profumo dolce e avvolgente (come similitudine non rende giustizia :XD: ) Ecco! Le tue storie sembrano scritte da Venere e Selene messe insieme!

    Mi piace come hai reso Malik, anche se all'inizio mi sembrava un po' tanto dolce però poi ho pensato: "Ehi, è pur sempre un angelo!" e quindi ha iniziato a farmi davvero tanta pena e mi veniva molto spontaneo volerlo coccolare. E infatti ha spiegato il mio dubbio iniziale, quando avevo letto solo alcuni estratti, facevo fatica a capire come fosse possibile innamorarsi subito, e così forte, di qualcuno poi leggere il tutto e sapere che è una fiaba ha reso tutto molto più comprensibile.

    Dalia è proprio tenerella! All'inizio mi sembrava un mix tra Belle e Cenerella! Ha la dolcezza e spensieratezza di Cenerentola e l'intelligenza di Belle.

    La radura che scoprono è davvero paradisiaca, il giardino dell'eden! Sembra quasi che Dio abbia guidato suo figlio Malik proprio lì con lei per dirgli "Ora va tutto bene, puoi lasciare tutto alle spalle e curarti qui." Se potessi vivrei in un posto del genere isolata da tutti :XD: l'importante è avere volpi e gatti!

    Il finale è stato davvero bello e romantico! Insomma perfetto, dopo tanti dolori finalmente qualcosa di positivo e che riscalda il cuore! :wub:
    Mi è sorto solo un dubbio, che forse per la struttura del testo in stile fiabesco non ha importanza, maaa... le ali di Malik? Mi aspettavo che la madre si stupisse che la figlia si fosse innamorata di un angelo! Però non è niente di tragico, eh! è solo una mia curiosità :XD:

    Per il resto c'è giusto qualche errorino, ma niente di troppo fastidioso per la lettura! Anzi si è talmente presi dalla delicatezza del tuo modo di scrivere che non passa anche inosservato.
    In più leggere la tua storia mi ha portato di nuovo il dubbio sullo Show, Don't Tell che non capisco minimamente ma spero che all'università riusciranno a spiegarmelo al meglio :XD:

    Ah! E dato che ami tanto l'amore e sei tanto romantica ti consiglio i film: Storia d'Inverno (che sembra quasi una tua storia) e Le Pagine della Nostra Vita (qui ti avviso che hai bisogno di fazzoletti!), magari ti possono ispirare.

    Comunque complimenti davvero!
     
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    Rue Ryuzaki grazie mille per il commento finale i consigli. <3
    Ho partecipato a un loro concorso: cercavano racconti da pubblicare in cinque volumi diversi. Ho tentato perché non mi chiedevano niente, solo il racconto inedito e quindi mi sono buttata e ho partecipato al concorso, senza illudermi di niente. Poi è successo che l'hanno accettato e quindi poi lo hanno in seguito pubblicato nel Volume 5. Io ovviamente felicissima! :D
    Pera la storia delle ali di Malik, forse ti se persa il pezzo dove se le richiude dentro le scapole, dopo che Delia lo ha guarito dalle sue ferite. La madre di Delia, non saprà mai che sua figlia è moglie di un angelo caduto, come non lo sapranno mai nemmeno gli altri personaggi. Ho deciso così. Sono contenta che la storia ti sia piaciuta. :)
    Guarderò sicuramente i film che mi hai consigliato.
    Grazie mille per il supporto. <3
     
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    Laura_Ruetta AH! Grazie per la precisazione sulle ali! Sì, mi era sfuggito :XD: e sono molto contenta, davvero, per il concorso che hai vinto! :woot: <3
     
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    Laura_Ruetta siccome sono una lumaca, non ho ancora letto tutta la storia X) Per il momento mi sono fermata alla scomparsa di Delia, quando Diana chiede aiuto ai cacciatori.
    Il rapporto tra le due migliori amiche è molto stretto e lo tratteggi con dolcezza ^_^ In generale, la narrazione è molto "delicata", focalizzata sui sentimenti e gli slanci più puri (amicizia, altruismo...).
    L'uscita nel bosco mi ha fatta pensare a Cappuccetto Rosso, lo ammetto, anche se so che so che non c'entra :lol: Suppongo che tra un po' entrerà in scena l'angelo; mi ricordo di lui dalla versione breve della storia, e sono curiosa di sapere come si svilupperà il rapporto con Delia in questa versione più approfondita. Intanto, mi complimento con te per essere riuscita a farti pubblicare e per la bravura che, come al solito, dimostri nella descrizione dei paesaggi naturali ^_^
    Spero di continuare presto la lettura!
     
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    Ho continuato fino al momento in cui i due protagonisti si dichiarano. La radura dove si fermano è splendida come ricordavo 3_3 E ho apprezzato molto gli accenni di Malik alla bellezza del Paradiso!
    Mi ha fatta un po' sorridere la "dimenticanza" di Delia, che dopo aver incontrato l'angelo pare aver scordato sua madre, la sua amica Diana e tutto il suo villaggio... Se ne ricorda solo all'ultimo! D'altra parte, i boschi delle fiabe sono quasi sempre luoghi in cui ci si perde, in cui si affrontano le prove che portano verso il cambiamento e la maturazione, lontano dalla "zona sicura" della propria casa :)

    Devo dire, comunque, che nonostante gli elementi di arricchimento presenti in questa versione lunga ho l'impressione che la storia renda meglio come racconto breve. Non so spiegare il perché, in realtà... Credo semplicemente di preferire la versione abbreviata. Ad ogni modo, proseguirò la lettura fino alla fine, anche perché ormai mi mancano pochi capitoli ^_^ Sono curiosa di sapere come Delia tornerà al villaggio e dove decideranno di vivere lei e Malik...
     
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    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

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    Bene, ho finalmente terminato la storia!
    Come ho già detto preferisco la versione breve, ma ho comunque apprezzato questa "espansione". Mi è piaciuta particolarmente la descrizione dell'atmosfera festosa del giorno del matrimonio: è bello vedere tanti personaggi felici ^_^ Inoltre, l'atmosfera fiabesca è abbastanza ben resa, soprattutto a livello di ambienti e paesaggi.
    Per quanto riguarda lo stile, ho notato alcuni errori di battitura e non mi ha sempre convinta l'uso della punteggiatura, ma nel complesso la lettura va giù senza troppi problemi :) Spero che scriverai altre fiabe, prima o poi!
     
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    Elizabeth Swann Grazie per la tua letture, a breve leggerai un altro mio racconto. :)
     
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  9. TheMemesQueen
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    Che bella storia, l'atmosfera fiabesca si sente parecchio. Spero che Malik non segua le orme di Semeyaza o avrà un piccolo problema lol. Comunque quando la leggevo avevo messo in loop questa canzone, anche se il finale della canzone è leggermente diverso https://youtu.be/qcybEEeNoPs
     
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8 replies since 25/7/2022, 13:16   139 views
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