Destini sospesi

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    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 6/10/2022, 19:45) 
    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 2/10/2022, 22:41) 
    Divertente, realistica e allo stesso tempo un po' disgustosa la scenetta della pipì X)

    Avevo un po' timore che risultasse volgarotta, ma i pirati non erano certo gente a modo :XD:
    E volevo che Will avesse l'occasione di riflettere ancora una volta sull'ambiente a cui apparteneva suo padre.

    Hai fatto bene :b: Secondo me hai gestito la scena in maniera realistica e naturale.

    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 6/10/2022, 19:45) 
    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 2/10/2022, 22:41) 
    Jack, Norrington e il Governatore sono ben caratterizzati come al solito. [...]

    Mi solleva sapere che anche Norrington risulti credibile, non ho mai scritto di lui, ma avrà uno spazietto anche nel prossimo capitolo

    Uh, che bello, non vedo l'ora *_*

    Comunque, non preoccuparti per l'assenza... Non è che sei stata via così tanto, poi giustamente ognuno ha i suoi impegni nella vita di tutti i giorni. Ad ogni modo, mi auguro di leggere un tuo prossimo capitolo al più presto <3
     
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    Fanny Solomon spero non ti dispiaccia se te lo chiedo... Come va con questa fanfiction? Sei riuscita a trovare un po' d'ispirazione? (Attendo con ansia un aggiornamento *^^* )
     
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    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 5/1/2023, 13:14) 
    Fanny Solomon spero non ti dispiaccia se te lo chiedo... Come va con questa fanfiction? Sei riuscita a trovare un po' d'ispirazione? (Attendo con ansia un aggiornamento *^^* )

    Elizabeth Swann Mi spiace tantissimo, ma purtroppo sono ancora in alto mare ... Non è tanto l'ispirazione a mancare, quanto il tempo, dovendomi dedicare ad altre priorità. Conto di alleggerirmi un po' da metà mese in poi :|
     
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    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 9/1/2023, 13:09) 
    Mi spiace tantissimo, ma purtroppo sono ancora in alto mare ... Non è tanto l'ispirazione a mancare, quanto il tempo, dovendomi dedicare ad altre priorità. Conto di alleggerirmi un po' da metà mese in poi :|

    Che dire, tieni duro allora! Sappi che qui ci sarà sempre qualcuno che ti aspetta e confida di riuscire a leggerti <3
     
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    Fanny Solomon
    Letta la seconda parte del racconto :b: . E' molto bella la descrizione dei sentimenti e delle situazioni che hanno sentito e vissuto i protagonisti di questa vicenda. Inoltre mi è piaciuto che ci siano stati vari pensieri piuttosto profondi (in particolare mi è piaciuto vedere come Jack parla della morte, così da riuscire a esorcizzarla dalla paura che l'accompagna). Poi hai ricalcato perfettamente le caratteristiche che i personaggi presentano nei film, senza allontanarti da queste, ma sposandole bene e combinandole magistralmente. Complimentoni <3
     
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    Penna d'argento

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    Fanny Solomon

    Letta anche la 3° parte del racconto e così come le prime 2 mi ha colpito il modo di descrivere i personaggi, le loro personalità e caratteristiche che richiamano tanto quelle del film. Mi è sempre piaciuto quest'unione di "spiriti" che c'è fra Elizabeth e Jack, che in fondo crea fra loro un filo invisibile. Veramente splendido
     
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    Ciao Nancy Cuomo :)

    Ti ringrazio moltissimo per le belle parole di commento che hai lasciato ai due capitoli :]
    Sono contenta soprattutto di sapere che hai trovato le introspezioni e i dialoghi che ho inserito coerenti con i personaggi che amo tanto (specialmente Jack Sparrow :wub: ).

    Adesso che mi sono liberata da alcuni impegni, conto di riprendere la scrittura e revisione dell'ultimo capitolo e spero di riuscire a pubblicarlo al più presto.

    Al prossimo approdo!)
     
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    Eccomi finalmente con un nuovo capitolo - il penultimo di questa breve storia introspettiva.

    Ho impiegato molto più tempo di quanto non avessi previsto per ultimarlo, sia per ragioni personali che mi hanno allontanata dalla scrittura, sia a causa di vari cambiamenti che ho apportato nelle varie versioni.
    Tuttora non ne sono soddisfatta al 100%, ma dato che ho iniziato ad abbozzare quello conclusivo, ho deciso ugualmente di pubblicarlo anche qui, dato che già da qualche giorno avevo aggiornato la storia su un altro sito per il quale era nata in origine.

    Non vi tedio oltre, attendo di conoscere il vostro parere, se e quando vorrete ^_^

    Alla prossima ;)

    IV – La leva giusta

    Sottili lame di luce s’infiltrano tra le intercapedini delle paratie fradice di un’umidità salina che penetra fino al midollo.
    Le ore scorrono inesorabili nell’aria stagnante, il tramonto deve essere vicino e quella che sta per calare potrebbe essere la sua ultima notte.
    Per quanto spesso sia stato propenso a farsene beffe, Jack Sparrow è ben conscio di non essere disposto a morire. Non di nuovo, non in maniera così umiliante.
    Può ancora vivere. Vuole vivere. Deve vivere. Ha troppo da riconquistare.
    Lo hanno privato di tutto, la sua amata nave, i suoi stimati effetti, il suo sudato titolo, la sua rinomata reputazione, i suoi grandiosi sogni di gloria, e, per ultimo, ciò a cui tiene di più in assoluto: la sua libertà.
    Due sole cose gli sono rimaste che nessun nemico e nessuno sgambetto della fortuna sono mai riusciti a portargli via: il suo spirito arguto e il suo irriducibile istinto di sopravvivenza, che lo spinge a non arrendersi facilmente.
    E, a ben guardare, ha ancora con sé anche la sua prodigiosa bussola. Non che le sue indicazioni si siano sempre rivelate così cruciali, come ha millantato quella stramba fattucchiera che anni prima gliel’ha ceduta, ciò nonostante quando si è trovato alle strette, con la falce della Nera Signora insidiosamente vicina al collo, per scrupolo ha comunque provato a interrogarla e ad affidarsi al suo consiglio, talvolta ignorandola e agendo di testa sua, talvolta giovandosene.
    Deve contorcersi un po’ per riuscire a schiudere lo sportellino e intercettare un raggio che illumini il quadrante a sufficienza per cogliere il riscontro dell’ago magnetico. Come di consueto, compie un paio di giri a vuoto, sembra rotto o impazzito; dopo qualche secondo si ferma e indica di fronte a sé.
    È lì che si è infine risolto ad accucciarsi il giovane Turner, cessando di annoiare tutti con quel suo indisponente gironzolare da animale in gabbia.
    E se fosse lui la sua scappatoia?
    Ha già considerato quel ragazzo come possibile complice di evasione: è prestante, ardito, generoso, dissennatamente votato al suicidio. Si è anche trovato piuttosto in sintonia con lui durante la battaglia di Isla de Muerta, pur conoscendolo appena.
    E tuttavia ciò potrebbe non bastare. Checché ne dica quella capricciosa carabattola, il furbo pirata sa perfettamente che per architettare un piano efficace deve comparare accuratamente tutte le probabilità di riuscita con quelle di fallimento.
    Perciò, prima di far convergere tutte le sue disperate speranze su di lui, socchiude le palpebre, tentando di isolarsi dal persistente chiacchiericcio in sottofondo, per passare mentalmente in rassegna tutte le restanti possibilità, una seconda volta.
    Al suo cervello servirebbe del rum, anche solo un goccetto per macchinare meglio, disgraziatamente però deve rinunciare a quell’aiutino e spremersi le meningi a gola asciutta.
    La HMS Dauntless è una nave di linea di prim’ordine, agile e veloce, ma anche pesante e ingombrante, con una velatura così ampia e un’artiglieria tanto cospicua da essere impossibile poterla governare con un solo paio di braccia. E viaggia anche a pieno carico.
    Durante la sua permanenza a bordo ha conteggiato un equipaggio di almeno novanta baldi marinai e, pur considerando che almeno una dozzina siano periti nell’affrontare i pirati maledetti, il loro numero rimane sproporzionatamente alto rispetto ai riottosi furfanti che potrebbe persuadere a unirsi a lui. Invero quegli sporchi traditori non meriterebbero il suo aiuto, né lui vorrebbe fornirglielo a cuor leggero, eppure ingoierebbe a malincuore quel boccone amaro, la collera e l’avversione per come l’hanno umiliato, se avesse la certezza di ottenere qualcosa di consistente in cambio.
    Ma non ne è convinto che il gioco valga la candela.
    I più di quei balordi lo odiano, a buon diritto, per aver condotto la Marina britannica da loro; parecchi, inoltre, sono usciti alquanto malconci dai combattimenti e sarebbero soltanto un’inutile zavorra. Gli servirebbe la collaborazione di qualcun altro per portare a compimento un simile proposito.
    Per assurdo, certi soldati, scontenti, sfruttati e malpagati, sarebbero più corruttibili.
    Le due ottuse giubbe rosse che l’hanno accolto a Port Royal, ad esempio, è abbastanza certo che cederebbero senza tanto sforzo alle sue lusinghe. Sfortunatamente, sono stati dispensati dalla ronda sottocoperta, e quelli assegnati al servizio, ancora imbaldanziti dalla recente vittoria, si tengono a debita distanza, non dando ai prigionieri alcuna confidenza.
    L'ammutinamento, pertanto, è da escludere.
    Mentre riconsidera qualche altro stratagemma, un quartetto di guardie si avvicenda a sorvegliare i detenuti, elargendo loro frasi ingiuriose e denigratorie che qualche briccone più sfrontato ricambia sguaiatamente.
    Se creasse un diversivo, magari potrebbe riuscire a richiamare la loro attenzione, attirarli vicino alle sbarre, tramortirli, disarmarli, sottrarre loro le chiavi, sgattaiolare sopraccoperta e requisire una scialuppa.
    C’è un solo inconveniente, obietta una sentenziosa vocina: nel mezzo ci sarebbero troppi ponti da attraversare e troppi soldati da schivare, o, alle brutte, freddare. E lui non è mai stato un tipo da maniere forti.
    Ci sono poi anche quei fastidiosi ceppi che gli impedirebbero di muoversi speditamente. La probabilità di beccarsi una pallottola o una lama nella pancia è tremendamente alta.
    Guardandosi i polsi ammanettati e schioccando la lingua, Sparrow scarta con stizza anche quella soluzione e si riaggiusta sul pagliericcio.
    La sua schiena è poggiata contro la robusta parete di legno che lo separa dall’esterno, riesce a percepire il modulato sciabordare dei flutti che scivolano lungo la chiglia.
    Potrebbe aprirsi una via d’uscita dall’interno, arrampicarsi sullo scafo, scavalcare la murata, raggiungere la coperta e una volta lì muoversi furtivamente, allentare qualche cima e rubare una barcaccia.
    Peccato che, setacciando il pavimento di quello spoglio cubicolo, eccetto qualche ossicino e qualche chiodo arrugginito, non abbia rinvenuto niente di particolarmente acuminato con cui tentare di squarciare il fasciame. Ci vorrebbe troppo tempo. Le prigioni di bordo sono collocate giusto poco sopra la linea di galleggiamento; alla minima fenditura del fasciame si allagherebbero ben prima di permettergli di uscire.
    Il filibustiere inghiotte un’imprecazione. Quell’escamotage non è fattibile.
    L’astinenza da alcol sta mettendo a dura prova la sua capacità di giudizio.
    Con un bofonchio riprende la bussola, la agita un po’, la sbircia. Curiosamente continua a puntare nella stessa direzione. O forse indica la via di scampo alle sue spalle?
    Si inclina su un fianco per allungare il braccio lateralmente, tenendo d’occhio quella capricciosa freccetta rossa. Non cambia nulla. Resta fissa lì dov’era anche prima.
    Jack si raddrizza. È inutile continuare ad arrovellarsi.
    Di solito le pensate istintive, le più balzane che colgono di sorpresa perfino lui, insperatamente si rivelano le più azzeccate.
    Sembra proprio che la sua unica ancora di salvezza sia dunque l’erede di Sputafuoco Bill.
    Lo fruga con un’attenta occhiata, mentre se ne sta rannicchiato contro la porta della cella, le ginocchia al petto e il mento poggiato su di esse, affatto rilassato, bensì teso come corda d’arco, pronto a scattare al minimo segno di richiamo o intimidazione.
    Prima di sedersi ha rimesso al loro posto un paio di bricconi insolenti che, allungando le loro manacce dalle celle vicine, lo importunavano.
    Potrebbe essere molto meno facile tenerlo in scacco adesso che ha imparato qualche nozione di codice piratesco, ha tastato le sue capacità, è stato da lui imbrogliato e barattato, ed ha sicuramente maturato una certa mal disposizione nei suoi confronti.
    Ma al momento non vede alternative.
    Non gli importa gran che di quel ragazzo, tuttavia spera che se riuscirà a scampare al patibolo, come prevede, lo aiuterà a fare altrettanto o che almeno non si dimentichi di lui e magari gli faccia ottenere uno sconto di pena.
    Sa già quale appiglio usare. L’amore non è forse la leva più potente che esista?
    Accantonati l’innato orgoglio ed egoismo pirateschi, Jack Sparrow esibisce uno dei suoi migliori sorrisi, vano espediente data la fitta penombra in cui sono immersi, e con accento saggio inizia a declamare: «Suvvia, sta’ tranquillo figliolo! Non devi rattristarti per ciò che ti aspetta, giacché hai Miss Swann dalla tua parte. Quell’adorabile fanciulla non ti lascerà penzolare da una forca!»
    Will solleva gli occhi scuri verso di lui, frastornato dalle tante emozioni e aspettative che quella frase proferita con tanta consumata certezza gli ha suscitato: più che un tentativo di conforto, sa di derisione. Quel ciarlatano lo sta deliberatamente prendendo per i fondelli ancora una volta, oppure ha origliato davvero qualcosa di importante prima che arrivassero su quell’isola maledetta? Anche se la tentazione è forte, desiste dal rispondergli, preferendo tenere quegli interrogativi per sé.
    Il filibustiere, soddisfatto per aver calamitato il suo interesse, continua a sciorinare melodrammatico: «In quanto a me, chissà dove getteranno le mie sudice ossa. Magari andrò a fare compagnia a quei simpatici gentiluomini all’imbocco della baia …»
    «Tu come fai a dirlo?», il giovane fabbro non vuole esporsi e mostrarsi troppo credulone, perciò opta per una risposta neutra e un tono un po’ diffidente.
    «Perché è quello che fanno a noi pirati. Ci trasformano in grotteschi trofei per il loro becero ludibrio», sostiene Jack con una smorfia colma di ribrezzo che instilla una reazione similmente indignata nei compari di reclusione, i quali ricominciano a sacramentare animatamente contro l’atrocità della giustizia.
    Will non presta troppo ascolto a quegli osceni improperi, troppo assorto a soppesare l’attendibilità della sua precedente affermazione: «Mi riferivo a quello che hai detto prima. A proposito di Elizabeth», bisbiglia timidamente, incapace di rimanere ancora in silenzio, anche se gli sembra quasi di essere irrispettoso a pronunciare il nome della ragazza che ama trovandosi in mezzo a quella volgare marmaglia. Oltretutto non capisce esattamente come mai quell’inaffidabile filibustiere gli stia mostrando una sorta di complicità, se il suo intento sia incoraggiarlo oppure aizzargli contro tutti gli altri.
    Sparrow nasconde un sogghigno sotto i baffi, pago di aver scorto una vivida scintilla riaccendersi nelle sue iridi cupe e sperse: «Beh, ho un certo intuito sulle donne», ribatte con compiacimento, divertendosi a tenerlo nel dubbio. «Dopotutto è la figlia del Governatore di Port Royal, significherà pure qualcosa», aggiunge vago, distogliendo le pupille sulle punte dei logori stivali.
    Ed è davvero sicuro di quell’assunto. Il detestabile periodo in cui ha bazzicato presso la Compagnia delle Indie Orientali è stato in tal senso illuminante. Avendo modo di frequentare gente altolocata, infatti, ha appreso come l’intercessione di un personaggio influente possa sovvertire leggi date sulla carta come immutabili.
    Da parte di Turner ancora nessun segnale di distensione; lo sente sospirare più forte, la testa tra le mani, imperturbabile nel suo scoramento.
    Evidentemente non è stato abbastanza convincente, nonostante non abbia neanche mentito troppo. Non lo biasima: lui, conoscendosi, non si sarebbe mai fidato di se stesso.
    Jack gli si appropinqua di soppiatto, muovendosi carponi verso di lui, per poi dargli un buffetto sulla fronte: «Inoltre lei è palesemente, e, a mio avviso inspiegabilmente, innamorata di te», sussurra con piglio da grande intenditore.
    «Tuttavia è James Norrington che ha promesso di sposare», dissente pragmatico il giovane, serrando la mascella.
    Il pirata agita un palmo con fare noncurante: «Quisquilie», chiosa sedendoglisi accanto, gli si appiccica, spalla contro spalla, parlando confabulatorio e un po’ esasperato: «Orbene, sì è fatta rapire da quel vecchio caprone di Barbossa dandogli il tuo nome come suo. Ha disdegnato un’indimenticabile notte di passione con il sottoscritto su di un’isola paradisiaca, che il mattino dopo ha incendiato. Ha imperdonabilmente mandato in fumo una magnifica scorta di rum, pur di farsi notare dalla marina britannica, per poi supplicare l’incorruttibile Commodoro di venirti a salvare, promettendogli in cambio di maritarlo. Omettendo che, così facendo, avrebbe dato in pasto un’intera ciurma di onesti marinai ad un branco di scellerati pirati maledetti ... Se queste non sono eloquenti prove d’amore!»
    Will distoglie lo sguardo dal movimento quasi ipnotico delle sue dita, accentuato dal ritmico tintinnio di anelli e catene, come cercassero di orchestrare una sorta di malia cui teme di non riuscire del tutto a sottrarsi.
    Seppure si è dimostrato un callido imbroglione doppiogiochista, quel Jack Sparrow indubbiamente ne sa molto più di lui di come va il mondo.
    E forse dopotutto non sta dicendo il falso. Gli pare impossibile che Elizabeth non provi lo stesso bene incondizionato per lui, quel bene che lo ha spronato a sacrificare tutti i frutti di una vita retta e onesta, a non aver paura di salpare verso l’ignoto, ad accettare senza tante remore di farsi uccidere per lei.
    Riesce a figurarsela protagonista delle irruente azioni da lui citate, ha potuto ammirare da vicino il suo sapersi destreggiare con determinazione e abilità tra assalti e bucanieri, come se non abbia mai fatto altro dal giorno in cui è nata.
    Quando sono stati accanto, poi, ha sentito ardere tra loro qualcosa di etereo e impalpabile, eppure inconfutabile e dirompente. Sente le orecchie surriscaldarsi, le palpitazioni aumentare, le mani prudere, ripensando alle occasioni che non ha colto e maledice la sua maldestra inesperienza.
    Anche se lei dovesse amarlo unicamente come un amico, non gli è difficile supporre che, caparbia e volitiva qual è, infrangerebbe tutte le regole, si scontrerebbe perfino con suo padre per farlo assolvere e concedergli l’opportunità di rimediare ai suoi errori.
    «Forse è così», mormora senza troppo entusiasmo; gli pare inopportuno esultare mentre tutti gli altri attorno a lui, avendo origliato la loro conversazione, gli lanciano occhiate livide disperando di poter scampare altrettanto comodamente al capestro.
    «Certo che è così!», ammicca con sicumera Sparrow, trafficando con un cavicchio di ferro che ha scovato chissà dove, tentando di forzare il chiavistello delle manette.
    Per uno come lui, con la tendenza a gesticolare di continuo, quei ceppi devono essere una gran tortura.
    Il ragazzo si distanzia un po’ dallo strambo fuorilegge, continuando a spiare con la coda dell’occhio i suoi infruttuosi armeggi, che almeno lo tengono impegnato mentalmente e materialmente.
    A lui invece sembra che, da quando si trova confinato in quella lercia cella, le ore stiano scorrendo a rilento e che abbia ancora più tempo per continuare a struggersi.
    Ciò che l’aspetta una volta fuori di lì, è una magra consolazione.
    Non si fa troppe illusioni: ammesso che verrà davvero graziato, non sarà più degno di frequentare la nobile figlia del Governatore. Non che abbia mai avuto la presunzione di esserlo. Adesso che il suo onore è macchiato, Elizabeth Swann diverrà per lui ancora più inavvicinabile, non potrà più sfiorarla se non durante qualche sporadico incontro formale, oppure dovrà limitarsi a contemplarla di nascosto, da lontano, in mezzo ad una folla distratta e vociante che ignorerà la sua persistente malinconia.
    Dopo tante peripezie che li hanno uniti e avvicinati, tra loro tornerà ad esservi un limite invalicabile. Non avrà scelta, dovrà mettersi l’anima in pace, rinunciare a quel sogno irrealizzabile e adeguarsi a ciò che gli altri si aspettano da lui.
    Non sarà così semplice, perché lei nei suoi pensieri c’è sempre stata e sempre ci sarà.
    «La prima volta che ho incontrato Elizabeth è stato otto anni fa», comincia a parlare, un po’ per ingannare quella snervante attesa, un po’ per puro bisogno di sfogarsi. Sa che quello non è il contesto più adatto, che quelli non sono gli ascoltatori più comprensivi, ma per qualche momento abbandona la ritrosia, aprendosi a qualche confidenza.
    «Mia madre era morta, così decisi di imbarcarmi per i Caraibi e lì di mettermi alla ricerca di mio padre. Il mercantile su cui ero riuscito a farmi assumere come mozzo però una notte fu attaccato, nel bel mezzo dell’oceano, da una nave pirata. Ricordo ancora il frastuono, il fuoco, il fumo, le urla disperate della gente che cercava di fuggire calpestando chi era caduto o era stato ferito. Non sapevo cosa fare, dove andare, quando si sentì una grande esplosione e fui sbalzato in acqua. Non si vedeva nulla ma riuscii a trovare una tavola e a stendermici sopra. Poi persi i sensi, non so per quanto tempo. Quando rinvenni, mi apparve il volto di una bambina dalla pelle chiarissima, gli occhi curiosi, la voce gentile. Si presentò e io le dissi il mio nome. Mi sentii al sicuro e tornai a dormire, senza sapere dove fossi».
    «Perché racconti questa storiella a me?», biascica seccato Sparrow, scagliando via il pezzo di ferro arrugginito che gli si è rotto tra le mani, senza tornargli utile.
    «La nave in questione doveva essere la Perla Nera», appura Ragetti, dando di gomito al compare mezzo appisolato sulla sua spalla.
    «Capitan Barbossa ci impose di attaccare qualunque nave provenisse dall’Inghilterra, dopo che avevamo compreso che quel cane rognoso di Sputafuoco aveva inviato un pezzo del tesoro al suo pargolo», precisa Pintel, non senza una punta di recriminazione.
    Will resta turbato: se nessuno lo ha trovato fino a qualche giorno prima, è stato anche grazie alla vista aguzza e all’altruismo di quella sveglia ragazzina dai riccioli dorati; se durante quell’assalto fosse finito tra le grinfie di quei predoni, di lui sarebbero rimaste soltanto le ossa sui fondali marini.
    Elizabeth lo aveva salvato e protetto, ancora prima di conoscerlo. E di questo le sarebbe stato per sempre debitore. Ora che non è più offuscato dalla sfiducia, è travolto dal bisogno urgente e sconsiderato di vederla e parlarle, ma da solo non riuscirebbe mai ad uscire di lì. Sparrow invece, a quanto ha sentito, è famoso per le sue evasioni …
    Non può sapere che Jack intanto è attraversato dalle stesse considerazioni e si rabbuia ancora di più per come sono andate le cose: ha avuto una grande occasione nel momento in cui è stato fortuitamente lui a trovare per primo William Turner, ha consumato la sua bramata vendetta, ma non ha fatto i conti con l’imprevedibilità dell’umore dei suoi compagni, ammutinati e traditori.
    Ancora una volta, ha peccato di eccessiva fiducia nel proprio carisma e nel proprio talento nel manipolare gli animi altrui.
    «Sei stato tu!», attacca di punto in bianco il compagno di prigionia seduto al suo fianco, puntandogli un dito contro e volgendogli uno sguardo astioso.
    Il ragazzo è sovrappensiero e resta spiazzato da quell’intempestiva accusa: «Come dici?»
    «Tu mi hai fatto promettere a quella conturbante moretta che l’avrei risarcita del mio non furto con un’altra nave. Tutta la ciurma ne è stata testimone. Ed ecco che alla fine quegli ingrati voltagabbana se ne sono svignati con la mia Perla», Sparrow stringe i pugni amareggiato, non nascondendo la sua frustrazione.
    «Non pensavo che dessero tanto credito alla parola di un pirata», il fabbro si discolpa senza cattiveria, ma alle orecchie del diretto interessato la sua innocente constatazione risulta comunque offensiva.
    D’impeto si scansa da lui, guardandolo in cagnesco: «La parola di un Capitano. Ha sempre credito», rimarca con bizzosa veemenza, voltandogli le spalle.
    «Me ne ricorderò», balbetta Will, disorientato dalla sua scorbutica reazione, non volendo insistere a contraddirlo. Non ha mai conosciuto un uomo più ondivago e suscettibile.


    «Più alzo! Cambiare le mure! All’orza la barra!»
    Il neo-Commodoro James Norrington ha sempre saputo quali ordini impartire, quali manovre disporre, quale tono usare per farsi rispettare e obbedire dai sottoposti affinché durante la navigazione tutto fili liscio e non si verifichino intoppi di sorta.
    Solcando a lungo i sette mari, ha sviluppato una spiccata perizia nel riconoscere e individuare nell’assetto dell’attrezzatura o dell’armamento ogni dettaglio fuori posto, da correggere o limare, e ha maturato una buona predisposizione nel giudicare e capire gli animi degli uomini che gli stanno di fronte, così da saper appianare con diplomazia controversie e dissapori.
    Ora, però, al solo pianificare un approccio non troppo stucchevole con la donna che desidera impalmare, si ritrova completamente allo sbaraglio. È assalito dal terrore di sbagliare goffamente, a parlare, a muoversi, a guardarla, anche solo a pensare cosa sia più appropriato dire o fare per mostrarle quanto ci tiene a lei e alla sua felicità.
    E quanto vorrebbe esserne l’artefice principale.
    Deve solo trovare un innocuo pretesto per intentare una conversazione e poi basterà andare di buon braccio, si ripete nervoso, rimirandone la figura slanciata e l’andatura elegante mentre passeggia lungo la fiancata di tribordo, incurante delle occhiate giudicanti dei marinai, poco abituati a dividere i ridotti spazi di bordo con una presenza femminile.
    Sebbene superficialmente e forse in maniera un po’ idealizzata, la conosce da tanti anni, sa già che a causa delle loro divergenze di opinioni su alcuni argomenti non sarà facile riuscire a conquistarla. Tuttavia vuole impegnarsi a piacerle, provare a farsi apprezzare.
    Dopotutto appartengono allo stesso ambiente, confida che troveranno punti di contatto, un terreno in comune su cui poter costruire delle fondamenta resistenti per il loro matrimonio. E forse un giorno ricambierà i suoi sentimenti.
    Mentre si dibatte ancora nell’indecisione e le sue suole restano cautamente ancorate alle assi scricchiolanti, è lei a fare il primo passo, andandogli incontro in tutto lo sfrontato candore dei suoi vent’anni, che non le impedisce di apparire a suo agio perfino avendo indosso quell’uniforme del tutto inadatta alla sua spiccata femminilità.
    «Buon pomeriggio, James», scandisce con inaspettata informalità il suo nome di battesimo, provocandogli un leggero fremito.
    James Norrington scende la rampa del casseretto, raggiungendola sulla tolda: «Buon pomeriggio, Miss Swann».
    Sul volto della giovane aristocratica passa un’ombra: «Potreste provare a chiamarmi per nome, giacché siamo fidanzati», mormora sottovoce, quasi stesse ricordandolo a se stessa.
    L’ufficiale cerca di non apparire troppo austero e intransigente nel risponderle: «Perdonatemi, credo di essere negato nell’arte del corteggiamento».
    «E invece supponete che io sia stata istruita a dovere in questa pratica», ribatte lei, naturalmente indisposta dalla sua velata insinuazione.
    Il Commodoro piega il capo con un breve cenno costernato, per mormorare un impacciato e cortese: «Non intendevo recarvi offesa».
    Elizabeth lo osserva apertamente negli occhi per qualche secondo. Nel bagliore che filtra dagli ultimi scampoli di sole, le sue iridi appaiono di un verde intenso e cangiante; non aveva mai notato fossero di quella bella tonalità vivace, che stona con il suo aplomb impeccabile e un po’ respingente. Sarebbe stato sempre così, il suo corteggiamento? Intessuto di rigidi convenevoli?
    Tuttavia intuisce che le sue scuse sono sentite e sincere. Non si merita la sua slealtà e il suo rancore. Non è colpa sua se sin dalla nascita è stata priva di scegliere la vita che desidera.
    «No. Avete ragione. Sono stata educata a impressionare e affascinare i miei interlocutori con il mio eloquio e le mie buone maniere», ammette con una nota di sdegno, ripensando alle malevole frecciatine di Capitan Barbossa. «Ma, se mi è concesso parlare liberamente, preferisco di gran lunga la spontaneità nei gesti e nelle parole. Ritengo sia essenziale, se ci si vuole conoscere davvero».
    Lui la ascolta invaghito, colpito dalla sua schiettezza: «Condivido», asserisce con l’aria di chi sarebbe disposto a perdonarle qualunque peccato.
    Tutto ciò cui la ragazza riesce a pensare, osservandolo, invece è: come può sposare un uomo di cui non conosce neppure il colore dei capelli? L’ha sempre visto con la parrucca, sempre impeccabile nella sua divisa linda e stirata.
    Al contrario Will, se per combinazione qualche volta riusciva a sottrarsi alla pedante vigilanza della sua governante e andava a trovarlo senza avvertirlo, era spesso impresentabile, coi suoi abiti coperti di segatura e i riccioli arruffati dal sudore ...
    Da qualche secondo è calato un imbarazzato silenzio tra loro, screziato soltanto dalle chiacchiere dei marinai disperse nel frusciare del vento e dallo stridio di qualche gabbiano di passaggio, mentre passeggiano fianco a fianco, mantenendo la distanza imposta dalle convenzioni sociali.
    Elizabeth si sente sempre più inquieta. Dovranno pur cominciare a conversare seriamente prima o poi, se vorranno trovare delle affinità, intessere un legame.
    James Norrington, ha quasi il doppio dei suoi anni, ma è esteticamente gradevole. È un rispettabile gentiluomo, un soldato esemplare, un uomo solido, quadrato, autorevole, con un grande senso dell’onore e del dovere. Forse, passando più tempo insieme, potrebbe imparare ad apprezzare i suoi pregi che ora le paiono noiosi, potrebbe scoprire altre sue doti caratteriali ...
    Anche il Commodoro Norrington prova una certa irrequietezza nello starle accanto, il che lo porta a tenere un atteggiamento rigido e lezioso.
    Tutto il contrario di come vorrebbe apparire.
    Non è avvezzo alle frivolezze e dubita che a lei piacciano, inoltre non intende diventare oggetto di scherno per i suoi uomini. È pur sempre il loro Capitano, deve mantenere un certo decoro. Ciò non implica che debba mostrarsi troppo freddo o distaccato.
    Risulterebbe molto più disinvolto se solo riuscisse a persuadersi che lui vale molto di più di quel modesto fabbro e non ha bisogno di competere con lui, né di tante azioni o parole per dimostrarlo – anche se è stato proprio quell’avventato ragazzino a salvarla per primo.
    Potrebbe perfino apparirle accattivante, se solo riuscisse a scacciare il pensiero che è soltanto lui a sentire quel qualcosa, mentre lei no.
    Spira un vento foriero di buona navigazione.
    Alla sua promessa sposa servono concretezza, affidabilità, accortezze; perciò decide di prendere lui l’iniziativa, stavolta. Le porge il braccio destro, invitandola ad agganciare il suo, ma Miss Swann, intuendo la sua implicita richiesta, ha già sollevato lo stesso braccio e allora lui lo cambia con il sinistro, copiato di nuovo dalla ragazza.
    Un sorriso impacciato riscuote entrambi, sciogliendo quella tensione, quando infine, coordinandosi, riescono a mettersi a braccetto.
    «Vedo che siete a vostro agio a bordo», esordisce James, percorso qualche metro in direzione della poppa, dove alcuni marinai stanno provvedendo ad accendere i fanali per la notte, «Vi piace il mare».
    Elizabeth non stacca gli occhi da quell’ammaliante rimescolarsi di onde cobalto e amaranto: «Molto. Suppongo piaccia anche a voi».
    Norrington continua a farle sentire il suo tocco gentile ma fermo, conducendola indietro, verso il centro del ponte: «Suppongo di sì. Anche se talvolta può essere pernicioso», stigmatizza risoluto.
    La figlia del Governatore non può mancare di cogliere un leggero inasprimento nella sua voce, ma non può dargli del tutto torto, per cui, anche se vorrebbe saperne di più delle sue passate esperienze, si risolve a cambiare argomento: «Quindi mi pare di aver capito che possediate già una dimora».
    «Sì. A Nassau», le risponde prontamente James, «Appartiene alla mia famiglia da tre generazioni. Fu re Guglielmo III a concedere tale possedimento al mio bisnonno, per ripagare i suoi servigi alla Corona degli Stuart, durante la guerra con la Francia», le rivela orgoglioso, snocciolando di buon grado altri dettagli sui suoi valorosi antenati e sulla loro acerrima lotta contro le incursioni dei pirati che spadroneggiavano nella zona, sui suoi ricordi sbiaditi legati a quella casa a qualche lega da lì che un giorno sarebbe stata di entrambi, da tramandare ai loro futuri figli.
    Elizabeth lo ascolta, si sforza di sorridergli anche, increspando le labbra, la vista le si offusca e solo l’amor proprio le impedisce di versare le incipienti lacrime che sente formarsi agli angoli delle ciglia.
    Non è edificante immaginarsi invecchiare aspettando ogni suo saltuario ritorno a terra e trascorrere un’esistenza priva di complicità e compagnia. Ne è certa, finirebbe per ricercare di avere contatti e incontri proibiti con Will, anche se a separarli fosse una lunga e rischiosa traversata. Oppure potrebbe convincere il suo futuro marito a permetterle di accompagnarlo nei suoi viaggi, sebbene è consapevole che per molti sarebbe un comportamento indecoroso e inammissibile.
    Come tutte le volte in cui è in balia di forti emozioni, si lascia dominare dall’istinto: «Perché vi siete proposto proprio a me?», lo interrompe con involontaria sgarbatezza con una domanda indiscreta, sganciandosi da lui, scrutandolo supplice. «Dubito vi sia mancata occasione di conoscere donne piacevoli e interessanti …»
    L’irreprensibile ufficiale tronca subito le sue illazioni: «Nessuna più di voi», sentenzia in un sussurro, accarezzandola con uno sguardo timido e trasognato.
    Non impiega molto a riassumere la sua solita espressione composta e inalterabile, alzando il capo verso le vele gonfiate dalla corrente: «Se continueremo ad avere l’aliseo a favore, arriveremo a Port Royal entro mezzogiorno. «Perdonatemi, il mio dovere adesso mi chiama. Vi auguro una buona notte», chiude poi evasivo la conversazione, allontanandosi verso il castello di prua, il portamento fiero ed eretto, tipico di un uomo inamovibile e determinato.
    «Elizabeth, cara. Faremmo bene a rientrare, prima di buscarci un malanno», suo padre Weatherby Swann giunge alle sue spalle, cingendola benevolo e conciliante.
    La giovane accetta il suo prudente invito, volgendo un ultimo saluto alle stelle che brillano già nel cielo imbrunito, prima di mettersi al riparo dall’inclemente alito dell’oceano.


    Edited by Fanny Solomon - 19/2/2024, 18:50
     
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    Fanny Solomon Ciao! Eccomi qui! :)
    Non mi ricordavo più di questa tua fan-fiction e mi sa che alcune scene me le sarò pure dimenticate... :(
    Ho appena letto, credo, il penultimo capitolo.
    La lettura è stata piacevole. Mi piace molto l'introspezione che hai dato sia a Jack Sparrow, sia a Will Turner. :D
    Secondo me, James Norrighton non si sente all'altezza di stare accanto a una bella donna come Elizabeth. Tutto qui è per questo che ha sempre fatto fatica ad approcciarsi o a "corteggiarla", insomma. I Pirati sono più affascinati comunque... 3_3 :wub: :XP:
     
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    Ben ritrovata a bordo -Laura- ^_^

    Hai ragione a dire che ti eri praticamente dimenticata di questa ff, ma la colpa è mia perché l'avevo lasciata in sospeso per tanti mesi, presa da altri impegni, interessi e pensieri :D:

    Comunque sia, in questi giorni sto tentando di concludere il quinto e ultimo capitolo, spero di non tardare troppo a pubblicarlo.

    Fondamentalmente è un lungo missing moment introspettivo, non ho voluto discostarmi dagli eventi canonici del film, perciò mi fa piacere che la lettura sia riuscita a coinvolgerti ugualmente.

    Gli uomini della saga sono un po' tutti attratti dalla bella e coraggiosa Elizabeth, il cui essere forte e indipendente li mette in difficoltà sul come approcciarla. Ho voluto soffermarmi su Norrington che secondo me aveva un'idea un po' falsata sulla ragazza ed essendo un militare, non conosce bene l'etichetta relativa al corteggiamento, per cui appare freddo e distaccato. Ma penso che in realtà i suoi sentimenti fossero sinceri.

    Grazie ancora per essere passata, alla prossima!)
     
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    Quanto mi è mancata questa storia *_*
    Adoro le fanfiction introspettive, specie se coinvolgono i miei adorati Will ed Elizabeth... e "Destini sospesi" mi era parsa promettente fin dall'inizio ;)

    La parte dedicata alle elucubrazioni di Jack è stata interessante e ben gestita, in linea con il suo carattere e il suo vissuto (ma non avevo dubbi!). Anche i suoi giudizi e le sue osservazioni sugli altri personaggi mi sono persi pertinenti; in particolare ho adorato questo passaggio:
    CITAZIONE
    Ha già considerato quel ragazzo come possibile complice di evasione: è prestante, ardito, generoso, dissennatamente votato al suicidio.

    Mi sembra proprio il modo in cui un tipo come Jack descriverebbe l'impulsività e l'incoscienza di Will :lol:

    Però la parte che mi è piaciuta di più è quella dedicata a James Norrington. Non mi pesa affatto provare a sbirciare un po' nella sua testa: ho l'impressione che sia un personaggio un tantino trascurato, perlomeno nelle fanfiction italiane, eppure ha molto da offrire. E non c'è dubbio che nutrisse un sentimento per Elizabeth; anche se è probabile che non la conoscesse granché bene, non credo vedesse in lei soltanto una buona occasione per sistemarsi o una bella donna e basta (sebbene nel primo film la definisca effettivamente "una bella donna" :) ). No, penso che volesse sinceramente farla felice...
    Le esitazioni che gli attribuisci mi hanno fatto tenerezza, ma immagino che trascorrere gran parte del proprio tempo in mezzo agli ufficiali di marina non aiuti a impratichirsi nell'arte del corteggiamento X) Fra l'altro, quando Norrington si dichiara a Elizabeth all'inizio del film si vede che è un po' nervoso ed emozionato. Insomma, mi sa che abbiamo a che fare con quel tipo d'uomo il cui punto debole sono i sentimenti, nonostante sia competente nella sua professione e generalmente sicuro di sé stesso.
    Riguardo alla nostra Lizzy, mi ha fatto tenerezza anche lei: è triste immaginare una vita coniugale che non si desidera davvero! Per quanto si debba tenere in conto che la realtà dell'epoca era diversa dalla nostra, fa comunque stringere il cuore la rassegnazione che si richiedeva alle persone, in particolare alle donne, quando si trattava di matrimonio...
    Per fortuna, la saga dei Pirati esiste per divertirci e farci sognare, quindi possiamo solo sorridere all'idea di ciò che aspetta realmente Elizabeth il giorno dell'esecuzione di Jack ;)

    Spero che terminerai questa storia, ma nel frattempo ti faccio i miei complimenti per essere riuscita a riprenderla in mano dopo tanti mesi (so quanto possa essere difficile) e per il bel capitolo che hai sfornato <3 A presto!


    Edit: ho appena letto la tua risposta a Laura e vedo che concordiamo sulla sincerità dei sentimenti di Norrington :)
     
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    Elizabeth Swann molto lieta di ritrovarti a commentare questa storia, che mi sento un po' in colpa per aver trascurato così a lungo >_<

    Purtroppo la mia concentrazione così come la mia ispirazione sono parecchio ballerine, la mia mente ha dovuto dare priorità ad altro e non mi ero neanche resa conto di quanto tempo fosse passato dall'ultimo capitolo.

    Per assurdo alla fine è stata proprio la parte dedicata a Norrington a risultarmi meno complicata da scrivere: sarà che non lo avevo mai trattato prima d'ora, mentre con Jack, Will ed Elizabeth temevo di risultare ripetitiva (e soprattutto il dialogo tra Will e Jack l'ho scritto e riscritto un mucchio di volte e tuttora non mi convince del tutto!).

    Della saga originaria penso di amare chi più chi meno tutti i personaggi, mi è sempre spiaciuto non trovare, almeno in italiano, qualche fanfiction che si soffermasse anche sul nostro Commodoro: trovo che abbia avuto un'evoluzione inaspettata ed è stato per me una delle più grandi sorprese del secondo capitolo. Certo, è un uomo profondamente impregnato da un codice d'onore di stampo militare, non ha alcuna dimestichezza con le faccende sentimentali, ma non è neppure retrogrado, maschilista o bigotto. Mi spiace immensamente la fine che ha avuto ;_;
    Elizabeth d'altra parte ha anche lei una sua moralità e in questo momento è convinta di dover adempiere alla promessa di sposarlo, pur di non offenderlo e di non deludere suo padre. Ma anche lei dimostra di non conoscere del tutto la mentalità di questi uomini, che alla fine si dimostreranno molto più concilianti e aperti di quanto non appaiono.

    La stesura del quinto e ultimo capitolo è tuttora in corso e proprio ieri sera ho rivisto La maledizione della prima luna per rinfrescarmi un po' la memoria :D (anche se non ne avevo così bisogno, dato che lo conosco praticamente a memoria!).
    Spero di non tardare troppo a pubblicarlo, alla prossima!)
     
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    Ti capisco, concentrarsi sulla scrittura può essere una vera impresa! Ma avrai sempre un posto qui su ESTEL ogni volta che riuscirai a condividere una tua storia <3

    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 26/8/2023, 11:49) 
    Della saga originaria penso di amare chi più chi meno tutti i personaggi, mi è sempre spiaciuto non trovare, almeno in italiano, qualche fanfiction che si soffermasse anche sul nostro Commodoro: trovo che abbia avuto un'evoluzione inaspettata ed è stato per me una delle più grandi sorprese del secondo capitolo. Certo, è un uomo profondamente impregnato da un codice d'onore di stampo militare, non ha alcuna dimestichezza con le faccende sentimentali, ma non è neppure retrogrado, maschilista o bigotto. Mi spiace immensamente la fine che ha avuto ;_;

    Anche a me dispiace, non meritava di morire :cry: Ed è un peccato, ribadisco, che nelle fanfiction italiane venga preso poco in considerazione come personaggio. D'altra parte, per me è stato difficile perfino trovare fanfiction soddisfacenti su Will ed Elizabeth, prima di scoprire le tue... Senza i siti internazionali non so come avrei fatto, lo confesso *^^*

    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 26/8/2023, 11:49) 
    Elizabeth d'altra parte ha anche lei una sua moralità e in questo momento è convinta di dover adempiere alla promessa di sposarlo, pur di non offenderlo e di non deludere suo padre. Ma anche lei dimostra di non conoscere del tutto la mentalità di questi uomini, che alla fine si dimostreranno molto più concilianti e aperti di quanto non appaiono.

    Penso che Norrington abbia agito come un vero signore facendosi da parte in favore di Will; è stato, tuttavia, un gesto non comune per un uomo della sua posizione, perciò credo sia normale che Elizabeth non se l'aspettasse. Per quanto riguarda il Governatore, invece, è sempre stato intuibile che in fondo è un bonaccione :lol:

    CITAZIONE (Fanny Solomon @ 26/8/2023, 11:49) 
    La stesura del quinto e ultimo capitolo è tuttora in corso e proprio ieri sera ho rivisto La maledizione della prima luna per rinfrescarmi un po' la memoria :D (anche se non ne avevo così bisogno, dato che lo conosco praticamente a memoria!).
    Spero di non tardare troppo a pubblicarlo, alla prossima!)

    Che bello, una "rinfrescata" fa sempre bene :]
    Allora incrocio le dita e aspetto un tuo aggiornamento!
     
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    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 29/8/2023, 20:17) 
    Penso che Norrington abbia agito come un vero signore facendosi da parte in favore di Will; è stato, tuttavia, un gesto non comune per un uomo della sua posizione, perciò credo sia normale che Elizabeth non se l'aspettasse. Per quanto riguarda il Governatore, invece, è sempre stato intuibile che in fondo è un bonaccione :lol:

    Elizabeth Swann Nella scorsa risposta avevo dimenticato di menzionare il fatto che per scrivere questi missing moments mi sono ispirata in parte anche ad alcune scene tagliate, in particolare proprio ad una de La maledizione della prima luna che prevedeva un confronto un po' più lungo tra Norrington ed Elizabeth, subito dopo la sua richiesta del particolare "dono di nozze" aka la salvezza di Will. Non so se la conosci, comunque lì si vede un po' di più il loro reciproco imbarazzo nello stare accanto, oltre all'assoluta galanteria del Commodoro.

    Sarebbe bello che un giorno uscissero delle versioni estese di tutti i film della saga, perché davvero alcune scene escluse meritano tantissimo 3_3
     
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    Salve gente! Dopo lunghissimi mesi di attesa, perdita di ispirazione e mancanza di tempo, finalmente sono riuscita a portare a compimento questa fanfiction.
    Ho voluto rispettare in tutto e per tutto la storia canonica, aggiungendo soltanto introspezioni e qualche scena immaginata, senza stravolgere nulla.
    Per le indicazioni urbanistiche su Port Royal invece ho fatto riferimento ad un bel libro letto nel frattempo, ovvero "L'isola dei pirati" di Michael Crichton.
    Non aggiungo altro, ma attendo curiosa pareri e osservazioni, da chi vorrà lasciarmene.
    Alla prossima!)

    V – Quello che un uomo può

    Il risuonare stridulo e acuto di un fischietto la fa svegliare di soprassalto.
    Anche quella notte ha stentato ad addormentarsi, tra la scomodità della branda, il caldo umido imperante e quel grosso macigno a gravarle sul petto.
    Non vuole deludere le aspettative del suo buon genitore, perciò alla fine ha accettato di impersonare il ruolo della figlia giudiziosa e ubbidiente. Ma come può rimanere incatenata per il resto della sua vita ad un uomo che stima ma non ama?
    Soltanto il movimento ondulatorio dello scafo è riuscito a conciliarle per qualche ora un sonno leggero, tormentato da dilemmi e dubbi, e, dopo che quel moderato oscillare si è interrotto, i suoi sensi sono tornati irrimediabilmente vigili.
    C’è un gran tramestio sopra coperta, ingombranti cassoni che si spostano, passi affrettati che si susseguono, comandi scanditi che si rincorrono; tutto quello scalpore le fa presentire che stia accadendo qualcosa degno di nota.
    Il beccheggio si è notevolmente ridotto, le vele devono essere state ammainate.
    Elizabeth non riesce a tenere a bada la sua curiosità, si sgranchisce e comincia a cercare tentoni i vestiti dismessi la sera prima. Non le serve accendere alcuna candela, dalle vetrate penetra già un tenue bagliore dorato, sufficiente a permetterle di muoversi senza inciampare né urtare nulla, evitando anche di svegliare anzitempo suo padre, che, col suo persistente mal di mare, ha faticato ancora più di lei ad assopirsi.
    Rientra silenziosamente nei grezzi pantaloni di fustagno, infila calzamaglia e scarponcini, e infine rientra nell’appariscente giubba rossa, arricciando un po’ il naso: quegli indumenti prestati hanno ormai un odore vissuto. Disponendo di un guardaroba principesco, non le era mai capitato di dover indossare gli stessi abiti per tre giorni di fila.
    Detesta ammetterlo, ma le sono mancate certe finezze e comodità, come non potersi strofinare per bene con acqua e sapone. Mentre si riveste, avverte prepotente il bisogno di concedersi un lungo bagno ristoratore, di distendersi su lenzuola pulite e profumate, di lavare via dalla pelle il sale, la polvere e la stanchezza accumulate durante quell’indimenticabile girandola di eventi inimmaginabili per una ragazza della sua estrazione, la cui quotidianità è sempre stata scandita da ozio, riverenze e privilegi.
    Le intense emozioni vissute in quei giorni l’hanno cambiata profondamente.
    La visione romantica e mitizzata che aveva dei pirati ne è uscita stravolta, sfatata, l’irresistibile attrattiva che provava nei loro riguardi si è ridimensionata, ma non estinta.
    Già rimpiange l’imminente ritorno alla sua monotona normalità.
    Se solo lo volesse, potrebbe addurre un’indisposizione per restare anche un’intera settimana in camera sua a struggersi nei ricordi. È un genere di capriccio che, in quanto fragile donna, non le verrebbe negato, anzi il riposo le verrebbe caldamente consigliato, ma non si addice al suo modo di essere e qualcuno a lei vicino potrebbe nutrire più di qualche sospetto su una sua improvvisa volontà di inerzia e isolamento, si ravvede inviando uno sguardo accorto oltre il paravento sistemato per dividere il suo giaciglio da quello dell’altro ospite.
    Il febbrile vociare dei marinai intanto giunge sempre più vivido fin dentro la cabina posta sul ponte maggiore, la sistemazione che è stata loro concessa essendo le persone di maggior prestigio a bordo della Dauntless.
    «Elizabeth? Che succede?», anche suo padre è stato svegliato da quel gran trambusto.
    «Sembra che non ci muoviamo più», presume lei, acconciandosi i lunghi capelli bisognosi di una lavata in una molle treccia, che appunta come può con un pezzo di nastro.
    Weatherby Swann sospira rinfrancato: ha sofferto di nausea e capogiri dal primo istante in cui ha messo piede su quel vascello instabile e maleodorante. È ancora acciaccato e intirizzito dal cattivo riposo su quel grezzo lettuccio. Afferra la parrucca brizzolata e si rende presentabile, recuperando i suoi vestiti, prima di uscire dal separé e raggiungerla sulla soglia della porta dai vetri rotti, che è stata grossolanamente accomodata con qualche tavola di legno per attutire spifferi e rumori esterni.
    «Mollare gli imbandi e gettare gli ormeggi!»
    Quando padre e figlia si affacciano sul cassero, quasi nessuno li nota, indaffarati come sono tutti quanti, ognuno nelle proprie marinaresche mansioni.
    Sulla tolda fervono le manovre di messa alla fonda della Dauntless, c’è un brulicare di marinai affaccendati a darsi da fare tra il sartiame, gli alberi e i paranchi.
    I due ospiti rimangono fermi, sentendosi fuori posto e quasi dimenticati.
    Non fanno in tempo a dolersene, che James Norrington giunge tempestivo a prevenire qualsiasi loro rimostranza: «Buongiorno, Milord. Elizabeth», li riverisce con misurata galanteria, abbonando un garbato sorriso. «Ben tornati a casa».
    «Siamo già arrivati, dunque?», il Governatore Swann gli chiede conferma, schermendosi con una mano dagli obliqui raggi del sole nascente per tentare di identificare il profilo della verdeggiante isola caraibica su cui da quasi dieci anni esercita la sua autorità per conto della Corona britannica.
    «In anticipo?», si stupisce Miss Swann, rammentando la previsione con cui si è congedato la sera precedente. La ragazza per un attimo si domanda se l’ufficiale le abbia volutamente riferito una stima meno ottimistica per sorprenderla sulle sue eccellenti abilità di navigatore, ma in fin dei conti adesso non le importa mettersi a questionare su quel punto. Ha notato che sono in atto delle operazioni di trasbordo.
    «Magnifico», sospira suo padre, «Almeno faremo una lauta colazione», le bisbiglia all’orecchio. Anche lo scadente cibo destinato ai marinai non è stato di suo gradimento.
    Il Commodoro Norrington si riappropria della loro attenzione: «Non vi avevo ancora fatto avvertire perché, come potete vedere, dapprima stiamo provvedendo a sbarcare i prigionieri da trasferire a Fort Charles».
    A quelle parole Elizabeth tenta istintivamente di avvistare Will. Le sembra essere trascorsa un’eternità dall’ultima volta in cui i loro occhi si sono specchiati. E non riesce a non ripensare al suo sguardo ferito.
    Scoprendo anzitempo e chissà da chi la sua promessa di matrimonio, deve essersi sentito tradito, perché non è stata lei a rivelarglielo. Non voleva ingannarlo, gli deve delle spiegazioni. Dovrebbe andare a scusarsi con lui, tanto per cominciare, ma non sa quando potranno rivedersi e parlare.
    Vuole almeno sincerarsi che stia bene, dopo aver subito quell’ingiusta prigionia.
    Norrington nel frattempo risale le scalette del castello di poppa e si avvicina a loro, occupandole la visuale: «Governatore, se me lo consentite, propongo di fissare l’esecuzione del signor Sparrow a oggi pomeriggio».
    Weatherby Swann ha un sussulto. Da che è stato investito della sua attuale carica, malgrado non siano scarseggiati svariati e frequenti atti di delinquenza di cui è stato ragguagliato, finora non ha mai dovuto sottoscrivere sentenze capitali.
    «Quello screanzato ha causato problemi durante il viaggio?», domanda restio e un po’ timoroso della risposta che riceverà.
    «È un tipo imprevedibile. Non mi fido di lasciarlo un solo giorno di più in una cella», il rampante ufficiale giustifica la sua categorica presa di posizione.
    «Certo, certo. Meglio non procrastinare», conviene l’aristocratico, proprio mentre un altro gruppetto di pirati, incluso il summenzionato Sparrow, viene scortato e caricato forzosamente su una scialuppa, sotto stretta sorveglianza di un quartetto di soldati muniti di moschetto.
    Elizabeth, che ha appena avvistato per un attimo anche Will, non si trattiene più dall’intervenire inorridita: «Giustizierete quell’uomo senza alcun processo?», si oppone con accorato puntiglio.
    È impensabile che un recidivo fuorilegge del suo calibro possa essere scagionato, lei stessa sa bene che gravano troppe accuse su di lui, e che difficilmente si dichiarerebbe pentito, ma almeno rimanendo in prigione potrebbe guadagnare qualche mese o anno e infine forse ottenere addirittura il perdono.
    A quanto ha letto, è già accaduto a filibustieri con capi di imputazione ben più gravi.
    James Norrington le riserva un’occhiata perplessa. Gli sfugge come una donna della sua levatura, tanto colta, virtuosa e raffinata, possa continuare a parteggiare per quel depravato malvivente che ha provato ad oltraggiarla e molto probabilmente è stato anche colpevole di far cadere dei bravi soldati in una sanguinosa imboscata.
    «I cittadini di Port Royal hanno subito ingenti perdite. Occorre dare loro un fermo segnale di ripristino dell’ordine e della sicurezza», la redarguisce, rimarcando la sua rettitudine e la sua fervente dedizione alla causa che ha giurato di servire.
    Ha esposto con rigore forse eccessivo le sue argomentazioni, lo intuisce dall’espressione remissiva con cui la spigliata e inarrendevole fanciulla piega il collo di cigno, astenendosi dal continuare a contestare lui o suo padre, che d’altro canto si limita a mormorare un diplomatico: «Sono d’accordo con voi».
    Accomiatandosi con i suoi rispettosi omaggi agli Swann, si domanda se con quell’arbitraria decisione non abbia compromesso irreparabilmente ogni possibilità di abbrivo nel guadagnarsi la simpatia e l’ammirazione della sua futura moglie.
    Ma non può fare diversamente, ha dei doveri nei confronti della gente che è stato chiamato a proteggere e non può anteporvi le sue aspirazioni personali, né gli egoistici desideri del suo animo.


    I loro sguardi si sono ricercati e ritrovati anche da lontano, sorvolando oltre il parapetto e le pavesate, velature e corde, oltrepassando cappelli, giacche a punta e stivali.
    Ha potuto rivederla soltanto per qualche fugace attimo, ma il suo cuore non ha ancora smesso di scalpitare da allora.
    Will non sa spiegarsi come o perché, in qualche modo era sicuro che lei sarebbe stata lì fuori ad aspettarlo, nel punto più alto del cassero. Seppure stiano continuando ad allontanarsi e non possa più discernere quali emozioni colorino la sua espressione, riesce a distinguere ancora la sua figura esile e vibrante, ritta tra i due gentiluomini che la amano, i lunghi capelli biondi riflettono la luce del mattino appena sbocciato, che sta dipingendo di sfumature rosate le tranquille acque della baia.
    Vorrebbe urlare il suo nome a squarciagola, saltare giù dalla barca, nuotare da lei, confessarle quanto ha dovuto tacerle per troppo tempo e poi baciarla con fervore, davanti a tutti, anche a costo di essere malamente respinto.
    Ha combattuto senza indugio contro una schiera di pirati maledetti, non avrebbe problemi a battersi contro un manipolo di soldati ben armati e addestrati.
    Se negli anni non si fosse così temprato a controllare il suo lato più passionale e impulsivo, nonostante le manette ai polsi e quelle due paia di canne cariche puntate addosso, probabilmente in questo momento lo avrebbe già fatto, al diavolo il buon senso e ogni briciolo rimastogli di decoro.
    Un sobbalzo dello scafo lo riporta repentinamente al presente. Oltre a coprirsi di ridicolo, molto più realisticamente come minimo finirebbe crivellato di pallottole. Il solo fatto di essere stato sfiorato da quel pensiero folle, lo inquieta un po’. Entrare in contatto con quella gentaglia ha avuto una cattiva influenza su di lui, o forse ha soltanto risvegliato un’indole dissennata che ha sempre avuto nel sangue.
    Scacciando quelle macabre immagini e tentando di calmare il tumulto che gli ribolle nelle vene, distoglie lo sguardo dalla Dauntless, ormai sempre più distante, riportandolo sui compagni di bordo. Su di uno in particolare.
    Ha creduto che non si sarebbe mai dato per vinto, che avrebbe escogitato qualcosa di inconsulto per sottrarsi a quella cattura, così non è stato, ma Will vuole supporre che forse sta soltanto aspettando l’attimo propizio per agire di soppiatto.
    Perciò tiene d’occhio l’ineffabile pirata, scruta ogni suo gesto o espressione, aspetta un suo cenno, un guizzo, tenendosi pronto ad entrare in azione.
    Jack Sparrow, invece, dopo il loro ultimo diverbio è diventato stranamente taciturno, quasi disinteressato a ciò che lo attende, ancora più indecifrabile. Perso nelle sue più intime riflessioni, non guarda in faccia nessuno degli altri compagni imbarcati con lui, piuttosto fissa malinconicamente il mare, socchiude le palpebre e ne ispira a fondo e con lentezza quell’odore unico eppure mutevole, dolce e salato, pungente e inebriante.
    Non c’è nient’altro al mondo che ami in maniera tanto viscerale e da cui gli dispiaccia maggiormente doversi separare.

    Nell’approssimarsi alla terraferma l’umore di tutti gli arrestati si è sensibilmente incupito. Si limitano a bofonchiare, sospirare, imprecare sottovoce, qualcuno piagnucola perfino, ma nessuno di loro ostenta più la meschinità e la crudeltà con cui si sono fatti spaventosamente conoscere quale masnada maledetta, funestando per un decennio porti e insediamenti del Nuovo Mondo.
    Neanche le galere di Fort Charles sono state risparmiate dalla furia dei cannoni della Perla Nera, l’impatto delle palle di piombo ne ha squarciato le mura, riducendo lo spazio riservato alla custodia dei criminali, che ora vengono ammassati in quei pochi cubicoli rimasti intatti, in attesa di un trasferimento o di una sentenza che li liberi da quella lenta agonia.
    E così Will Turner si ritrova costretto, gomito a gomito, con quegli stessi uomini senza scrupoli che fino a qualche giorno prima hanno tentato di ucciderlo.
    Con gli assassini di suo padre.
    Sparrow stavolta non divide la prigione con lui, è stato rinchiuso da solo, dietro le stesse sbarre da cui il giovane fabbro costruttore lo ha tirato fuori, sfruttando un accorgimento celato nella realizzazione di quelle celle, finendo per invischiarsi in quella controversa alleanza che lo ha condotto a condividere la sua stessa deprecabile sorte.
    Chiunque sia stato preposto a ripristinare le carceri, in ogni caso, si è preoccupato di rimuovere qualunque potenziale leva, si accorge desolatamente il ragazzo, cercandosi un angolino per sedersi.


    La carrozza sobbalza spedita sul selciato malmesso e ricoperto di buche, inerpicandosi verso l’estremità settentrionale dell’isola, laddove si erge sontuoso e solitario il Palazzo del Governatore, che dal promontorio domina il pittoresco e ampio golfo di Port Royal.
    Nonostante l’ora alta, per le vie della città ci sono già parecchie persone indaffarate.
    Qualche lampionaio si occupa di spegnere le ultime torce rimaste accese dalla notte precedente, ciurme di pescatori si dirigono verso le banchine caricandosi reti e lenze, locandieri e massaie sostano sugli usci spazzando via cenere e detriti, commercianti e bottegai preparano la mercanzia da esporre sulle bancarelle o su dei malconci carretti con cui andranno in giro tra i vicoli e le piazze.
    Alla luce del giorno l’entità della devastazione inferta dai pirati si mostra in tutta la sua esecrabile efferatezza. Le costruzioni più vicine al porto sono ridotte in cumuli di macerie pericolanti, alberi e cespugli appaiono bruciacchiati e inceneriti, le strade sono disseminate di rottami, fuliggine e fango.
    Alcuni abitanti hanno perso tutto durante l’incursione di una settimana prima e vagano disorientati, tristi e attoniti tra gli edifici pieni di crepe e in rovina, altri, invece, non si scoraggiano, adoperandosi a riparare con travi e chiodi almeno le imposte e i tetti delle loro povere case.
    Continuando ad osservare da dietro il vetro oscurato da una raffinata tendina di pizzo la miseria e la distruzione dei bassifondi, la figlia del Governatore è scossa da un fremito di vergogna. Si sente viziata ed egoista per aver pensato solo alle proprie paturnie.
    Vorrebbe rendersi utile in qualche modo per quella gente sfortunata. Ma sa che non le è concesso sporcarsi le mani.
    Comprende un po’ meglio il punto di vista del Commodoro Norrington, anche se non condivide la sua volontà di fare di Jack Sparrow l’unico capro espiatorio per quanto è successo. Le sembra solo una sterile rivalsa.
    Non sono arrivati neanche a metà del tragitto, quando, tutto d’un tratto, il sostenuto galoppare dei cavalli si arresta. Miss Swann si sporge a guardare dal finestrino, per capire cos’abbia indotto il cocchiere a frenare.
    Quel che vede è una misera famigliola, i genitori non avranno che qualche anno in più rispetto a lei e Will, ma si portano dietro una nidiata di figli petulanti e scalmanati, che, scorrazzando spensierati, per poco non finivano schiacciati sotto le ruote del veicolo.
    La più grande delle bambine, capendo chi sia, si prodiga a rivolgerle un piccolo inchino, esibendo anche un sorriso sdentato, prima che la madre la sproni con brusca solerzia a venir via dalla strada e togliere l’intralcio, allontanandosi con il resto della prole senza tanti convenevoli.
    Qualche altro passante allora la nota, soffermandosi a salutarla. Sembrano tutti incuriositi e sbalorditi, la riveriscono cordialmente, ma dai loro ossequi più che un sincero rallegramento traspare della sottesa malizia.
    La notizia del suo insperato ritorno in breve finirà sulla bocca di tutti. E immagina già cosa si malignerà sul suo conto: giacché ha trascorso giorni alla mercé di pirati dissoluti e debosciati, crederanno che sia stata disonorata. Non aveva riflettuto neanche su quello.
    Compunta dal loro invadente scrutinio su di sé, la ragazza si ritrae all’interno della vettura, richiamata anche da suo padre, che subito dopo si rimette a sonnecchiare, mentre la carrozza riprende a muoversi celere in direzione del ricco quartiere di St. Paul.
    Varcato il cancello della magione, l’accoglienza che le riserva la fedele servitù è molto diversa, sono tutti molto contenti e sinceramente commossi di rivederla sana e salva e si offrono di esaudire ogni sua richiesta, la premurosa Estrella in primis.
    Nota un alone rosso scuro proprio davanti alla porta d’ingresso che una domestica armata di strofinaccio sta alacremente tentando di scrostare, ed Elizabeth non trattiene un brivido, ricollegandolo al ricordo della brutale uccisione del maggiordomo avvenuta l’ultima notte che ha trascorso lì.
    Suo padre le si accosta con fare protettivo, invitandola a passare oltre quella funerea visione: «Confido che presenzierai anche tu più tardi. E dopo che questa spiacevole faccenda sarà conclusa, organizzeremo una festa per ufficializzare il tuo fidanzamento con il Commodoro Norrington».
    Weatherby Swann si decide a rompere la mancanza di dialogo che ha accompagnato il loro tragitto da che hanno lasciato il molo, e il suo annuncio accende d’entusiasmo le cameriere che si congratulano con i padroni di casa per il lieto evento.
    Agli occhi dell’aristocratico, forse un po’ abbacinati dalle proprie ambizioni, la sua unica erede e l’ineccepibile ufficiale formano una coppia ben assortita; li ha visti fare conversazione, passeggiare insieme, confrontarsi in maniera stimolante. Lui ha la maturità giusta per aiutarla a crescere e ad abbandonare le sue fatue fantasie infantili.
    «Sarà anche un modo per ritornare alla normalità», aggiunge con le migliori intenzioni, ma gli sembra che le sue blande parole accrescano l’attrito tra lui e l’insolitamente ritrosa figlia, la quale, annuendo sommessamente, si limita a farsi sfuggire un fievole sospiro, che lui non sa bene come interpretare, per poi rifugiarsi in tutta fretta al piano superiore.
    Il Governatore sale a sua volta verso i suoi appartamenti, anelando a recuperare un po’ di ristoro, anche se prima di poggiare la testa sul cuscino o rifocillarsi deve assolvere ad una promessa fatta ad Elizabeth.
    Convoca perciò il suo segretario, affinché possa sbrigare subito quell’incombenza.


    Avere una cella tutta per sé più che una punizione sembra quasi un trattamento di favore.
    Che lo ritengano diverso dagli altri della sua risma lo lusinga. È quello in cui ha sempre confidato, distinguersi dalla feccia, dimostrare di non essere un semplice criminale di bassa lega, bensì un gentiluomo di ventura unico nel suo genere, un uomo impavido che ha scelto volutamente di rinnegare gli asfissianti vincoli della società e di condurre una vita libera, esaltante, scostumata, senza costrizioni di alcun tipo.
    Anche se, a voler essere un pizzico onesto con se stesso, non è che ora come ora abbia tutta questa possibilità di muoversi. Una cella resta comunque una cella.
    Un refolo salmastro gli solletica le narici e i sensi, sospingendo le sue membra intorpidite dalla forzata immobilità a raggiungere la piccola apertura inferriata da cui può almeno fruire dell’apprezzabile vista sulla rada, punteggiata dagli alberi di un discreto numero di velieri di varia foggia.
    È lì che dovrebbe trovarsi un gagliardo avventuriero come lui, su uno di quei legni galleggianti, possibilmente dotato di un buon pescaggio e di un’adeguata attrezzatura velica, l’incomparabile ebbrezza del mare aperto e delle sue tante incognite ad attizzare il suo spirito mai domo.
    Non si è mai guardato indietro, ha sempre e solo contato su stesso. E invece, adesso, dopo tante tribolazioni per forgiarsi un nome che sarebbe stato ricordato, tutto quello che gli resta da fare è attendere passivamente che succeda qualcosa, restandosene coricato su un pagliericcio umido e puzzolente.
    È inutile prendersi in giro. Non marcirà lì dentro, le sue ore sono contate. Lo sente.
    Eppure, stranamente, non prova sconforto né commiserazione.
    Direbbe qualsiasi cosa per salvarsi la pellaccia. Farebbe qualsiasi cosa. Tranne pregare.
    Ha ancora una dignità da difendere, nonostante tutto.
    «Credevo che stessi aspettando il momento più opportuno per … improvvisare qualcosa».
    Il figlio di Sputafuoco Bill, confinato nel cubicolo accanto al suo, sporge la faccia tra le grate che li dividono, apostrofandolo puntiglioso, un’espressione delusa che sa di rimpianto, di speranza tradita, ma è anche sottilmente provocatoria.
    Gli rimarca il suo fallimento, lo taccia di codardia.
    Ma lui non ha più lo spirito di arridere all’ineluttabilità della sua sorte avversa: «Non sempre quel momento arriva. La vita è una ruota che gira, comprendi?», lo redarguisce disincantato e indolente.
    Will sta per ribattere qualcosa, quando l’incedere di alcuni passi pesanti riecheggia dalla rampa di scale in fondo al corridoio, precedendo l’ingresso di un paio di guardie.
    «Chi di voi è William Turner?», domanda uno dei due soldati, interrogando con sguardo inquisitorio le facce nervose e demoralizzate dei prigionieri.
    Il diretto interessato si fa avanti con circospezione, scavalcando gli inseparabili Pintel e Ragetti, fiaccamente adagiati sul pavimento di pietra, intenti a confortarsi a vicenda.
    L’uomo in divisa lo studia per qualche secondo, per accertarsi che corrisponda alla descrizione fornitagli e che non sia qualche altro mascalzone che prova a spacciarsi per lui, poi, rassicurato dalla sua identità, prosegue a leggere il documento vergato che reca con sé, con l’aiuto del collega che gli regge un lumicino: «Sua eccellenza il Governatore di Port Royal Lord Weatherby Swann, con l’autorità conferitagli da sua Maestà Re Giorgio II di Gran Bretagna, ha emesso un atto di clemenza a vostro favore. Pertanto vi è stato perdonato il reato di pirateria e verrete dispensato dalla condanna prevista per tale infame crimine».
    «Hai capito il bastardello!»
    «Raccomandato!»
    «Avrà qualche santo in Paradiso!»
    A quell’annuncio si levano ingiurie, proteste e mormorii rosi d’invidia, mentre il giovane Turner, interdetto, avverte il groppo annidatosi nelle budella sciogliersi, le ginocchia divenire molli, le pulsazioni più forti e la testa ronzare, tanto che quando la porta gli viene aperta tarda a muoversi, fino a che non sono le stesse guardie ad afferrarlo e trarlo fuori, dovendo ricacciare indietro un paio di delinquenti che tentano di approfittare della circostanza per uscire al posto suo.
    Ricevendo in mano il salvacondotto, Will aggancia lo sguardo sghembo di Jack Sparrow che gli ammicca con fare saputo: «Fa’ buon uso della tua libertà, figliolo … Voglio dire, non disturbarti di venire a tirarmi i piedi!», si rettifica in un lampo per quel paterno monito soffiato quasi incidentalmente.
    Il ragazzo stavolta non ricaverebbe alcun vantaggio nel salvarlo, perciò perché mai dovrebbe compromettersi per lui?
    Anche se, riflettendoci, non ha avuto la compulsione di mentire. Può darsi che quando si è vicini alla dipartita si diventa più autentici, non si ha più nulla da perdere.
    Senza scomporsi troppo, il pirata si lascia attraversare da quella futile considerazione e, voltandosi, torna a piazzarsi davanti alla finestra, restando in assorta contemplazione del distante paesaggio marino che tanto adora.

    Mentre torna a respirare all’aria aperta, Will non riesce ad essere altrettanto strafottente.
    Si sente quasi in torto per essere stato l’unico scagionato.
    Percorrendo i viottoli sabbiosi dei cantieri navali di Pembroke Street, scendendo a sud della baia verso il quartiere disastrato di Ridge Street per poi svoltare a est dove sorgono gli empori, le mescite e le botteghe artigiane di Howell Alley, si accorge di tanta gente sfollata che si arrabatta per rimettere in sesto le proprie attività commerciali e le proprie abitazioni. C’è molto da ricostruire.
    Alcuni conoscenti, vedendolo ricomparire in quei paraggi, scambiano con lui qualche chiacchiera o un saluto affrettato, chiedendogli di ripassare appena può per aggiustare qualcosa e lui cerca di non scontentare nessuno, promettendo di aiutarli come potrà.
    Appena rientra in officina viene accolto da un signor Brown meno alticcio del solito che, affaccendato ad armeggiare con incudine e martello, più che preoccuparsi di sapere dove sia sparito negli ultimi giorni, gli inveisce contro con una mordace ramanzina, rimproverandogli di averlo abbandonato proprio nel momento di maggiore bisogno.
    Will sospira guardandosi intorno: la fucina in effetti trabocca di commissioni incompiute e sulla bacheca adocchia una sfilza di fogli con i promemoria di altri ordinativi.
    Il lavoro nelle prossime settimane di sicuro non gli mancherà e magari lo aiuterà a distrarsi e a dimenticare quanto è successo. A dimenticare perfino Elizabeth.
    A tempo debito potrebbe trovare una brava ragazza, umile, onesta e abbastanza gradevole, con cui accasarsi e relegare il ricordo di ciò che c’è stato tra loro a nient’altro che una parentesi irripetibile, un sogno effimero.
    Ci sono almeno un paio di fanciulle dabbene che spasimano per lui, semplici e poco pretenziose figlie di mercanti che potrà frequentare liberamente, poiché appartengono al suo stesso ceto. È scontato che nessuna di loro potrà mai competere con la grazia, l’intelligenza e il coraggio di Miss Swann, ma dovrà perlomeno provarci.
    Provarci o impazzire. Prima o poi quell’insana smania di volerle stare accanto passerà.
    Oppure dovrà trovare il fegato di confessarglielo.
    Risalendo nella sua stanzetta al piano ammezzato per darsi una veloce ripulita, ode le campane della chiesa di Sant'Anna rintoccare a distesa, cosa che capita solo in situazioni di allarme o per richiamare i cittadini a raccolta.
    Con un sapore amaro nel palato, Will pensa di intuire da cosa dipenda quel crescente fermento. Nella piazza di High Street hanno già allestito la forca per le esecuzioni.
    Poco fa, quando passando da lì ci si è imbattuto, è rimasto a distanza, provando dispiacere e fastidio nel cogliere i commenti pieni di disprezzo e di esaltazione delle persone che stavano cominciando a radunarsi per il cruento spettacolo che si terrà prima del tramonto.
    A salire sull’infame palco sarà proprio quel pirata squinternato, vanesio e opportunista, astruso e imprevedibilmente geniale nella sua bizzarria, senza il cui appoggio un modesto fabbro asciutto di inganni e ignaro di navigazione non sarebbe mai riuscito ad imbarcarsi per salvare l’amore della sua vita.
    A quanto pare alla fine hanno scelto di immolare proprio lui, come indennizzo per le tante vite perse o distrutte. Non sembra un atto di giustizia, quanto piuttosto una ripicca per saldare un conto in sospeso di natura personale.
    Nessuno si esprimerà a suo favore né gli mostrerà compassione, benché non sia certo il peggiore tra gli uomini conosciuti che si sono associati alla filibusta per non essere imbrigliati in un’esistenza spenta e piatta, in cui limitarsi a servire e obbedire a testa bassa per sopravvivere.
    Will si rende conto che in fondo, nel suo essere fedele solo a se stesso, nel suo perseguire accanitamente i propri desideri e non farsi comandare dagli altri, un po’ lo ammira.
    C’è del buono in quel briccone scalognato; forse comincia a capire perché suo padre si è schierato dalla sua parte.
    Il suo spirito eversivo lo comprende.
    Si è dovuto piegare anche lui a consuetudini imposte da altri e ora non sa più se lo ha fatto per quieto vivere o per vigliaccheria. Sa solo che non vuole più subire le decisioni altrui, non gli importa della loro approvazione.
    Se ha imparato qualcosa dalla sua recente esperienza tra quei tagliagole, è che non si può vivere di rimorsi né di rimpianti.
    Rovistando nella piccola cassapanca ai piedi del letto rinviene dei vestiti quasi nuovi, un cappello piumato e un mantello carminio. Ha potuto comprarseli con le mance racimolate in un intero anno e conservate con parsimonia. Non li ha mai indossati per non sciuparli, convinto che li avrebbe sfoggiati per un’occasione speciale che non è mai arrivata.
    La sortita suicida che si sta apprestando a compiere potrebbe finalmente rivelarsi il momento giusto.
    L’eco dei rintocchi si sta spegnendo, ma non tutto è perduto, può ancora evitarlo.
    Sì, Jack Sparrow è meritevole di una seconda occasione.
    Non lo lascerà indietro.



    Edited by Fanny Solomon - 5/4/2024, 17:02
     
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