Rosa indelebile

Storia Originale

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline

    Rosa indelebile


    Categoria: Bollino arancione (per adolescenti e adulti con tematiche forti)
    Genere: Drammatico, sentimentale, psicologico.

    Trama

    La vita per Rosa Bianchi non è mai stata tranquilla, fin da quando è venuta al mondo.
    Questo ha portato la giovane diciassettenne a forgiare nel corso degli anni una personalità orgogliosa e un po' aggressiva, rimanendo allo stesso tempo una persona empatica e di buon animo, sempre pronta a difendere le persone che ama; i suoi amici sono la sua vita e senza di loro non avrebbe altre ragioni per andare avanti.
    Tuttavia, proprio quando le cose avevano cominciato ad andare bene, i demoni del suo passato si alleano con le sue problematiche nel presente. Ancora una volta dovrà armarsi di coraggio e farsi forza, come ha sempre fatto.
    Ambientata a Napoli, la storia ruota attorno a cinque migliori amici, uniti da un legame indelebile e un'amicizia profonda impossibile da distruggere, ma sarà l'imminente arrivo di un altro membro all'interno della cerchia a cambiare molte cose nella vita di Rosa.
    _________________________________________________________________________________



    Prologo

    🌹

    Il sordo rumore di uno sparo aveva rimbombato nel cuore della notte, spezzando il sonno di chiunque abitasse nelle vicinanze. Ogni canto notturno della natura era cessato e la luce delle stelle sembrava essersi sbiadita. La luna, vista da chiunque in quel momento, appariva terribilmente solitaria.

    Quella era stata una notte davvero fredda.

    La signora Olivieri si era alzata dal letto, infilando prontamente i piedi gelidi nelle ciabatte e indossando velocemente la sua vestaglia di lana. Accese una lampadina, intimorita dal buio che attanagliava la sua camera e si era affacciata alla finestra, sentendo il vento pungerle le guance.
    La porta dietro di lei si era aperta, mostrando sull'uscio un ragazzo di appena tredici anni, con lo sguardo terrorizzato, scalzo e senza niente addosso. Era suo nipote, Andrea.

    «Zia, chiama un'ambulanza!» le aveva urlato speditamente, confermando i dubbi della donna.
    Qualcosa doveva essere successo nell'abitazione Bianchi.
    «Andrea, è tutto sotto controllo, torna a dormire» gli andò vicino per rassicurarlo, ma il ragazzino fece dei passi indietro.
    «No, no» aveva esclamato in preda al panico «Rosa, zia, Rosa! Rosa è in pericolo! Io devo andare!»

    Un altro rumore di sparo li interruppe, facendo sbiancare Andrea, che non aveva perso altro tempo ed era corso immediatamente verso la porta di casa, ignorando gli urli della zia che lo supplicava di non andare.
    Scese le scale del suo palazzo e si precipitò fuori dal portone per bussare senza sosta la porta di casa della sua migliore amica. In lontananza, un altro rumore aveva attirato l'attenzione di tutti gli altri vicini, scesi nel quartiere poco illuminato a causa degli spari.

    Qualcuno aveva chiamato i carabinieri e il frastuono delle sirene si stava avvicinando.

    Un signore anziano si avvicinò ad Andrea, che intanto aveva cominciato a piangere e a battere più violentemente i pugni verso l'ingresso chiuso a chiave.
    «Giovanotto, stanno arrivando i soccorsi, vieni via da lì» provò a tirarlo via prendendolo per le spalle, ma il ragazzino si era dimenato.
    «No, no! Devo entrare, devo aiutarla!» aveva pianto «Rosa! Rosa! Aprimi ti prego!» continuava a gridare, mentre veniva trascinato via da altri due uomini.
    «Calmati ragazzino o qui ci ammazzano tutti!» lo aveva intimato uno dei due «Torna a casa, i soccorsi stanno arrivando» lo aveva rassicurato l'altro, ma non riusciva a smettere di agitarsi.

    Nel frattempo, l'auto dei carabinieri era appena arrivata e così l'ambulanza. Una volta che i paramedici erano arrivati sul posto, ancora non si sapeva il motivo per cui era stata chiamata d'urgenza dalle forze dell'ordine e gli uomini in divisa avevano subito rassicurato tutti, dicendo che avrebbero pensato loro alla situazione, qualunque essa fosse stata.
    La presenza di armi da fuoco era sufficiente per una perquisizione senza un mandato; dopotutto, si parlava dell'abitazione di un camorrista già noto alle autorità di Napoli.

    Dopo un iniziale tentativo di entrare senza dover ricorrere all'uso della forza, fallito miseramente poiché nessuno rispondeva, i carabinieri si ritrovarono costretti a scassinare la serratura.
    Non appena la porta si aprì, Andrea si era catapultato di fronte alla soglia, fermato prontamente dagli uomini in divisa, che gli vietavano l'accesso.
    Un carabiniere coprì gli occhi al ragazzino, quando si ritrovò davanti uno spettacolo davvero inquietante: il colore di sangue, persino nel buio della casa, si vedeva fino al tappeto d'ingresso.
    «Che tutti i presenti tornino a casa!»

    🌹


    Edited by Elizabeth Swann - 17/3/2024, 10:53
     
    Top
    .
  2.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline
    Categoria: Bollino arancione (per adolescenti e adulti con tematiche forti)
    Genere: Drammatico, sentimentale, psicologico.


    Rosa indelebile
    Capitolo I - Parte I: Inizio

    🌹💙

    I primi raggi del mattino filtravano attraverso le persiane abbassate di una stanza piccola e po' in disordine, il cui spazio era limitato dalla presenza di molti attrezzi da palestra sul pavimento.
    La luce penetrò tra le palpebre chiuse della proprietaria di quella camera, come a volerle dare il buongiorno.

    La ragazza ispirò piano e aprì lentamente gli occhi, dallo stesso colore di una pietra di zaffiro. Fissò il soffitto prima di mettersi a sedere e di stiracchiare le braccia incrociate verso l'alto, passandosi poi una mano tra i suoi capelli, il cui blu scuro ed elegante come la notte stonava con il bagliore del giorno.

    Inspirò ed espirò regolarmente, cercando di svegliarsi definitivamente, sentendo un briciolo di sonno rimasto.
    Non era la prima volta che quell'episodio tornava a infestarle la mente durante i suoi incubi, ma ogni volta che si palesava era più vivido della precedente.
    Si passò una mano in faccia, stropicciandosi gli occhi, poi guardò l'orario; si era alzata appena in tempo per prepararsi.

    Le vacanze estive erano ormai finite.

    Alzandosi, la prima cosa che fece era di posizionarsi a terra e di cominciare con una ventina di piegamenti, per iniziare la giornata col piede giusto. Finiti quest'ultimi, si dedicò agli addominali e a un esercizio per tenere ben allenati i bicipiti; i pesi.
    Mentre con una mano sollevava un manubrio da 12 kg, con l'altra diede un'occhiata al suo telefono, poggiato sul comodino. Scorreva il dito sulla home dei messaggi, notando che il suo gruppo fissato in alto era già pieno di messaggi.

    Era il primo giorno di scuola.

    Allenò anche l'altro braccio, quando la suoneria si attivò e, dalla musica scelta appositamente, capì all'istante di chi si trattasse.
    Prese in mano il cellulare e rispose, continuando ad allenarsi.
    «Giorno Ro', sei già sveglia?» parlò il ragazzo al massimo, ancor prima che lei dicesse qualcosa.
    «Buongiorno anche a te, Andrea» ridacchiò Rosa «Si, mi sono un po' anticipata stamattina. Volevo provare a fare qualche esercizio in più. E poi dobbiamo passare a prendere le ragazze per fare colazione insieme. Tu piuttosto, sei già sveglio?» inarcò divertita un sopracciglio, sapendo quanto il suo migliore amico fosse un dormiglione.
    «In realtà sono anche già pronto» gongolò soddisfatto, sapendo di averla sorpresa «Questa volta mi sono svegliato prima di te»
    Rosa scosse la testa, sorridendo suo malgrado. Si era già completamente dimenticata dell'incubo avuto.
    «Beh, allora dovrai aspettare prima di avviarti, perché io devo finire di allenarmi e devo prepararmi» posò il peso a terra «Ci sentiamo più tardi, va bene? A dopo» terminò la telefonata con un click per poi buttare il cellulare sul letto dietro di lei, saltando per afferrare la barra sulla soglia della porta e cominciare ad esercitarsi con le trazioni.
    Ogni volta che sentiva i muscoli delle sue braccia tirare, il suo cuore prendeva a battere più forte e non riusciva a smettere di sorridere mentre contava.
    Forse l'emozione di quella giornata aveva già cominciato a farsi sentire.

    Dopo circa una ventina di minuti, Rosa provò un gradevole senso di soddisfazione.

    Si spogliò della canottiera e del suo pantalone corto, rimanendo a fissare la sua figura nel riflesso dello specchio del bagno. Le gambe sembravano essere ancor più tonificate di quanto non lo fossero già prima delle vacanze e gli addominali erano appena visibili. I bicipiti si erano fortificati e le spalle si erano leggermente allargate.
    Le sembrò di essere anche un po' più alta e questo la fece sogghignare tra sé e sé.
    "Mi dispiace Andrea, ma mi sa che rimarrai per sempre più basso di me" pensò divertita, voltandosi verso la vasca.

    Si fece una doccia veloce e ne approfittò per farsi anche lo shampoo, dato che aveva ancora tempo.
    Usò un bagnodoccia all'olio d'Argan e alle rose, uno shampoo dalla fragranza alla lavanda, appositamente per mantenere il colore dei suoi capelli e un balsamo ammorbidente. Il contatto con quelle profumazioni fece sparire ogni traccia dell'angoscia provata appena sveglia.
    Non voleva pensarci. Ormai, apparteneva tutto al passato.
    Lei stava bene: era questo tutto ciò che contava.

    Quando chiuse l'acqua, afferrò il suo accappatoio nero, notando che quello viola di sua madre era ancora asciutto. Probabilmente doveva ancora svegliarsi, anche se di norma a quell'ora la donna era già in piedi.
    Il fono l'aiutò a rimuovere ogni traccia di umido dalle sue ciocche. Rosa riguardò all'interno dello specchio, notando che i suoi capelli continuavano a non crescere "dritti", nonostante fosse andata dal parrucchiere molte volte in quegli anni, per cercare di farli ricrescere correttamente. Le punte erano spezzate e non lineari, non si allungavano più di tanto e le arrivavano alle spalle.
    Con un pettine provò ad aggiustarle meglio ma il risultato non la convinse molto.

    Fece il possibile per un'acconciatura più o meno decente, ma non c'era molto che potesse fare, così decise di lasciare perdere. Tanto non stava poi così male.
    Rosa ritornò in camera sua con ancora l'accappatoio addosso, aprì il cassetto principale per trovare l'intimo e, in un altro cassetto, ricercò qualche outfit che potesse starle bene, poiché non aveva molte cose e l'abbinamento non era proprio il suo forte.

    Scelse una maglietta leggera, grigia e profumata, appena lavata e stirata, un jeans nero ad alta vita leggermente strappato e il suo amatissimo giubbotto di pelle nero, anche se non era ancora autunno e probabilmente se lo sarebbe tolta appena arrivata in classe.
    Infilò i suoi adorati stivali di pelle neri che le arrivavano fino alle ginocchia, con un leggero tacco sotto. Era indecisa se indossare qualche accessorio e alla fine optò per una catena al collo e dei bracciali con le borchie. Si affacciò nuovamente ad uno specchio e, arricciando le labbra, pensò che un po' di trucco sarebbe stato un tocco in più da non volersi negare.
    Così prese il suo unico mascara e allungò bene le ciglia, si mise l'eyeliner e poi un rossetto nuovo color prugna della Kiko regalatole da una sua amica.

    Si sistemò bene la giacca, non tanto sicura del suo trucco, ma il colore del rossetto le piaceva come stava sulle sue labbra sottili. Magari avrebbe dovuto comprare un nuovo mascara.
    Prese lo zaino già preparato la sera precedente su una spalla e scese le scale, notando le luci del corridoio ancora spente. Sua madre non si era ancora alzata, il che era molto insolito. Risalì verso il piano superiore e andò nella sua camera, vedendo la figura della donna ancora nelle coperte, girata di lato.
    Si avvicinò piano, anche se il suo obiettivo era quello di svegliarla. Arrivata vicino, accese la piccola lampada sul comodino e le mise una mano sulla spalla per destarla.
    «Mamma?» la chiamò a bassa voce «Mamma, sono quasi le sette, svegliati»

    Un mugolio le fece capire che si era accorta della sua presenza. La donna si girò molto lentamente, mettendosi a pancia in sù, con il capo girato dalla parte della figlia.
    «Mamma?» le mise una mano sulla fronte per assicurarsi che non aveva la febbre «Mamma, io devo uscire, devo andare a scuola. Riesci ad andare a lavoro?» si chinò verso il pavimento, appoggiandosi sulle ginocchia, una volta che si era resa conto che la temperatura era normale.
    Sua madre aprì appena gli occhi e Rosa si accorse che aveva delle occhiaie terribili.
    «D'accordo, non preoccuparti, avviso io il tuo collega che oggi non sarai in negozio. Tu per oggi resta a casa e riposati, va bene? Ti voglio bene» le diede un bacio sulla fronte, spense la lampada e sorrise malinconicamente, notando che la donna aveva richiuso gli occhi e si era già addormentata.

    Uscendo dalla stanza, si rese conto che ultimamente sua madre non stava molto bene. Parlava poco, non aveva appetito e ora aveva appena scoperto che faceva anche fatica a dormire.
    Magari avrebbe potuto saltare gli allenamenti di kickboxing quel pomeriggio e l'avrebbe accompagnata in ospedale. Stava cominciando seriamente a preoccuparsi ed era anche combattuta se andare a scuola o rimanere a casa con lei.
    Decise prontamente di mandare un messaggio alla signora Olivieri, la zia del suo migliore amico, nonché vicina di casa, per chiederle se sarebbe potuta passare più tardi per assicurarsi che fosse tutto apposto.
    Inviò un messaggio anche alla chat di sua madre, così che l'avrebbe letto una volta sveglia, dicendole che se avesse avuto bisogno di qualcosa avrebbe potuto contare su di lei. Infine, avvertì il suo collega e posò il telefono in tasca.

    Fatto ciò, uscì con la sensazione di un peso nel petto, mentre la brezza mattutina le accarezzava il viso. Girandosi verso sinistra, vide Andrea poggiato sul muro della sua abitazione, che non appena aveva sentito la porta aprirsi, si era voltato verso di lei, posando il cellulare.
    Non appena furono uno davanti all'altro, si scambiarono un pugno contro pugno, ridendo sottovoce, sapendo di non poter fare troppo rumore poiché era prestissimo.
    «Beh, c'abbiamm?» chiese lui, mentre Rosa prendeva dalla tasca dello zaino una sigaretta nera.
    «Dobbiamo passare a prendere prima Melissa, giusto?» mise in bocca il mozzicone e l'accese con il suo accendino d'acciaio nero, personalizzato con la scritta "Jack Daniel's" «Ti ha chiamato? E' già pronta?»
    «Si, quando l'ho chiamata era quasi pronta. Non vede l'ora di vederci» sorrise «E' da luglio che non la vediamo»

    Rosa ispirò il fumo della sigaretta, sorridendo al ricordo dell'ultima volta che aveva visto la sua amica; avevano organizzato una sera da passare tutti insieme, poiché sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbero vista durante le vacanze estive.
    «Dici che ci ha portato qualche souvenir da Roma?» incominciarono ad incamminarsi «Dalle storie sui social sembra che si sia divertita molto, anche se ogni sera mi chiamava per dirmi che le mancavamo tutti» continuò il ragazzo, l'emozione nella voce all'idea di rivedere Melissa.
    «Tutti...o tu?» alluse Rosa con una spallata, sotto lo sguardo severo dell'amico.
    «Non ricominciare Ro', lo sai che Melissa non mi vede in quel modo» borbottò e arrossì leggermente quando l'amica cominciò a ridere con la sigaretta in bocca.
    «Nun c crir manc tu!» inspirò ed espirò subito «Ce ne siamo accorte tutte, tranne te»
    «Ro' non illudermi, guarda che non è come pensi. Lei mi vede solo come un amico che conosce da tutta l'infanzia, niente di più» scrollò le spalle e mise le mani dentro le tasche, sentendo improvvisamente un pizzico di freddo.
    «Mettiamo anche che sia così. Tu come la vedi?» gli sorrise «Come un'amica che conosci da tutta l'infanzia?»

    Andrea le diede nuovamente una spallata, cercando di non ridere.
    «Smettila di prendermi in giro, lo sai già» alzò il capo in alto, come per chiedere aiuto al vento di rinfrescargli la faccia, che sentiva andare a fuoco.
    Rosa sogghignò, appoggiandogli una mano sulla spalla.
    «Se non ci pensi tu, qualcun altro ci penserà. La nostra Melissa è alquanto popolare tra i ragazzi»
    «Ro', se sbagliassi qualcosa con lei, potrei rovinare tutto il rapporto che abbiamo costruito in questi anni. Non voglio che accada, voglio esserne sicuro»
    «Chest pur è over» fece un altro tiro «Se non ne sei sicuro, è inutile che ti butti» la sigaretta era quasi spenta.
    Andrea sorrise malinconicamente, poggiando lo sguardo su un punto imprecisato del cielo in lontananza.
    «Io non mi sento sicuro di niente Ro'. Proprio di niente»

    🌹💙

    Era calato tra loro il silenzio, per tutto il tragitto.
    Rosa aveva buttato la sigaretta e si era sentita tentata di accenderne un'altra, ma si ricordò di una promessa che aveva fatto proprio a Melissa, per aiutarla a non prendere il vizio.

    «Massimo due ogni tanto o ti farà male. Sei una sportiva, non avrai gli effetti desiderati se ti rovini la salute!»

    Sospirò un po' imbarazzata. Non sapeva cosa dire all'amico dopo la sua ultima affermazione.
    Lo guardò e improvvisamente si ricordò dell'incubo che aveva avuto quella notte. L'immagine del giovane Andrea che chiamava disperatamente il suo nome si contrapponeva all'immagine di lui in quel momento, in silenzio, con lo sguardo fisso a terra.
    Non era molto cambiato. Era rimasto sempre un po' più basso di lei, i capelli castano chiaro erano diventati più folti e ricci, la sua ciocca albina sul ciuffo risaltava di meno rispetto a quando l'aveva conosciuto quattro anni prima.
    I suoi occhi, dello stesso colore del cioccolato, erano rimasti sempre gli stessi. Dolci, sinceri, ma insicuri.
    Era lo stesso ragazzo pieno d'incertezze che aveva conosciuto quando aveva tredici anni. Lei, a suo confronto, era molto cambiata.


    Voleva dirgli qualcosa, perché quel silenzio la stava mettendo sinceramente a disagio, quando si accorse che erano arrivati vicino al portone della loro destinazione.
    Andrea aveva finalmente alzato il capo e Rosa respirò rasserenata. Vedere di nuovo il suo sorriso era un vero toccasana per la sua mente già turbata.
    Lui bussò al citofono, al che subito Melissa rispose che sarebbe scesa da lì a momenti.
    Pochi minuti dopo, la ragazza aprì loro la porta e si gettò subito ad abbracciare Andrea, che si era messo proprio davanti alla soglia per accoglierla.
    Gli aveva avvolto le braccia attorno al collo, sollevandosi sulle dita dei piedi. Il suo viso era sulla spalla del ragazzo, in un'espressione piena di gioia e d'affetto.
    Andrea le avvolse le braccia attorno alle spalle, stringendola forte.
    In tutto ciò, Rosa era dietro di loro, a godersi quell'adorabile spettacolo.
    «Ehm, scusa l'interruzione Andrea, ma vorrei abbracciare anch'io la nostra principessa» scherzò lei, aprendo le braccia. Melissa si staccò un attimo dall'amico sorridendogli, per poi correre dritta nel petto di Rosa, poiché era talmente bassa rispetto a lei da non arrivarle neanche alle spalle.
    I suoi capelli mossi, neri corvini, erano soffici sotto il suo mento e profumavano di lampone. Quando Rosa guardò l'amica negli occhi, capì quanto le erano mancate quelle gemme dallo stesso colore dell'ametista e il suo sorriso angelico, non potendo trattenere l'impulso di accarezzarle una guancia.

    «Mi siete mancati tantissimo ragazzi» abbracciò tutti e due, unendoli in un abbraccio a tre «Avrei tanto voluto rimanere con voi per tutte le vacanze»
    L'amica sorrise, pettinandole i capelli con le unghie.
    «Ti sei divertita almeno?» le chiese.
    «Magari vi racconto qualcosa durante il tragitto! Luna e Camille ci staranno aspettando»
    «Mando un messaggio sul gruppo per vedere se sono pronte. Le incontriamo direttamente al bar?» domandò il ragazzo, notando che ormai erano le sette e dieci.
    «Probabilmente si. Luna sarà andata a prendere Camille con il motorino» suppose Melissa, mentre avevano già incominciato a camminare.

    🌹

    Arrivati fuori al bar che avevano scelto in precedenza, dove ogni anno era soliti riunirsi il primo giorno di scuola, notarono tutti e tre le due amiche su un motorino nero appena sbucato fuori. Ovviamente alla spericolata guida non poteva che esserci la loro Luna, che sfrecciò proprio davanti a loro, facendo scendere la ragazza seduta dietro, Camille.
    Andrea provò subito a salutarle ma venne interrotto dallo scatto di Camille che si tolse il casco, innervosita.

    «Ti avevo detto di andare più piano!» sbraitò quasi, mentre Luna ridacchiava, togliendosi anche lei il casco.
    «Beh, stavamo facendo tardi» si giustificò, tirando su le labbra e mostrando il suo sorriso a trentadue denti.
    «No, no, tu vai sempre veloce» la indicò con un dito «Lo sai che mi fa paura» abbassò il tono di voce, arrossendo quando si rese conto che i loro amici li stavano guardando.
    «Scusate ragazzi» si passò una mano dietro l'orecchio, portando con sé alcune ciocche dei suoi lunghi capelli biondo fragola.
    «Si, scusate ragazzi» ripeté Luna, che aveva appena spento il motorino e preso il casco della sua amica «Fragolina dolcecuore ha facilmente la nausea» sogghignò.
    Camille divenne sempre più rossa, sapendo di aver alzato troppo la voce.

    Rosa rise divertita e abbracciò Luna, entrambe dandosi delle pacche sulla schiena.
    «Ti sei rasata di nuovo i capelli?» notò Andrea, mentre Melissa abbracciava Camille.
    «Si, stavano ricrescendo» indicò Luna con un dito sulla parte sinistra della sua testa «Ho rifatto anche la tintura» accarezzò i suoi capelli dal lato destro, neri con sfumature viola scure.
    «Stai meglio così, il fucsia non ti donava particolarmente» confessò lui, sentendo il braccio di Luna attorno alle sue spalle.
    «Senti coso, a me dona tutto, ok?» gli pizzicò una guancia con le sue lunghe unghie rosse opache «Tu piuttosto, tagliati questi capelli» glieli scombinò, sotto le risate delle altre e i versi di insoddisfazione di Andrea, mentre con il braccio quasi lo asfissiò.

    «E poi dite che non fa la bulla con me» brontolò senza respiro, scatenando nuove risate.
    «Beh ragazzi, mi sa che è meglio sbrigarci o andremo a scuola a pancia vuota» fece notare Rosa.
    «Va bene, facciamo il tocco e vediamo chi sarà il disgraziato ad offrire a tutti quest'anno!» propose Luna, staccandosi dall'amico «Tranne Camille, potremmo indebitarla» le fece un occhiolino con il suo occhio verde smeraldo, ricevendo in cambio un broncio da parte sua e uno sguardo severo da parte dei suoi occhi azzurri acquamarina, esaltati dalle sue lentiggini che la rendevano assolutamente adorabile.
    «Bene, allora tutti in posizione!» esclamò Andrea.

    «Sasso, carta...!» tutti in coro.

    🌹

    Traduzioni in napoletano:
    C'abbiamm?» = «Ci avviamo?»
    Nun c crir manc tu!» = «Non ci credi neanche tu!»
    Chest pur' è over» = «Questo è anche vero»

    Edited by rosewhitexx_ - 5/9/2023, 22:23
     
    Top
    .
  3.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Re(gina) dei Pirati

    Group
    Elfa della Luce
    Posts
    3,832
    Reputation
    +1,635
    Location
    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

    Status
    Offline
    Sono riuscita a leggere il prologo. Sei stata brava a creare la suspance del momento, complimenti :b: Alla prossima volta per un commento più approfondito ^_^
     
    Top
    .
  4.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline
    Categoria: Bollino arancione (per adolescenti e adulti con tematiche forti)
    Genere: Drammatico, sentimentale, psicologico.


    Rosa indelebile

    Capitolo I - Parte II: Inizio

    🌹💙

    «Forbici!»

    Aveva perso Luna, come l'anno precedente.
    «E quann maje» cominciò a tirare fuori il portafoglio «Continuo a pensare che vi siate messi d'accordo comunque»
    Melissa sorrise beffarda e Rosa sogghignò. Andrea, invece, tirò un sospiro di sollievo e Camille non capì a cosa l'amica si stesse riferendo.
    «Dai, quest'anno ci andremo piano» Rosa le diede alcune pacche sulla spalla «Comunque sei proprio negata a sasso carta forbici eh!»

    Luna arricciò le labbra.
    «Allora l'anno prossimo dovremmo cambiare gioco, cosetta»

    Avevano ordinato una graffa alla crema e un cappuccino per Melissa, un fiocco di neve al cioccolato bianco e un caffelatte per Camille, un cornetto al pistacchio e un caffè macchiato per Rosa e, infine, un cornetto al cioccolato fondente e un caffè amaro per Luna.
    Andrea, invece, aveva preso solo una busta di patatine classiche e una lattina di coca-cola.

    Non appena si fece tardi si alzarono, aspettando che la loro amica pagasse il conto.
    La colazione insieme era qualcosa che non potevano permettersi di fare ogni giorno, per cui si riunivano ogni volta il primo e l'ultimo giorno di scuola. Era il loro modo di cominciare e di finire tutti insieme un nuovo percorso; anche se non erano tutti nella stessa classe, sapevano almeno di essere sempre uniti.

    Si avviarono scherzando e ridendo lungo la strada che li avrebbe portati fuori all'edificio scolastico. Tutti gli studenti si resero conto di essere a settembre solo una volta arrivati.
    Camille si girò attorno, attirando l'attenzione di Rosa, che aveva già notato alcuni atteggiamenti strani da parte sua quella mattina.
    Sembrava guardarsi sempre le spalle, come se stesse cercando qualcosa. O qualcuno.

    «Hey Cami, tutto apposto?» le mise una mano sulla spalla «Ti vedo un po' irrequieta. Come sta andando con il tuo tipo?»
    La ragazza dai capelli biondo fragola si portò dietro l'orecchio una ciocca, palesemente a disagio.
    «Tutto bene» rispose senza guardarla «Sono solo un po' nervosa»
    Rosa annuì lentamente, non molto convinta. Le diede due pacche veloci e prese Luna sotto il braccio, che nel mentre stava amabilmente prendendo in giro Andrea.

    «Mh?»
    «Che cos'ha Camille?» le chiese, notandola ancora strana «Sembra agitata»
    Luna inarcò un sopracciglio e si girò a guardarla.
    «Forse sta cercando il suo tipo?» ipotizzò, ma l'amica mise su un'espressione contrariata.
    «No, quello lì si è diplomato l'anno scorso. Dopo le chiedo cos'ha»

    La campanella suonò e molti alunni entrarono, mentre altri rimasero fuori ancora un po'.
    Andrea, Melissa e Camille salutarono le loro amiche, che rimasero qualche minuto in più nella piazzetta; i loro compagni di classe probabilmente erano già entrati, ma a nessuno delle due importava.

    Luna tirò fuori un pacco di Winston rosse, offrendone una a Rosa, che prontamente rifiutò.
    «Ne ho già fumata una stamattina. E non fumo le Winston» prese il suo accendino per aiutarla «Soprattutto se rosse»
    «Melissa ti ha cazziata per bene vedo» rise dopo il primo tiro «Invece, con me non ci ha manco provato»
    «Perché già sa che sei un caso perso. Tra le sigarette e tua madre venderesti lei» si appoggiò su un muretto, con le mani nelle tasche e una gamba poggiata sul muro.
    «Beh, se parliamo di mia madre, preferirei sempre qualcos'altro a lei» fece un secondo tiro «Anche se si trattasse della mia ultima ex»

    Rosa trattene una risata.
    «Lo sai, tra tutte le persone che conosco, sei l'unica che fuma quelle rosse. Dicono che sono molto pesanti e la maggior parte preferiscono quelle blu»
    «Dici? A me sembrano buone» rigirò la sigaretta tra le dita «Lasciano un sapore particolare»
    «Tu sei particolare» si sporse in avanti.
    «Detto da te poi, che fumi le Black Devil» fece un ultimo tiro, prima di spegnere la sigaretta con un fazzoletto e metterlo nella tasca della sua giacca bordeaux.

    «Entriamo?» le indicò con il capo «Alla prima ora abbiamo De Luca»
    Rosa roteò gli occhi in aria.
    «Incominciamo bene. Non ricordo un cazzo di fisica»

    Le due amiche fecero per entrare, come altri studenti in quel momento. A quel punto dovevano essere passati cinque minuti dal suono della campanella, ma erano ancora in tempo per non beccarsi un ritardo il primo giorno di scuola.
    Tuttavia, una volta arrivate fino al cancello principale, un frastuono di risate insopportabili costrinse Rosa a girarsi, per cercare di capire da chi provenissero. Luna notò come si era congelata di scatto e si preoccupò leggermente.

    «Tutto apposto Ro'? Che stai guardando?» provò a gettare uno sguardo dove sembrava che lei stesse osservando.
    «Ma quelli non sono Castellari, Pugliesi e Carrasco? Che cazzo stanno facendo?» rimase fissa con lo sguardo in una direzione precisa, il tono di voce intriso di rabbia.
    In lontananza ma non troppa, Rosa aveva notato quei tre ragazzi ridere come degli imbecilli, mentre sembravano beffarsi di un altro ragazzo che non aveva mai visto prima.
    Anche se non riusciva a sentire le parole distinte, sapeva cosa stessero facendo. Erano tre deficienti con troppi soldi e, per quanto si fosse sforzata negli anni, non era mai riuscita a capire come e perché si fossero iscritti al liceo.
    Dei cafoni di prima categoria, che prendevano di mira chiunque durante tutto l'anno. Rosa strinse duramente le nocche, emettendo un rumore inquietante.

    Luna le prese il braccio, abbassando il tono di voce.
    «Non è il momento di fare l'eroe, sappiamo tutti come sono fatti. Vedrai che fra poco si stancheranno e lo lasceranno in pace» provò a tirarla verso di sé ma l'amica si liberò dalla presa, allontanandosi a passi veloci «Sor ra fess, vien cca!» digrignò i denti e la seguì, cercando di trattenerla.
    Erano rimasti solo loro fuori scuola.

    «Hey!» li richiamò, attirando la loro attenzione «Che stat facenn?» si mosse in avanti, notando di aver calpestato qualcosa. Buttò veloce uno sguardo a terra e si rese conto che si trattava di un libro aperto, con le pagine che toccavano terra.
    I tre ragazzi si spostarono, bisbigliando qualcosa fra loro. Questo permise a Rosa di vedere bene in faccia il ragazzo che stavano infastidendo, sentendo qualcosa che improvvisamente bloccò ogni circuito del suo corpo, lasciandola totalmente destabilizzata.
    Si trattava di un individuo alto, molto più alto di lei e di tutti gli altri, con i capelli folti biondi che gli coprivano una parte di viso, rendendole difficile guardarlo negli occhi. Il modo in cui aveva accuratamente posizionato il proprio corpo, dritto di schiena e con le mani ben visibili, avrebbe fatto intendere a chiunque che fosse rimasto calmo nonostante la situazione in cui si trovava.
    Sembrava piuttosto tranquillo.

    «Uè Bianchi» la salutò uno dei ragazzi, mettendole una mano attorno alla spalla «T'appost? Divertita durante le vacanze?» ammiccò, mentre la ragazza gli toglieva il braccio, cercando di trattenere il disgusto per l'odore di erba che proveniva dal suo alito.
    «Abbastanza» asserì «Ho sentito molto la vostra mancanza» ironizzò, buttando un altro sguardo al ragazzo dietro di loro, cercando di assicurarsi che stesse bene.
    «Hai sentito Marco? Le siamo mancati» si girò verso l'amico, che sorrise all'altro in un modo che a Rosa non piaceva per niente.
    Luna, percependo la situazione scomoda che si era andata a creare, poggiò un braccio sulla spalla di Rosa, sorridendo loro in modo convenzionale.

    «Ehilà ragazzi, come andiamo? Ci fa piacere che abbiate conosciuto il nostro amico, ma mi sa proprio che ora dovremmo entrare, vero Oscar?»
    Rosa guardò Luna, confusa. Il ragazzo biondo non reagì nemmeno d'impulso quando era stato chiamato palesemente per nome. Si era limitato a passare attraverso i tre ragazzi, che gli avevano dato delle spallate senza smuoverlo un minimo e si era abbassato per raccogliere il libro ai piedi di Rosa, scacciando via la polvere creatasi, tenendo sempre lo sguardo fisso in basso.

    «Jammuncenne uagliù. Chistù ccà nun s magn manc n'emozion» sputò acido, passando davanti a loro. Carrasco, prima di andare, riprese con forza il libro dalle mani del ragazzo, gettandolo a terra con più violenza di prima, senza ricevere anche questa volta una reazione da parte sua.
    Rosa guardò fissa in avanti, con le palpebre socchiuse e lo sguardo tetro, come se stesse organizzando nella sua testa un pianificato omicidio. Poi si abbassò, per raccogliere il libro.
    Ci soffiò sopra e lo pulì nello stesso modo in cui lo aveva fatto il proprietario, ponendoglielo con un sorriso tirato su per rassicurarlo.
    «Tieni» aspettò che lui lo prese.

    Dietro di lei, sentì l'amica sbuffare a bassa voce. Probabilmente se ne stava andando.
    «Il tuo nome è Oscar?» gli domandò, curiosa di come Luna facesse a sapere il suo nome «Conosci già Luna?»
    Il ragazzo alzò finalmente lo sguardo nella sua direzione e Rosa sentì, per un solo istante, una veloce scarica elettrica lungo tutta la spina dorsale.
    I suoi capelli coprivano uno dei suoi occhi, ma il colore che vide spense la sua mente per un secondo; erano azzurri, di un azzurro acquamarina che sentiva a sé molto familiare, ma che proprio in quel momento non riuscì ad associare a nulla.
    Lui non aveva fiatato. Riprese il suo libro con un gesto meccanico e, senza dire nulla, se n'era andato, lasciandola lì con la mano ancora sospesa. Mentre gli era passato vicino alla spalla, percepì qualcosa all'altezza del petto, qualcosa a cui non riuscì a dare un nome specifico.

    In qualche modo, sentiva di averlo già visto da qualche parte.

    🌹💙

    Era entrata in classe con un ovvio ritardo, beccandosi una ramanzina che in cuor suo aveva già immaginato. Luna aveva già preso posto, in fondo all'aula, riservandole il solito posto accanto a lei.
    Non appena il professore ebbe finito di tirarla troppo per le lunghe, Rosa si sedette infastidita, notando che l'amica non le aveva ancora rivolto la parola.

    «Ha fatto la cazziata anche a te?» sussurrò lei «Spiegami il motivo per cui hai cercato di fermarmi»
    Luna si girò verso di lei, con una luce differente negli occhi.
    «Hai solo dato a quei tre ragazzi un motivo in più per continuare a prenderlo di mira» parlò con un tono distaccato «Quel ragazzo è il fratello di Camille»
    Rosa si voltò di scatto verso di lei, con lo sguardo di chi si sentiva una totale deficiente.
    «Ora capisco perché mi era sembrato familiare» schioccò le dita «Ma se era suo fratello, a maggior ragione avresti dovuto unirti anche tu. Sei la migliore amica di Camille, no?»

    Luna ispirò piano con il naso, espirando spazientita.
    «E' più complicato di quello che pensi. Fammi un favore, non avvicinarti più di tanto. Non mi interessa essere coinvolta con questa storia di Carrasco e gli altri due mongoloidi. Tanto che siano tre bulletti del cazzo lo sappiamo tutti, soprattutto tu che eri con loro alle medie» disegnò delle stelline con una penna rossa sul banco di Rosa.

    «Ragazze là in fondo, abbassate la voce!» urlò a loro due, nonostante l'intera classe stesse facendo baccano.
    «Si prof, scusate» sorrise Luna, per poi sbuffare insieme all'amica non appena l'insegnante distolse l'attenzione «Non stavamo neanche alzando la voce comunque» sussurrò.
    Rosa ridacchiò, dandole una leggera gomitata.
    «È il tuo tono di voce ad essere alto» rigirò la pena su se stessa, notando che il professore era uscito un attimo dalla classe «Mi conosci Luna. Non sarei mai potuta rimanere con le mani in mano»
    La ragazza si stiracchiò sulla sedia, sospirando con le mani dietro la testa.
    «Diamine se ti conosco» borbottò «E' anche per questo che ho provato a fermarti. Sei testarda»
    «Tu non lo avresti fatto quindi?» guardò gli occhi verde smeraldo dell'amica farsi leggermente più scuri.
    «No. Io non mi sporcherei mai le mani per qualcuno che non ha alcun significato per me»

    Quando il professore tornò, calò il silenzio nell'aula.

    🌹

    Alle undici suonò la campanella che concedeva a tutti gli studenti un quarto d'ora d'intervallo. La scuola, che era uno dei licei più grandi di tutta la città, era divisa in vari indirizzi, posizionati in diverse coordinate della struttura: lo scienze umane era a destra al primo piano, lo scientifico era a sinistra al secondo piano, il classico era a sinistra al primo piano e il linguistico era destra al secondo piano. Le classi non erano molto grandi, per cui gli alunni non raggiungevano mai la quota di venti studenti per aula e vi era un regolamento che stabiliva una dovuta pausa a un orario preciso, per tutti quanti.
    I ragazzi erano liberi di uscire per i corridoi ma ad ogni piano vi erano perlomeno quattro collaboratori scolastici a tenere sotto controllo la situazione, più la vicepreside, che girava ovunque per assicurarsi il rispetto delle regole.

    Spesso i giovani salivano sulle scale d'emergenza, che portavano a un piccolo terrazzo affacciato sulla strada non visionato, poiché in teoria nessuno poteva accedervi.
    I corridoi non erano sempre pieni, perché in quei minuti di pausa, alcuni preferivano rimanere in classe piuttosto che uscire con i propri compagni. Anche se rimbombava un certo frastuono.

    🌹💙

    «Allora, vieni?» si alzò Luna, improvvisamente piena di energie dopo essersi quasi addormentata durante l'ora di religione «Dopo abbiamo matematica. Non ho voglia di rimanere in classe»
    «Ti raggiungo subito. Voglio solo controllare un attimo se ho fatto i compiti di algebra. Sennò chi lo sente il professor Mannati!» le rispose, prendendo in mano il quaderno.
    «Come vuoi. Se ci cerchi, saremo nell'area bar» voltò le spalle e uscì dall'aula.
    «M' putiv pur aspettà nu mumento eh, brutta stronza» borbottò a bassa voce, sorridendo suo malgrado, sapendo di essere stata lei a dirle che l'avrebbe raggiunta.
    Una volta assicuratasi di aver svolto tutti gli esercizi, si tolse il suo giubbotto di pelle e lo adagiò sulle spalle della sedia.
    Prese il telefono e notò che mancavano meno di dieci minuti, per cui si limitò a dirigersi verso l'area bar.

    Attraversando i corridoi, molte voci e risate raggiunsero le sue orecchie senza pietà. Rimbombava un rumore così forte da farle venire l'emicrania. Il primo giorno di scuola era sempre così chiassoso, tuttavia l'evento di quella mattina era ancora fresco nella sua memoria e l'aveva lasciata particolarmente turbata.

    Strinse gli occhi, sentendo un formicolio all'interno delle sue braccia. Il ricordo dell'impulso provato prima davanti a Carrasco, quello di prenderlo e buttargli la testa contro il parabrezza della sua moto, le sue mani non lo avevano dimenticato. Il modo in cui aveva lanciato a terra con violenza il libro di quel povero ragazzo aveva fatto scattare un desiderio in lei, quello di tagliargliele quelle mani, così come in alcune zone del mondo facevano per punire i ladri.
    Senza neanche pensarci, diede un pugno verso un muro vacante, ritirando subito la mano dentro la tasca. Pur avendolo fatto involontariamente, si era trattenuta dal farlo forte.
    Voleva solo fermare quel formicolio.

    🌹💙

    Non appena vide i suoi amici, radunati a cerchio sulle sedie attorno ai tavoli dell'area bar, sentì il suo cuore calmarsi e il tumulo di pensieri svanire nel nulla.

    Sorrise quando Melissa indicò agli altri che stava arrivando anche lei.

    «Ciao Ro'» la salutò calorosamente «Ti stavamo aspettando. Ci hai messo un po', mancano pochi minuti e poi dobbiamo rientrare in classe» fece un piccolo broncio.
    Rosa le accarezzò la testa, sorridendo ancora di più.
    «Scusate ragazzi, mi sono trattenuta troppo» guardò i suoi amici e vide Luna seduta sul tavolo, con le gambe e le braccia incrociate, a chiacchiere con Camille, che l'aveva salutata veloce, come se stesse parlando di qualcosa d'importante.
    Andrea andò vicino a Rosa e si schiaffeggiarono le mani per salutarsi.
    «Hey Ro'! Allora? Come sta andando a voi il primo giorno?» indicò anche Luna dietro di loro.
    «Togliendo la prima ora con De Luca, direi che è una giornata normale» scrollò le spalle «Cosa stanno farfugliando quelle due?»

    Andrea si girò verso di loro e poi ritornò con lo sguardo su Rosa.
    «Niente, Camille che parla del suo fidanzato e Luna che l'ascolta. Ultimamente non parla d'altro!»
    Melissa ridacchiò.
    «Si vede che è molto innamorata!» sorrise incantata, mentre Andrea finse un'espressione annoiata.
    «"Si vede che è molto innamorata!"» ripetè con la stessa enfasi, facendo arrossire Melissa che iniziò a dargli tanti piccoli pugni sul braccio, sotto le risate di lui e di Rosa.

    Il suono della campanella ricordò loro che era il momento di salutarsi.

    🌹

    Traduzioni in napoletano:
    E quann maje» = «E quando mai» > «E ti pareva»
    Che stat facenn?» = «Che state facendo?»
    Sor ra fess, vien cca!» =...beh, diciamo che ha imprecato e le ha detto di tornare indietro.
    T'appost?» = «Tutto bene?»
    Jammuncenne uagliù. Chistù ccà nun s magn manc n'emozion» = «Andiamocene ragazzi. Questo qua non si mangia neanche un emozione» > modo di dire per intendere una persona che non sembra provare emozioni.
    M' putiv pur aspettà nu mumento eh» = «Potevi anche aspettarmi un momento»

    Edited by rosewhitexx_ - 5/9/2023, 22:47
     
    Top
    .
  5.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Re(gina) dei Pirati

    Group
    Elfa della Luce
    Posts
    3,832
    Reputation
    +1,635
    Location
    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

    Status
    Offline
    Eccomi qui, come promesso!
    Ho letto sia la prima che la seconda parte del capitolo e le ho apprezzate entrambe. Rispetto alla versione precedente, noto che sei riuscita a mantenere una narrazione più "equilibrata" - nel senso che i momenti di tensione e gli avvenimenti negativi si alternano con quelli più positivi. Per me che tendo a preferire le atmosfere distensive, questo è senza dubbio un punto a favore *^^*
    Naturalmente capisco che si tratta di una storia drammatica, e che i temi/momenti difficili prima o poi verranno fuori, ma trovo che partire in maniera più leggera (al di là del prologo, che vuole creare la giusta tensione) sia stata la scelta vincente ^_^ Inoltre, mi piace come sottolinei il rapporto di amicizia fra i protagonisti (cosa che, peraltro, succeveva anche nella vecchia versione) :) In particolare, ho apprezzato questo passaggio, molto bello:
    CITAZIONE
    La colazione insieme era qualcosa che non potevano permettersi di fare ogni giorno, per cui si riunivano ogni volta il primo e l'ultimo giorno di scuola. Era il loro modo di cominciare e di finire tutti insieme un nuovo percorso, anche se non erano tutti nella stessa classe, sapevano almeno che erano sempre uniti.

    Per quanto riguarda lo stile, ho riscontrato qualche imperfezione... Perlopiù errori di battitura, suppongo (come il "su" accentato nella prima parte, oppure "a nessuno delle due importava" nella seconda. Ah, c'è anche scritto "tutto apposto" invece di "tutto a posto"). Nel complesso, però, la lettura scorre abbastanza bene :b:
     
    Top
    .
  6.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline
    Elizabeth Swann Ciao Eli! Grazie per essere passata a leggere il primo capitolo😊❤️
    Ho deciso io stessa di partire con una trama più leggera all'inizio, perché credo che nella versione precedente ho mancato molto la caratterizzazione di Rosa, come penso avrai notato leggendo la nuova versione. Credo, in generale, di aver mancato alcune caratterizzazioni dei protagonisti molto importanti e cercherò di rimediare!

    Per quanto riguarda gli errori di battitura, grazie per avermeli segnati! Li correggerò quanto prima!
     
    Top
    .
  7.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline
    Categoria: Bollino arancione (per adolescenti e adulti con tematiche forti)
    Genere: Drammatico, sentimentale, psicologico.


    Rosa indelebile
    Capitolo II - Parte I: Ambiguo


    🌹💙

    Il primo giorno di scuola era quasi giunto al termine e, dall'esterno, si poteva già udire in lontananza il rumore del traffico. Tutti gli studenti erano in attesa dell'ultimo suono della campanella, per tornare a casa e godersi il resto della giornata. Anche per gli adulti, gli insegnanti, il rientro era risultato molto pesante.

    «Hey Ro', hai da fare dopo scuola?» Luna diede una pacca sulla spalla dell'amica, che aveva appoggiato la testa sul banco per far riposare gli occhi.
    «Non alzare la voce così» borbottò «In teoria dovrei andare agli allenamenti di kickboxing»
    «E in pratica?» alzò un sopracciglio.
    Rosa girò il capo verso di lei, senza smuoversi della sua posizione.
    «In pratica» si interruppe, fermandosi un attimo a pensare «Ho un impegno e probabilmente salterò la palestra oggi» stiracchiò le braccia.

    Luna storse il naso.
    «C'è qualcosa che non va?» Rosa si fermò sull'espressione improvvisamente seria della ragazza di fianco a lei.
    «No, niente» poggiò la mascella sul dorso della mano «Te l'ho chiesto perché Melissa mi aveva proposto di andarci a prendere un caffè oggi pomeriggio. Ovviamente questa volta ognuno paga da sé» sorrise beffarda.
    «Mi piacerebbe ma» pensò a sua madre e all'appuntamento preso con il medico «Vorrei togliermi da mezzo questo impegno il prima possibile»
    «Come vuoi» scrollò le spalle «Allora dopo scrivi sul gruppo che non vieni»

    Rimase ferma a fissare il vuoto per qualche secondo, prima di venire richiamata dall'amica.
    «A cosa stai pensando?» le chiese Luna, passando la mano davanti agli occhi di Rosa, i cui riflessi delle palpebre la tradirono.
    «A niente» rispose, senza spostare lo sguardo «Sono solo un po' stanca»
    «Mh mh» incrociò le labbra, per poi schioccare la lingua «A chi stai pensando?» sollevò le sopracciglia.
    Rosa la guardò per un attimo e poi le rise in faccia.
    «Idiota» le mise una mano in faccia per scacciarla via «Non ho nessuno oltre voi, a chi dovrei pensare?»
    «Hai ragione. Ma sai, se solo me lo chiedessi, potrei organizzarti qualche appuntamento»

    Prima che Rosa potesse parlare, la campanella suonò e tutti i loro compagni di classe si alzarono, salutando il professore. Rosa si portò lo zaino su una spalla di scatto, alzandosi e dandole le spalle.

    «Luna, ne abbiamo già parlato. Ricordi l'ultima volta che mi hai presentato un ragazzo?»
    Sentì l'amica grugnire e trattenere una risata.
    «Mamm ro Carmn, poveru uàglion» sogghignò «Lo hai traumatizzato a vita»
    Luna camminò al fianco dell'amica, notando che era arrossita leggermente.
    «Io ho traumatizzato lui? Oserei dire il contrario» si passò il pollice sulla punta del naso «Non farmi ricordare cosa mi ha fatto passare in bagno quella sera al locale.»
    «Della serie "Prima volta indimenticabile"!» le diede una pacca sulla spalla «Dai, fu così terribile?»

    Rosa si strofinò gli occhi.
    «Non farmi ricordare, Luna. Non farmi ricordare.»

    🌹💙

    Uscite fuori scuola, la prima cosa che fece Luna fu di tirare fuori una sigaretta e di accenderla con il proprio accendino. Rosa prese il cellulare, per contattare i suoi amici e dirgli di farsi trovare vicino al muretto dall'altra parte della piazzetta, per tornare a casa tutti insieme.

    «Allora oggi non vieni?» le chiese dopo il primo tiro.
    «No Lu', ho un impegno che non posso assolutamente rimandare» s'interruppe, sentendo partire "She" dei Green Day dal suo cellulare «Scusami un secondo» si portò il telefono all'orecchio, allontanandosi non troppo distante da lei.
    Luna fece qualche altro tiro finché non vide la classe di Camille uscire e la sua amica chiacchierare con una sua compagna. Quando si accorse di Luna, salutò la ragazza e le corse incontro, abbracciandola di slancio.

    «Lu'! Non sai quante cose ti devo raccontare» si staccò da lei con un sorriso ampio sulle labbra e una luce brillante nello sguardo. Sembrava emozionata.
    «Ho notato che parlavi con una ragazza, chi era?»
    «E' nuova ed è molto simpatica!» saltellò allegramente sul posto «Finalmente vado d'accordo con qualcuno in classe!»

    «Che mi sono persa?» il viso di Rosa a un millimetro di distanza da quello di Camille, sorprendendola da dietro.
    «RO'!» le diede uno schiaffo sulla spalla per scacciarla via «Mi hai fatto prendere un colpo»
    «Dai dai, voglio sapere»
    «No!»
    «Ha fatto amicizia con qualcuno in classe» disse Luna con tono ironico.
    «Lu'!»
    Rosa seguì l'amica, fingendosi molto sorpresa.
    «Oh wow!» esclamò.

    Camille divenne tutta rossa.
    «Insomma, voi due siete la stessa persona per caso?» brontolò.
    Le due amiche si guardarono, come se ci stessero realmente pensando, scambiandosi sguardi d'intesa.
    «Dov'è Melissa, lei mi capirebbe» mise su il broncio.

    «Chi era a telefono?» Luna riprese la conversazione con Rosa «Pubblicità?»
    «No, mio zio» sospirò «Mi ha ricordato che questo sabato ho un altro impegno»
    «Che? Sabato?» urlò quasi l'amica, profondamente delusa «Ma dai, dovevamo andare a bere!»
    «Si lo so, ma mio zio mi chiede questo favore una volta ogni tanto, perciò...»
    «Nun si buon» sbuffò «Uffa e ora con chi vado? Andrea e Melissa sono astemi»
    Camille tossicchiò in modo piuttosto evidente.
    «Ah vero, ci sei anche tu» notò Luna trattenendo una risata.
    «Se ti dò fastidio non ti accompagno eh» incrociò le braccia e la guardò offesa.
    «Dai, lo sai che ti amo tanto tanto» l'abbracciò stringendola, mentre Rosa sembrava essere con la testa altrove. Luna notò che stava guardando nella stessa direzione in cui, quella mattina, Rosa aveva conosciuto Oscar; a tal proposito, si staccò da Camille.

    «Ma Andrea e Melissa si sono appartati per caso?» fece notare Luna alle amiche, dopo qualche secondo di silenzio.
    «Probabilmente» scrollò le spalle Rosa, tornata con tutta la sua attenzione su di loro «Non ho neanche visto le loro classi uscire»
    «Ma l'avete letta la nuova circolare? Il linguistico e lo scientifico escono dieci minuti più tardi rispetto a quelli del classico e delle scienze umane» disse Camille.
    «E ora ce lo stai dicendo?» Rosa sbattè gli occhi più volte, cercando di ricordarsi se avesse letto o meno quell'avviso «Ma quando è uscita?»
    «Ieri sera sul sito della scuola, c'erano gli orari delle uscite» si grattò leggermente la guancia con un dito, imbarazzata per aver utilizzato un tono da saccente.
    «Immagino per evitare l'affollamento degli studenti come gli anni precedenti» suppose Luna.

    Un suono della campanella rimbombò nel cortile della piazzetta, facendo loro intuire che di lì a poco avrebbero visto i loro amici uscire.
    Rosa notò Camille che stava fissando l'ingresso, che ora faceva da uscita per gli studenti. Non appena entrò nella sua stessa ottica, intravide una chioma bionda familiare, che svettava tra la massa di gente che si era andata a creare e lo notò; era così alto che superava chiunque gli fosse vicino.
    Manteneva un contatto visivo verso il basso, con le auricolari nelle orecchie e un libro nella mano, lo stesso che aveva quella mattina. Era un dettaglio banale, eppure ci fece caso.

    Oscar camminava come se fosse immerso in un mondo tutto suo. Non si faceva spazio tra gli altri, eppure riusciva a passare nonostante le innumerevoli classi lì fuori. Fisso con lo sguardo sulle pagine di quel libro, non si accorse neppure di essere passato davanti a sua sorella.
    Camille si limitò a tirare un sospiro e tornò a parlare con Luna. Rosa continuò a seguirlo con lo sguardo, fin quando non lo vide sparire in lontananza.
    Qualcosa sembrava non tornare.

    «Mi sa che ho visto Melissa» disse poi, cercando con lo sguardo tra le classi che stavano appena uscendo.
    «Ma che hai, gli occhi di un'aquila?» Luna provò a imitarla, scuotendo la testa a destra e sinistra per vedere anche lei «Dove la vedi?»
    «Sta là» mosse il capo, spazientita.

    Melissa stava appena varcando la soglia del cancello vicino a loro e quando le vide corse verso la loro direzione.
    «Ragazze, come va? Allora ci siete oggi pomeriggio? Tutte tutte?» batté le mani.
    Luna tossichiò e Rosa le lanciò una veloce occhiataccia.
    «No Meli, oggi non posso»
    «E perché?» allungò la "è" in modo tale da risultare delusa, prendendole le mani.
    «Ho un impegno, nanetta»
    «Anche Andrea ha un impegno, non è che dovete fare le stesse cose?»
    «Ne dubito fortemente, tesoro mio splendido» la abbracciò, appoggiando il mento sulla sua testa.

    «Ma sabato ci sei, vero?» la guardò con i suoi occhi da gatto degli stivali. Rosa ridacchiò.
    «Ho da fare questo sabato, mi dispiace» le accarezzò i capelli, sentendola mormorare tristemente.
    «Dai Meli, noi ci siamo» disse Camille, vedendola così dispiaciuta.
    «Io ci sono sempre» acconsentì Luna.
    «Lo so ma volevo che venisse anche Ro'» piagnucolò tra le braccia dell'amica «Non sono riuscita a stare con voi per tutta l'estate come avrei voluto. E poi Ro' ha anche gli allenamenti di kickboxing»
    «Ti prometto che mi libererò il prima possibile, dai» le prese a coppa il viso, giocando con le sue guance tonde «E ti offrirò una bella ciambella»

    Gli occhi di Melissa si illuminarono, annuendo energicamente.
    «Ma Andrea che morte ha fatto?» le chiese Rosa.
    «Spero una atroce» scherzò Luna.
    «Luna.» la richiamò Camille.

    «Ho sentito il mio nome» intervenne Andrea, dietro di loro, facendo sobbalzare Luna sul posto.
    «Minchia un fantasma!» esclamò quasi inorridita.
    «Che simpaticona.» sorrise con un tic all'occhio.
    «Andrea!» l'abbracciò Melissa di scatto, facendolo quasi cadere all'indietro, ma l'accolse ugualmente. Rosa la guardò correre verso di lui, quasi come se le avesse appena rubato la fidanzata.
    «Stavo coccolando io Melissa, brutto stronzo» borbottò, mentre lui le fece una linguaccia come segno di vittoria.

    «Tutto molto bello, ma che ne dite se ora torniamo a casa?» Luna fece uno sbadiglio «Salterò il mio riposino di bellezza se continuiamo a perdere tempo qui»
    «Mammà, o riposin e bellezz, a' principess Sissi» la prese in giro Rosa.
    «Amò, ij song tropp na stell» le rispose Luna «Ho bisogno di curare questa pelle» si toccò gli zigomi, facendoli risaltare con le dita, mentre l'amica cercò di toccarle i capelli, bloccandola con un braccio attorno alle spalle.
    «No, non i capelli porca puttana!» urlò «Non i miei bellissimi capelli!»
    «Quali capelli?» Camille le sfiorò la parte rasata, sogghignando.
    «Allora senti.» iniziò Luna.

    Nel mentre, Melissa e Andrea erano ancora abbracciati.
    «Andiamo piccioncini» li richiamò Rosa, facendoli staccare quasi di scatto, quando si resero conto di essere rimasti vicini così a lungo «O sua altezza imperiale crollerà a terra come una frivola dama!»
    «Esattamente» precisò la diretta interessata.

    Scoppiarono tutti a ridere.

    🌹💙

    Camille e Luna se n'erano andate per prime, con il motorino di quest'ultima.
    Rosa avrebbe voluto chiederle se fosse successo qualcosa con suo fratello, ma decise di lasciare perdere. Non voleva che pensasse fosse paranoica, nonostante tutti gli scenari che le avevano fatto scoppiare la testa.
    Tornò a casa insieme ad Andrea e Melissa, che percorrevano il suo stesso tragitto. Melissa non aveva fatto altro che lamentarsi del nuovo insegnante di fisica che, in seguito al suo passaggio dal biennio al triennio, era stato sostituito.

    «No ma dico, ti rendi conto? Di Lorenzo se n'è andato!» piagnucolò con Andrea, mentre Rosa le diede alcune pacche sulla schiena «Quel professore era la mia vita!»
    «Purtroppo è spesso così al triennio» le disse Rosa «Anch'io ci rimasi molto male quando se n'è andò la mia professoressa di latino» ricordò con nostalgia.
    «Invece io ho tirato un sospiro di sollievo, la vecchia insegnante di francese se n'è andata! Vi giuro, non la sopportavo proprio!» parlò Andrea, con il tono di chi si era tolto un peso dall'anima.
    «Al momento dovreste cominciare a preoccuparvi dei crediti e non degli insegnanti» Rosa li unì in un abbraccio a tre «E' finita la pacchia!»
    «Beata voi che ora state al quarto Ro', ormai il peggio per te e Luna è passato!» Melissa mise su un piccolo broncio.
    «Eh, insomma, ti ricordo che siamo più vicine all'esame di maturità!» le ricordò Rosa.
    «Mentre Camille è ancora al secondo, quindi siamo solo io e te in difficoltà quest'anno» guardò Andrea.
    «Vero» confermò lui.

    «Dai ragazzi, state tranquilli» la ragazza tra loro li strinse ancora più forte «Voglio dire, ce l'ha fatta Luna a superare il terzo anno, volete vedere che non ce la fate voi?»
    «Luna ti ucciderebbe se ti sentisse» ridacchiò Andrea.
    «Luna sa che ho ragione» rispose Rosa «Cercate di rilassarvi e godetevi questo nuovo inizio! E' qui che le cose cominciano a farsi più serie, ma anche più interessanti. Ho sentito che quest'anno la scuola ha molti progetti da organizzare, che sono buoni per i crediti! Vedrete che sarà divertente»

    I due ragazzi la strinsero ancora più forte, grati per il sostegno morale.

    «Ah già, comincia anche l'alternanza scuola lavoro» aggiunse.
    «Ecco, questo potevi evitare di ricordarcelo!» Andrea si staccò dall'abbraccio, mentre un espressione di noia attraversò il volto di Melissa.
    «Fa anche questo parte del triennio!» ribattè Rosa, divertita.

    Arrivati al viale che avrebbe separato Melissa da loro, Andrea e Rosa l'abbracciarono e proseguirono per la strada che li avrebbe portati a casa.
    Una volta che entrambi videro le loro case, non poterono non notare Sara Olivieri, la zia di Andrea, fuori al cortile della residenza Bianchi.
    La ragazza, in preda ad una sensazione di panico agguattarle lo stomaco, corse verso di lei, lasciando indietro l'amico.
    La signora, vedendola arrivare, rimase ferma ad aspettarla.

    «Signora Sara» riuscì a malapena a dirle una volta arrivata davanti a lei, col fiatone per aver corso con ansia.
    «Buon pomeriggio Rosa» le sorrise «Ho letto il tuo messaggio stamattina e sono venuta a bussare, ma tua madre non mi ha risposto. Sono tornata circa due volte, ma non mi ha mai aperto»
    Andrea comparse dietro di loro, guardandole stranito e disorientato.
    «Che è successo?» chiese alla zia, che non riuscì a dargli una risposta.
    Rosa scacciò un brivido, rimuovendo il sudore dalla fronte con il dorso della mano.
    «Non è successo niente, forse non avrà sentito il campanello. La ringrazio signora, mi scusi per il disturbo»
    «Nessun disturbo cara» le accarezzò una guancia, sentendola fredda «Fammi sapere come sta tua madre e se serve qualcosa, verrò ad aiutarti»

    Non appena la signora Sara e Andrea si erano voltati per tornare a casa, cominciò a frugare nelle tasche del giubbino per trovare le chiavi di casa e aprire il portone.
    «Fa' che non sia successo niente» sussurrò a sè stessa, con la mano che le tremava. Per rispetto della signora Sara, che si era preoccupata ed era andata lì tre volte durante quella mattina, non l'aveva mandata a quel paese e non aveva subito aperto la porta. Forse stava esagerando, forse sua madre stava semplicemente dormendo e non aveva sentito il campanello.
    Ma visto gli episodi accaduti nelle settimane precedenti, non riusciva a rimanere calma.

    Aperta la porta, entrò sbattendola forte e salì le scale in fretta. La camera di sua madre era socchiusa e, con tutta la calma possibile che riusciva ancora ad emulare, aprì la porta di scatto.
    Sentì il suo cuore calmarsi quando la vide ancora nel letto, in una posizione differente di quando l'aveva lasciata quella mattina. Si avvicinò piano, cercando di non fare rumore, sedendosi vicino a lei.

    «Mamma?» la chiamò a bassa voce, mettendole una mano sulla spalla «Mamma, sono quasi le 15.00. Oggi dobbiamo andare dal dottore»
    Non un lamento.
    «Vuoi che cucini io qualcosa?» le sussurrò «Ti va bene tutto?» continuò a chiederle.
    Non ricevendo ancora nessuna risposta, la girò verso di sè.
    La donna aprì lentamente gli occhi, come se si stesse risvegliando da un lungo sonno.
    Rosa le sorrise appena.
    «Vado a cucinare, tu preparati, va bene?» le accarezzò una guancia amorevolmente «Come ti senti?»

    Sua madre sbattè gli occhi un paio di volte, guardandola in modo strano.

    «Mamma?»

    🌹

    Traduzioni in napoletano:
    Mamm ro Carmn, poveru uàglion» = «Mamma mia, povero ragazzo»
    Nun si buon» = «Non sei buona a niente»
    Mammà, o riposin e bellezz, a' principess Sissi» = «Mamma mia, il riposino di bellezza, la principessa Sissi» *la sta prendendo in giro paragonandola alla principessa Sissi.
    Amò, ij song tropp na stell» = «Amore, io sono una stella»

    Edited by rosewhitexx_ - 5/9/2023, 22:48
     
    Top
    .
  8.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline
    Categoria: Bollino arancione (per adolescenti e adulti con tematiche forti)
    Genere: Drammatico, sentimentale, psicologico.


    Rosa indelebile
    Capitolo II - Parte II: Ambiguo


    🌹💙

    Rosa richiuse lentamente la porta dietro di sé, attenta a non emettere il più minimo suono.

    La maniglia era mantenuta dalla sua stretta, le cui dita tremavano appena, mentre i suoi occhi erano rimasti sbarrati e il suo sguardo si perdeva nel vuoto.
    Non riuscì a compiere un singolo movimento. Il suo corpo era come congelato, rendendole arduo persino respirare, come se stesse andando in apnea.
    Immobile, con le costole che improvvisamente le dolevano da morire per la mancanza d'ossigeno. Ma anche soffrendo così, rendeva vano il suo tentativo di sbloccarsi.

    No.
    Forse si era sbagliata.
    Forse non aveva sentito bene, capito male.
    Forse era stato tutto un malato scherzo all'interno della sua immaginazione.


    Dopo un tempo che sembrava essere infinito, riuscì a sbattere le palpebre, man mano che la sua mente cominciava ad elaborare.

    Tutto ciò era assurdo. Non poteva essere reale. Ci doveva essere una spiegazione.

    Con un movimento forzato e tremolante, riuscì a portare la mano destra nel proprio campo visivo.

    Eppure era reale.
    Quel graffio bruciava ed era reale.


    Sentì la gola andare in fiamme.

    Quel sangue era reale.

    Sua madre, Maria, aveva cercato di aggredirla con la lampada sopra il comodino. Ma così, all'improvviso, senza che Rosa avesse avuto neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo.
    L'ultima cosa che le aveva detto era stato chiamarla. Cosa aveva fatto per scatenare una simile reazione?

    L'oggetto era andato in pezzi contro il muro quando Rosa si era scansata d'istinto, frantumandosi sulle coperte e sul pavimento. Ricordò di aver avuto i brividi che scorrevano per tutta la sua spina dorsale.
    Sua madre l'aveva guardata con uno sguardo pieno d'odio; ma sembrava che fosse terrorizzata, per questo motivo Rosa aveva tentato di andarle vicino e rassicurarla.
    Tuttavia, la donna non aveva reagito bene. Le aveva urlato forte di andarsene e le aveva provocato quel graffio profondo alla mano, tagliandola con uno dei pezzi di vetro sul letto.
    Probabilmente era tornata in sé quando scoppiò istericamente a piangere, chiedendole perdono, per poi urlarle di nuovo di andarsene. Si era raggomitolata tra le coperte, lontana dalla figlia, come se avesse paura di essere ferita da lei.
    In quel momento, Rosa era semplicemente uscita dalla stanza.


    Strinse forte la mano a pugno, sentendo il graffio bruciare. Il sangue stava colando verso il pavimento e le aveva sporcato i vestiti. Le sembrò di commettere uno sforzo disumano quando provò a camminare verso il bagno, ritrovando la lucidità necessaria per capire che la ferita andava disinfettata e poi bendata. Aprì il rubinetto, cauta a non bagnare la parte che le bruciava, pulendo semplicemente il sangue che continuava a scorrere.
    I suoi occhi sembravano aver perso bagliore, ma erano asciutti. La sua gola le pregava di piangere, ma Rosa scacciò brutalmente ogni lacrima all'interno delle sue iridi.
    Cosa sarebbe servito piangere? Non aveva neanche capito se ciò che era successo era accaduto realmente o se fosse stato solo nella sua testa. Come poteva essere altrimenti?

    Sua madre l'aveva aggredita, come se fosse stata una ladra che si era intrufolata in casa. Non ricordava di averle fatto un torto, ma anche se lo avesse fatto, niente poteva essere riconducibile al gesto che aveva subito sulla sua pelle. Era come se non l'avesse riconosciuta.
    Aveva avuto il sospetto che non stesse bene in quelle settimane, tanto da prenotare una visita medica. Ma come avrebbe spiegato al dottore un evento del genere?
    Era da considerare? O era stato solo un incidente?


    Prese un panno pulito che non era stato ancora utilizzato e lo bagnò con del disinfettante dentro allo sportello dei medicinali lì vicino.
    Fece in modo di mantenere pulita la ferita e, ogni volta che era sul punto di buttare giù qualche bestemmia, cercò di sforzarsi e di ricordare l'ultima volta che aveva disinfettato le sue ferite ed era andato tutto bene. Probabilmente la memoria più recente risaliva a qualche mese fa, quando si era azzuffata con due tipi fuori a un bar ed era conciata peggio sicuramente.

    Ma quel taglio, fatto con il vetro, faceva sicuramente più male. Approfittando del fatto che si sarebbe trovata in ospedale per accompagnare sua madre, avrebbe chiesto un parere medico.

    Magari inventando qualche scusa.

    «Merda, brucia davvero tanto» sibilò tra i denti, mentre fasciava la mano.

    Il problema tuttavia era un altro e decisamente più difficile. Come l'avrebbe portata in ospedale, in quelle condizioni?
    Non disponendo della patente, era sua madre che avrebbe dovuto guidare la macchina, ma per come erano andate a finire le cose, non sapeva neanche se era in grado di tenere in mano il volante.
    Inoltre doveva assicurarsi che avesse capito dell'appuntamento, tornando nella sua stanza. L'avrebbe aggredita nuovamente?

    Si o no, doveva assolutamente capire cosa le stesse succedendo.
    Rosa si armò di forza e di coraggio. Era stato solo un brutto spavento. Sua madre non le avrebbe mai fatto volontariamente del male.
    Non glielo aveva mai fatto.

    Si guardò allo specchio, notando che le sue pupille erano ancora dilatate. Prese un bel respiro e sorrise alla sé stessa riflessa.
    «Andrà tutto bene» ripeté ad alta voce «Tutto andrà per il verso giusto» si disse.

    Uscì dal bagno e attraverso di nuovo il corridoio, arrivando davanti alla porta che prima aveva richiuso con tanto timore. Per sbaglio calpestò qualche goccia del suo sangue, ma non ci fece troppo caso. Avrebbe ripulito mentre sua madre si sarebbe preparata.
    Prese di nuovo un respiro, questa volta più profondo e mise mano alla maniglia.
    «Andrà tutto bene» disse ancora una volta, aprendo la porta.

    Ci vollero una manciata di secondi, prima che i muscoli delle sue spalle si irrigidirono.
    Per poco le gambe non cedettero a terra.
    Frantumi di vetro. Frantumi di vetro, ovunque.
    Le lenzuola sgualcite che cadevano sul pavimento, sporche di sangue. Ma la forma del corpo di sua madre sotto le coperte era scomparsa.
    Entrò dentro la stanza, cercando di restare calma. Non aveva udito alcun rumore quando era in bagno, i frantumi dovevano essere ancora quelli della lampada ma sparsi in giro.

    Si guardò attorno, ma non vide nulla. Che fosse uscita dalla sua stanza?
    Con questa domanda nella sua testa, si precipitò subito verso le scale, con il timore di trovarla riversa a terra.
    Fortunatamente, mentre scendeva di tutta fretta, quello scenario non si era realizzato.
    Andò in cucina e finalmente la vide di spalle, intenta a bollire l'acqua sul fuoco.
    Notò che si era vestita e legata i capelli. Se non fosse successo niente di quello che era successo, quella sarebbe stata la solita e identica visione di ogni volta che cucinava.

    Ebbe un altro brivido, tentata di andarle vicino, ma allo stesso tempo intimorita. Era così tranquilla, eppure non poté fare a meno di pensare che la situazione fosse strana.
    Sentì nell'aria un atmosfera pesante che la inquietò non poco: era come se non fosse accaduto nulla per sua madre. Dapprima una sensazione nel petto, ne ebbe la conferma quando la donna si girò verso di lei e i loro sguardi s'incrociarono.

    «Ah, quando sei tornato?» le sorrise e Rosa notò che aveva usato un pronome maschile «Potresti apparecchiare la tavola? E' quasi pronto» mentre in realtà non aveva neanche calato la pasta.
    Rosa deglutì. Quella domanda era bizzarra fin dall'inizio. Lo aveva visto prima che era tornata a casa, che cosa stava dicendo?
    Se era uno scherzo, di certo non faceva ridere.

    «Mamma, tutto apposto?» chiese piano, avvicinandosi a passi lenti dietro di lei.
    «Si tesoro, perché?» la donna non si girò e pronunciò quelle parole con un tono quasi infastidito «E' tardi, dovrei andare a lavoro» disse spazientita.
    «Quale lavoro, mamma?» questa volta fu il tono di sua figlia a diventare impaziente «Ti sei presa un giorno di festa, dobbiamo andare a fare quella visita in ospedale»
    «Ah, era oggi?» chiese lentamente, come se non ricordasse di aver preso un appuntamento in generale «Non ci siamo andati ieri?»
    «No mamma, ieri siamo andate a comprare alcune cose per il negozio» la voce di Rosa cominciò a vacillare.
    «Ah si?» lo sguardo di Maria improvvisamente fisso sull'acqua che bolliva «Allora va bene, mangiamo e poi mi preparo»
    «Vestita così vai bene. Riesci a guidare piuttosto?» le chiese.

    "Ma davvero non ricorda nulla?" pensò, sentendo sulla sua pelle l'ennesimo brivido. Non solo sembrava totalmente ignara dell'evento accaduto in precedenza, ma non ricordava neanche di essersi già vestita.

    «Guida tuo padre, no?» disse, tornando al tono spazientito di prima «Una volta tanto potrebbe darmi una mano» affermò quasi con rabbia.
    La mente di Rosa si bloccò per qualche istante.
    «Mamma» la chiamò sottovoce, balbettando «Ma che stai dicendo? Papà è...»

    Maria sbatté i pugni contro la superficie del mobile, facendo saltare il cuore di Rosa nel petto e la busta di spaghetti che aveva preso cadde a terra.
    «Si, tuo padre è uno scansafatiche, ecco cos'è! Così come lo è tua sorella!» urlò in preda all'ira «Quando ho bisogno di una mano non ci sono mai, mai!»

    Rosa si era allontanata quasi istintivamente da lei, ora completamente terrorizzata.
    Sorella? Ma lei non aveva una sorella. Lei aveva...

    «Mamma, chi sono io?» sentì le lacrime pungerle gli argini degli occhi, mentre sua madre era scivolata a terra singhiozzando.
    «Rosa...» la sentì dire a bassa voce e Rosa pensò che la stesse chiamando. Le andò vicino e si abbassò per abbracciarla.
    Sua madre stava tremando.
    «Va tutto bene, mamma...che ne dici se cucino io? Poi andiamo dal dottore, va bene? Possiamo andare anche con la metropolitana, non abbiamo bisogno della macchina» le accarezzò la spalla, cercando di rassicurarla.

    Non era la prima volta che succedeva in quelle settimane che sua madre dimenticava alcune cose. Ma quella era stata la prima volta che menzionava suo padre e che si comportasse in quella maniera. Più di dimenticare alcune semplici cose, come perdere la concentrazione o non ricordare alcune mansioni quotidiane da svolgere, non era mai successa una cosa del genere.
    Forse aveva fatto male a non portarla prima a fare una visita.

    «Va tutto bene mamma, va tutto bene» le sussurrò «Tutto andrà per il verso giusto»

    🌹💙

    Era riuscita a calmarla e l'aveva fatta accomodare al tavolo. Erano quasi le 16.00 e l'appuntamento sarebbe stato fra un'ora.
    Aveva notato che stava solo bollendo l'acqua senza alcun condimento, per cui si limitò a calare la pasta e preparare un piatto di spaghetti in bianco, con un po' d'olio sopra per condirli.
    Maria mangiò poco e niente. Ogni tanto Rosa l'aveva vista fissare il cibo, senza toccarlo.
    Per sé stessa non aveva messo nulla a tavola. Tutto quello che era successo era bastato per chiuderle lo stomaco. Quando si rese conto che sua madre non riusciva a finire di mangiare e notando che si era fatto tardi, andò in camera a prendere le chiavi di casa e il portafogli con i documenti suoi e di sua madre, nel caso fossero serviti.

    «Andiamo mamma?» le portò il suo giubbino, ma la donna sembrava avere difficoltà nell'indossarlo. Il suo sguardo era ancora tetro, come se non realizzasse di essere sveglia.
    Rosa si grattò nervosamente la nuca e alla fine l'aiutò a metterlo. Prese il suo giubbotto di pelle che aveva lasciato in bagno quando si era medicata e infine uscirono di casa.

    Il tempo sembrava essere peggiorato improvvisamente. Faceva più freddo di quando era rientrata da scuola.
    Si avviò per uscire dal viale ma si accorse quasi subito che sua madre non la stava seguendo.
    «Mamma? Hai dimenticato qualcosa?» le chiese.
    Lei non le rispose, si limitò a guardarla.
    «Dove stiamo andando?» disse improvvisamente.
    «Dal dottore mamma. Vieni, andiamo» le andò vicino e la prese per mano, notando che ora la seguiva senza fare resistenza.

    Passarono per una strada che le avrebbe portate alla stazione della metropolitana più vicina a loro. Una volta arrivate, circa una decina di minuti dopo, fecero i biglietti per andata e ritorno e si sedettero ad aspettare il treno che sarebbe passato di lì a poco.
    Con la macchina avrebbero sicuramente impiegato meno tempo, ma non avevano nessuno a cui chiedere. Rosa si soffermò a pensare che avrebbe presto compiuto la maggiore età e che avrebbe dovuto incominciare a studiare per prendere la patente.
    Almeno così non avrebbe avuto difficoltà in caso di bisogno. Per fortuna che c'era la metropolitana.

    Nel mentre che pensava a cose superflue per passare il tempo, ebbe uno scatto improvviso quando si accorse che sua madre non era più seduta vicino a lei.
    Alzando lo sguardo la vide davanti a sé, vicina alla linea gialla. Troppo vicina.
    Si alzò cauta, consapevole del fatto che oltre a loro due c'erano molte altre persone che stavano aspettando il treno. Le andò vicino e la prese sotto il braccio, notando che stava fissando in modo inquietante le rotaie.

    "Attenzione...non oltrepassare la linea gialla..."

    L'annuncio che precedeva l'arrivo del treno.
    Istintivamente, Rosa tirò indietro sua madre, nonostante fossero andate lontane dal bordo da non superare.
    Quando il mezzo arrivò, Maria guardò sua figlia e le sorrise.
    «Fa molto rumore quando arriva» scherzò.
    Rosa non riuscì a spiegarsi il motivo, ma quell'affermazione le fece percepire qualcosa di sinistro. Era ovvio che il treno facesse rumore quando si fermava e di certo non era la prima volta che lo prendevano insieme.
    «Si, fa molto rumore» le rispose, mentre le porte si aprirono e le persone cominciarono a scendere. Salirono e riuscirono anche a sedersi sugli unici due posti liberi di quel vagone.
    Rosa si assicurò che sua madre fosse vicino a lei e prese il cellulare in mano per controllare l'ora, assicurandosi di avere ancora tempo per arrivare a destinazione.

    Quando le porte del treno stavano per chiudersi, un'anziana signora stava correndo con delle buste in mano per non perdere il vagone. Rosa si alzò subito per evitare che le porte si chiudessero e fece in tempo a far salire la donna, prima che partisse nuovamente.
    Le diede il suo posto vicino a sua madre, resasi conto dell'età avanzata e del peso che portava.
    «Grazie cara, scusa se accetto» le disse, mentre Rosa le fece cenno di non preoccuparsi.
    Sua madre guardò prima lei e poi la signora che si era seduta vicino a lei. Era irrequieta.

    «State tornando a casa?» attaccò bottone con la donna per una piccola conversazione.
    «Si, si, io vivo vicino alla stazione centrale» rispose sorridendole «E tu?»
    «E' con me» rispose Maria prima che Rosa potesse aprire bocca «Siamo madre e figlio»
    Rosa la fissò incredula per poi sbattere le palpebre in segno di confusione. Perché continuava a usare pronomi maschili nei suoi confronti? Forse si stava fissando troppo su questa cosa.

    «Oh, siete la madre?» la signora si girò verso di lei «Vi somigliate» notò i tratti del viso.
    «Somiglia di più al padre» rispose Maria, sorridendo a Rosa «Gli occhi soprattutto»
    Rosa abbassò lo sguardo. Era da quattro anni che non sentiva quella frase, così come era da quattro anni che non sentiva sua madre parlare di suo padre. Lei e la signora avevano cominciato a chiacchierare, ma lei non prese più parte alla conversazione.
    Si sentiva incredibilmente a disagio.

    La loro fermata non tardò ad arrivare. Rosa e sua madre salutarono l'anziana donna e uscirono dal vagone, prendendo l'ascensore per risalire al piano superiore. Maria prese sotto il braccio sua figlia.
    «Era adorabile, non è vero?» il tono di voce completamente tornato alla normalità «Si vedeva che è una brava donna»
    Rosa annuì piano, mentre entravano all'interno dell'ascensore insieme ad altre due persone.
    Se non altro ora stava parlando normalmente.

    Arrivate al piano superiore e passati i controllori, uscirono fuori. Il calore che avevano provato si dissolse e tornarono a tremare di freddo.
    La ragazza vide l'ospedale lì vicino e finalmente riuscirono a entrare. Si sedettero in sala d'attesa e per fortuna non era affollato quel giorno.
    Dopo che l'infermiera avesse chiamato un paio di cognomi, era arrivato il loro turno. Sua madre si irrigidì improvvisamente e strinse forte la mano di sua figlia.
    «Siamo qui» chiamò l'infermiera «E' mia madre che deve fare la visita. Posso entrare con lei?»
    «Signorina, se è sua madre che deve fare la visita, forse è il caso che rimanga fuori» le disse quasi infastidita, al che Rosa fece una smorfia. Guardò sua madre e le diede i suoi documenti.
    «Questi devi darli al dottore se te li chiede, va bene mamma? Ci vediamo dopo» le sorrise per rassicurarla.

    L'infermiera accompagnò Maria nello studio del dottore.
    Rosa era rimasta da sola e si mise a controllare un po' il telefono.
    Tanto non avrebbero dovuto metterci tanto.

    🌹

    Edited by rosewhitexx_ - 5/9/2023, 22:34
     
    Top
    .
  9.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline
    Categoria: Bollino arancione (per adolescenti e adulti con tematiche forti)
    Genere: Drammatico, sentimentale, psicologico.


    Rosa indelebile
    Capitolo II - Parte III: Ambiguo


    🌹💙

    «La signorina Bianchi?» sentì il suo cognome chiamato dopo circa mezz'ora. Era passato più tempo del previsto e la cosa l'aveva fatta preoccupare non poco.

    «Eccomi» alzò la mano per farsi notare, alzandosi dalla sedia che le aveva fatto venire mal di schiena.
    «Potrebbe venire un secondo?» le arrivò di fianco un dottore non molto anziano, probabilmente il medico che aveva visitato sua madre «Lei è maggiorenne?»
    «Quasi» si portò una mano alla bocca, non capendo subito il senso di quella domanda «Perché?»

    Il dottore la fissò per qualche istante.
    «Suo padre non è qui?» le chiese come se volesse parlare con lui. Rosa ebbe un tic all'occhio.
    «No e non potrebbe venire in ogni caso» sputò in modo tagliente «Dottore, sono l'uni...»
    «Vostra sorella invece? E' maggiorenne?»
    «Non ho una sorella» disse spazientita «Chi ve l'ha detto questo?»
    L'uomo ora la guardava preoccupato.
    «Mi sembrava strano, in effetti» affermò lui «Mi avevano detto che fosse venuta con una ragazza»
    «Le avevano detto? E mia madre cosa vi avrebbe detto?» si grattò dietro la nuca così forte da farsi male. Non ci stava capendo assolutamente niente ed era una cosa che detestava.

    «Che c'era suo figlio qui con lei»
    Con quella singola frase, lo sguardo di Rosa si perse nel vuoto.
    «Signorina, lei ha un fratello dunque? E' maggiorenne?» chiese con il tono di chi aveva un'urgenza di parlare con una persona del suo nucleo familiare che avesse più di diciotto anni.
    Rosa non rispose a quella domanda.
    «Dottore, siamo solo io e lei a casa. Se è qualcosa di grave, devo saperlo» la voce le tremava. Perché sentiva questa orribile sensazione all'altezza del petto?
    «Non ne sono sicuro, per questo non so se chiederglielo» si sistemò gli occhiali che gli stavano scivolando, mentre teneva in mano una cartella clinica «Sua madre prende dei farmaci?»
    Rosa deglutì.
    «Prendeva» confessò «Mi avevano detto che poteva smettere di prenderli»

    L'uomo sospirò come se si aspettasse quella risposta.
    «Erano psicofarmaci?» chiese sottovoce. La ragazza aveva smesso di respirare per qualche secondo.
    Si limitò ad annuire.
    «Penso che possa essere una delle cause, allora» il dottore guardò le carte che aveva in mano «Signorina, mi ascolti attentamente. Vostra madre sembra essere disorientata e confusa, dice frasi sconnesse e per di più non ricorda nemmeno di essere venuta qui con sua figlia»
    Rosa sentì le lacrime pungerle gli occhi. Inspirò con il naso per trattenere.

    «Io l'ho visitata ma per ciò a cui sto pensando servirebbero altre visite, anzi, degli esami più approfonditi. Potremmo fissare un altro appuntamento per settimana prossima. Vostra madre lavora per caso?»
    «Lavora in un negozio la mattina e il pomeriggio, a volte fa dei turni serali in un supermercato. Torna sempre che è molto stanca.» inspirò nuovamente con il naso.
    «E vostro padre lavora?» chiese quasi intimorito.
    «Mio padre» cominciò ad alterarsi ed ispirò «Non vive con noi» cercò di calmarsi espirando.

    Il dottore si morse il labbro.
    «Le chiedo scusa, ma vostra madre continuava a nominarlo, per questo ho pensato...»
    Rosa si girò di spalle e si mise le mani nei capelli.

    "Ma che cazzo sta succedendo?" era il quesito che aveva in testa da settimane ma che da quel pomeriggio non faceva altro che tormentarla.
    Stava per esaurirsi.

    «Dottore, lei pensa che debba riportarla da uno psichiatra?» chiese con tutta la calma che riuscì ad emulare.
    «No, non credo c'è ne sia bisogno, la riporti qui lunedì prossimo» concluse il medico.
    «La ringrazio dottore» si rigirò verso di lui «Dov'è mia madre?»
    «E' di là con l'infermiera, ora ve la riporto qui. E' stato un piacere, signorina Bianchi. Alla prossima» la salutò, mantenendo lo sguardo basso.

    Rosa cadde di peso sulla sedia dietro di lei e si coprì il viso con entrambe le mani, grattandosi la cute sul bordo della fronte, per poi infilare le dita tra i capelli.
    «Tranquilla, va tutto bene» parlò sottovoce «Andrà tutto bene. Andrà tutto bene» si grattò nervosa. Anche se stava cercando di rassicurarsi da sola, non riusciva a calmarsi.

    Cos'aveva sua madre? Perché il dottore le aveva fatto quelle domande? Avevano qualcosa a che fare con la visita?

    Troppe domande che non avevano ancora una risposta precisa. Quello che sapeva per certo era che dovevano ritornare per degli esami più approfonditi.
    Non era ancora finita.

    A un certo punto vide sua madre arrivare, scortata dall'infermiera. Quando vide sua figlia le andò vicino e l'abbracciò forte.
    Rosa non si mosse dalla sedia.
    «Andiamo a casa?» il tono di voce come se fosse una bambina che voleva tornare a giocare «Non voglio più stare qui»
    La ragazza ispirò ed espirò, accarezzandole il braccio che le stava mantenendo la testa nel suo petto.
    «Si mamma, ora andiamo a casa» disse semplicemente, prima di alzarsi e uscire dall'ospedale insieme a lei.

    🌹💙

    Quando tornarono a casa era quasi ora di cena. Rosa aveva preparato un brodo di carne con le tagliatelle che aveva divorato con molto appetito, essendo rimasta digiuna quel pomeriggio.
    Sua madre mangiò con gusto questa volta e ciò la rassicurò, anche se non poté fare a meno di notare che continuava a fissare il piatto ogni tanto.
    Tuttavia, il fatto che si stesse godendo la cena la fece inevitabilmente sorridere. Guardò la sua mano e si ricordò di non aver chiesto al medico un parere, ma ciò non era così importante.

    Alla fine non bruciava se non ci pensava.

    Lavò i piatti una volta finito con molta difficoltà, poiché non voleva bagnare la fasciatura ma allo stesso tempo non voleva che sua madre si sforzasse.
    La donna era andata a coricarsi ed aveva ignorato le suppliche di sua figlia che le diceva di aspettare e che doveva ripulire il vetro dalla sua stanza prima, mentre l'acqua del lavandino era aperta e la sua mano era impregnata di sapone.
    «Perfetto direi» sollevò un sopracciglio, notando che alla fine le fasce si erano bagnate. Doveva disinfettare la ferita un'altra volta e cambiare fasciatura.

    Una volta terminati gli utensili da lavare, andò in bagno per ripetere la stessa procedura. Quando tolse le bende, il graffio tornò a bruciarle. In quel momento, il cellulare che aveva in tasca squillò.

    «Hey» rispose, sapendo chi fosse.
    «"Hey" sto cazzo, che significa che eri in ospedale?» la voce di Luna con in sottofondo della musica ad alto volume.
    «Hai letto solo ora i messaggi sul gruppo?» ridacchiò, mantenendo il telefono tra la spalla e l'orecchio, così da avere entrambe le mani libere e finire la fasciatura.
    «Mi hanno chiamato due ore fa, dicendomi che dovevo sostituire un turno di una collega a lavoro, sto uscendo adesso dal locale. Piuttosto, non dirmi che era questo l'impegno che avevi!»
    «Se ti dicessi di sì?» sorrise e sollevò un sopracciglio, mentre colava il disinfettante su un panno pulito.
    «Ti ammazzo domani a scuola per non avermelo detto, molto semplice» rispose preoccupata. Rosa strinse i denti quando dovette premere il panno sulla ferita. Era inutile nasconderglielo, l'avrebbe vista comunque a scuola.

    «No, l'impegno era un altro, sono andata in ospedale perché mi sono fatta male alla mano» le mentì sul momento, perché spiegare che sua madre era impazzita di botto e le aveva fatto male alla mano con un pezzo di vetro era troppo lungo da spiegare.
    «Minchia, per andare in ospedale significa che non è tanto un "mi sono fatta male alla mano"!»
    «Mia madre si è spaventata per il sangue e mi ci ha portato. Ma è tutto apposto, davvero» tolse il panno e cominciò a fasciare la mano con delle bende nuove.
    «Mh» la sentì dire sottovoce «Se lo dici tu. Comunque anche Melissa si è preoccupata da morire, vedi di specificare bene la prossima volta» la rimproverò. Rosa deglutì al pensiero di aver fatto stare in ansia i suoi amici, ma decise di non darlo a vedere.
    «"Anche" cara Luna? Ti eri preoccupata per me?» la prese in giro, conoscendo bene la sua compagna di banco, nonché una delle sue migliori amiche; non l'avrebbe mai ammesso di sua spontanea volontà che si stava preoccupando.
    «Io? Pff, macchè» sbuffò a telefono «Crepa pure a terra la prossima volta va!» attaccò a telefono e Rosa scoppiò a ridere.

    «Ti voglio bene anch'io, Lu'» scosse piano la testa, sorridendo al nome con cui l'aveva segnata in rubrica.
    Rendendosi conto di aver fasciato la mano senza aver sentito troppo dolore, ringraziò nella sua testa l'amica di averla chiamata proprio in quel momento.

    Prima di mettere a posto la roba che aveva preso, controllò i messaggi sul gruppo che aveva con i suoi amici. Aveva scritto di trovarsi in ospedale con sua madre e in effetti tutti si erano allarmati. Forse lo aveva scritto senza accorgersene, poiché non se lo ricordava.
    Scrisse di stare bene e disse le stesse cose che aveva detto a Luna, al che Melissa si era rassicurata e Andrea aveva mandato degli sticker divertenti in cui le faceva capire che gliel'avrebbe fatta pagare per lo spavento.
    Camille invece mandò un cuore azzurro e le disse che era contenta che stesse bene. Luna rispose con una fotografia di lei in quel momento che passeggiava per strada, con la didascalia che recitava: "Tranquilli ragazzi, domani la picchiamo tutti insieme"

    Rosa rise un'altra volta leggendo i messaggi che le avevano appena inviato e in un attimo tutto lo stress e l'ansia di quel pomeriggio erano svaniti nel nulla. Non sapeva come avrebbe fatto a chiudere occhio se non fosse stato per le risate che le avevano strappato, senza neanche che lei glielo avesse chiesto.
    Parlare con loro la faceva stare bene. Erano tutta la sua vita.

    Spense il cellulare, consapevole che doveva ancora mettere tutto al loro posto. Quando ebbe finito di sistemare tutto nei mobili dei medicinali, andò davanti alla camera di sua madre per ripulire le gocce di sangue, ormai incrostate, che non aveva più pulito da quando erano tornate.
    Passò una pezza imbevuta sul legno del pavimento e riuscì a rimuovere lo sporco. Notò che la porta della camera da letto era socchiusa, per cui l'aprì per assicurarsi che sua madre stesse bene.
    Si portò una mano al cuore quando la vide nel letto che stava riposando. Chiuse piano la porta, attenta a non fare rumore e decise che era arrivato anche per lei il momento di andare in camera sua a riposarsi.
    Non aveva partecipato all'allenamento di kickboxing quel pomeriggio ma si sentiva esausta ugualmente, probabilmente a causa di tutte quelle sensazioni negative che aveva provato.

    Cadde di peso sul suo letto, inspirando il profumo del cuscino che tanto aveva bramato. Si spogliò rimanendo distesa e indossò un pigiama pulito, buttando i vestiti per terra. Li avrebbe messi nei panni da lavare quando si sarebbe svegliata.
    Era troppo stanca per pensarci. Chiuse gli occhi e finalmente si addormentò.


    🌹💙

    Un urlo la fece scattare da sotto le coperte. Si mise seduta e controllò istintivamente l'orario, notando che erano le tre di notte. Pensò per un momento di esserselo sognato, ma un altro urlo le fece capire che non era così. Si alzò di tutta fretta, infilando i piedi nelle ciabatte e correndo verso la stanza di sua madre; quelle urla sembravano provenire da lì.

    Quando aprì la stanza, il suo cuore mancò qualche battito e gli arti si riempirono di brividi.
    Si avvicinò al letto, vedendo che sua madre era rannicchiata al centro, con le mani nei capelli, le coperte sul pavimento e i pezzi di vetro ancora sparsi in giro. Cercò di assicurarsi che non si fosse fatta male ai piedi e accese la luce della stanza.
    Sua madre non riportava ferite da nessuna parte, ma non faceva altro che piangere istericamente.

    «Mamma, che cosa è successo?» si sedette vicino a lei, prendendole piano le braccia. La donna si dimenò come se la stesse aggredendo.
    «Non toccarmi! Vattene! Vattene! Vattene via!» urlò forte, terrorizzata. Non la stava neanche guardando, si era coperta viso e orecchie.
    «Mamma ti prego, calmati un secondo, va tutto bene» tentò nuovamente di instaurare un contatto fisico con lei ma se ne pentì subito quando la vide allontanarsi, per poi quasi cadere dall'altra parte del letto.
    «No no no! Tu vuoi portarmi via i miei bambini, mostro!» continuò a urlare.
    A un certo punto, sentì il telefono di casa squillare. Rosa guardò la porta aperta e poi di nuovo sua madre. Probabilmente tutte quelle urla avevano svegliato qualcuno.

    «Oh Cristo, aspettami un attimo qui» le fece cenno di aspettare e corse a rispondere. Dall'altra parte della cornetta c'era la signora Sara, la zia di Andrea, il cui balcone era molto vicino al suo, essendo il palazzo di fianco.
    «Rosa, tutto apposto? Cos'è questo casino? Gli inquilini del palazzo volevano chiamare la polizia» la donna cercò di rimanere calma al telefono, conoscendo la ragazza, ma era evidente che era molto preoccupata. Un altro urlo riecheggiò e Rosa era tentata di sbattere il telefono per l'aria.
    «No signora Sara, è tutto apposto, veramente, non c'è bisogno di chiamare la polizia, è tutto sotto controllo» disse in tutta fretta ma non fece neanche in tempo a sentire una risposta che attaccò la chiamata e tornò da sua madre, che nel frattempo era caduta a terra dall'altra parte del letto.

    Rosa la prese tra le braccia, gli occhi della donna erano pieni di lacrime e stava tremando.
    «I miei bambini» pianse con toni più bassi, come se non avesse più voce «Tu vuoi portarti via i miei bambini, Giulio» si aggrappò alle spalle di Rosa, piangendo su una di essa.
    La ragazza chiuse gli occhi, sentendo un briciolo di pazzia scoppiare nella sua sanità mentale dopo aver sentito pronunciare il nome di suo padre.
    «Mamma calmati, ti prego calmati, è solo un brutto incubo» non era sicura neanche lei se stesse avendo un incubo o se avesse avuto una sorta di paralisi del sonno e non fosse ancora cosciente, ma doveva farla stare tranquilla in qualche modo «Nessuno ti porterà via nessuno, soprattutto papà. Papà non è qui, mamma, non è qui»
    «Non è qui?» tremava tra le sue braccia, la sentiva fragile come non l'aveva mai sentita prima d'ora.

    «No, papà non è qui. Papà è in prigione, mamma. Non può farti alcun male» poggiò il suo mento sopra la sua testa, chiudendo gli occhi sperando che fosse tutto un brutto sogno, mentre la stringeva a sé sempre più forte.
    «Ora rilassati, va bene? Torniamo a dormire» le diede un dolce bacio sulla fronte e la prese in braccio, coricandola sul letto. Maria continuava a tremare e a singhiozzare, ma sembrava che si stesse per addormentare.
    Rosa le sistemò le coperte per tenerla al caldo e rimase vicino a sua madre finché non cominciò a rilassarsi.
    Si addormentò dopo qualche minuto e Rosa sospirò. Non sentiva le sirene fuori, quindi dedusse che alla fine nessuno aveva più sentito il bisogno di chiamare le autorità.

    Spense la luce e socchiuse la porta. Avrebbe voluto approfittare per rimuovere quei pezzi di vetro da terra ma non voleva rischiare di svegliarla. Lo avrebbe fatto lei quella mattina, ora aveva bisogno di dormire.
    Tornata nella sua camera, vide la schermata del suo cellulare accesa, con i messaggi di Andrea che le chiedeva se fosse tutto apposto. Rosa gli rispose, dicendogli di stare tranquillo e che non avrebbero più sentito nulla.
    Anche lì, non fece in tempo a leggere la risposta dell'amico che spense il telefono e si coprì dalla testa ai piedi con il piumone pesante.

    Non voleva pensare. Voleva solo dormire.

    🌹

    Edited by rosewhitexx_ - 5/9/2023, 22:37
     
    Top
    .
  10.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Re(gina) dei Pirati

    Group
    Elfa della Luce
    Posts
    3,832
    Reputation
    +1,635
    Location
    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

    Status
    Offline
    Ciao! Ho cominciato a rimettermi in pari e ho letto prima e seconda parte del secondo capitolo.
    Le frasi in dialetto napoletano mi fanno sorridere, trovo che diano un tocco di colore alla narrazione! Per quanto riguarda il resto, ho notato che il tono drammatico della storia ha iniziato a farsi sentire; il comportamento della madre di Rosa è preoccupante e inquietante :unsure:
    Hai tratteggiato in modo efficace la scena terribile della lampada e mi è piaciuto che tu abbia interrotto sul più bello la prima parte del capitolo, per poi riprendere la narrazione nella seconda mostrando la reazione incredula e spaventata di Rosa, anziché l'aggressione "in diretta". È interessante che tu abbia descritto l'azione della madre tramite flashback/ricordi della protagonista immediatamente successivi all'avvenimento :) Forse si tratta di una scelta narrativa anticonvenzionale, ma trovo che la scena funzioni molto bene! :b:
    La parte che mi ha inquietata di più, però, credo sia quella del treno, quando la madre si avvicina alla linea gialla e poi fa quel commento casuale sul rumore.
    Forse esagero, ma ho avuto l'impressione che in quel momento pensasse al suicidio :ph34r:

    Staremo a vedere, ad ogni modo, come si metteranno le cose nei prossimi capitoli.

    Spero che continuerai ad avere l'ispirazione per scrivere questa storia ^_^ Intanto, mi permetto di segnalarti due errori nell'utilizzo dei tempi verbali:

    CITAZIONE
    Non era la prima volta che succedeva in quelle settimane che sua madre dimenticava alcune cose. Ma quella era stata la prima volta che menzionava suo padre e che si comportasse in quella maniera.

    CITAZIONE
    Dopo che l'infermiera avesse chiamato un paio di cognomi, era arrivato il loro turno.

    Dovresti sostituire rispettivamente con "comportava" ed "ebbe". E credo che sia meglio "arrivò" piuttosto che "era arrivato" :)
     
    Top
    .
  11.     +2   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline
    Categoria: Bollino arancione (per adolescenti e adulti con tematiche forti)
    Genere: Drammatico, sentimentale, psicologico.


    Rosa indelebile
    Capitolo III - Parte I: Problemi


    🌹💙

    Quella mattina la luce era insolitamente fastidiosa.

    Rosa fece fatica ad alzarsi dal letto. Avrebbe voluto dormire ancora, ma la sveglia non faceva altro che suonare in continuazione.
    Provò ad alzarsi sui gomiti e tutti i capelli le coprirono la visuale. Con il palmo della mano fece spazio sulla sua fronte e infilò le dita nella cute, grattandosi la tempia destra.
    Cominciò a sentire un brutto inizio di emicrania

    "Ci mancava solo questo. Che fastidio."

    Il telefono aveva cominciato a squillare, amplificando il dolore per una manciata di secondi. Per un attimo Rosa sentì l'impulso di prenderlo e di distruggerlo a terra, ma decise di ascoltare la sua parte razionale e constatare almeno chi fosse a chiamarla alle sei e mezza del mattino.
    La chiamata era terminata prima ancora che potesse rispondere, così andò nella rubrica e si ritrovò almeno una trentina di chiamate perse durante la notte da parte di Andrea.

    «Cazzo» esclamò, mettendosi una mano sulla bocca. Si alzò dal letto e camminò per la sua stanza, mentre il mal di testa continuava a confonderle le idee. Le chiamate perse erano dalle tre meno venti alle tre e mezza. Probabilmente alla fine era crollato dal sonno vista l'ora.

    Lo chiamò, sapendo che non sarebbe stato facile spiegargli la situazione.

    «Hey» cominciò a parlare quando lo squillo s'interruppe.
    «Hey» rispose l'amico dall'altra parte, con la voce impastata dal sonno «Ti sei svegliata vedo»
    «Sono crollata stanotte, non ce la facevo più» disse, mentre apriva i cassetti per prendere i suoi vestiti «Ho visto che mi hai chiamato ma io non ho sentito neanche. Ero esausta»
    «Sono stato in pensiero, mia zia mi aveva detto di aver sentito urlare»
    «Non riesco a spiegartelo bene ora, magari dopo quando ci vediamo, va bene?» posò sul letto l'abbigliamento che avrebbe indossato quel giorno «Adesso scusami, ma dovrei allenarmi e poi vestirmi»
    «D'accordo Ro', l'importante è che non sia successo nulla di grave. Ho sentito che volevano chiamare addirittura la polizia» sentì l'amico sbadigliare e sorrise malinconicamente.
    «Non dovevi disturbarti così tanto per me» Rosa non poté fare a meno di non nascondere il suo tono dispiaciuto «Dormirai sul banco probabilmente»
    «Non hai idea di quanto fossi preoccupato Ro'. Non farmi dire la ragione» l'ammonì. Rosa rimase in silenzio.

    «Ci vediamo dopo» disse semplicemente per poi riattaccare.

    Sapere di avergli fatto passare la notte in bianco non la faceva stare bene, ma capiva perché lo aveva fatto dopo la sua ultima affermazione. Lo avrebbe fatto anche lei se fosse stata in lui, con la semplice differenza che lei non avrebbe mai voluto arrecare disturbo al suo migliore amico, era lei quella che aveva il diritto di preoccuparsi per lui se qualcosa non andava.
    Nessuno doveva preoccuparsi per lei. Lei stava bene. Doveva stare bene.


    Buttò il telefono sul letto dopo aver controllato l'orario. Erano le sette meno venti, quindi se voleva allenarsi almeno un po' avrebbe dovuto cominciare subito.
    Provò con gli addominali come prima cosa, ma l'emicrania rese le cose più complicate. Rosa sentì il suo addome tirare e allo stesso tempo le tempie pulsare.

    Tuttavia la vera difficoltà fu quando dovette iniziare con i piegamenti. La mano fasciata le doleva ogni volta che il suo petto sfiorava il pavimento e quando dovette attaccarsi alla sbarra vicino alla porta per le trazioni per poco non perse l'equilibrio.

    «Merda» strinse i denti mentre si tirava verso l'alto più e più volte. Quel taglio era più profondo di quello che aveva immaginato, poiché ebbe difficoltà persino nel sollevare i manubri più leggeri che avesse.

    A un certo punto, decise di fermarsi. L'emicrania e il bruciore alla mano si erano intensificati.
    Non aveva neanche completato i venti minuti di allenamento e ciò la fece innervosire.
    Si spogliò bruscamente, dirigendosi verso il bagno, lavandosi a pezzi con dell'acqua fredda per calmare un po' i nervi. Il dolore alle tempie era persistente, così prese una tachipirina dal mobiletto dei medicinali per placarlo.

    Rosa infilò una t-shirt nera a maniche lunghe e un jeans strappato sulle ginocchia del medesimo colore. Tornò in camera per prendere la cintura di pelle, anch'essa nera e l'attorcigliò alla sua vita sottile. Cercò con gli occhi le sue catene e i suoi bracciali con le borchie, trovandoli sul comodino.
    Si ricordò così di dover prendere i panni sporchi e metterli a lavare. Scese in cucina una volta indossati i suoi accessori.

    La casa era ancora immersa nel buio.

    Andò in camera di sua madre, per assicurarsi che fosse tutto apposto, sentendosi sollevata quando la vide dormire serena. I cocci di vetro risplendevano nell'oscurità della stanza, così Rosa decise di ripulire prima di fare colazione.
    Una volta buttato nella spazzatura tutto ciò che c'era da buttare, uscì dalla stanza per dirigersi in cucina. Prese un bicchiere e lo riempì di latte, accompagnandolo con dei cereali secchi. Se voleva permettersi qualche sgarro ogni tanto, come quello della colazione con i suoi amici, era così che avrebbe dovuto mangiare la mattina. I sacrifici di chi ha intrapreso la strada dello sport.

    A un certo punto, sentì un rumore di passi dietro di sé. Rosa era in piedi vicino al lavandino, a inzuppare i cereali nel latte con un cucchiaino. Girandosi vide sua madre, in vestaglia, che le andava vicino.

    «Buongiorno mamma» la salutò sorridendo, anche se la donna non rispose prontamente. Sembrava più presa dal raggiungere il mobile in alto per prendere qualcosa.
    «Cosa stai cercando?» chiese, sapendo che sua madre non vi sarebbe mai arrivata. Rispetto a sua figlia, Maria non era molto alta. Anche l'altezza di Rosa, che era di quasi un metro e ottanta, era un gene di suo padre.
    «La macchinetta del caffè» disse, mettendosi in punta di piedi. Rosa sbatté le palpebre, credendo di aver sentito male.

    «Mamma, è qui» la prese dal mobile vicino a loro «E' sempre stata vicino allo zucchero»
    «Oh, ecco dov'era» la donna fissò la macchinetta tra le mani di Rosa, che gliela diede un po' stranita.
    «Mamma, ce la fai ad andare a lavoro stamattina? Vuoi che ti accompagno vicino al negozio?»
    «Il negozio» ripeté Maria, mentre metteva l'acqua dentro la macchinetta «Devo andare al negozio stamattina?»
    Rosa aveva finito i suoi cereali.
    «Se non te la senti, puoi non andare, ma avvisa il tuo collega almeno» finì di bere il latte in pochi sorsi «Io vado, chiamami se succede qualcosa»

    Andò di sopra per prendere il giubbotto di pelle, il telefono e lo zaino. Infilò i suoi stivali e passò per il corridoio della cucina, notando che sua madre stava bevendo il caffè che aveva appena preparato.
    Sospirò preoccupata, ma non poté fare altro che uscire di casa, sperando in cuor suo che se la sarebbe cavata da sola. Dopotutto era una donna adulta e vaccinata, non aveva di certo bisogno del suo aiuto per andare a lavoro.

    Alla sua sinistra comparve nuovamente Andrea, che la stava aspettando vicino alla sua abitazione. Quando la vide si precipitò subito da lei.
    «Yo» lo salutò Rosa, prima ancora che le arrivasse di fronte.
    «Devi spiegarmi tutto, ora» le disse senza fiato, puntandole a malapena un dito contro, un gesto che la fece sorridere senza volere.
    «Prima di tutto, cominciamo ad andare? Melissa ci starà già aspettando vicino alla fermata dell'autobus» si sistemò bene la cartella sulla spalla, avviandosi lasciandolo indietro.
    «Va bene, va bene» la seguì «Potresti dirmelo ora?» continuò ad insistere.

    «Ti stai preoccupando troppo» disse Rosa, con una leggera sfumature di fastidio nella sua voce «E' tutto apposto And, davvero»
    «Mi fa piacere sapere che è tutto apposto, ma voglio sapere lo stesso cos'è successo! Sono stato in pensiero tutta la notte Ro'» rispose l'amico, di nuovo senza fiato. Si notava dalle occhiaie che aveva sotto gli occhi che era molto stanco.
    Rosa non sapeva cosa dire, perché neanche lei aveva una chiara concezione di ciò che era accaduto e di ciò che stava succedendo. Non voleva farlo preoccupare per una questione sua personale, ma allo stesso tempo non voleva farlo stare ancora più in pensiero non dicendogli nulla. Si limitò dunque a dirgli la cosa più plausibile a cui lui poteva credere.

    «Mia madre ha avuto un episodio di terrore notturno. Probabilmente è stata molto stressata negli ultimi tempi. Potrebbe ricapitare, quindi non ti preoccupare, è tutto sotto controllo» gli disse e tutto sommato non credeva di avergli detto una menzogna. Una semplici paralisi del sonno non avrebbe provocato tutte quelle urla. Allora cos'altro poteva essere stato se non un episodio di terrore notturno, che probabilmente non sarebbe più ricapitato? Era l'unica spiegazione plausibile che Rosa era riuscita a darsi.

    «Capisco, mi dispiace» Andrea si limitò ad annuire «Ne ho sofferto anch'io da bambino, nel periodo in cui i miei genitori stavano divorziando. E' davvero una brutta esperienza»
    Rosa gli mise una mano sulla spalla. La menzione sul divorzio era qualcosa che Andrea non faceva mai ed era appena venuta fuori su un argomento che aveva tirato lei in ballo. Si sentì in colpa.

    «Non preoccuparti» gli disse, mentre stringeva la presa «E' tutto passato»
    «Si lo so» affermò energicamente, tornando a sorridere «E' tutto passato»

    Rosa si appoggiò per qualche minuto con la guancia sulla sua spalla mentre camminavano. Sapeva di non avergli detto una bugia, ma non gli aveva neanche detto tutta la verità, ovvero che quell'episodio potesse essere ricollegato a una causa ben più grave del semplice stress.
    Chiuse gli occhi, non volendoci pensare.

    Sua madre stava bene, non era malata o altre robe simili. Era solo un po' confusa, magari perché era da poco che aveva smesso di prendere farmaci che aveva ingerito per anni.
    Anche il medico aveva detto che potesse essere una delle cause. L'avrebbe portata la prossima settimana a fare un esame e sarebbe andato tutto bene.

    Si. Sarebbe andato tutto bene.

    «Eccovi!» Melissa li salutò da lontano, seduta alla fermata dell'autobus con altri studenti lì vicino.
    Rosa e Andrea l'abbracciarono, contenti entrambi di vederla; durante il tragitto era calato un silenzio tombale tra loro.

    «Allora? Pronti per il secondo giorno di scuola?» sorrise, notando quanto i suoi amici si reggessero a malapena in piedi.
    «Volevi dire, "sono pronto a dormire sul banco e beccarmi la prima nota della mia vita?". Signorsì signora!» Andrea imitò un saluto militare sul posto, mentre Melissa scuoteva la testa ridendo.
    «Cos'è, avete giocato alla console fino alle cinque del mattino voi due? Non siamo più in estate!»
    «Diciamo solo che nella nostra zona fanno molto rumore» disse Rosa, guardando sott'occhio l'amico, un chiaro segno che il ragazzo prese al volo. Non avrebbe dovuto fiatare sulla questione con nessuno, specialmente con Melissa.

    «Oh si» confermò Andrea «Tanto rumore»
    Melissa inarcò un sopracciglio.
    «Mi state nascondendo qualcosa?» li ammonì con le braccia conserte, un po' come quando una madre chiede al proprio figlio se le sta nascondendo qualcosa.
    I due amici si scambiarono uno sguardo d'intesa.
    «No signora» dissero entrambi nello stesso momento. Melissa allora sorrise soddisfatta.
    «Allora tutto apposto. Dai andiamo, l'autobus sta arrivando»

    Tutti gli studenti, loro tre compresi, salirono sul mezzo che era appena passato e che avrebbe fatto il giro per accompagnarli in tre scuole differenti.

    La loro sarebbe stata l'ultima fermata, quindi presero molto a chiacchierare per tutto il tempo.

    🌹💙

    A scuola tutti gli studenti erano radunati fuori al cancello, poiché era quasi l'ora di entrare. I tre amici fecero in tempo per trovare le loro amiche, Luna e Camille, che avevano il loro lato della piazzetta da quando si erano conosciute.

    «Ma buongiorno mia piccola fata» Luna spalancò le braccia per accogliere e coccolare Melissa, lasciando fuori Rosa e Andrea «Che volete voi due? Pussate via, sciò» li cacciò con una mano, mentre con l'altra accarezzava i capelli dell'amica.

    «Sono tutti innamorati di Melissa» commentò Camille in disparte, ridacchiando «Lo terrò bene a mente»
    «Ah ragazzi, per l'intervallo vi ho preparato una sorpresa» disse Melissa, accoccolata tra le braccia di Luna, che poggiava il mento sulla sua chioma corvina «Quindi vedete di esserci tutti!»
    «Non dirmi che anche quest'anno» iniziò Andrea.
    «Si, anche quest'anno!» sorrise soddisfatta «Magari non come l'anno scorso cioè quasi ogni giorno, ma una volta ogni tanto riuscirò a prepararvi qualcosa!»
    Camille si avvicinò incuriosita.

    «Dai, lo sai che non devi disturbarti così tanto» Rosa non poté fare a meno di sorridere. Melissa aveva sempre avuto l'abitudine, fin dalle scuole medie, di portare spesso a scuola qualcosa da mangiare tutti insieme che aveva preparato stesso lei.
    «Ma per me non è un disturbo» la rassicurò «Alla fine io cucino ogni giorno, quindi non mi costa nulla!»
    «Che fatina adorabile» Luna per poco non la stritolò: Andrea per poco non fece una strage.

    «Forse dovremmo entrare» disse il ragazzo «La campanella è appena suonata»
    Luna lasciò andare l'amica.
    «Ah che palle, alla prima ora c'è storia» si lamentò con lo sguardo puntato su Rosa «Che dici, facciamo filone?»
    «Se farete filone non mangerete niente» l'ammonì Camille, mentre prendeva il suo zaino che aveva lasciato a terra vicino al muretto e si avviava insieme a Melissa e Andrea per entrare.

    «E chest pur è over» riflettè Luna ad alta voce «Vuoi rimanere cinque minuti a farmi compagnia Ro'? Giusto il tempo di fumare una sigaretta»
    «Cinque minuti però sono cinque minuti Luna. A cinque minuti e un secondo ti trascino dentro per l'orecchio se serve»
    «Si mamma» prese una Winston rossa dalla tasca del suo giubbino «Hai da accendere?»
    Rosa sospirò e cercò nella tasca del suo zaino il suo accendino, porgendoglielo.
    «Gracias» accese la sigaretta e glielo ridiede indietro «Tutto apposto?»

    «Tutto apposto, a te?» Rosa si appoggiò contro il muretto, nella sua solita posizione; mani nelle tasche e gamba piegata indietro, in modo tale che la suola dello stivale toccasse il muro.
    «Mah, ieri quell'imprevisto a lavoro mi ha fatto perdere tempo. Ero con Melissa e Camille al bar quando mi ha chiamata quella stronza di Ambra e mi ha detto di muovere il culo come se non avessi preso il giorno libero! Che fastidio lavorare in quel locale con certi soggetti, mi credi?»
    «Perché non cerchi un altro lavoro allora?» si grattò la tempia.
    «Perché lo stipendio che mi spetta me lo danno sempre due o tre mesi più tardi e nel frattempo devo continuare a lavorare» fece un tiro con la sigaretta, inspirando il fumo quasi bruscamente.

    «Beh, non è proprio legale. Potresti denunciare Ambra. Quei soldi ti spettano, come hai detto tu»
    «Non posso Ro', ho le mani legate. In quel locale ho visto cose che neanche puoi immaginare. Finirei per mettermi nei guai se denunciassi. Lascerò quel posto di merda non appena avrò ricevuto l'ultimo stipendio che mi devono, poi saranno cazzi loro»
    Rosa emise un sospiro preoccupato, poggiando la testa sul muretto.

    «Spaccio di droga?» chiese guardando altrove.
    «E non solo» le confermò l'amica «La droga lì è l'ultimo dei problemi. Ho fatto una stronzata a rimanere anche dopo aver rotto con Michela» buttò la sigaretta, ormai ridotta in cenere, nel bidone della spazzatura lì vicino «Me ne andrò non appena mi daranno quei fottuti soldi»
    «C'è da dire che fu proprio Michela a farti trovare quel posto di lavoro. Perché sei rimasta?»

    Rosa notò che Luna non le stava rispondendo. Anzi, sembrava come se l'amica si fosse pietrificata tutto un tratto.
    «Avevo le mie ragioni» la sentì dire semplicemente «Non pensarci. Entriamo?»
    Le due ragazze si guardarono negli occhi e Rosa percepì chiaramente che qualcosa non andava. Ma proprio in quel momento, capì che non poteva dire altro. Era un argomento che avrebbero dovuto affrontare un giorno, ma Luna continuava a rimandarlo da tempo.

    «Va bene, entriamo» e si avviarono verso l'entrata, nel silenzio più totale.

    🌹

    Traduzioni in napoletano:
    E chest pur è over» = «E questo pure è vero»

    Edited by rosewhitexx_ - 5/9/2023, 22:41
     
    Top
    .
  12.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Re(gina) dei Pirati

    Group
    Elfa della Luce
    Posts
    3,832
    Reputation
    +1,635
    Location
    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

    Status
    Offline
    CITAZIONE
    Non so perché, forse è un bug, ma ho dovuto scrivere e cancellare questo messaggio più volte perché si univa al testo del terzo capitolo! Scusa se ti sono arrivati più tag, è molto strano!

    Credo sia perché il sistema "unisce" due messaggi in uno quando vengono pubblicati a distanza di meno di mezz'ora :)
    Comunque, grazie per avermi chiarito la cosa sotto spoiler. Avevo immaginato, in effetti...
     
    Top
    .
  13.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Re(gina) dei Pirati

    Group
    Elfa della Luce
    Posts
    3,832
    Reputation
    +1,635
    Location
    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

    Status
    Offline
    rosewhitexx_ ho letto la terza parte del secondo capitolo.
    Quando il medico ha fatto a Rosa tutte quelle domande ho pensato: "Adesso chiama i servizi sociali!" Poi non è successo, ma la situazione si fa sempre più difficile e penso che, prima o poi, qualcuno se ne accorgerà. Del resto, Rosa ha bisogno d'aiuto: non può cavarsela da sola, sua madre è troppo instabile :(
    È stato dolce quando gli amici si sono preoccupati per lei, riuscendo al contempo a farla sentire meglio mentre era impegnata a sistemarsi la fasciatura <3 Qualcosa mi dice che saranno loro a darle una mano, quando arriverà il momento.
     
    Top
    .
  14.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline
    Elizabeth Swann Ti ringrazio per aver letto! Pubblicherò presto le prossime parti♥️
     
    Top
    .
  15.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Lady Aly

    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    213
    Reputation
    +267
    Location
    Napoli

    Status
    Offline
    Categoria: Bollino arancione (per adolescenti e adulti con tematiche forti)
    Genere: Drammatico, sentimentale, psicologico.


    Rosa indelebile
    Capitolo III - Parte II: Problemi


    🌹💙

    Avere Luna come compagna di banco era più impegnativo che divertente. Rosa si ritrovava spesso a pensarlo. Anzi, forse era più corretto dire che lo aveva pensato fin dal primissimo giorno di liceo, quando una ragazza dai capelli rasati da un lato e dallo stile punk anni 2000 le si era seduta vicino senza dire una parola.
    A volte riguardando indietro si chiese come avrebbe fatto a superare i primi tre anni di superiori se non ci fosse stata lei.

    I suoi unici amici all'epoca erano Andrea e Melissa, ma loro avrebbero dovuto finire l'ultimo anno delle medie essendo più giovani di lei e Rosa aveva avuto timore che non sarebbe sopravvissuta senza di loro.

    Osservando Luna giocherellare con la penna rossa sul suo quaderno, (fosse mai che seguisse la lezione del professore), ripensò anche al fatto che molte cose erano cambiate nella sua vita da quando c'era lei. Certo, con le cose belle ce ne erano state anche di brutte. Ma senza la sua presenza, difficilmente sarebbe arrivata al quarto anno di liceo.

    Luna a un certo punto si accorse che l'amica la stava fissando, con lo sguardo perso di chi era immerso nei propri pensieri, così imitò con le dita una pistola davanti ai suoi occhi, emettendo un suono strano (che nella sua mente contorta sarebbe dovuto essere uno sparo) con le labbra. A quel punto Rosa si destò, giusto per un momento. Sorrise senza volere, scuotendo leggermente il capo per trattenere una risata.
    Riuscita nel suo intento di cancellare quel brutto muso dalla sua faccia, Luna continuò con determinazione a portare a termine la sua missione: scarabocchiarle i quaderni.

    Fu in quel momento che Rosa si chiese che cosa avrebbe fatto senza di lei; e pensare che la loro prima conversazione fu solo il terzo giorno di scuola, durante l'intervallo.

    🌹💙

    Una delle cose che l'aveva colpita di quel liceo era proprio il momento dello spacco. Pensava che uscire fuori dalle aule alle superiori fosse solo qualcosa che si vedeva all'interno dei film americani. Ma l'allora quattordicenne Rosa Bianchi credeva che avrebbe passato l'interno anno ferma al suo banco, poiché non aveva motivi per godersi quei quindici minuti.
    Era il terzo giorno di scuola e ancora non aveva parlato con nessuno. Neanche con la sua compagna di banco.

    Non perché fosse timida o altro. Tuttavia, mentre osservava i suoi nuovi compagni, che sarebbero stati parte della sua vita fino in quinta, Rosa si lasciò prendere dallo sconforto.
    E se l'avessero esclusa proprio come alle scuole medie? Non voleva rischiare un simile scenario.
    Preferiva isolarsi che essere isolata. Anche se avrebbe aspettato che i suoi migliori amici finissero la terza media, non sarebbero stati in classe insieme, anche se le avevano detto che si sarebbero trasferiti nella sua scuola, seppur in indirizzi differenti.

    Vi erano anche delle persone che sembravano simpatiche. C'era Ludovica De Angelis, una ragazza che solo dal cognome sembrava di buona famiglia. Il primo giorno di scuola si presentò dicendo di avere come passione l'arte e mostrò alla classe anche alcuni dei suoi disegni.
    Rosa aveva avuto una buona impressione su di lei. Almeno dal poco che aveva visto, Ludovica era una persona solare e matura, una di quelle ragazze che sembravano più grandi della loro rispettiva età.

    Poi vi era anche un ragazzo, che aveva osservato in quei primi giorni. Edoardo Mazzini, dal Vomero.
    La cosa l'aveva sorpresa non poco. Com'è che un ragazzo che proveniva da uno dei quartieri più ricchi di Napoli venisse a scuola fino in periferia?
    Anche la sua presentazione le era rimasta impressa nella memoria. Ammise a sé stessa di aver avuto dei pregiudizi nei suoi riguardi inizialmente poiché vomerese: credeva che fosse un altezzoso figlio di papà, una di quelle persone che guardavano gli altri dall'alto in basso, solo perché il loro stato economico glielo permetteva.

    Invece ricordò ancora con dolcezza quando Edoardo spiegò alla classe di essere stato bocciato al primo anno di superiori per via delle assenze, dovute al fatto che non voleva andare a scuola.
    Era stato vittima di prese in giro a causa del suo carattere timido e riservato da parte dei suoi compagni di classe e, talvolta, anche da parte degli insegnanti che, invece di aiutarlo, non avevano fatto altro che isolarlo lasciandolo a sé stesso.
    Dai suoi modi di parlare non si poteva escludere la sua provenienza, ma nei suoi gesti e nelle sue parole vi era tanta umiltà. Condivise con la classe la sua passione per la poesia, leggendo una che aveva scritto egli stesso.
    Rosa per poco non si era commossa.

    E infine, non poté non pensare alla sua compagna di banco, Luna Neri. Quella sì che era una ragazza stramba.
    Fin da subito si era fatta notare e amare da tutta la classe, grazie al suo carisma e ai suoi modi simpatici di sdrammatizzare certe situazioni. Più volte Rosa si era domandata perché si fosse seduta proprio vicino a lei. Certo, magari quella ragazza non conoscendola inizialmente aveva pensato di farle compagnia, ma dopo essersi resa conto che non parlava perché non si era ancora spostata di banco?
    C'erano senza dubbio persone più propense a parlare con lei.

    Nella sua classe di scienze umane vi erano molte persone che avevano condiviso una parte di loro stessi agli altri, nonostante fossero dei totali sconosciuti. Lei, invece, si era presentata solo con il suo nome e la sua età.
    Forse così si era giocata l'intero mazzo. Nessuno avrebbe voluto parlare con una persona che non aveva interessi particolari, se non per cortesia.
    Inoltre, aveva notato come alcuni dei suoi compagni a volte la guardassero in modo strano, quando i professori facevano l'appello; e lei sapeva che, il motivo di tali sguardi, fosse dovuto al suo cognome.

    Probabilmente sarebbe andata così fino alla fine. Almeno questo pensò fino all'ora dell'intervallo. Tutti i suoi compagni di classe erano usciti dall'aula e il professore stava sistemando alcune scartoffie.

    Rosa aveva poggiato la testa sul banco, intenta a rilassarsi un po', finché non sentì un leggero spostamento d'aria davanti a lei.

    «Hey Bianchi, non esci fuori insieme a noi?» sentì improvvisamente una voce che la fece scattare.
    «Come?» alzò piano lo sguardo, credendo di aver sentito male. Vide quella ragazza, Luna Neri, vestita con una camicia a quadri rossa e nera, un jeans nero e uno strano accessorio con delle borchie appuntite attorno al collo, che le sorrideva come se fosse felice di chiederglielo.
    «Ho detto, non esci fuori insieme a noi?» ripeté sporgendosi in avanti «Ti piace rimanere in classe per caso?»
    Rosa l'aveva fissata per qualche istante, cogliendo un dettaglio a cui non aveva fatto caso.
    Gli occhi di Luna erano di un verde smeraldo stupefacente e ne rimase affascinata; o forse il termine più adatto era stregata.

    «No, in realtà» ammise Rosa, che in quel momento non riusciva a staccare gli occhi dai suoi, talmente erano brillanti.
    «Allora vieni con me» disse porgendole la mano «Non mi piace vedere la mia compagna di banco stare da sola. Non si può stare da soli quando ci sono io!»
    Rosa soffocò una risata dall'enfasi con cui lo aveva detto. Le prese la mano e si alzò dalla sedia, al che il professore aveva alzato lo sguardo.
    «Ragazze fate in fretta che mancano dieci minuti» disse, per poi tornare a scrivere sul registro.

    «Roger!» aveva esclamato Luna «Dai andiamo» la trascinò tenendola per mano, uscendo fuori dall'aula, con tutti i loro compagni che le stavano aspettando.
    «Ce l'ho fatta ragazzi, è uscita!» alzò il braccio insieme al suo come per urlare "Vittoria!".
    Rosa vide che tutti le stavano sorridendo e tra loro c'erano anche Ludovica ed Edoardo.
    «Questa è la mia compagna di banco» le mise orgogliosamente la mano attorno alla spalla «Guai a chi me la tocca»

    «Ciao Bianchi» le andò vicino una delle sue compagne, Beatrice Scaglia «Scusaci se ti abbiamo fatta rapire, ma tutti noi volevamo ascoltare la tua presentazione»
    A quel punto, Rosa capì che cosa stava succedendo: i suoi compagni volevano conoscerla. Forse fu d'istinto, ma si girò verso di Luna come a volere una conferma di ciò che aveva appena pensato e, come se le avesse letto nel pensiero, la ragazza annuì energicamente.

    Prese allora un bel respiro e sgargiò il sorriso più bello che avesse.
    «Bene» aveva tossichiato «Ciao a tutti, mi presento...»


    🌹💙

    «Per oggi concludo qui ragazzi, studiate da pagina...» il suono della campanella mentre il professore stava finendo l'assegno la risvegliò improvvisamente.
    Rosa si guardò attorno, chiedendosi quanto tempo fosse passato. A quanto pare tutta l'ora, poiché Luna stava dormendo sul banco e sul suo quaderno, tutto scarabocchiato con stelline e cuori rossi.
    Era buffo pensare che fare un tuffo nel passato era come viaggiare all'interno della memoria. Non si era neanche accorta del tempo che passava.

    Luna alzò la testa e si stiracchiò con le braccia in alto.
    «Che ore sono?» chiese senza finire di sbadigliare.
    Rosa sorrise a quella domanda.
    «E' l'ora dell'intervallo»

    🌹💙

    Erano rientrati in classe una volta suonata la campanella. Alcuni dei suoi compagni le avevano dato una pacca sulla spalla dopo la sua presentazione e Rosa si sentì come se si fosse tolta un peso dal cuore. Anche loro alla fine avevano conosciuto una parte di lei.
    In particolare Edoardo, quando aveva sentito che una delle sue passioni fosse la scrittura creativa, l'aveva abbracciata calorosamente.
    «Ho l'impressione che andremo molto d'accordo!» le aveva detto entusiasta e ne era rimasta molto felice.

    Ora sentiva come se finalmente potesse definirsi parte della classe e rientrò insieme a Luna, che non aveva smesso di mantenerla un secondo.
    Sedute ai loro banchi, le due ragazze si scambiarono uno sguardo d'intesa e scoppiarono a ridere.
    «Non avrei mai detto che praticassi kickboxing. Mi hai colto di sorpresa» ammise Luna, con la guancia poggiata sul dorso della sua mano.
    «Sono ancora agli inizi, prima praticavo judo fin da quando avevo otto anni» le confidò Rosa, una cosa che aveva omesso di dire nella sua presentazione. La sua compagna di banco spalancò la bocca.
    «Minchia, allora non vorrei mai essere una tua nemica» risero entrambe.
    In quel momento, videro una professoressa fuori dalla classe che parlava con un collaboratore scolastico. Probabilmente sarebbe entrata tra non molto.

    «Senti, posso chiederti una cosa?» disse Rosa, fissando la porta semichiusa dell'aula, con i rumori dei loro compagni di classe che parlavano in sottofondo.
    «Mi dica tutto» Luna era tutta orecchie.
    «Perché ti sei seduta proprio vicino a me?» la guardò dritta negli occhi e notò che lei stava facendo esattamente lo stesso.
    «Non lo so di preciso» ammise Luna «Ricordo solo che il primo giorno di scuola entrai in questa classe e la prima cosa che catturò la mia attenzione sono stati i tuoi occhi blu zaffiro, che guardavano fuori dalla finestra. Quindi ti ho osservata e ho pensato...» distolse lo sguardo e si coprì la bocca, come se fosse imbarazzata da ciò che stava per dire.
    «Questa sarà la mia compagna di banco»


    🌹💙

    «Allora vieni con me?» Luna le pizzicò la guancia, notando che stava ancora scivolando nei pensieri «Dai che mancano dieci minuti e gli altri ci stanno aspettando!»
    Rosa sbatté le palpebre, percependo una sorta di deja vù.
    «Melissa ha detto che ci ha preparato qualcosa, non sei curiosa?» la tirò per il braccio «Io si, ho fame dai, let's go!» la fece alzare e uscirono fuori dall'aula, senza che Rosa avesse avuto neanche il tempo di aprire bocca.
    Si, era decisamente un deja vù quello.

    Con la sola differenza che fuori dalla classe non c'erano i loro compagni di classe ad aspettarle, con cui avevano entrambe costruito negli anni un bel rapporto di amicizia, ma non abbastanza stretto da trascorrere insieme a loro l'intervallo. Vi erano i loro migliori amici: Andrea, Melissa e Camille.

    «Finalmente ragazze!» esclamò Melissa vedendole uscire, con una busta rosa di carta in mano.
    «E' Rosa che dorme sempre ad occhi aperti» si giustificò Luna, indicandola con un dito mentre con l'altra mano le stava mantenendo ancora il braccio.
    «Io? Almeno io ero sveglia, tu dormivi proprio sul banco!» la indicò Rosa a sua volta.
    «Va bene chissene frega!» le interruppe Andrea «Dai mangiamo, che dite?»
    «Esatto» confermò Camille.
    Rosa e Luna si lanciarono uno sguardo di tregua e poi sorrisero entrambe come due imbecilli.

    «Allora bambini, se fate i bravi vi dò un pezzo di torta» scherzò Melissa, tirando fuori dalla busta cinque fette di torta al cioccolato che aveva incartato con cura.
    «Mia madre ieri ne aveva voglia, così gliel'ho preparata. Fortunatamente ne era rimasta un bel po', siccome mio fratello non ama il cioccolato!» diede un pezzo a ciascuno di loro.
    «Uno dei motivi per cui non troverà mai una ragazza» disse Luna mentre apriva la carta argentata. Rosa scoppiò a ridere.

    «Vacci piano Luna, è pur sempre del tuo ex che stai parlando!»
    «Non ricordarmelo cazzo»

    Andrea per poco non soffocò con il pezzo di torta in gola. Melissa ridacchiò, mentre Camille guardava i suoi amici scioccata.
    «No aspetta, Luna stava con un ragazzo? Che storia è mai questa?» esclamò.
    «Beh, se mi piacciono le donne forse è proprio grazie a lui» Luna andò vicino a Melissa e la prese per sotto il braccio «Melissa ti confermerà che è un essere insopportabile!»
    La ragazza dai capelli corvini continuò a ridacchiare.
    «Dai dai, avete seppellito l'ascia di guerra ormai no?»
    «Solo per te si» le confermò Luna con un bacio sulla guancia «Almeno ci ho guadagnato un'ottima amica»

    Camille mangiò la sua fetta di torta, ancora con gli occhi fissi e sbarrati su Luna.
    «Questa me la segno» pensò ad alta voce.

    «La torta era davvero buona Melissa, grazie» disse Rosa, accartocciando la carta argentata «Anche se avrei dovuto evitare di mangiarla per quanto riguarda la dieta»
    «Dai Ro', uno sgarro ogni tanto non fa mai male!» Andrea le diede un leggero pugno sul braccio
    «Ha ragione Andrea» le sorrise Melissa «Ti preoccupi troppo!»
    Rosa si grattò la nuca, sorridendo.
    «Avete ragione, mi preoccupo sempre troppo» lo sguardo improvvisamente andò a perdersi nel vuoto. Se mai ci fosse stata una classifica delle persone che pensano e si preoccupano troppo, nessuno avrebbe mai osato dire che Rosa Bianchi non fosse degna del primo posto.

    «La tua mano ti fa ancora male, Ro'?» chiese a un certo punto Camille «Sul gruppo ci avevi scritto di esserti tagliata» gliela prese per constatare e vide le bende.
    «Già, ma come hai fatto alla fine?» chiese anche Melissa «Questo non ce lo hai detto»
    Anche Luna e Andrea la stavano guardando. La mano di Rosa tremava e Camille se ne accorse.
    «Diciamo che si è rotto un piatto e una scheggia mi ha graffiata» la ritrasse, mettendola in tasca e sorridendo ai suoi amici «E' tutto apposto state tranquilli»

    Terminati i quindici minuti di spacco, la campanella suonò.

    🌹💙

    Anche quel secondo giorno di scuola alla fine era giunto alla fine. Rosa aveva preso la cartella sulla spalla e aveva aspettato che Luna facesse lo stesso per uscire dalla classe. Aveva notato che da quando erano rientrate era stranamente silenziosa, come se un pensiero in particolare la turbasse.
    Più volte le aveva chiesto se fosse tutto apposto ma lei non le aveva risposto. I loro compagni e l'insegnante erano già usciti e lei stava sistemando i propri quaderni lentamente, al che Rosa decise di darle una mano, prendendo in mano uno dei suoi libri. Luna le prese di scatto il polso e la fece trasalire.

    «Che hai fatto alla mano?» il suo tono mentre glielo chiedeva era particolarmente irritato.
    «Come?» non capì bene il senso di quella domanda «Te l'ho detto prima, ho rotto un piatto e...»
    «Non prendermi per il culo» la guardò dritta negli occhi «Questa fascia ricopre l'intero palmo, se fosse stato un semplice graffio sarebbe bastato un semplice cerotto. Sei addirittura andata in ospedale ieri»
    «E ieri ti ho detto che mia madre si è semplicemente spaventata per il sangue» Rosa strinse la mano a pugno.
    «Non torna lo stesso, una scheggia per quanto affilata non può ridurti così» Luna si alzò, continuando a stringerle il polso «Dimmi che cazzo è successo»
    «Lu', sto dicendo sul serio, non è successo niente» cercò di svincolarsi, riuscendo a staccarsi dalla stretta.
    «Lo sai che io non sopporto le bugie, vero?» disse a un certo punto «Ne fiuto l'odore anche a chilometri di distanza. Mi conosci oramai. Non puoi fregarmi»

    Rosa trattenne il respiro. Sapeva che aveva ragione e che non fosse giusto mentire così spudoratamente, ma raccontarle la verità era fuori discussione.
    Non voleva che si preoccupasse più di così.

    «Sto bene Luna, davvero» nascose nuovamente la mano nella tasca «Usciamo prima che ci caccino i bidelli» le diede una pacca sulla spalla.
    L'amica a quel punto smise di parlare. Finì di sistemare le cose nel suo zaino e uscirono dall'aula, senza fiatare.

    🌹

    Edited by rosewhitexx_ - 5/9/2023, 22:43
     
    Top
    .
42 replies since 18/12/2022, 21:05   508 views
  Share  
.