Destini sospesi

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    Cantastorie

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    Saluti!

    Come anticipato, da oggi vi propongo una breve storia in cinque capitoli che sto finendo di scrivere proprio in questi giorni, ma la cui idea risale a parecchi anni fa. Ne ho ritrovato una bozza su un vecchio diario che portavo con me per appuntare pensieri e riflessioni durante le ore buche dell'università. Poi me ne ero quasi dimenticata, anche perché presa dallo studio e dalla scrittura di altre ff.

    Brevemente vi anticipo che si tratta di una sorta di retroscena in cui ho tentato di approfondire e sviscerare i pensieri e le emozioni dei personaggi in un momento cruciale della storia del primo film, ovvero il viaggio di ritorno da Isla de Muerta a Port Royal, quando ancora tutto è in divenire, calcolando che la navigazione possa essere durata almeno un paio di giorni.
    Ho inserito qua e là degli accenni veramente minimi a fatti raccontati soltanto nei libri ispirati alla saga (soprattutto per quanto riguarda il passato di Jack Sparrow), ma nel complesso penso sia comprensibile anche a chi non è così informato a riguardo.

    Non mi resta che augurarvi buona lettura e al prossimo approdo!)

    Destini sospesi



    tcopb-532

    OPERA DI RIFERIMENTO: "Pirati dei Caraibi"
    CATEGORIA: bollino giallo (per adolescenti)
    GENERE: Introspettivo, Commedia, Malinconico
    NOTE AGGIUNTIVE: Missing Moment, Canon- Fic, What If
    DICHIARAZIONE DI NON RESPONSABILITÀ:“Pirati dei Caraibi” e i tutti fantastici personaggi che compaiono nei film della saga sono frutto della creatività di sceneggiatori e attori che hanno dato loro vita, nonché della Walt Disney Company che ne detiene i diritti. Io mi diletto a scrivere storie su di loro senza alcun fine di lucro, ma solo per il piacere di condividere questa passione con altri fans.


    I – Non tutti i tesori sono d’oro e d’argento

    I – Non tutti i tesori sono d’oro e d’argento
    Lo sparo rimbomba cupo, serpeggiando fra le tortuose pareti della grotta umida e buia, sovrastando ogni altra concitata azione in corso.
    La giovane Elizabeth Swann sente che il suo cuore ha un tonfo.
    Capitan Barbossa, sospendendo l’incalzante combattimento, ha sorpreso tutti, rivolgendo la sua pistola indietro, proprio contro di lei, e la sua mossa è stata così fulminea e inesorabile che non si è neanche accorta di essere sotto tiro.
    Ma anche l’imprevedibile Jack Sparrow ha prontamente impugnato la sua arma e ha premuto il grilletto, esplodendo quella pallottola che, con un’ostinazione non dissimile ad una vera e propria ossessione, ha gelosamente serbato per dieci lunghi anni, destinandola a compiere la sua agognata vendetta sull’uomo che lo ha tradito, umiliato e derubato dell’unica cosa che ama di più al mondo, oltre a se stesso: la sua nave, la Perla Nera.
    «Dieci anni che conservi quel colpo e sei riuscito a sprecarlo!», lo deride sarcastico il vecchio rivale, oramai abituato a non provare più alcuna sensazione sul suo decrepito corpo, da quando è rimasto vittima di quell’orrenda maledizione.
    «Non l’ha sprecato!», grida di rimando il giovane William Turner, lasciando cadere nel forziere di pietra due monete d’oro, quella che ha reso momentaneamente Jack un non morto e quella che ha dovuto bagnare col suo sangue, essendo l’unico erede del pirata Sputafuoco Bill, anche lui partecipe anni addietro del furto di quel tesoro stregato.
    Elizabeth torna a respirare nell’aver capito quale delle due pistole sia realmente andata a segno, i suoi occhi, ancora lucidi e tremanti, si spostano con stupore, ammirazione e riconoscenza su Will e Jack.
    Lo spregiudicato ed eccentrico pirata è rimasto torvo e immobile, la canna fumante ancora puntata all’altezza del grondante cuore di Barbossa il quale, incredulo e rammaricato per essere tornato alla vita e averla perduta nello stesso istante, pronunzia solo due stizzite parole prima di stramazzare al suolo con un secco tonfo: «Sento … freddo».

    Jack Sparrow indugia a fissare con attenuata ostilità l’avversario sconfitto che giace esanime, gli arti scomposti, gli occhi sbarrati ma ormai ciechi, la bocca dischiusa e silente.
    Non è mai stato propriamente un asso con la spada, in compenso ha sempre avuto un’ottima mira, anche se in pochi lo sanno, perché se ne serve molto meno di quanto potrebbe.
    Ha sempre ripugnato lo spargimento di sangue gratuito, non è solito uccidere chi l’ha tradito o offeso, perché gode di più a tessere inganni, un’arte sottile che ha imparato ad affinare grazie al suo acuto spirito di osservazione, avvantaggiandosene in svariate circostanze. Un modo di agire scarsamente compreso che lo distingue da altri fuorilegge, grezzi e istintivi, i quali puntano invece soprattutto sulla brutalità e sulla capacità di incutere timore con l’uso indiscriminato della forza.
    Crescendo tra efferati tagliagole e ingordi predoni senza Dio e spesso senza cervello, è giunto alla conclusione che la mera violenza sia un mezzo troppo facile e talvolta troppo rischioso. Gli imbrogli invece hanno il ben più soddisfacente vantaggio di non essere intuiti subito e perciò di cogliere alla sprovvista chi non sospetta di essere raggirato, perché troppo ingenuo o perché si crede superiore a lui per intelligenza.
    Così è riuscito a sfuggire, quasi sempre, alle situazioni più pericolose e intricate, beffando impunemente chi lo voleva incastrare.
    E anche il famigerato Hector Barbossa, malgrado tutta la sua protervia, la sua esperienza e la sua furbizia, alla fine è caduto vittima della sua elaborata tela.
    Reprimendo una sgradevole sensazione di nausea alle budella, si allontana dal cadavere del vecchio compagno di sventure e comincia a rovistare tra i cospicui oggetti preziosi ammassati alla rinfusa nei vari angoli di quella caverna dalla sua ex ciurma.
    Ci sono cianfrusaglie di dubbio gusto, ma anche diversi manufatti di pregiata fattura e una miriade di pietre rarissime. Con un bottino simile a sua disposizione, se riuscirà a contenere gli entusiasmi dei suoi uomini, potranno vivere di rendita per parecchi mesi, si compiace, immaginando con soddisfazione la pacchia che lo attende, tra svaghi, piaceri e dissolutezze di ogni tipo.

    Di tutt’altro genere sono i pensieri che vorticano nella mente del giovane William Turner, mentre si allontana dal grande forziere intarsiato ricolmo di monete azteche.
    Il suo sangue alla fine ha veramente spezzato quell’incredibile sortilegio e quindi quei manigoldi poco affidabili non hanno mentito sul suo conto. È figlio di un pirata. Non può più rifiutarsi di crederlo ormai, sarebbe sciocco impuntarsi a negarlo. Si sente per certi versi condannato: pur non volendolo, ha seguito le orme del disgraziato defunto padre.
    A nulla è valso tutto il suo impegno nel costruirsi una vita onesta e rispettabile, lontana dalla tentazione di misfatti e facili guadagni.
    E nulle ormai sono le sue speranze di poter stare alla luce del sole con la ragazza per la quale prova un fortissimo affetto sin da quando è poco più che un bambino.
    Molto più di un semplice affetto o di una mera infatuazione. È un sentimento travolgente, insopprimibile, totalizzante, che in quei pochi nuovi momenti che ha potuto trascorrere al suo fianco, scoprendo in lei un’anima gemella dal temperamento forte e combattivo, si è, se possibile, addirittura rafforzato, come brace rimasta sopita sotto la cenere cui mancava solo una scintilla per accendersi con tutta la sua potenza.
    La loro intesa è qualcosa d’innegabile, a tal punto che la prospettiva di doversi separare di nuovo da lei gli sembra un’ingiustizia, equiparabile solo a un supplizio dei peggiori.
    Lascia vagare lo sguardo crucciato sugli altri scrigni traboccanti di oro e argento; non ha mai visto così tante ricchezze tutte concentrate in un unico luogo, non ha mai neanche osato immaginare che potesse esisterne una tale quantità, né, di questo è più che certo, potrà mai avere occasione di rivederne altrettante. Gli basterebbe sottrarre una sola manciata di quella fortuna per permettersi una nuova casa, magari una bottega tutta sua, o addirittura una piccola imbarcazione con cui darsi codardamente alla fuga.
    Lui però non è fatto così.
    Rinsavisce da quelle farneticazioni quando la vede, ferma e ritta sotto un fascio di luce lunare. Aggraziata, ardimentosa. Bellissima.
    Trattiene il fiato. Al suo confronto anche il più splendente dei diamanti impallidisce.

    Anche Elizabeth Swann è immersa nelle sue più intime riflessioni.
    In quei pochi giorni la sua tranquilla e noiosa routine quotidiana è stata letteralmente sconvolta: assalti, tesori, rapimenti, inseguimenti per mare, arrembaggi, duelli.
    Ha vissuto una pericolosa ed entusiasmante avventura, ed ha saputo cavarsela egregiamente, uscendone incolume.
    Era il suo sogno di bambina quello di poter imbattersi in un intrepido pirata e, ora che ne ha conosciuti molti, ha appurato, non senza una certa delusione, che non tutti sono eroici, ribelli e temerari come i personaggi dei racconti con cui è cresciuta e di cui si è nutrita, nella sua infanzia segnata da una grande solitudine che ha riempito con la fantasia.
    I pirati, ha toccato con mano, sono per lo più uomini avidi, abietti e meschini, dediti solo al proprio tornaconto personale, a ingannare, a tradire, a uccidere e soprattutto a rubare. Non le è difficile identificare alcuni cimeli di valore trafugati dalla sua dimora tra quella caterva d’inestimabili tesori, frutto di tante sanguinose scorrerie.
    Eppure ha anche scoperto che quel ragazzo timido e gentile, che ha incontrato otto anni prima proprio durante un viaggio per mare, appartiene anch’egli a quel mondo crudele e affascinante, imbevuto di misteri e leggende, scandito da battaglie e burrasche, dominato da passioni intense e fatali.
    Forse anche per questo suo sconosciuto legame con quella gente scevra dalle convenzioni e dalle regole, tanto distante da quella artificiosa e asservita che è abituata a frequentare lei, nel profondo ha sempre provato una forte attrazione nei suoi confronti.
    Non una semplice attrazione. È sicura che si tratti di amore.
    Il coraggio e l’abnegazione impetuosi con cui il suo amico d’infanzia si è lanciato a salvarla, il loro incredibile affiatamento nel combattere, capendosi immediatamente con un rapido scambio di sguardi, la disperazione che l’ha pervasa credendolo disperso, il desiderio fortissimo di essere toccata dalle sue mani ruvide e premurose, hanno accresciuto ulteriormente quella convinzione.
    Sono fatti l’uno per l’altra, quello che c’è tra loro è qualcosa di unico, ineguagliabile.
    Un’affinità simile non potrà mai provarla con nessun altro. Sa che non potrà mai essere felice con nessuno diverso da lui al suo fianco.
    È con distacco e amarezza che si sofferma a osservare quelle ricchezze. Non valgono nulla. Rinuncerebbe a qualunque lusso o privilegio, metterebbe in discussione anche il suo onore pur di poter stare con lui per il resto dei suoi giorni. Deve dirglielo, vuole che lo sappia, prima che sia troppo tardi …
    Avverte che si è avvicinato alle sue spalle e si volta, ma, restando inchiodata al suo sguardo caldo, tenero e vibrante, tutta la sua sicurezza e il suo ardore evaporano e non riesce a proferire alcun che, completamente stordita dalle palpitazioni sconnesse che le procurano la sua vicinanza e l’inspirare quel suo odore salmastro e ferroso. Forse lui sta per confessarle la stessa cosa …
    Invece neanche Will riesce ad esternare ciò che gli fa sussultare il cuore, perso com’è nelle iridi nocciola dell’amata che appaiono dolci e frementi come non mai. Rimane sospeso nell’attesa di un qualunque cenno di assenso da quelle labbra scarlatte e irrimediabilmente invitanti su cui vorrebbe avere l’ardire di poggiare le sue, fugando il timore di mancarle di rispetto o di essere respinto.
    Sanno entrambi di aver rischiato la pelle l’uno per l’altra e che lo rifarebbero senza alcun tentennamento, pentimento o timore altre cento, mille volte, perché niente vale di più per ognuno di loro che l’altrui incolumità.
    Si sorridono, emozionati, turbati, consapevoli di ciò che li unisce e che nessuna legge umana o divina, nessun impedimento naturale o sovrannaturale, nessuna persona viva o non morta potrà mai più spezzare.
    Durante quel muto dialogo pregno di emozione il tempo sembra essersi fermato, lo spazio dissolto e le parole svuotate di qualsiasi valore, perché sono le loro pupille frementi di trasporto e trepidazione a comunicare tutto e qualunque sillaba o gesto ora sarebbero superflui.
    L’amore è come un incantesimo in cui la razionalità si spegne, messa a tacere dal predominio delle sensazioni.

    Il clangore di un oggetto metallico scagliato via con noncuranza s’infrange bruscamente su quell’atmosfera magica e sognante, riportando i due giovani innamorati alla cruda realtà.
    «Dobbiamo tornare alla Dauntless», ricorda lei costernata, inghiottendo un singhiozzo.
    «Il tuo fidanzato si starà chiedendo se sei salva», asserisce di rimando lui, tradendosi involontariamente con un tono permeato dal disincanto.
    Elizabeth si sente ferita da quell’amara costatazione e corre via, nascondendogli la tristezza che l’ha improvvisamente attanagliata in una morsa crudele. Sperava non lo avesse ancora saputo, di poterglielo nascondere fino a che non sarebbe stato ufficializzato.
    Come può pensare che per lei Norrington conti qualcosa? Lo rispetta e ci conversa, certo, così come le impone l’etichetta, ma non lo ha mai degnato di quell’attenzione o dell’interesse che riserva sempre a lui, per quanto poco tempo possano trascorrere insieme. Non è da lei rimanere priva di favella, sul momento però, troppo offuscata dal risentimento e dallo sconforto, non sa scusarsi o ribattere adeguatamente.
    Intravedendo un luccichio tra le sue lunghe ciglia, Will capisce di avere sbagliato di nuovo e s’insulta per essere stato tanto codardo da trattenere la lingua, usandola per parlare a sproposito. Non aveva alcun diritto di disapprovare la sua scelta. E forse avrebbe dovuto essere più determinato, osare di più, tanto le sue folli azioni oramai hanno già palesato quale smisurata passione faccia ardere ostinatamente il suo animo per lei.
    «Se stavi aspettando il momento più opportuno … era quello!», irrompe sardonicamente Sparrow, quasi leggendogli nel pensiero. «E ora gentilmente vi sarei molto obbligato se mi portaste alla mia nave», aggiunge poi con fare superbo, incamminandosi all’uscita della grotta con una vistosa corona in testa, svariate collane di perle ad adornargli il busto e una sacca tintinnante di altre suppellettili d’oro che ha minuziosamente selezionato.
    Anche se il tesoro più prezioso per il suo cuore, il più bramato dalle sue mani, è quello che lo sta attendendo poco lontano da lì, dissimulato tra le onde tenebrose della notte.

    Will lo segue a passi lenti e rassegnati, mentre Elizabeth ha già preso posto su di una scialuppa superstite, tenendo la fronte bassa e le dita intrecciate sul grembo.
    «Non vorrai che sia la damigella a remare? Su, mettiti al lavoro e alla svelta!», ordina in uno scatto d’impazienza il pirata con le treccine, sistemandosi sullo scranno di prua.
    Seppur riluttante, il giovane fabbro ubbidisce, sedendosi all’estremità opposta, dandogli le spalle, ma trovandosi proprio di fronte alla sua adorata Miss Swann, cercando di indovinare quali emozioni oscurino i suoi bellissimi lineamenti, combattendo ancora una volta contro l’inconfessabile desiderio di allungare una delle sue non troppo delicate mani sulle sue e lenire le sue preoccupazioni con una tenera carezza.
    In quella posizione, piegandosi in avanti per manovrare i remi, ad ogni bracciata riesce quasi a sfiorarle il viso e a percepire il suo respiro leggero e tremolante, che vorrebbe fondere dolcemente al suo, in quel sospirato bacio che osa sognare di donarle ogni notte e che non ha avuto la spudoratezza di concretizzare pochi minuti prima.
    Ora la presenza di quel terzo e petulante incomodo, lo inibisce ancora di più a riacquistare quell’intimità che si è interrotta così aspramente. Assalito da un penetrante senso di disagio, finisce per concentrarsi unicamente a remare, limitandosi a sbirciarla di sfuggita.
    Non può sapere quanto Elizabeth gliene sia grata, pur scoprendosi incapace di evitare di lasciare vagare insistentemente gli occhi, solleticati da lacrime trattenute, su ogni suo energico movimento. Sulle sue braccia agili e forti, da cui vorrebbe essere stretta perdutamente, fino a sentire il suo calore invaderla attraverso i vestiti. Sulle sue labbra socchiuse di cui vorrebbe conoscere il sapore, per scoprire se ne resterebbe inebriata, come ha tanto arditamente fantasticato. Prova quasi dolore fisico a doversi contenere.
    Intimidita da quel bisogno impulsivo, distoglie lo sguardo, un po’ sulla volta celeste tappezzata di stelle, un po’ sulla lieve spuma che si forma ai lati della chiglia.
    Scivolando su quelle acque placide, in breve sono fuori da quella tetra spelonca e Jack Sparrow, che, come congelato da uno spiacevole presentimento, è rimasto insolitamente silenzioso, incomincia a guardarsi tutt’intorno con concitazione, ricercando in quella densa nebbia che aleggia tra le spigolose scogliere vulcaniche di Isla de Muerta, la maestosa sagoma della sua adorata Perla Nera.
    «È difficile individuarla al buio. È questa una delle sue tante qualità», afferma orgoglioso, facendo scampanellare i tanti gioielli che gli pendono dal collo, mentre con una mano si scherma dai lattiginosi raggi della luna piena.
    «Capitan Sparrow … », mormora Elizabeth con voce timorosa.
    «Lo so cosa vuoi dirmi, dolcezza: certo che saresti la ben venuta a bordo! Io non ho mai creduto alle superstizioni, anzi … », le assicura con un sorriso malizioso che lascia vedere volutamente anche a Turner.
    «Ma veramente …» tenta di continuare a spiegare la fanciulla.
    «Sì, può venire anche il tuo amichetto. Un mozzo in più fa sempre comodo», le accorda con sufficienza, scrollando le spalle e rimettendosi a scrutare con brama l’orizzonte caliginoso.
    «Vi ringrazio per la generosità, Capitano, ma preferisco fare ritorno a Port Royal», risponde irritato il fabbro, riprendendo a remare senza una direzione ben precisa.
    «Peggio per te!», ribatte Jack con enfasi quasi puerile. Invero non disdegnerebbe di festeggiare la riconquista della sua Perla intrattenendosi in un bel ménage à trois con quei due freschi novellini, che si sono anche rivelati validi compagni di spada e magari lo saranno anche di bevute. Si sente già stuzzicare squisitamente il palato al solo pensiero dei fiumi di sopraffino rum che lo attendono a Tortuga, insieme ad altri sordidi piaceri.
    «Temo che dobbiate venire anche voi, Capitan Sparrow», riesce a riprendere la parola Elizabeth, indulgendo nella cautela per ciò che di spiacevole si accinge a rivelare.
    L’interpellato la guarda sbigottito e un po’ preoccupato, al che lei, presasi di coraggio, si decide a raccontare scarnamente quanto accaduto: «Dopo che li ho liberati, i vostri uomini hanno deciso di prendere la nave … hanno detto di dover rispettare il Codice».
    L’espressione dello stralunato filibustiere diviene mortalmente seria e dolente, prima che volti il capo a prua, stringendo la mascella, deglutendo un grumo amarognolo.
    «Mi dispiace, Jack», lo sostiene la ragazza, realmente dispiaciuta per quell’infelice epilogo.
    «Hanno fatto i loro interessi. Che altro mi potevo aspettare», ribatte Sparrow, disilluso e amaramente ironico. Non si è mai scoraggiato davanti ai peggiori colpi infertigli dalla malasorte, che sembra averlo eletto sin dalla più verde età suo bersaglio prediletto, mettendolo continuamente alla prova. Sa di non essere particolarmente gradito né temuto dai suoi pari per via del suo comportamento ambiguo, inaffidabile e poco incline alle efferatezze, eppure quell’ennesimo tradimento gli rode il fegato non meno di altri che ha subito in altre circostanze, in altri luoghi, da altri compagni.
    Si è illuso di poter vincere, senza fare i conti con l’ostilità e la volubilità di una banda di truffatori avvezzi a seguire l’offerta migliore. Imparerà mai dai suoi errori?

    Quell’imprevisto rivolgimento della situazione ha fatto calare un teso e gelido silenzio tra i tre, lasciando Will interdetto e inducendolo a rallentare il suo già svogliato vogare.
    Stupidamente, pur avendo obiettato, era stato pungolato dall’idea di unirsi davvero a quella combriccola di avventurieri e mandare all’aria i suoi buoni propositi di tornare indietro e rimettersi in riga, scontando una meritata pena per la sua condotta disonorevole.
    Ancora una volta cerca di attirare lo sguardo di Elizabeth per rimettersi al suo consiglio, quasi come se la consideri la più assennata e sagace tra i presenti, essendogli venuta in soccorso quando meno se l’aspettava.
    Quei suoi lunghi capelli dorati, che vorrebbe intrecciare fra le dita per conoscerne la consistenza, ricadono scompostamente sul suo pallido viso, celandogli una risposta o forse suggerendogli che ormai non hanno altre possibilità se non quella di arrendersi a quell’avverso destino.
    Nessuno dei due intenderebbe consegnare quello sgangherato briccone, che pure, a suo modo, li ha aiutati a ritrovarsi, alle stringenti maglie della giustizia britannica, ma sono lontani da qualsiasi approdo raggiungibile in meno di un giorno, su di una misera barchetta a remi, nel mezzo delle tenebre, senza armi né provviste, per cui non possono spingersi oltre né tornare indietro.
    Così, rassegnandosi alla scelta meno aleatoria, soprattutto per amore della ragazza, Will ricomincia a remare in direzione di quei fanali che fendono come un ingannevole miraggio quella quieta e quasi irreale oscurità.

    A bordo della HMS Dauntless i soldati sono alacremente impegnati a sgombrare il ponte dai bucanieri sconfitti, in parte trucidati e gettati in mare senza tante cerimonie, in parte catturati e trasferiti nelle marcescenti celle di sentina, dove non potranno nuocere alla sicurezza né alla vista degli stimabili passeggeri che in quella traversata si sono uniti all’equipaggio, composto per lo più da marinai giovani e assetati di gloria, guidati dall’ambizioso Commodoro James Norrington.
    Non curandosi di dissimulare il suo compiacimento per la positiva riuscita di quell’imboscata, l’altero ufficiale inglese se ne sta impettito sulla balconata del cassero, intento a impartire ordini a destra e a manca ai suoi sottoposti.
    Pur consapevole che quella ottenuta è soltanto un’esigua vittoria, confida che ben presto presiederà il comando di una piccola flotta per portare avanti la missione cui si è votato sin dal suo ingresso nella prestigiosa Regia Marina Britannica: debellare definitivamente la pirateria che, come una piaga purulenta, infesta lo Spanish Main, mettendo a repentaglio chiunque lo attraversi per raggiungere le sponde del prospero Nuovo Mondo.
    Si è prefissato di assolvere quella temeraria promessa dopo il primo traumatico incontro con quegli spregevoli fuorilegge del mare avvenuto ancor prima di diventare un cadetto, e la manterrà con ogni mezzo, qualunque sia il prezzo da pagare. Sacrificherebbe anche la propria vita pur di lavare l’onta con cui aveva visto corruscare lo sguardo di suo padre nel momento in cui si era lasciato salvare da un lurido pirata. Gli dimostrerà che non ha dimenticato gli ideali e gli insegnamenti da lui trasmessi, diventerà un vessillo della civiltà e dell'ordine, così come voleva lui.
    Il Governatore Weatherby Swann, frattanto, dopo aver esultato un po’ goffamente insieme al resto degli uomini, è notevolmente in ansia per la deliberata scomparsa della testarda e indomita figlia. Nella sua indole ribelle non riesce proprio a riconoscere nulla di sé. È sempre stato un uomo posato, privo d’iniziativa e anche alquanto pavido. Fondamentalmente pacifico e contrario all’uso spropositato della violenza, sin dalla gioventù ha mal tollerato la vista del sangue, ripudiando anche solo l’innocuo maneggiare una spada di legno. La sua unica erede invece è di un’altra pasta.
    Gli appelli alla morigeratezza e alla sobrietà con cui ha impostato la sua educazione, col suo trasformarsi in una giovane donna sono rimasti, con suo grande cruccio, sempre più inascoltati, ma di quella negligenza lui ha incolpato e continua ad incolpare più il suo scarso nerbo che l’assenza prematura della madre, venuta a mancare in un’età troppo acerba perché Elizabeth possa ricordarla e prenderla ad esempio di virtù.
    E poi il trasferimento nei Caraibi, isole ancora selvagge e così climaticamente insidiose, troppo lontane geograficamente ed culturalmente dalla corte di Londra, è stato ancor più deleterio per il plasmarsi del suo carattere, che ha finito quasi per uniformarsi a quelle capricciose maree, capaci di cancellare nel giro di poche ore il frutto di anni di sacrifici.
    Dibattendosi in tali affannose considerazioni, l’aristocratico inglese esita ad avvisare il futuro genero dell’incresciosa e preoccupante evasione della sua promessa sposa.
    Nessuna ragazza di buon senso e di buona creanza, trovandosi nella sua confortevole posizione, avrebbe mai concepito un’idea tanto strampalata e pericolosa quale fuggire da un riparo sicuro che avrebbe potuto proteggerla da ogni male per gettarsi nella stessa mischia di ladri e assassini.
    E con quale irragionevole pretesto, poi? Salvare quel fabbro di umili e incerte origini, per il quale ha chiaramente e insensatamente una sciocca simpatia.
    Ad immaginare ciò che le sarebbe potuto accadere o che forse le è già accaduto, sente le vene congelarsi per l’orrore e nello stesso tempo vuole scartare con tutte le sue forze la dolorosa probabilità di averla perduta per sempre in simili biasimevoli circostanze.
    Con il cuore in gola muove qualche passo tremebondo verso il comandante della nave, il quale, da parte sua, è ancora troppo preso dal godersi la vittoria e l’esultanza dei suoi, per essersi accorto di quell’allontanamento.
    Infine, quando rimane da solo, erto orgogliosamente sul cassero, riesce a trovare il coraggio sufficiente per approcciarlo: «Commodoro, dovrei parlarvi, se posso».
    «Certamente, Governatore Swann», risponde sereno quello, incrociando le braccia dietro la schiena, corrugandosi appena nel percepire uno strano tremore nelle parole del nobile.
    Swann farfuglia in un sospiro addolorato: «Si tratta di mia figlia».
    «Ho predisposto di farla alloggiare nella mia cabina, affinché fosse al sicuro», replica l’ufficiale, non capendo perché mai l’uomo che gli sta davanti abbia un’espressione così angosciata, cominciando a sentirsi pervadere anche lui da una sfuggente inquietudine.
    Prima che possa domandargli maggiori delucidazioni sul motivo della sua ambascia, viene distratto dal vociare impellente del tenente Gilette che, sportosi sul parapetto di tribordo, annuncia: «Commodoro! Si avvicina una lancia!»
    «Saranno gli ultimi reduci che si arrendono alfine umilmente alla gloriosa Marina di Sua Maestà», constata soddisfatto Norrington, suscitando risa di approvazione.
    Ma la sua alterigia viene scalfita non appena può distinguere attraverso le lenti del suo cannocchiale chi siano gli occupanti di quell’imbarcazione di fortuna.




    Indice dei capitoli

    I – Non tutti i tesori sono d’oro e d’argento
    II - Poca corda e caduta sorda
    III – Non ci sono eroi fra i ladri
    IV – La leva giusta
    V – Quello che un uomo può

    Edited by Fanny Solomon - 19/2/2024, 17:41
     
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    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

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    Al momento ho già altre storie da leggere... ma ammetto che, da grande fan dei Pirati quale sono, non ho resistito e ho deciso di cominciare questa *^^* E sono davvero contenta di averlo fatto!
    Leggerti è una gioia, credimi. Penso di aver trovato uno spirito affine in te, se capisci cosa intendo: si vede che hai a cuore la caratterizzazione dei personaggi, i loro sentimenti e legami, gli eventi narrati nella storia originale. Quello che ci distingue è lo stile, perché il tuo è molto più elegante ed elaborato rispetto al mio ;) Anche se non risulta pesante o troppo difficile da leggere - e per questo ti faccio i migliori complimenti, poiché è facile cadere nell'incomprensibilità e nella pomposità eccessiva quando si alza il registro linguistico, invece tu eviti abilmente questa cosa :b:

    Ho adorato tutti i tuoi "ritratti" dei personaggi: Jack, Norrington, il Governatore Swann... e naturalmente Will ed Elizabeth, i miei beniamini! È fantastico il modo in cui li rappresenti, teneramente innamorati ma al tempo stesso passionali (alla faccia di chi sostiene che il loro amore non sia abbastanza "fisico"... Invece, guardando la trilogia con attenzione, risulta così chiaro che oltre ad amarsi si desiderano!) 3_3
    Mi permetto di riportare i passaggi che mi sono piaciuti di più:

    CITAZIONE
    È un sentimento travolgente, insopprimibile, totalizzante, che in quei pochi nuovi momenti che ha potuto trascorrere al suo fianco, scoprendo in lei un’anima gemella dal temperamento forte e combattivo, si è, se possibile, addirittura rafforzato, come brace rimasta sopita sotto la cenere cui mancava solo una scintilla per accendersi con tutta la sua potenza.
    La loro intesa è qualcosa d’innegabile, a tal punto che la prospettiva di doversi separare di nuovo da lei gli sembra un’ingiustizia, equiparabile solo a un supplizio dei peggiori.

    <3 <3

    CITAZIONE
    Gli basterebbe sottrarre una sola manciata di quella fortuna per permettersi una nuova casa, magari una bottega tutta sua, o addirittura una piccola imbarcazione con cui darsi codardamente alla fuga.
    Lui però non è fatto così.
    Rinsavisce da quelle farneticazioni quando la vede, ferma e ritta sotto un fascio di luce lunare. Aggraziata, ardimentosa. Bellissima.
    Trattiene il fiato. Al suo confronto anche il più splendente dei diamanti impallidisce.

    Questo è il nostro Will, non c'è dubbio *_* E poi Elizabeth...

    CITAZIONE
    Non una semplice attrazione. È sicura che si tratti di amore.
    Il coraggio e l’abnegazione impetuosi con cui il suo amico d’infanzia si è lanciato a salvarla, il loro incredibile affiatamento nel combattere, capendosi immediatamente con un rapido scambio di sguardi, la disperazione che l’ha pervasa credendolo disperso, il desiderio fortissimo di essere toccata dalle sue mani ruvide e premurose, hanno accresciuto ulteriormente quella convinzione.
    Sono fatti l’uno per l’altra, quello che c’è tra loro è qualcosa di unico, ineguagliabile.

    Che dire, non avrei saputo esprimere il concetto con parole più adatte!

    CITAZIONE
    Si sorridono, emozionati, turbati, consapevoli di ciò che li unisce e che nessuna legge umana o divina, nessun impedimento naturale o sovrannaturale, nessuna persona viva o non morta potrà mai più spezzare.

    Niente, di questo passo citerò l'intera fanfic :XD: Ti rinnovo i miei complimenti e spero che ti guadagnerai altri lettori, perché lo meriti davvero!
     
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    Ciao Elizabeth Swann quanti complimenti, ti ringrazio :]

    Mi fa tanto piacere che hai deciso di dedicare del tempo alla lettura di questa storia, dandole precedenza rispetto ad altre che avevi già in programma e soprattutto che ti sia stata gradita e ne hai apprezzato sia il contenuto che la forma.

    Nonostante ormai dopo tanti anni mi sembra di conoscere i personaggi quasi come fossero miei conoscenti per l'appunto, il dubbio di sfociare nell'OOC di tanto in tanto c'è sempre, specialmente quando mi avventuro con i toni più romantici: ho sempre la sensazione di risultare banale o non troppo IC, perciò mi consola sapere che invece tra le tue parti preferite ci sono state proprio le descrizioni dei sentimenti di Will ed Elizabeth. Ammetto che trovo alcune volte più difficile descrivere lei, mentre mi sento più a mio agio con i personaggi maschili!

    E soprattutto ad esplorare la psiche contorta di Jack Sparrow, con cui mi diverto sempre molto (e le sue contraddizioni avranno modo di emergere ancora nei prossimi capitoli ;) )

    Per quanto riguarda lo stile, se così lo si può definire, l'ho sviluppato meglio col tempo, agli inizi la mia scrittura era davvero molto semplice, anche se ho sempre cercato di usare al meglio la meravigliosa lingua italiana con tutta la sua ricchezza di vocaboli.
    Il mio timore a volte è proprio di risultare poco fruibile, perciò anche in questo caso il tuo giudizio mi rassicura.

    Conto di riuscire a pubblicare un aggiornamento per questo fine settimana, a presto e grazie ancora :)
     
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    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

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    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 6/9/2022, 17:59) 
    Ciao Elizabeth Swann quanti complimenti, ti ringrazio :]

    Figurati, ho detto quello che penso ^_^

    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 6/9/2022, 17:59) 
    Nonostante ormai dopo tanti anni mi sembra di conoscere i personaggi quasi come fossero miei conoscenti per l'appunto, il dubbio di sfociare nell'OOC di tanto in tanto c'è sempre, specialmente quando mi avventuro con i toni più romantici: ho sempre la sensazione di risultare banale o non troppo IC, perciò mi consola sapere che invece tra le tue parti preferite ci sono state proprio le descrizioni dei sentimenti di Will ed Elizabeth.

    Ti capisco, sebbene io scriva soprattutto su loro due! Anche perché, a differenza tua, sono meno versata nelle fanfiction su "Pirati dei Caraibi", dato che mi ci sono immersa solo da un paio d'anni :lol:

    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 6/9/2022, 17:59) 
    Ammetto che trovo alcune volte più difficile descrivere lei, mentre mi sento più a mio agio con i personaggi maschili!

    Io, invece, sono più a mio agio con quelli femminili :) Però con Elizabeth ho un po' faticato all'inizio: ha un carattere diverso dal mio e non ero sicura di potermi immedesimare in lei al cento per cento, lo confesso!

    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 6/9/2022, 17:59) 
    E soprattutto ad esplorare la psiche contorta di Jack Sparrow, con cui mi diverto sempre molto (e le sue contraddizioni avranno modo di emergere ancora nei prossimi capitoli ;) )

    Fantastico, non vedo l'ora!


    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 6/9/2022, 17:59) 
    Per quanto riguarda lo stile, se così lo si può definire, l'ho sviluppato meglio col tempo, agli inizi la mia scrittura era davvero molto semplice, anche se ho sempre cercato di usare al meglio la meravigliosa lingua italiana con tutta la sua ricchezza di vocaboli.
    Il mio timore a volte è proprio di risultare poco fruibile, perciò anche in questo caso il tuo giudizio mi rassicura.

    Conto di riuscire a pubblicare un aggiornamento per questo fine settimana, a presto e grazie ancora :)

    È vero, abbiamo una lingua meravigliosa... Dovremmo tutti imparare a rispettarla di più!
    Aspetterò il tuo prossimo capitolo, a presto :*:
     
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    II – Poca corda e caduta sorda

    Nel mezzo della notte il sinistro lampeggiare di quel centinaio di cannoni ancora carichi di cui si compone la poderosa batteria detenuta dalla HMS Dauntless, dispiegati simmetricamente su ciascuna delle sue fiancate, incute una legittima soggezione.
    È comprensibile che ad ogni sua apparizione tra le onde del mare aperto o all’imbocco di qualche baia anche i pirati più sprezzanti e incalliti desistano dal combattere più di quanto non imponga loro una degna ostentazione di furfanteria.
    E dinanzi a quella spropositata potenza di fuoco, seppur riluttanti, anche loro hanno dovuto arrendersi.
    Will ferma i remi, accostandosi allo scafo panciuto e bicolore dell’imponente nave ammiraglia della flotta inglese, dal cui ponte giunge un vociare frenetico e confuso.
    Ingoiando il dissapore che gli si è annodato in gola, rivolge all’amata Elizabeth un lungo e intenso sguardo che equivale ad un tacito addio, mentre si accinge a salire per prima sulla scaletta di corda che viene loro calata dall’alto.
    Lei è salva, sarà al sicuro, solo questo importa, si persuade, preparandosi mestamente a subire la deplorevole sorte che si è cercata, finendo per entrare in combutta con uno scalcagnato fuggitivo dalla giustizia.
    «È notevole da ogni prospettiva!», ammicca con un velo di lascivia Jack, torcendo il collo a sbirciare le gambe e il fondoschiena di Miss Swann, accentuati da quei candidi calzoni maschili che la fasciano in maniera decisamente sensuale mentre si arrampica.
    Will si vergogna di condividere per un attimo quell’apprezzamento, poi, avvinto da un morso di gelosia, acuito anche dal ricordo che lui ed Elizabeth abbiano trascorso del tempo insieme da soli, imprime uno strattone alla barcaccia, costringendo Sparrow a reggersi per non caracollare ed essere sbalzato in acqua.
    Nonostante il brusco beccheggio, il filibustiere si rialza con un rapido slancio, barcollando e biascicando qualche protesta e, dopo aver cercato ancora invano di avvistare in quel mare fosco un qualunque segno della presenza del suo adorato vascello, si risolve arrendevolmente ad aggrapparsi anche lui alla biscaglina, con una strenua convinzione: in fin dei conti è pur sempre Capitan Jack Sparrow, ha una brillante nomea da difendere e possibilmente troverà qualche modo per svignarsela.
    I piedi del giovane fabbro sono ben più ricalcitranti a posarsi sui pioli di corda, sapendo di non possedere la stessa faccia di bronzo del suo impenitente compare di malefatte nell’affrontare l’ondata di biasimo che lo investirà.

    «Elizabeth! Stai bene, grazie al cielo!», il Governatore Swann trattiene subito la figlia in un caloroso abbraccio, temendo che racconti al suo promesso sposo ciò che ha combinato. «Come ti è venuto in mente di scappare? Si può sapere che cosa avevi intenzione di fare da sola contro quei malviventi?», la riprende poi sottovoce, sperando di non essere udito dagli altri.
    Elizabeth non sa ancora da dove cominciare a spiegarsi, ma è sicura che gli confesserà tutta la verità: che è fuggita per aiutare Will, perché temeva che quei farabutti lo avrebbero brutalmente ucciso e non poteva permettere che ciò accadesse, perché se ne sente responsabile. E perché lo ama, lo ama dal primo giorno in cui l’ha conosciuto e gli ha promesso che avrebbe sempre vegliato su di lui. Non riesce a pronunciare nulla di quello che si è ripromessa, che il Commodoro torna ad appropriarsi dell’attenzione di tutti quando gli altri due superstiti fanno timidamente capolino dal parapetto.
    «Non rimproverate vostra figlia, Governatore Swann. Qualunque fossero le sue intenzioni, ci è stata molto utile. Guardate chi abbiamo qui: i signori Sparrow e Turner. L’evaso e il suo complice. Vi credevamo morti», dichiara borioso, facendo ridacchiare sprezzantemente tutto l’equipaggio.
    «Anche noi», risponde piccato Jack, volgendogli uno sguardo inutilmente minaccioso.
    «Molto bene, tanto lo sarete presto», chiosa Norrington, come se quell’osservazione astiosa non lo abbia neppure sfiorato.
    Will avverte un leggero brivido lungo la schiena. C’è un che di sadico nel suo altezzoso modo di squadrarlo, lo fa sentire inetto e inferiore.
    «Portateli nelle prigioni insieme agli altri fuorilegge che abbiamo rastrellato», dispone spicciamente l’ufficiale, apprestandosi a girare sui tacchi ma venendo sviato da uno sfavillante luccichio. «Aspettate! Solo un momento», fa dietro front prima che i soldati si avventino sui due rei, e, avvicinatosi a Sparrow, appunta un cipiglio interrogativo sul grande assortimento di oggetti preziosi con cui questi è agghindato.
    «Oh, chiedo venia, quasi dimenticavo!», esclama il pirata assumendo un’espressione svampita mentre accenna un piccolo inchino, «Questi sono i miei umili doni per le vostre fortunate nozze con l’adorabile Miss Swann», lo schernisce irriguardoso, sfilandosi prima la corona e poi uno per uno tutti i monili di cui si è bardato, lasciandoli cadere con gran clangore e dispetto sulle assi. «Felicitazioni!»
    Will, che non ha aperto bocca né protestato mentre veniva disarmato e ammanettato, si ritrova a sorridere per l’irriverenza con cui quel tipo male in arnese riesce ad abbindolare i suoi nemici, fingendo di tenerli in gran conto per poi sbeffeggiarli senza pietà. Se poi oggetto del suo scherno è quell’antipatico di Norrington, lo sberleffo, per quanto oltraggioso, lo diverte ancora di più. Ma prova uno stringente senso di colpa incrociando gli occhi tristi di Elizabeth che a quell’augurio fasullo si defila intristita sottocoperta.
    Non ha tempo né modo per rimediare a quell’involontaria indelicatezza che viene subito afferrato e trascinato dalle mani sgarbate dei soldati attraverso un boccaporto, fino alle viscere della nave, insieme a Jack, ritrovandosi in breve sospinto e relegato dentro una cella spoglia e buia.
    Al loro arrivo un fuoco incrociato di insulti, bestemmie e versacci si è levato tra gli altri prigionieri che li hanno riconosciuti.
    «Jack Sparrow?! Brutto bastardo imbroglione! È incredibile che tu l’abbia scampata anche questa volta!»
    «E c’è pure il piantagrane figlio di quello sporco traditore di Sputafuoco Bill!»
    I due complici, troppo abbattuti per ribattere a quell’acceso coro di imprecazioni, si lasciano graffiare le orecchie dal loro ostile rumoreggiare.
    «Godetevi questo bel viaggetto, perché sarà l’ultimo che farete», li deride Gilette, inserendo una doppia mandata all’efficiente serratura di recente fattura.
    «Queste celle non le hai costruite tu, vero?», domanda ironicamente il pirata con la bandana rossa, tentando di ritagliarsi un po’ di spazio sul sudicio pavimento.
    «No!», afferma sconsolato il fabbro, battendo un pugno contro la cerniera metallica, per poi acquattarsi in un angolo.
    Quando la porta d’accesso al locale sottomesso viene sbarrata, il barlume delle lampade recate dal drappello svanisce insieme al rumore cadenzato dei loro tacchi, mentre risalgono ai ponti superiori, lasciandoli in balia della penombra e dello scricchiolio del fasciame e dei suoi tarli. Anche le invettive degli altri carcerati, per lo più sfiniti, feriti o arresi a quell’inutile protestare sulla loro sventura, vanno scemando.
    Un lieve refolo d’aria salmastra s’infiltra tra le finestrelle che sostituiscono dei veri oblò, il bagliore della luna ormai alta non arriva a rischiarare ogni angolo angusto fin laggiù, rendendo difficile distinguere quanti siano i prigionieri, di cui aleggiano però i sospiri afflitti e irritati, che trasudano angoscia e rabbia.
    «Rallegriamoci! Siamo in buona compagnia», farfuglia d’un tratto Jack, smorzando la tensione palpabile che si è creata dall’istante in cui l’eco delle chiavi si è estinta. «Come vi chiamate, belle donzelle?»
    Solo allora Will, abituatosi alla fioca luce dominante, nota che ci sono altre due persone con loro e che evidentemente non sono affatto delle fanciulle, sebbene, per qualche bizzarra ragione, ne indossino le vesti.
    «Piantala, Sparrow! È stata tutta colpa tua!», sbraita indignato Pintel, stropicciandosi quella ridicola sottogonna con cui è rimasto abbigliato e svelando di essere uno degli inquilini di quella fetida gattabuia.
    «Hai visto? È come ti ho detto io: Capitan Barbossa è riuscito a fuggire con la Perla!», afferma convinto Ragetti, giochicchiando con il merletto della raffinata manica di pizzo.
    «E come avrebbe fatto, con tutto questo schieramento di forze?», continua a non credergli il compare, lisciandosi il cranio spelacchiato.
    «Possiamo chiederlo a loro due. Sono gli ultimi ad averlo visto probabilmente …», abbozza zelante il pirata dall’occhio di legno, con l’intento di invogliare il collega a porre lui la domanda in sua vece.
    «Capitan Barbossa è rimasto indietro. Rassegnatevi», li zittisce seccamente Jack, sistemandosi in un punto più lontano, tanto quanto lo consente la limitatezza di quell’ambiente in cui già si sta sentendo soffocare, incrociando le gambe e poggiando la schiena alla fradicia paratia.
    «Hai visto? È andata come avevo detto io», è la risposta di Pintel, impregnata di arrogante saccenteria.
    Ragetti schiocca la lingua: «Veramente ero stato io a pensarlo per primo e comunque non è vero. Perché se Capitan Barbossa fosse rimasto indietro, loro sarebbero scappati e invece è successo il contrario».
    «Non ho capito», obietta confuso il tozzo bucaniere, grattandosi la pancia pelosa strizzata in quel corsetto che non è neppure riuscito ad abbottonare appropriatamente.
    «Te lo spiego di nuovo …» sospira pazientemente il biondino, scostandosi un ciuffo dalla fronte impiastricciata di sudore.
    Un colpo tirato vigorosamente contro le barre li fa sobbalzare: «Barbossa è morto!», li spiazza Will, oramai intollerante alle loro vuote chiacchiere che stanno suscitando malumori anche negli altri vicini di cella, già alle prese con il fastidio di ferite sanguinolente e di un’infausta calura.
    «E tanto non sarebbe mai venuto a salvarvi!», aggiunge un altrettanto spazientito Jack, detestando dover ricordare la fine ingloriosa del suo acerrimo nemico.
    I due compari di lungo corso seguitano a parlottare e bisticciare tra loro sottovoce, pigiandosi in un cantuccio opposto ai due nuovi arrivati.
    «Ci impiccheranno?», passato qualche minuto s’interroga Will, a metà tra la rassegnazione e l’incredulità.
    «È probabile», risponde serafico e smaliziato Sparrow, strappandosi un brandello della logora camicia e adoperandosi a fasciarsi il taglio sul palmo sinistro, aiutandosi coi denti. «Almeno io non rimpiango nulla. La mia vita bene o male l’ho vissuta. Mi sono tolto ben più di qualche sfizio», continua in un improvviso assalto di malinconia che gli vela gli occhi vivaci e profondi, adombrando anche il suo sorriso mascalzone. «Tu, invece, non sei nemmeno riuscito a confessarle quello che provi. O a corteggiarla come si dovrebbe. Se solo me lo avessi chiesto …».
    Il ragazzo reagisce stizzosamente, la voce calma gli s’inasprisce in uno scatto di esasperazione: «A quale scopo? Sta per sposare un valoroso e rispettabile ufficiale della marina britannica. L’uomo giusto per lei», sostiene senza credere troppo alle proprie parole, accasciandosi. Fa male ammetterlo, ma dopotutto sa quanto ciò sia vero.
    Il Commodoro James Norrington è un ufficiale pluridecorato, vanta l’appartenenza ad una buona famiglia, è un perfetto gentiluomo, integerrimo e affidabile, può assicurare ad Elizabeth un avvenire sicuro e tranquillo, agiato.
    Lui invece è soltanto un modesto garzone di bottega, figlio di un padre disonesto, uno sconsiderato che ha trasgredito la legge; non ha mai avuto nulla di solido da offrirle, men che meno adesso che è diventato anche lui un fuorilegge.
    Nulla, eccetto tutto se stesso, riflette sfiduciato, mentre tira via un pezzo di manica della casacca, ormai sporca e consunta, per tentare anche lui di ricavarne una fasciatura.
    «Or dunque, mi hai coinvolto in questo guazzabuglio per poi arrenderti al primo intoppo?», lo rimbrotta il pirata col bistro, rimarcando la delusione nel suo timbro pungente screziato da amara ironia, «Questo mi lascia pensare che la tua aspirazione non fosse conquistare il cuore della dama, ma il mio … Per diventare un pirata, s’intende!», puntualizza canzonatorio.
    Will sbuffa, ma non ha voglia di replicare alla sua impertinente provocazione, e così nella cella torna a regnare un cupo silenzio.
    Ma dura solo pochi minuti.
    «Speriamo usino delle corde di lunghezza adeguata», esordisce improvvisamente Ragetti, attirandosi gli sguardi insofferenti dei compagni di prigionia. «Perché ho sentito certe storie di uomini rimasti appesi per il collo anche svariate ore prima di crepare lentamente strangolati …», aggiunge in un singulto intimorito, facendo sconcertare quelli ancora svegli che lo odono.
    «In ogni caso io avrò il privilegio di essere il primo. La mia lista di colpe è assai più lunga della vostra», proferisce Sparrow, con un fatalismo intinto da una punta di orgoglio, accarezzandosi la rondine tatuata sull’avambraccio destro, poco sopra l’infamante “P” marchiata a fuoco sulla pelle abbronzata.
    «Avrei preferito una morte da pirata», singhiozza ancora il biondino con l’occhio di legno, «Una pugnalata, un colpo di schioppo, una sciabolata!».
    «Beh, pazienza, vecchio mio», lo conforta Pintel, poggiandogli una pacca sulla spalla «Credo che sarà comunque meglio di morire annegati».
    «Confermo», si frappone al loro macabro scambio di vedute Jack, alterando i lineamenti in un’espressione spiritata e inorridita.
    Nella penombra, dal suo angolo in disparte, Turner li guarda di sottecchi e non può fare a meno di considerare quanto, con le manette ai polsi e la consapevolezza di non essere più invincibili, quei furfanti abbiano perso tutta la loro beffarda spavalderia.
    Squittiscono come topi in trappola.
    Sparrow fa scampanellare i pendagli intrecciati nella sua incolta massa di capelli unti di salsedine: «La massima aspirazione per ogni buon pirata che si rispetti è morire in mare», asserisce con fare da esperto, smentendo la sua proverbiale vigliaccheria. «Non nego che rimandare la mia precoce dipartita sarebbe di mio gradimento, ma se proprio potessi scegliere, vorrei essere impiccato sul molo di Londra. Sapete quanta gente si radunerebbe per presenziare allo spettacolo dei miei rantoli mortali?», ammicca con divertita insolenza, sfoggiando la chiostra di denti dorati.
    È sempre stato avvezzo a vivere di espedienti e a scansare mille pericoli. La sua fine se l’è sempre immaginata teatrale, eroica, memorabile. Finire per esalare il suo ultimo respiro su un patibolo allestito in un posto così piccolo, per quanto insignito dalla fama di “città più ricca e malfamata al mondo”, non è mai stato nei suoi piani. Gli pare piuttosto indegno per uno con la sua lunga e considerevolmente scellerata carriera.
    I compagni di prigionia scorgendo sul suo volto la sfumatura di un sogghigno impunito si scambiano un’occhiata basita, chiedendosi come faccia quel briccone impenitente a non prendere sul serio neanche la morte.
    Will invece ritiene di comprendere il suo atteggiamento dissacratorio. L’apparente disinvoltura con cui discorre di quell’argomento forse è solo un modo come un altro di esorcizzare il profondo terrore per ciò che lo aspetta, qualcosa su cui non ha potere.
    Quando era bambino e viveva in un povero villaggio di pescatori poco fuori Glasgow, gli è capitato di assistere alle esecuzioni di qualche criminale di bassa lega giustiziato sulle rive del fiume Clyde. Non ne serba un ricordo piacevole; le espressioni deformate dallo spasimo dei condannati, lasciati appesi per settimane sulle forche a decomporsi, con mani e piedi legati, hanno popolato per parecchie notti i suoi peggiori incubi.
    «E tu, ragazzo? Come avresti voluto morire?», lo interpella Ragetti, il più chiacchierone e impiccione della strana accoppiata.
    Il giovane fabbro esita qualche secondo nel rispondere. Prima di quella concitata settimana la sua vita per tanti anni è fluita placida e tranquilla; poi, nel giro di pochi dì, è stato trascinato in un turbine di situazioni potenzialmente letali, correndo il rischio di finire infilzato, sparato, annegato, sgozzato. E probabilmente adesso finirà impiccato.
    Un sorriso mesto gli stira le labbra asciutte: «Da uomo libero».


    Intanto sopra coperta le operazioni di ripulitura del ponte si sono già concluse e, salpate tutte le ancore, ogni marinaio ha ripreso la propria mansione.
    Il mare è calmo, ma una tiepida brezza soffia costante e favorisce la navigazione, facendo ben sperare in un viaggio rapido e senza impedimenti.
    Elizabeth, approfittando del momentaneo disinteresse generale nei suoi confronti, si è chiusa nell’ampio alloggio prestatole dal Commodoro. La sua mente insonne ed eccitata non smette di ripercorrere gli avvenimenti di quegli incredibili giorni.
    La paura provata al cospetto di quei pirati dalle sembianze di scheletri adesso la fa vergognare: ha reagito come una sciocca ragazzina fifona, ma poi ha anche saputo mettersi alla prova, sfoderando una prontezza di spirito che non immaginava di possedere.
    D’altronde la comoda e oziosa vita di giovane aristocratica non le ha mai permesso di misurarsi con situazioni particolarmente difficili: il massimo sforzo è stato eseguire bene un inchino o ricordarsi nomi, titoli e rango degli ospiti che incontrava ai vari tediosi ricevimenti cui era invitata per evitare brutte figure.
    Non le è a mai parsa vita vera, quella: è stato come vivere in una gabbia dorata, in cui tutto è fondato sull’apparenza. Al contrario sul mare sono soltanto le doti di ciascuno a rendersi necessarie per la sopravvivenza. E lei conserverà per sempre il ricordo di quei momenti, ora che è dolorosamente consapevole che non si ripeteranno.
    Il destino le ha fatto sperare di poter cambiare rotta, ma poi l’ha riportata al molo di partenza. Non senza conseguenze: Will ora potrebbe rischiare il capestro a causa sua.
    Come le è venuto in mente di usare il suo cognome? Perché non fa altro che pensare a lui, indubbiamente, ma anche perché era curiosa di scoprire quale fosse il significato di quel misterioso medaglione che gli aveva sottratto anni addietro.
    Se davvero diventerà la signora Norrington, vuole che almeno il suo amore d’infanzia si salvi da quella morte orribile e indegna. Lo difenderà ad oltranza, farà tutto ciò che è in suo potere per perorare la sua causa, purché venga risparmiato da una simile condanna.
    E in quanto a lei … Forse si rassegnerà, si accontenterà di ciò che ha, diventerà una buona moglie, quieta, composta, accomodante, così come richiede la società e il suo ceto.
    Potrebbe riuscirci, se lui si trasferisse a vivere altrove, più lontano possibile dalla probabilità di imbattersi l’uno nell’altra; le basterebbe saperlo al sicuro, sereno e appagato.
    O forse, prima o poi, vivere nella falsità la annienterebbe e farebbe l’impossibile pur di ritrovarlo.
    Nel caso in cui Will invece decidesse di restare a Port Royal … forse non riuscirebbe a resistere alla tentazione, s’incontrerebbero clandestinamente, comprometterebbe la sua rispettabilità, e, dovendo mentire costantemente a se stessa e alle persone più vicine, diventerebbe una moglie insoddisfatta, inquieta, infedele, la sua salute mentale cederebbe, e finirebbe come una di quelle eroine tragiche della letteratura che ha tanto compatito.
    Le sembra di avere un cappio che le stringe sempre più forte la gola, ha le tempie che pulsano, gli occhi bruciano, sale amaro le impasta la bocca. Elizabeth si alza dalla scomoda branda, stizzita da se stessa. Non è mai stata una ragazzina dal pianto facile, ha versato pochissime lacrime perfino dopo la prematura scomparsa di sua madre, non sopporta di sentirsi tanto fragile e inerme, di apparire indifferente alla sorte avversa che li attende non appena avranno rimesso i piedi sulla terraferma.
    Deve agire, fargli sapere che lo proteggerà, difenderà il suo diritto di esistere.
    Totalmente infervorata dall’ansia di rivederlo, di chiarirsi, si slancia verso la porta, decisa a scendere nelle prigioni, non le interessa quanto possa essere sconveniente. Ma non appena avverte un timido bussare e distingue la voce un po’ preoccupata del padre richiamarla, si lascia andare ad un sospiro rassegnato, le braccia cadono inerti lungo i fianchi.
    «Sei sicura che vada tutto bene? Avrei bisogno di parlarti. Non ho neppure potuto chiederti come stai», insiste con premura il genitore, convincendola ad aprirgli.
    «Entrate, padre. Sto bene. Sono solo un po’ stanca», bisbiglia tenendo gli occhi bassi, per timore che lui possa notarne il rossore.
    «Sono riuscito a recuperare del thè», la sorprende piacevolmente l’uomo imparruccato, porgendole una sobria tazzina fumante, «Sfortunatamente sono sprovvisti di latte e zucchero».
    «Non fa nulla. Grazie», Elizabeth accetta volentieri l’offerta, inspirando l’aroma speziato del liquido brunastro, bagnandosi appena le labbra mentre si siede sul bordo del lettino.
    Il Governatore Swann si guarda attorno per qualche secondo, scegliendo infine una seggiola dalla federa di velluto su cui potersi ugualmente accomodare: «Confesso di non aver ancora ben capito cosa sia realmente accaduto …», balbetta sorseggiando a sua volta, visibilmente a disagio nel riuscire a trovare le parole più sensate. «Quei pirati non erano, non sembravano … Voglio dire, erano …».
    «Erano maledetti», asserisce la ragazza, intuendo dal suo muto interrogarla smarrito di essere stata troppo diretta.
    «Lo sospettavo», mormora Swann, le pupille dilatate dallo sgomento e lo stomaco sferzato da una fitta nel ricordare il suo impacciato tentativo di respingere gli orripilanti assalitori che erano penetrati sin dentro la cabina in cui aveva cercato invano rifugio durante il caos della battaglia.
    Così Elizabeth gli narra la leggenda dell’oro maledetto di Cortés, gli riferisce per sommi capi cosa ha passato da quando è stata rapita, trascurando di soffermarsi espressamente sui momenti in cui ha rischiato in maggior misura la sua incolumità e il suo onore, tenta di spiegare con più calma e razionalità possibile quello che anche per lei è ancora arduo considerare come reale. Tutte le sue più ferme certezze sono state cancellate, ciò che di contro credeva fossero soltanto innocue storie di fantasia, intrise di superstizione popolare, sono state confermate come assolutamente vere dalla strabiliante esperienza che ha vissuto in prima persona.
    Suo padre si limita ad accompagnare il suo racconto con qualche esclamazione timorata e sbigottita e con qualche commento distratto, cambiando continuamente posizione sulla seduta, quasi il cuscino fosse imbottito di spilli. E lei lo conosce sin troppo bene per non sospettare che ci siano altri pensieri a turbarlo, ora che si è rassicurato sulla sua integrità.
    «Avrei anche qualcos’altro da dirvi. Ma prima cominciate voi», lo esorta conciliante, trattenendosi dall’intraprendere la conversazione che le preme di più affrontare con lui.
    «Ecco, poco fa a cena, la cena di cui tu hai declinato l’invito» sottolinea contrariato, «il Commodoro Norrington mi ha confidato che intende dare inizio ai preparativi per le nozze non appena avrà sistemato la faccenda dei pirati a Port Royal», la informa frettolosamente, come si fosse tolto un peso dalla coscienza.
    La ragazza non può fare a meno di aggrottare la fronte in segno di disappunto: «E voi cosa gli avete risposto?»
    Gli occhi del Governatore Swann brillano di compiacimento: «Vedi, Norrington mi ha confessato di possedere già una dimora più che dignitosa cui andrebbero apportate solo poche modifiche per renderla consona ai bisogni di una giovane coppia di sposi, al che io gli ho fatto presente che per quanto concerne questi dettagli dovrebbe discutere e accordarsi direttamente con te», si esprime con più discrezione possibile, non nascondendo però l’intima speranza che lei mantenga fede alla promessa informale pronunciata solo un giorno fa.
    La giovane figlia gli tende una mano: «Grazie, padre», sussurra con un amarognolo nodo alla gola, abbracciandolo.
    «Ad ogni buon conto. Tu cos’è che volevi dirmi», la riscuote lui, scostandola da sé e scrutandola impensierito.
    «Si tratta di Will Turner …», Elizabeth esita, mordendosi una guancia, mentre l’afflizione e un senso di fallimento le solleticano le ciglia. Sarebbe il momento più adatto per confessargli che invero non ha alcuna intenzione di unirsi in matrimonio con quell’uomo freddo, inappuntabile e impettito, che la sua vita con lui sarebbe insignificante, vuota e indiscutibilmente infelice. Tuttavia non vuole scontentarlo, è stata troppo spesso una bambina disubbidiente, mettendo a dura prova la sua pazienza e la sua bontà; ormai è una donna, deve rimediare ai suoi errori, dire addio ai capricci e alle trasgressioni, deve farsi carico dei suoi doveri, se vuole continuare a dimostrargli la sua gratitudine e guadagnare la sua stima.
    Allora, assumendo un atteggiamento all’apparenza neutrale, espone con ponderatezza la sua richiesta: «Quel ragazzo ha messo volontariamente a repentaglio la sua vita per salvarmi. Lo conosco da quando eravamo bambini. Siamo cresciuti insieme, giocavamo insieme. Si è sempre comportato onestamente. Non ha niente da spartire con quei furfanti. È stato costretto ad unirsi a loro per tentare di liberarmi», si interrompe a riprendere fiato, essendosi accorta di non aver potuto evitare di palesare un coinvolgimento che trascende la volontà di affermare la sua innocenza. Si ravvia i capelli dietro le orecchie, fissando i grandi occhi da cerbiatta in quelli del genitore, che finora l’ha ascoltata cogitabondo: «Ecco, in virtù di queste ragioni, vi sarei oltremodo riconoscente se vorreste concedergli la vostra clemenza. Lo farete?»
    Weatherby Swann trae un sospiro indulgente: «Potrei mai negartelo e sapere che in cuor tuo me lo rinfacceresti per il resto dei miei giorni?», è la sua pacata risposta, che forse serba in sé la comprensione di ciò che lei non ha ancora avuto l’animo di confessargli apertamente.
    La ragazza si scioglie in un timido sorriso di ringraziamento, tornando a cercare conforto tra le sue braccia, un gesto pressoché insolito per entrambi, che sporadicamente sono stati propensi ad esternare in modo tanto tangibile il loro reciproco affetto.
    «Dopotutto lo avevi anche chiesto come dono di nozze al tuo futuro marito», soggiunge il Governatore, dandole l’impressione di stare tastando la sua sincerità.
    Ma Elizabeth non si scompone: il suo amato Will non morirà orribilmente appeso a una corda, tutto il resto passa in secondo piano.
    «Era soltanto questo ciò di cui volevi parlarmi?» la pungola per un’ultima volta Swann, un barlume enigmatico nello sguardo, cui lei annuisce con risolutezza. «Allora buona notte, cara», le bacia la fronte e così dicendo si congeda, lasciandola in compagnia dei suoi dubbi.
    È stato facile”, valuta mentalmente la ragazza, pur domandosi se suo padre le abbia creduto senza essere intaccato da troppi sospetti.
    Si spoglia della pesante giacca, delle scarpe con la fibbia e dei rozzi pantaloni di tela, tutti indumenti che non le appartengono, che però non ha avuto alcuna difficoltà a calzare. Ci si muove molto meglio con abiti semplici e rozzi come quelli, rispetto ai corsetti e alle innumerevoli sottovesti che è tenuta ad indossare quotidianamente, si ritrova a riflettere, stendendosi sulla branda.
    Per la prima volta, dentro quegli abiti impropri per una donna, si è sentita se stessa. Libera. E le è sembrato di essere capace di fare qualunque cosa, che tutto fosse possibile.
    La stessa inebriante sensazione provata vicino a Will.
    Infinite volte, nella sua fervida immaginazione, ha vagheggiato di trovarsi insieme a lui su di un vascello pirata, a battersi contro temibili corsari nemici armati fino ai denti, a lottare per non essere inghiottiti dalla furia di un oceano in tempesta, a duellare schiena contro schiena con lui, respingendo e annientando chiunque volesse far loro la pelle.
    A navigare su placide acque imporporate dal sole al tramonto o brulicanti di miriadi di luci per il riflesso delle stelle, mentre se ne sarebbero stati abbracciati stretti sotto la volta celeste, loro unico tetto e unico testimone della loro ardente passione.
    Lasciandosi cullare da quel dolce flusso di fantasie e sogni irrealizzabili, il suo corpo e la sua mente esausti scivolano gradualmente in un confortante sonno traboccante di speranze e ricordi.



    Edited by Fanny Solomon - 19/2/2024, 17:51
     
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    La storia è molto bella e la descrizione è spettacolare. Mi piace come il modo in cui viene gestita la descrizione dei sentimenti che provano i personaggi, specie perché i film non hanno il tempo necessario, né i mezzi per trasmettere pienamente ciò che provano i personaggi. Per ora ho letto solo il primo capitolo e non vedo l'ora di proseguire. Spero che continuerai a scriverne altri e che io riesca a trovare il tempo per leggere. Ti auguro buona notte
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    CITAZIONE (Nancy Cuomo @ 11/9/2022, 00:10) 
    Fanny Solomon
    La storia è molto bella e la descrizione è spettacolare. Mi piace come il modo in cui viene gestita la descrizione dei sentimenti che provano i personaggi, specie perché i film non hanno il tempo necessario, né i mezzi per trasmettere pienamente ciò che provano i personaggi. Per ora ho letto solo il primo capitolo e non vedo l'ora di proseguire. Spero che continuerai a scriverne altri e che io riesca a trovare il tempo per leggere. Ti auguro buona notte
    <3

    Nancy Cuomo Ti ringrazio moltissimo per le tue belle parole e mi fa piacere di averti intrattenuta.
    Spero che anche i prossimi capitoli ti piaceranno, a presto :)
     
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    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

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    Ottima caratterizzazione anche in questo secondo capitolo!
    Come al solito, hai davvero una buona mano con Jack... e anche Pintel e Ragetti mi sono parsi ben rappresentati! Il fatto che tu dia un po' di spazio anche ai personaggi secondari dimostra quanta cura hai messo nella lavorazione di questa fanfic :b:
    Se posso esprimere un desiderio, mi piacerebbe vedere un po' più da vicino Norrington, oltre quel suo lato più manifesto di ufficiale di Marina ambizioso. Ma ovviamente devi essere tu a decidere ^_^

    Bello e ben fatto il colloquio tra il Governatore ed Elizabeth, arricchito dalle riflessioni e dai pensieri di quest'ultima. Non ho potuto fare a meno di sorridere quando ho letto «il suo amato Will» :) E le fantasticherie descritte alla fine del capitolo le trovo molto da Elizabeth!
    Tornando a Jack, le scene con lui che ho apprezzato di più sono quella in cui fa cadere i gioielli e gli oggetti preziosi ai piedi di Norrington, quella in cui chiama Pintel e Ragetti "belle donzelle" ( :lol: ) e quella in cui stuzzica Will per non essersi dichiarato ( ;) ). Anche la parte in cui lancia occhiate lascive a Elizabeth è coerente con la caratterizzazione del personaggio.

    I dialoghi sono ben gestiti ed efficaci, quello fra i prigionieri è forse il più riuscito in assoluto. Adoro come riesci a mantenere un equilibrio fra i temi seri - l'amore, la morte - e la componente più "leggera" della storia! Ma la vera ciliegina sulla torta è stata questa:

    CITAZIONE
    «E tu, ragazzo? Come avresti voluto morire?», lo interpella Ragetti, il più chiacchierone e impiccione della strana accoppiata.
    Il giovane fabbro esita qualche secondo nel rispondere. Prima di quella concitata settimana la sua vita per tanti anni è fluita placida e tranquilla; poi, nel giro di pochi dì, è stato trascinato in un turbine di situazioni potenzialmente letali, correndo il rischio di finire infilzato, sparato, annegato, sgozzato. E probabilmente adesso finirà impiccato.
    Un sorriso mesto gli stira le labbra asciutte: «Da uomo libero».

    L'affermazione è così netta, essenziale, pronunciata senza vanteria o presunzione... così da Will, che quasi mi ha dato i brividi. E sintetizza perfettamente lo spirito della saga. Perché "Pirati dei Caraibi" è soprattutto una saga sulla libertà - e visto che Will ne può essere considerato protagonista (non assoluto, ma comunque protagonista), è stata una scelta perfetta far dire questa frase a lui. Complimenti <3
     
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    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 17/9/2022, 21:40) 
    Ottima caratterizzazione anche in questo secondo capitolo!
    Come al solito, hai davvero una buona mano con Jack... e anche Pintel e Ragetti mi sono parsi ben rappresentati! Il fatto che tu dia un po' di spazio anche ai personaggi secondari dimostra quanta cura hai messo nella lavorazione di questa fanfic :b:
    Se posso esprimere un desiderio, mi piacerebbe vedere un po' più da vicino Norrington, oltre quel suo lato più manifesto di ufficiale di Marina ambizioso. Ma ovviamente devi essere tu a decidere ^_^

    Ti ringrazio e mi fa piacere che anche in questo capitolo tu abbia apprezzato la mia versione dei personaggi :]
    In tutta sincerità, chi più chi meno, mi piacciono un po' tutti (soprattutto i pirati), per cui ho voluto dare ad ognuno il suo spazio.
    E anche Norrington tornerà, già nel prossimo capitolo ad avere un ulteriore approfondimento.

    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 17/9/2022, 21:40) 
    Bello e ben fatto il colloquio tra il Governatore ed Elizabeth, arricchito dalle riflessioni e dai pensieri di quest'ultima. Non ho potuto fare a meno di sorridere quando ho letto «il suo amato Will» :) E le fantasticherie descritte alla fine del capitolo le trovo molto da Elizabeth!

    In buona parte si può affermare che molte di quelle fantasticherie poi si sono avverate :lol:

    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 17/9/2022, 21:40) 
    Tornando a Jack, le scene con lui che ho apprezzato di più sono quella in cui fa cadere i gioielli e gli oggetti preziosi ai piedi di Norrington, quella in cui chiama Pintel e Ragetti "belle donzelle" ( :lol: ) e quella in cui stuzzica Will per non essersi dichiarato ( ;) ). Anche la parte in cui lancia occhiate lascive a Elizabeth è coerente con la caratterizzazione del personaggio.

    Adoro scrivere di quel mascalzone! Mi diverte tantissimo rendere il suo lato più beffardo e ironico, ma nel prossimo capitolo avrà anche dei momenti un po' più seri e riflessivi.

    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 17/9/2022, 21:40) 
    I dialoghi sono ben gestiti ed efficaci, quello fra i prigionieri è forse il più riuscito in assoluto. Adoro come riesci a mantenere un equilibrio fra i temi seri - l'amore, la morte - e la componente più "leggera" della storia! Ma la vera ciliegina sulla torta è stata questa:
    CITAZIONE
    «E tu, ragazzo? Come avresti voluto morire?», lo interpella Ragetti, il più chiacchierone e impiccione della strana accoppiata.
    Il giovane fabbro esita qualche secondo nel rispondere. Prima di quella concitata settimana la sua vita per tanti anni è fluita placida e tranquilla; poi, nel giro di pochi dì, è stato trascinato in un turbine di situazioni potenzialmente letali, correndo il rischio di finire infilzato, sparato, annegato, sgozzato. E probabilmente adesso finirà impiccato.
    Un sorriso mesto gli stira le labbra asciutte: «Da uomo libero».

    L'affermazione è così netta, essenziale, pronunciata senza vanteria o presunzione... così da Will, che quasi mi ha dato i brividi. E sintetizza perfettamente lo spirito della saga. Perché "Pirati dei Caraibi" è soprattutto una saga sulla libertà - e visto che Will ne può essere considerato protagonista (non assoluto, ma comunque protagonista), è stata una scelta perfetta far dire questa frase a lui. Complimenti <3

    Sono contenta che ti sia piaciuta, è anche la mia scena preferita :woot: <3
    E inoltre quella era proprio la battuta con cui anni fa avevo originariamente concluso la bozza della ff, gli ultimi due capitoli ho cominciato a stenderli questa estate e sono ancora in corso di ampliamento e revisione.

    Grazie ancora per il commento attento e puntuale, alla prossima :]
     
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    Buona domenica ^_^

    Ecco a voi il terzo capitolo, fresco di correzione.
    Spero di non deludere le vostre aspettative e di regalarvi qualche minuto di evasione.
    A presto!)

    III – Non ci sono eroi fra i ladri

    - Tutta a dritta!
    È un confuso brusio, un sommesso cigolare, un leggero sgocciolio che accompagna il risveglio dei suoi sensi annebbiati dalla coltre di un sonno inquieto, affollato da immagini spaventose e raccapriccianti. Quel suono di acqua che scorre a gocce è così vicino al suo orecchio, che Will finisce per schiudere le palpebre appiccicaticce, ritrovandosi ad un palmo dal naso un paio di brache calate su due gambe magre e pallide.
    Il giovane, ancora un po’ intontito dalla brusca ripresa di coscienza, mettendo a fuoco nel labile chiarore del mattino il resto della figura in piedi accanto a lui, si scosta d’impulso, battendo sonoramente la nuca sulla grata di ferro.
    «Ben svegliato, giovane Turner!», lo saluta sogghignante mastro Pintel, comparendo alla sua destra.
    Nel mentre Ragetti, dopo una scrollatina, si rialza i calzoni, richiude la patta e riabbassa la gonna: «Quasi non ricordavo più come si fa!», sbotta ironico, e poi, porgendogli con nonchalance il secchio in cui ha urinato, «Vuoi favorire?»
    Il ragazzo inghiotte a vuoto, temendo di essere molto vicino ad avere un conato di vomito, pur avendo lo stomaco sostanzialmente digiuno. L’odore persistente del sego delle candele ormai consunte si mescola al tanfo acre del sudore, di sangue e sporcizia, ammorbando l’aria immobile che puzza terribilmente di umidità e di rinchiuso.
    Il briccone con la pelata e i capelli arruffati gli si rivolge ancora: «Che c’è, ragazzino? Ti vergogni? Sei proprio la copia sputata di Sputafuoco Bill!», sghignazza irriverente, contagiando con la sua vena canzonatoria il compare di scorribande che ridacchia reiterando: «Sputafuoco sputato!».
    Will inspira a fondo, premendosi le dita sulle tempie pulsanti, incassando la becera battuta. Dopo la loro tetra dissertazione della sera precedente, non si aspettava che recuperassero così velocemente quella smargiassa spudoratezza.
    In lui, invece, al rammarico e al timore sta subentrando una disperata apatia.
    Non riesce ancora a capire se sentire nominare suo padre gli susciti più risentimento o delusione, avendo scoperto chi fosse realmente, da dove provenissero i suoi sparuti regali. Eppure è combattuto anche dal desiderio di sapere qualcosa di più su di lui. Gli fa uno strano effetto sentirsi ripetere da tutti che gli somiglia, se lo ricorda così poco ...
    «Non arriveremo a Port Royal prima dell’alba di domani», afferma navigato Sparrow, sbirciando il cielo livido da una stretta finestrella e aspirando avidamente l’aria salmastra, «Ti conviene approfittare, se non vuoi che ti scoppi la vescica», sbiascica caustico.
    Avvertendo effettivamente una certa pressione sul basso addome, il ragazzo dopo qualche secondo è costretto malvolentieri a dargli retta. Stiracchia gli arti anchilosati dalla posizione scomoda di quel duro giaciglio improvvisato e lentamente si rimette in piedi. L’essere ammanettato gli rende penoso espletare quel naturale atto corporeo, e ancora di più lo inibisce quella situazione di promiscuità cui non è abituato, ma che a tutti gli altri non suscita il minimo imbarazzo. Spontaneamente si domanda quante volte Bill Turner, per quella sua discutibile scelta di diventare un bucaniere, si sia ritrovato in simili frangenti degradanti, intrappolato tra squallore e sudiciume.
    «Non gettarla fuori, siamo controvento», gli raccomanda con saccenteria il pirata più smilzo, quando intuisce che ha finito, facendolo sentire nuovamente uno sprovveduto.
    Will riappoggia il lercio recipiente di legno per terra e si scosta, pulendosi alla bell’e meglio le mani sulle ginocchia. Se il suo futuro prossimo, breve o lungo che sia, sarà quello di miserabile recluso, deve imparare alla svelta a non essere troppo schizzinoso.
    Ragetti intanto riavvicina a sé il secchio, scambiandosi un sorrisetto diabolico con il compare di lungo corso.
    «Comincio ad avere una fame boia, accidenti», prorompe innervosito quest’ultimo, massaggiandosi la pancia che brontola.
    Il biondino di fronte a lui si sfrega l’occhio finto, bofonchiando: «Non penso ci daranno qualcosa da mettere sotto i denti. Oramai siamo cadaveri che respirano. Non che prima la nostra situazione fosse tanto diversa …».
    Morte. Ne parlano con tale naturalezza. Turner sospira avvilito, affacciandosi alla feritoia.
    «Beh ma, giacché non sono ancora morto, ho una dannata fame!», insiste a cercare ragione il furfante calvo e tarchiato, ottenendo riscontro dagli altri sodali imprigionati, che cominciano a vociare e protestare anch’essi, picchiando con le catene contro le sbarre.
    «Io ho voglia di sbronzarmi. Mi scolerei anche un intero barile di rum. O forse un’intera stiva di barili di rum», borbotta tra sé e sé Jack Sparrow, le iridi liquide e le labbra incurvate in sorriso bramoso al solo vagheggiare l’appagamento di un simile desiderio, che gli fa aumentare la salivazione.
    Quasi invocati dalle loro lamentele, irrompono quattro soldati, subito assaliti da coloriti improperi. Si accertano che durante la notte non ci siano stati altri decessi tra i feriti più gravi, né che qualcuno abbia tentato di forzare le serrature delle prigioni. Rassicurati sull’assenza di rischi per potersi accostare a quegli uomini scellerati capaci di tramare qualunque insidia, richiamano un quinto soldato che reca con sé un pentolone.
    Quel pietoso rancio, che è probabilmente composto dai rimasugli di quanto avanzato dalla mensa destinata ai residenti dei ponti superiori, viene distribuito riempiendo delle scodelle fatte passare appena sotto le grate di ogni cella, in numero notevolmente inferiore alle bocche da saziare, così che tra quei furfanti si scatena una gazzarra per accaparrarsi il misero pasto.
    Appena giungono davanti alla loro soglia, Will nota un furtivo scambio di occhiate tra i due ex cannonieri della Perla Nera. Con un movimento fluido il magrolino si alza, la secchia di urina tra le braccia, e adesso il suo intento gli è chiaro. Vorrebbe avvertire in qualche modo il malcapitato marinaio, ma d’un tratto accade qualcos’altro.
    Sparrow stende una gamba, per poi ripiegarla rapidamente contro il busto; guarda Will inarcando le sopracciglia, intimandogli di tacere. E lui, non sa né come né perché, lo asseconda. Quell’uomo scorretto e ambiguo esercita un insano ascendente su di lui.
    Ragetti, ignaro del suo sleale sgambetto, prevedibilmente inciampa, riversandosi addosso tutto il maleodorante contenuto. Il soldato invece si allontana, lanciandogli con negligenza le ciotole mezze piene, neanche fossero animali da foraggiare.
    «Così finalmente ti deciderai a toglierti quel vestito da donnicciola!», lo motteggia un collega della ciurma che ha assistito alla scena dalla cella opposta, scatenando il riso malevolo degli altri pirati.
    «Era grazioso come abito, però», s’imbroncia il diretto interessato, sgusciando impacciatamente fuori dal corpetto e dalla gonna color malva, che il defunto quartier mastro Bo’sun lo aveva costretto a indossare per creare un diversivo.
    «Smettila di dire così! Sei un invertito o cosa? Mi fai vergognare!», lo ammonisce irritato Pintel, spogliandosi anche lui di quel che resta dello sbrindellato abito giallo canarino.
    Mentre i due si ricompongono, risistemandosi le consuete vesti piratesche che avevano mantenuto sotto il buffo travestimento, Jack annusa circospetto la brodosa vivanda, che ha la vaga parvenza di essere una zuppa di pesce: «Mi sento magnanimo, signori. La lascio a voi», arriccia il naso schifato.
    Il giovane Turner intanto gli si accosta e, scartata anche lui quella repellente brodaglia, spostandone la ciotola, tenta di estorcergli una confessione: «Perché lo hai fatto?», indaga cauto, inclinando il mento in direzione dei due furfanti che continuano a lagnarsi dello sgradito incidente, quando il pirata finge di non capire il suo sottinteso.
    «Non mi piaceva il modo in cui sparlavano di Bill», rimastica stringato quello, deviando lo sguardo verso una minuscola apertura che mostra acque leggermente increspate.
    Nonostante la laconicità della sua risposta, Will rimane stupito di ricevere tale sincera ammissione da parte di quel tipo che sembra sempre pronto a schermirsi e a indossare una cinica maschera di menzogne; perciò s’incoraggia a chiedere ancora: «Lui com’era? »
    L’ex Capitano lo sbircia appena, scoccandogli un cipiglio serioso e infastidito, poi reclina la testa contro il tramezzo metallico, il suo accento è schietto, quasi nostalgico: «Era un tipo schivo, mansueto, impulsivo. Cocciuto come uno stramaledetto mulo. Sapeva farsi valere, quando ce n’era bisogno. Se qualcosa non gli andava a genio, non temeva di dire il fatto suo, anche cacciandosi scelleratamente nei guai … Ne abbiamo combinate a bizzeffe, ai bei tempi andati».
    Una baraonda di ricordi, alcuni graditi, altri spiacevoli, gli sfarfalla davanti agli occhi.
    Si perde per qualche istante nel ripensare ai loro rocamboleschi trascorsi insieme a caccia di mitici tesori, tra le Americhe e l’Estremo Oriente, alle audaci azioni piratesche perpetrate contro altri loschi individui di malaffare.
    «Ti aveva mai raccontato di me?», lo incalza imperterrito il ragazzo, più scettico che speranzoso, afferrandosi le ginocchia, dondolando lievemente, in una posa quasi infantile. Jack lo scruta di sbieco: ora davanti a lui c’è soltanto un bambino cresciuto troppo in fretta che si sforza di apparire forte e inscalfibile, mentre elemosina qualche briciola di conforto che sfami il suo bisogno di approvazione. Non è estraneo a tale anelito.
    D’improvviso torna in sé: «Forse. Non mi ricordo», glissa con freddezza, scrollando le spalle e incrociando le braccia dietro il collo, sollevato di riuscire ancora imperturbabilmente a mentire.
    Turner non insiste a stuzzicarlo, piuttosto si strofina un avambraccio sul viso madido, emettendo un sussurro dolente: «Stavo pensando che, ovunque fosse … potremmo averlo ucciso, spezzando la maledizione».
    Sparrow è sconcertato da quella terribile deduzione, ma non è tipo da indulgere in rimpianti: «Non pensarci. Era l’unico modo. E tanto ormai non puoi cambiare le cose».

    C’erano soltanto il timoniere e qualche mozzo intento a strigliare il ponte di coperta, quando è sgattaiolata fuori ai primi albori, sospinta dall’irresistibile bisogno di riempirsi gli occhi dello straordinario azzurro di quel mare cristallino, di sentire il vento caldo dei Caraibi scompigliarle i capelli liberi da acconciature, avvertirlo infilarsi sotto il tessuto di percalle, solleticandole deliziosamente la pelle intirizzita dal freddo della notte, come una peccaminosa e proibita carezza.
    Aveva fatto spesso quelle sortite anche durante la lunga traversata oceanica che, più di otto anni prima, su quella stessa nave, l’aveva condotta dalla nebbiosa Inghilterra all’assolata Giamaica, con gran disperazione della sua governante.
    Adesso non c’è stato nessuno a controllare le sue mosse, è riuscita a eludere facilmente la stretta sorveglianza di due piantoni e di suo padre, che pure alla fine si è arrangiato a dormire nel suo stesso alloggio, troppo grande e confortevole per non essere diviso almeno fra due occupanti. Ha voluto evitare di permettergli di intuire che ha continuato a struggersi, nel sonno e soprattutto nella veglia, e così è fuggita via. Via dalle futili farneticazioni, via dagli insostenibili sensi di colpa, via dai suoi pensieri tormentosi che tornano sempre inevitabilmente a ruotare intorno a lui.
    Elizabeth distoglie lo sguardo dalla fasciatura alla mano sinistra, tentando di scacciare la memoria del suo amorevole tocco e delle indecenti sensazioni che le ha fatto divampare dentro, quando poi le sue dita callose l’hanno sfiorata sul collo. E quando l’ha fissata con quello sguardo ardente di adorazione, manifestando tutto quello che provava per lei, anche senza la necessità di parlare ... Come avevano potuto restare impassibili, pur avvertendo quella tensione che li spingeva ad annullare le distanze? Sarebbe bastato così poco per cambiare ogni cosa.
    Espira lentamente. Ha sperato che trascorrere qualche minuto lassù potesse aiutarla ad alleggerire la testa e il cuore dal peso della responsabilità che sente gravare su di sé, avendo accettato di piegarsi a quel mortificante compromesso che cambierà per sempre il corso della sua vita. Invece perfino il tempo atmosferico sembra riflettere il suo malumore: nubi temporalesche si addensano all’orizzonte e le onde si stanno ingrossando.
    Perdendosi ad osservare le creste grigie che si infrangono sullo scafo, si domanda ancora se sarà mai capace di non desiderare più di avere al suo fianco la presenza confortante ed eccitante di Will Turner e di riuscire ad essere una buona moglie per l’irreprensibile James Norrington. Un uomo rigido e ligio al dovere come lui perché mai ha scelto di chiedere la mano ad una giovane acerba e refrattaria all’etichetta come lei? E per quale motivo aspira a sposarsi? Rischia quotidianamente la pelle, mette piede a terra per pochi giorni all’anno, è tutto preso dalla smania di far carriera e non avrebbe tempo da dedicare ad una come lei, che si sente ancora una ragazzina desiderosa di vivere fuori da costrittive mura domestiche, di esplorare il mondo in tutta la sua grandezza e varietà.
    Si sporge un po’ di più dalla ringhiera di prua, riuscendo a scorgere il leone e l’unicorno scolpiti sulla polena della Dauntless e, per qualche minuto, decide di chiudere le palpebre, lasciandosi trasportare dal suono cadenzato delle onde, restando in ascolto degli scricchiolii del legno, del fruscio delle corde e delle schioccare delle vele, fantasticando su quanto le piacerebbe udire sempre quei suoni, mattina e sera …
    «Ah, Elizabeth, eccoti qui. Stanno per servire il pranzo», la voce compassata di suo padre giunge come una secchiata d’acqua fredda, che le rammenta come il tempo per sognare si sia drasticamente esaurito. Raddrizza la postura, si riabbottona nella giubba rossa per coprire le inopportune trasparenze della camiciola e si volta verso di lui con un saluto cordiale, facendosi prendere sottobraccio e accompagnare alla cabina del Capitano.
    Il Governatore Swann affretta il passo, faticando a mantenere l’equilibrio per il beccheggio crescente. Non gli è mai piaciuto navigare, eppure, non appena gli è stata ventilata la possibilità di farlo, ha abbandonato la comoda ed elegante scrivania di noce del suo ufficio di Fort Charles e si è imbarcato senza esitazione, perché non sopportava l’angoscia di dover aspettare passivamente l’arrivo di una missiva per accertarsi che la sua unica figlia fosse stata tratta in salvo dalle grinfie dei rapitori e stesse per tornare a casa illesa.
    Le porte della sala adibita a convivio vengono aperte da due camerotti, che indicano agli Swann i posti loro destinati, affaccendandosi a finire di apparecchiare.
    Il Commodoro James Norrington e i suoi due ufficiali, i tenenti Andrew Gillette e Theodore Groves, in piedi davanti all’ampia parete vetrata di poppa, si esibiscono all’unisono in un ossequioso inchino; poi gli ultimi due, scambiando qualche altra parola con il loro superiore, prendono congedo, tornando sul ponte di comando.
    Al Governatore è riservato il posto a capotavola, mentre i novelli fidanzati sono fatti sedere uno di fronte all’altra nel lungo tavolo imbandito in maniera frugale.
    «Miss Swann», Norrington le omaggia di nuovo una galante riverenza, attendendo che sia lei la prima a sedersi. «Spero abbiate riposato bene, nonostante la mancanza delle comodità cui siete usa. Sono desolato di non aver potuto offrirvi niente di meglio del mio spartano alloggio. D’altronde una nave non è il luogo più adatto ad una signora», opina con tono severo ma affabile, afferrando le posate, potendo così evitare di contemplarla più del necessario. La sua naturale e fresca bellezza, con i lunghi capelli sciolti che le ricadono scomposti sulle spalle, è ancora più spaventosamente disarmante.
    Elizabeth non vuole essere scortese, né apparire troppo condiscendente: «Ad essere sincera, Commodoro, mi è risultato alquanto gravoso riuscire a prendere sonno, sapendo che molti uomini nelle scorse ore hanno perduto la loro vita o sono moribondi a causa mia, e che pochi metri sotto di noi ci sono uomini destinati a patire una sorte altrettanto ignobile, se non peggiore», asserisce con una sfumatura polemica, rimestando il cucchiaio nel piatto fondo senza arrivare a portarlo alla bocca.
    L’ufficiale inglese sente su di sé lo sguardo giudicante di entrambi i suoi ospiti, perciò poggia il tozzo di pane che ha spezzato con gesti misurati, puntando gli occhi sulla giovane e indocile aristocratica di cui è infatuato: «Ogni soldato nel momento stesso in cui si arruola è consapevole di dover mettere in conto un prezzo molto elevato per difendere i valori in cui crede e che ci consentono di prosperare: civiltà, ordine, legge. E per quanto concerne i pirati … Beh sono coscienti che l’immorale rotta da loro intrapresa alla fine li condurrà alla dannazione», argomenta irreprensibile e spassionato.
    La ragazza è quasi invidiosa della sua compostezza; lei invece ha sempre avuto difficoltà a non accalorarsi quando è in disaccordo: «Ritengo sia comunque eticamente discutibile, vantarci di essere civili e progrediti, e poi infliggere ancora oggi certe barbare condanne a chi sbaglia. Chi ci dà il diritto di privare un essere umano della sua facoltà di scegliere come vivere …»
    «Elizabeth!», la richiama al contegno suo padre, tamponandosi le labbra col tovagliolo, «Se sei ancora preoccupata per il tuo amico, ti ribadisco che non appena tornati a Port Royal, emanerò un provvedimento di clemenza a suo favore», la rassicura lanciandole un’occhiata supplice e ammonitoria. Con quel suo ostinato impuntarsi a difendere tali canaglie, sembra che voglia fare un affronto a lui e alla sua autorità.
    «Vi riferite al signor Turner?», si acciglia il Commodoro Norrington; più che una domanda è quasi un’affermazione. Non è cieco, negli ultimi anni, e soprattutto con il susseguirsi degli ultimi eventi, ha intuito quanto i due coetanei siano reciprocamente affezionati.
    Benché abbia ancora delle riserve su quell’orfano dal passato ignoto ripescato dopo un tragico naufragio; è diventato un bravo artigiano, puntuale, capace e serio, forse il suo garbo, il suo riserbo e il suo aitante aspetto possono risultare attraenti ad un occhio femminile, ma non gli è mai parso tanto speciale da essere degno dell’alta considerazione di una lady del suo rango. Che abbia dei talenti nascosti, di cui lui non è a conoscenza?
    Il Governatore Swann giustifica la sua magnanima decisione: «Concordo sia giusto che resti in cella per la durata del viaggio, affinché abbia modo di riflettere sulla sua disdicevole condotta, ma il signor Turner è sempre stato un ragazzo perbene, non si è mai macchiato di alcun delitto. Sono certo che avrà occasione di redimersi, in fondo è ancora molto giovane. In quanto a tutti gli altri … Buon Dio! Un trattamento eguale è fuori discussione! Sono nemici della corona e dell’umanità, devono pagare il loro conto alla giustizia», decreta irremovibile, intimando persuasivo alla figlia: «Mi auguro tu non abbia nulla da ridire su questo punto, Elizabeth».
    Lei annuisce, e, non trovando niente di più pertinente da aggiungere si limita a bisbigliare: «No, padre. Certo che no», bevendo un sorso d’acqua per deglutire lo sdegno.
    Vedendola insolitamente remissiva, James Norrington invece ci tiene a fare una puntualizzazione: «Non temete, Miss Swann. Non è nei miei piani trasformare la nostra bella isola, che ha già patito la distruzione e il lutto per mano di quei malviventi, in un cimitero a cielo aperto. La maggior parte di quei criminali saranno trasferiti in carceri oltreoceano. Basterà giustiziarne pubblicamente uno per dare l’esempio a tutti e vendicare l’onta della vile aggressione che abbiamo subito».
    Le palpebre della ragazza hanno un leggero fremito. Crede di aver intuito a chi stia sottintendendo: «Jack Sparrow?», esterna timorosa della sua stessa perspicace conclusione.
    «Esatto. Ha già mancato il suo precedente appuntamento col patibolo», assevera impietoso il Commodoro, lasciando comparire una smorfia di spregio sul volto arrossato, mentre impugna forchetta e coltello per sminuzzare il filetto di merluzzo.
    Elizabeth stringe le labbra. Aveva quasi dimenticato che anche sul bislacco avventuriero dai magnetici occhi bistrati pende una condanna capitale. Dopo aver letto tanto di lui e delle sue incredibili prodezze nelle cronache e nei gazzettini locali, conoscerlo di persona ad un primo impatto è stato emozionante, spiazzante e un po’ deludente. Astuto, egoista, manipolatore, ha compiuto atti spregevoli, li ha circuiti per i suoi scopi, eppure ci sono lati del suo carattere che hanno riscosso la sua ammirazione: è tenace, spericolato, spiritoso, a suo modo cavalleresco, e in parte ispirato da ideali di libertà e ribellione che condivide.
    Assistere alla sua esecuzione sarà come dire addio definitivamente alla spensieratezza della sua infanzia.


    Qualche ponte più giù, nelle celle di bordo, i prigionieri, spossati dalla noia, dalla debolezza e dalla limitata ventilazione, sono quasi tutti assopiti.
    Ci ha provato e riprovato ripetutamente anche lui a farsi una dormita, ma la sua brillante mente tattica lo tiene vigile, vagliando tutte le possibili azioni da mettere in atto per uscire indenne da quell’inghippo. E non è un inghippo da poco, stavolta.
    Quel Commodoro sembra un tipo piuttosto ostico e sciaguratamente fortunato: è già riuscito a catturare l’imprendibile Capitan Jack Sparrow per ben tre volte negli ultimi cinque giorni! Presupposto che lo rende un avversario temibile, da non sottovalutare. Anche perché può contare sul leale supporto di parecchi uomini, esaltati quanto lui dal senso del dovere e dall’odio per i fuorilegge conclamati come lui.
    Jack Sparrow sente come un rigurgito di bile raschiargli la gola. Sa bene che da qualche tempo ormai, più precisamente da quando si è fatto sottrarre stupidamente la Perla Nera, molti non serbano più una grande opinione di lui. Eppure non ha ancora digerito il torto infertogli dalla nuova ciurma. Già, ma chi è stato il capo degli ammutinati, questa volta?
    Gibbs non ce lo vede a commettere una simile carognata: anche se è ligio al Codice, è un uomo troppo mite e non ha mai avuto alcuna attitudine al comando; in quanto alla combriccola di derelitti da lui raccattati, gli sono parsi per lo più abbastanza tonti, quando non servizievoli e passivi.
    «Anamaria!», sibila indispettito tra se e sé. La bella e intraprendente mulatta potrebbe benissimo aver organizzato la sommossa, scontrosa e vendicativa com’è.
    E poi si sa, le donne si legano al dito ogni minimo torto e prendono tutto troppo alla lettera, rimugina scornato.
    Neanche Will Turner, alle prese coi suoi patemi amorosi, riesce a trovare requie. Malgrado lo spazio angusto a sua disposizione, continua a camminare in tondo, avanti e indietro, incapace di rassegnarsi al fatidico destino che lo attende.
    Di colpo il consumato filibustiere è fulminato da un’idea che lo rianima.
    È priva di logica e buon senso, ma forse, se ci s’impegna, potrà volgere a suo vantaggio.




    Edited by Fanny Solomon - 19/2/2024, 18:00
     
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    Fanny Solomon Ciao. Finalmente riesco a leggere anche qualche tua Fanfiction. Non so se già lo sia, ma la saga dei Pirati Dei Caraibi è la mia preferita in assoluto, poi amo tantissimo Jack Sparrow, per me è un cucciolino. :]
    Parto col dirti che è una fanfiction composta bene. La trama è ben solida e molto articolata, complessa e strutturata, nonostante la storia sia breve. Ti faccio i miei complimenti, perché è scritta molto bene e nel dettaglio. Conoscendo io stessa tutti gli aspetti e le sfumature di questa saga, penso non hai tralasciato assolutamente nulla. Ho letto, intanto, solo il primo capitolo. devo dirti che l'inizio è già molto coinvolgente e ti trasporta dentro alle vicende del primo film. Come hai raccontato la storia penso può essere una fanfiction leggibile e godibile per chiunque.
    Le descrizioni sono quelle che ho apprezzato di più, ottima e dettagliata l'introspezione di ogni personaggio.
    Brava! Ottimo lavoro, perché è una delle fanfiction migliore che ho potuto leggere fino ad ora!
    Molto curiosa del seguito!
     
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    Fanny Solomon Ciao! Ho letto anche il secondo capitolo! Devo dire che questa fanfiction, solo per come è scritta, la sto amando tantissimo! 3_3 In questo capitolo le scene e le vicende sono ancora più coinvolgenti. Sei stata molto brava a far risaltare le emozioni dei personaggi. Jack Sparrow lo hai reso super divertente. Lo adoro! :D <3
     
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    Fanny Solomon Ho finito di leggere anche il terzo capitolo. Penso non sia finita qui la storia giusto? <_<
    Comunque ti faccio i mie complimenti. La fanfiction mi prende tantissimo è davvero coinvolgente. Il terzo capitolo è stato il mio preferito. 3_3
    Alla prossima! <3 3_3
     
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    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

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    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 18/9/2022, 16:50) 
    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 17/9/2022, 21:40) 
    Bello e ben fatto il colloquio tra il Governatore ed Elizabeth, arricchito dalle riflessioni e dai pensieri di quest'ultima. Non ho potuto fare a meno di sorridere quando ho letto «il suo amato Will» :) E le fantasticherie descritte alla fine del capitolo le trovo molto da Elizabeth!

    In buona parte si può affermare che molte di quelle fantasticherie poi si sono avverate :lol:

    Fanny Solomon ah ah, è vero X)

    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 18/9/2022, 16:50) 
    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 17/9/2022, 21:40) 
    I dialoghi sono ben gestiti ed efficaci, quello fra i prigionieri è forse il più riuscito in assoluto. Adoro come riesci a mantenere un equilibrio fra i temi seri - l'amore, la morte - e la componente più "leggera" della storia! Ma la vera ciliegina sulla torta è stata questa:
    CITAZIONE
    «E tu, ragazzo? Come avresti voluto morire?», lo interpella Ragetti, il più chiacchierone e impiccione della strana accoppiata.
    Il giovane fabbro esita qualche secondo nel rispondere. Prima di quella concitata settimana la sua vita per tanti anni è fluita placida e tranquilla; poi, nel giro di pochi dì, è stato trascinato in un turbine di situazioni potenzialmente letali, correndo il rischio di finire infilzato, sparato, annegato, sgozzato. E probabilmente adesso finirà impiccato.
    Un sorriso mesto gli stira le labbra asciutte: «Da uomo libero».

    L'affermazione è così netta, essenziale, pronunciata senza vanteria o presunzione... così da Will, che quasi mi ha dato i brividi. E sintetizza perfettamente lo spirito della saga. Perché "Pirati dei Caraibi" è soprattutto una saga sulla libertà - e visto che Will ne può essere considerato protagonista (non assoluto, ma comunque protagonista), è stata una scelta perfetta far dire questa frase a lui. Complimenti <3

    Sono contenta che ti sia piaciuta, è anche la mia scena preferita :woot: <3
    E inoltre quella era proprio la battuta con cui anni fa avevo originariamente concluso la bozza della ff, gli ultimi due capitoli ho cominciato a stenderli questa estate e sono ancora in corso di ampliamento e revisione.

    Oooh, che bello *_* Quindi è proprio una frase-simbolo della storia!
    Spero che aggiornerai presto, perché questa fanfiction merita molto... Nel frattempo, mi sono messa in pari e ho letto il terzo capitolo. Mi è piaciuto tanto anche questo ^_^ La mia parte preferita è quella con Elizabeth che contempla il mare e pensa a quanto sarebbe bello sentire ogni giorno i "rumori" della nave, ma anche il momento in cui Will chiede di suo padre è ben descritto. Divertente, realistica e allo stesso tempo un po' disgustosa la scenetta della pipì X)
    Jack, Norrington e il Governatore sono ben caratterizzati come al solito. Ora aspetto con ansia il momento del ritorno a Port Royal (spero ci sia un'occasione per Will ed Elizabeth di parlare a quattr'occhi almeno un attimo! ;) )


    P.S. Una piccola "segnalazione", se non ti spiace...

    CITAZIONE
    Benché abbia ancora delle riserve su quell’orfano dal passato ignoto ripescato dopo un tragico naufragio; è diventato un bravo artigiano, puntuale, capace e serio, forse il suo garbo, il suo riserbo e il suo aitante aspetto possono risultare attraenti ad un occhio femminile, ma non gli è mai parso tanto speciale da essere degno dell’alta considerazione di una lady del suo rango.

    Penso che tu abbia messo il punto e virgola al posto della virgola e poi la virgola al posto del punto e virgola... o mi sto sbagliando?
     
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    CITAZIONE (Laura_Ruetta @ 30/9/2022, 08:56) 
    Fanny Solomon Ho finito di leggere anche il terzo capitolo. Penso non sia finita qui la storia giusto? <_<
    Comunque ti faccio i mie complimenti. La fanfiction mi prende tantissimo è davvero coinvolgente. Il terzo capitolo è stato il mio preferito. 3_3
    Alla prossima! <3 3_3

    Eccomi Laura_Ruetta , ti rispondo a quest'ultimo commento ma ho apprezzato tanto le tue belle parole sui precedenti capitoli.
    Fa tanto piacere trovare qualche ammiratrice della saga piratesca e soprattutto del personaggio di Capitan Jack Sparrow che io adoro indagare e descrivere da parecchi anni, sebbene i casi della vita e il crescente disinteresse o allontanamento di molti seguaci mi abbiano portato a trascurare la scrittura di ff di cui lui è protagonista.
    In questa mini-long, come hai avuto modo di notare, ho voluto dare spazio un po' a tutti, in un arco temporale che nel film appare compresso, per ragioni cinematografiche.

    La storia non finisce qui, ho in serbo un altro capitolo (e mezzo?), ma purtroppo non ho fatto in conti con un sopraggiungere di impegni che si sono accumulati negli ultimi giorni tenendomi lontana dalla stesura (ho comunque abbozzato quasi tutto).
    Spero di non tardare troppo a pubblicare la conclusione, intanto ti ringrazio ancora per avermi dedicato un po' del tuo tempo e per avermi fatto conoscere il tuo parere :wub:

    Alla prossima!)

    Ciao Elizabeth Swann

    Come ti ho detto l'altro giorno, citando un tipo di nostra conoscenza in questi giorni "<i>complicazioni sono sopraggiunte, ma (quasi) superate".
    Mi è dispiaciuto un sacco essere sparita e soprattutto aver lasciato in sospeso la stesura del capitolo finale di questa storia.
    Non ti anticipo nulla, ma diciamo che ho già in mente da un po' come chiudere, salvo ripensamenti determinati dall'ispirazione dell'ultimo momento ...
    Mi auguro che, passata la prossima settimana, potrò tornare ad essere più attiva anche come lettrice/commentatrice.

    Comunque, passando al capitolo in questione
    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 2/10/2022, 22:41) 
    Divertente, realistica e allo stesso tempo un po' disgustosa la scenetta della pipì X)

    Avevo un po' timore che risultasse volgarotta, ma i pirati non erano certo gente a modo :XD:
    E volevo che Will avesse l'occasione di riflettere ancora una volta sull'ambiente a cui apparteneva suo padre.

    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 2/10/2022, 22:41) 
    Jack, Norrington e il Governatore sono ben caratterizzati come al solito. Ora aspetto con ansia il momento del ritorno a Port Royal (spero ci sia un'occasione per Will ed Elizabeth di parlare a quattr'occhi almeno un attimo! ;) )

    Mi solleva sapere che anche Norrington risulti credibile, non ho mai scritto di lui, ma avrà uno spazietto anche nel prossimo capitolo

    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 2/10/2022, 22:41) 
    P.S. Una piccola "segnalazione", se non ti spiace...
    Penso che tu abbia messo il punto e virgola al posto della virgola e poi la virgola al posto del punto e virgola... o mi sto sbagliando?

    Diciamo che ero un po' indecisa sulla punteggiatura da inserire in questo punto, volendo riflettere le perplessità di Norrington e nello stesso tempo la sua rapida riflessione, però in effetti potrebbe starci anche un punto a separare i due periodi in questione ... Ci rifletterò, grazie dell'appunto ;)

    Alla prossima!
     
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