Rosa indelebile

Storia Originale

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    Ho recuperato i tuoi aggiornamenti!

    Luna mi piace sempre di più, è una vera amica per Rosa e per tutti, nonostante i suoi modi ruvidi e impazienti! Mentre la mamma di Rosa spero non si sia cacciata in qualche guaio (date le sue condizioni, non si sa mai!).

    Vedo che adesso inizia il dramma della povera Camille. Ricordo qualcosina della vecchia versione e sono curiosa di scoprire come svilupperai il tema questa volta... ma Romeo, in ogni caso, da l'idea di essere proprio una brutta persona :? Mi auguro che gli amici aiutino Camille ad affrontare il difficile momento e a uscire da una relazione che la fa solo soffrire (anche se immagino che ci vorrà del tempo perché questo succeda!).
    Aspetto anche di vedere Oscar in azione, prima o poi ;) Pian piano ogni personaggio si sta facendo spazio nella narrazione, quindi immagino che presto toccherà a lui, no? ^_^


    P.S. Ho notato che hai sistemato la faccenda dei doppi post. Ottimo :b:
     
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    Rosa indelebile
    Capitolo V - Parte II: Sospetti

    🌹💙

    «Cosetta, muoviti!»

    Sentì Luna chiamarla non appena uscita dalla palestra e vide i suoi amici che la stavano aspettando. Li aveva avvisati che sarebbe andata in palestra, ma non avrebbe mai pensato che sarebbero venuti a prenderla.

    «Ciao ragazzi» salutò Andrea e Melissa «Luna» sottolineò appositamente il suo nome.
    «Rosa» usò il medesimo tono «Sei bella allenata? Allora preparati perché potremmo aver bisogno di te» le mise una mano sulla spalla, dandole qualche pacca.
    Rosa guardò gli amici confusa.

    «Che avete combinato?»
    «Perché parti dal presupposto che abbiamo combinato qualcosa?» chiese Andrea con un tono leggermente sarcastico, ricevendo in cambio uno sguardo scocciato da parte dell'amica.
    «Sesto senso, direi»

    «Ti spiegheremo lungo la via. Ora è meglio avviarci»

    🌹💙

    Era rimasta ad ascoltare, mentre Luna spiegava la storia con tutti i dettagli che aveva omesso di dire a Melissa e Andrea; così facendo, anche loro stavano sentendo per la prima volta tutta la faccenda.
    Scesero dal pullman che avevano preso, ad una fermata che si trovava a mezz'ora di distanza dalla loro scuola.

    Luna aveva confermato loro ogni cosa, senza più giri di parole, percorrendo la strada che li avrebbe portati a casa della loro amica.
    Di certo sapeva che sarebbe stata una scoperta che li avrebbe sconvolti, ma tutti loro tenevano a Camille e meritavano di sapere fino in fondo.

    «Da quanto tempo lo sapevi?» chiese Rosa quando ebbe finito di raccontare, dopo essere rimasta in silenzio per tutto il tempo.
    Andrea rabbrividì quando, per un singolo momento, aveva incrociato gli occhi di lei e, istintivamente, l'aveva presa per un braccio come per trattenerla.

    «Come vi ho già detto, era un sospetto. Non volevo allarmarvi nel caso mi sbagliassi. Ma arrivati a questo punto, è chiaro che Camille è intrappolata in una relazione tossica»

    Melissa strinse forte le mani sui gomiti, abbracciandosi da sola.
    «Ma non è solo questo» continuò Luna «Sto cominciando a pensare che anche a casa la situazione non è delle migliori»
    «Camille vive con gli zii e suo fratello, giusto? E i genitori?» iniziò Rosa.

    Luna non disse più una parola. Avevano notato come il suo sguardo si era incupito quando erano stati menzionati i genitori e fu per questo motivo che nessuno aveva osato farle domande.
    Non si erano neanche resi conto di essere arrivati davanti a un palazzetto non molto grande, tenuto in condizioni abbastanza mediocri rispetto alle altre abitazioni nei dintorni.
    Vi erano dei terrazzi e a vista d'occhio sembravano esserci sei appartamenti, uno dei quali non aveva nessun panno appeso.

    «Sei sicura che lei viva qui?» domandò Melissa.
    «Mi ha mandato la posizione» controllò il telefono «E poi mi sembra di aver visto una sua maglietta appesa lì» indicò un balcone, probabilmente del secondo piano.
    «Sei sicura che ci faranno entrare?»
    «Mi aveva rassicurata dicendomi che gli zii erano via per una cena di lavoro. Penso che possiamo salire» rispose alla domanda di Andrea, mentre si avvicinava alla porta per entrare. Si appoggiò alla maniglia, scoprendola già aperta.

    Rosa si era tenuta a distanza per tutto il tempo, a tal punto che Luna era arrivata a dubitare che volesse averci qualcosa a che fare.
    «Allora? Vieni?» domandò spazientita, facendola indispettire così tanto che alla fine entrò prima di tutti loro, nel silenzio più totale.

    Alla fine tutti entrarono e salirono insieme attraverso le scale al secondo piano, rappresentato da due appartamenti; una porta sulla sinistra con un ritratto della Madonna attaccata e una porta sulla destra, con una pianta di fiori finti sul pavimento e un tappeto con la scritta "Welcome".

    A un certo punto, Luna andò verso la porta a destra e bussò con il pugno chiuso.
    «E' questa?» chiese conferma Rosa «Te lo ha detto lei?»

    «No» asserì senza distogliere lo sguardo. Stava per controbattere, quando sentì un cigolio lento assordante farsi spazio nelle sue orecchie.

    Andrea e Melissa erano rimasti dietro di loro, dunque non capirono perché a un certo punto era cessato ogni rumore. Si erano fatti spazio tra le amiche per capire da dove provenisse quel silenzio e le loro espressioni mutarono improvvisamente, quando videro che ad aprire la porta era stato un giovane ragazzo molto alto che non avevano mai visto prima d'ora.

    I capelli erano di un biondo dorato quasi accecante, come quelli con cui veniva rappresentato l'Arcangelo Gabriele. Un ciuffo ben assortito gli ricopriva mezzo volto, rendendo dunque impossibile la visuale dell'occhio destro; quello sinistro d'altro canto era di un azzurro puro, simile al colore di una pietra d'acquamarina incastonata in un cielo limpido.

    Rosa quasi impallidì. Era Oscar, il fratello di Camille. Non le era passato neanche per l'anticamera del cervello che probabilmente lo avrebbe rivisto andando a casa dell'amica ed era rimasta quasi in apnea nel rivederlo più da vicino.

    Perché era sobbalzata quando ha aperto la porta? Non è che non lo avesse mai visto prima d'ora.

    Oscar era immobile, sulla soglia della porta, come se stesse aspettando che qualcuno parlasse.
    Luna si era grattata dietro la nuca, probabilmente innervosita dal fatto che fosse stato lui ad accoglierli.

    «Desiderate?» parlò il ragazzo a un certo punto, con un tono così tranquillo da non sembrare reale.
    «Camille è in casa?» chiese Rosa.
    «No» asserì semplicemente.
    Melissa e Andrea si scambiarono uno sguardo di preoccupazione.
    «Cosa significa no?»
    «Significa che non è in casa» disse lui, prima di socchiudere la porta.

    «Frena, frena, frena!» Rosa mise il piede in mezzo per impedirgli di chiuderla completamente «Sappiamo che è qui, ci ha persino mandato la posizione»
    «Rosa, aspetta, Camille non mi risponde da circa due ore. La posizione me l'ha mandata stamattina» Luna le mise una mano sulla spalla.
    «E tu ora ce lo dici?»
    «Credevo stesse dormendo, che ne so!»

    «Ragazze, fate piano, siamo in un condominio» Melissa cercò di parlare, ma smise quando vide Oscar che, in tutta calma, era rientrato dentro casa, lasciando la porta aperta.
    «Ma che fa quello?» chiese Andrea perplesso «Forse possiamo entrare?»
    «Io entro!» e senza neanche aspettare che qualcuno la fermasse, Rosa fece irruzione nell'appartamento.

    Probabilmente tutto si sarebbe aspettata tranne il profumo che le fece quasi saltare le narici. Un'odore del tutto inaspettato, dal dolce aroma di vaniglia, proveniente dalle candele profumate che si trovavano su un mobile nel corridoio dopo l'ingresso.
    Per un singolo momento, si bloccò a pensare. Quel profumo era lo stesso che aveva sentito su Camille molte volte.

    «Ma che ti salta in mente di entrare così!?» le urlò Luna da dietro le spalle.
    «Sta zitta, questo qui non ci ha manco chiuso la porta, significa che possiamo entrare no?» sputò acida, infastidita improvvisamente dall'atteggiamento che quel ragazzo aveva avuto nei loro confronti.
    «E se invece andassimo a cercare Camille? La sto chiamando» le mostrò il telefono con la schermata accesa, ma glielo prese da mano e cliccò il tasto rosso.
    «L'appuntamento era a casa sua, no? L'aspetteremo qui» decretò «Siamo venuti fin qui, non è che mo ce ne andiamo perché quello lì ha detto che non...»
    «Che non?» Oscar sembrò essere comparso improvvisamente, appoggiato al muro con le braccia conserte.
    «E tu da dove sbuchi fuori?» lo indicò lei.
    «Questa sarebbe casa mia» la fissò come se volesse cacciarla con la forza del pensiero.

    Luna fece due passi indietro e tornò da Melissa e Andrea, che erano rimasti fuori ad aspettare che uscissero.

    «Ok, ok, calmiamoci un attimo» alzò le mani lei, muovendole in avanti, nonostante l'espressione di lui le fece notare che era l'unica ad essere nervosa.
    «Camille?» insistette, vedendo Oscar tirare un sospiro sommesso.
    «Se volete aspettarla in camera sua fate pure. Basta che non fate rumore» disse con un tono così freddo che le fece quasi dubitare che si trattasse di una persona reale, prima di voltarle le spalle e andarsene, probabilmente in una camera poiché si sentì il rimbombo di una porta venire aperta e poi richiusa.
    Rosa aveva respirato profondamente, come a voler trattenere uno scatto d'ira.

    Cosa significava che non gli importava?

    🌹💙

    La stanza di Camille fu subito riconoscibile da alcuni sticker di stelle e farfalle attaccate alla porta, così che nessuno di loro ebbe alcun dubbio che si trattasse della sua camera.
    Non era molto grande; la prima cosa che saltava subito all'occhio era il letto, una piazza in mezzo in legno chiaro con delle trapunte gialle e un cuscino rosa. C'era una scrivania dello stesso colore del letto e vi era al centro un computer portatile, ma per il resto era abbastanza ristretto lo spazio.

    «Beh, quindi che facciamo?» si grattò la tempia Andrea. Luna scrollò le spalle.
    «Proviamo a richiamarla, se non risponde l'aspettiamo qui»
    Si voltò a guardare Rosa, che era rimasta leggermente incantata dal lampadario decorato con delle stelle che pendevano verso il basso.
    Una decorazione che faceva sembrare quella stanza una cameretta per bambini, tipico di Camille.

    «Certo che prima potevi evitare» parlò a un certo punto, attirando la sua attenzione.
    «Evitare cosa?» domandò Rosa, quasi infastidita dal tono "accusatorio" che Luna aveva utilizzato.
    «Di parlare con quello lì» indicò con il pollice la porta alle loro spalle «Tanto è inutile, non gli interessa di niente e nessuno. Nemmeno della sua stessa sorella» calcò bene le ultime parole, come se volesse mandare una frecciatina all'individuo che probabilmente era in un'altra stanza.

    «Perché affermi questo?» s'intromise Melissa «Dal suo punto di vista noi siamo degli estranei che gli sono piombati in casa, forse è per quello che non è stato molto accogliente»
    «No tesoro mio, è sempre così quello lì! E' un misantropo di prima categoria. Se provi a parlargli ti guarda come se volesse ammazzarti»

    «Beh, più o meno come Rosa quando si arrabbia» scherzò Andrea, ricevendo dall'amica in questione una brutta occhiataccia.
    «Ma Rosa quando si arrabbia, lui sempre» continuò Luna «Ci ho provato a parlargli, molte volte, ma ha sempre quell'espressione gelida stampata in faccia. Pensate che ho chiesto a dei suoi compagni e tutti mi hanno risposto che non parla mai in classe se non quando va ad un interrogazione. Mai, cascasse il mondo, venisse un terremoto, scoppiasse il Vesuvio, è un individuo che non si vede e non si sente»
    «Aspetta, ma come si chiama?» chiese d'un tratto Melissa, improvvisamente seria.

    «Oscar» rispose Rosa ancor prima che Luna aprisse bocca.
    «Frequenta lo scientifico?» fece altre domande.
    «Si» gli confermò Luna.
    «Sezione?»
    «D, mi sembra»
    «Ma allora ho capito chi è!» le si illuminarono gli occhi «Abbiamo gli insegnanti in comune e spesso ci hanno raccontato di uno studente dal nome straniero in 5D. Non avrei mai pensato che fosse il fratello di Camille»
    «Raccontato? E cosa vi hanno raccontato?» s'incuriosì Andrea.

    «Più che altro sarebbe corretto dire che ci hanno elencato alcuni dei loro migliori studenti, come a voler dire "Se vi mettete sotto e studiate durante il triennio potreste prendere la lode all'esame di maturità"» disse con un'aria quasi sognante «E ci hanno fatto alcuni esempi»
    Luna era quasi saltata dalla sedia su cui era.

    «No aspetta, mi stai dicendo che QUELLO LI' potrebbe prendere la lode?!» si mise le mani nei capelli.
    «Si ma a quanto pare molti in quella classe sono studenti modello e potrebbero prenderla senza problemi o raccomandazioni. Pensa che hanno partecipato a molti progetti e hanno accumulato un sacco di crediti»
    «Ma di lui cosa dicono esattamente?» insistette Luna, ancora scioccata da quella rivelazione.
    «Ah» esclamò Melissa «Scusate, stavo per divagare. Di lui hanno sempre affermato che fosse un ragazzo molto tranquillo ma estremamente silenzioso, per questo non so dirti molto. So solo che tra tutti i suoi compagni è il più propenso ad avere ottimi voti e infatti pare che abbia sempre avuto la media più alta in tutte le materie, letterarie e scientifiche»
    «"Sempre"? Cioè dal primo anno?» si fermò a riflettere Rosa, sbalordita.
    «A quanto pare si» fece spallucce «Infatti è per questo che pur non avendolo mai visto prima d'ora lo stimo molto. Per questo mi è dispiaciuto conoscerlo in questo modo» confessò con una nota malinconica.

    «Vabbè, sarà anche il migliore studente di tutto l'istituto, ma questo non fa di lui automaticamente una brava persona. Sei un po' troppo ingenua, Mely.» le disse Luna senza peli sulla lingua, appoggiando la guancia sul palmo della mano.

    Rosa non pensò più a niente da quando l'amica aveva detto "brava persona", come se la sua mente stesse trovando un significato nascosto dietro quelle parole. Luna sembrava davvero disprezzarlo da come ne parlava, ma tralasciando il suo comportamento distaccato non sembrava essere un cattivo individuo.

    Solo non riusciva bene a comprendere perché sembrasse così lontano anche da Camille, che a quel punto facendo due più due aveva capito si trattasse della sorella minore.

    Ma d'altro canto proprio lei sapeva perfettamente che un fratello poteva benissimo arrivare ad odiare la propria sorella.

    La porta della camera si aprì improvvisamente e tutti si voltarono per il rumore. Videro Camille entrare come se non li avesse visti e infatti era sobbalzata quando si era resa conto di non essere da sola.

    «Ragazzi?» esclamò, anche se suonò più come una domanda «Scusate il ritardo, non sapevo mi avreste aspettata»

    🌹

    Piccole precisazioni:
    *Anche se ad alcuni potrà sembrare strano, spesso nelle scuole gli insegnanti parlano dei propri alunni con altri alunni. A volte si vanno a creare delle situazioni in cui gli alunni si conoscono proprio per via degli insegnanti, durante i progetti o l'alternanza scuola lavoro, per cui non è così strano che Melissa conoscesse (almeno di nome) Oscar, essendo che fanno parte dello stesso indirizzo e hanno i professori in comune.
     
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    rosewhitexx_ ho appena letto il nuovo capitolo :)
    Praticamente ho "evocato" Oscar col mio precedente commento perché... eccolo qui! Vedo che Luna fatica a sopportarlo; d'altra parte, se lui è un introverso, non c'è da stupirsi che risulti poco simpatico a una col bel caratterino come lei :lol:
    Rosa è stata un po' irruente, me l'aspettavo più "tranquilla" davanti a Oscar, anche se non so esattamente perché. Melissa, invece, è tenera come al solito ^_^
    La freddezza di lui è spiazzante, ma sono convinta che il rapporto con la sorella sia tutto da scoprire, perciò non mi pronuncio ancora su questo. Vediamo anche come si comporterà Camille. Di certo per il gruppo di amici non sarà facile aiutarla, soprattutto se la relazione in cui è intrappolata va avanti da molto tempo e lei non riesce ad aprirsi neppure col fratello.
     
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    Elizabeth Swann Ciao Ely!
    Allora, diciamo che Rosa è sempre un po' rude e irruente :XD: per quanto sia chiaro che ci sarà qualcosa fra loro, al momento sono due sconosciuti e lei agisce d'impulso per natura. Forse si tranquillizzerà un pochettino più avanti :P
    Luna non sopporta Oscar, come hai detto tu, perché non riesce a capirlo essendo lei un'estroversa di prim'ordine, ma c'è dell'altro.
    Ci saranno dei capitoli con il punto di vista di Oscar che inquadreranno meglio il rapporto con Camille e la sua situazione personale. Nessuno alla fine è così freddo come appare ^_^
     
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    Rosa indelebile
    Capitolo V - Parte III: Sospetti

    🌹

    Nonostante il fondotinta pesante non era riuscita a nascondere del tutto l'enorme ematoma che aveva sotto l'occhio, esattamente come Luna aveva raccontato.
    S'intravedeva ancora del colore violaceo ed era palese che il rossetto rosso, una cosa che non rientrava nel suo stile, lo avesse palesemente messo per ricoprire il taglio che aveva in mezzo alle labbra.

    Istintivamente Melissa si alzò e le andò vicino, abbracciandola stretta, poggiando il capo sulla sua spalla mettendosi sulle punte dei piedi. Nello sguardo di Camille si poteva leggere la sua sorpresa e la sua confusione ma, redentosi conto che vi era anche Luna nella stanza, i suoi occhi acquamarina s'inumidirono.

    Aveva già capito tutto.

    «Sei molto cara Melissa» le mise dolcemente una mano dietro la schiena, al che l'amica la strinse più forte «Ma sto bene, davvero»
    «Non dirlo quando sai che non è così» le rispose quasi arrabbiata, non lasciandola andare «Come puoi aspettarti che ti crediamo? Guarda come ti ha ridotta» le accarezzò la guancia, dove il livido si era espanso.

    «Camille, cos'è questa storia? Perché non ce lo hai mai detto?» la voce di Rosa che cercava di trattenere la rabbia che, sentiva dentro di sè, stava per esplodere.

    «Perché» cominciò la ragazza, ma le lacrime le soffocavano le parole in gola. Deglutì per poi continuare.
    «Perché è stato un incidente» comunicò a bassa voce, come se si aspettasse la reazione degli amici. Come se sapesse in fondo che non era così.

    «"Un incidente", si col cazzo!» sbraitò Luna «Questa non è la prima volta, smettila di dire stronzate!»

    Camille si mise sulla difensiva e Melissa cercò di coprirla.

    «Luna, non mi sembra il caso di urlare così» provò a parlare, notando che l'amica dietro di lei aveva cominciato a tremare.

    Luna si paralizzò e si portò una mano alla bocca. Si era dimenticata quanto Camille odiasse i rumori forti e, di conseguenza, le persone che gridavano.

    «Fragolina, io» iniziò, ma Andrea la trattenne per una spalla, facendole capire che non doveva dire altro.
    «Aspettiamo che si calmi» decretò il ragazzo «La stiamo spavetando e non mi sembra il caso»

    Rosa si era da subito accorta che Luna aveva qualcosa di strano, ma non si sarebbe mai aspettata di vederla nello stato in cui le parole di Andrea l'avevano ridotta. Nessuno forse se n'era reso conto, tuttavia Rosa la conosceva abbastanza per notare quell'improvviso cambiamento all'interno delle sue iridi verdi.

    Gli occhi erano lontani e fissi sul pavimento, le dita intrecciate fra di loro e il capo era basso. Per una persona come Luna, piena d'orgoglio e con una forte considerazione delle sue capacità, quel sentimento sarebbe apparso del tutto inaspettato a chi non sapeva nulla della sua persona.

    Senso di colpa.

    Per aver urlato contro la sua migliore amica ma non solo. Senso di colpa per non aver capito prima la causa di tutto quel dolore nascosto all'interno dell'animo di Camille.
    Senso di colpa per non averle mai dato davvero supporto, nonostante trascorressero sempre il loro tempo assieme.
    Senso di colpa per essere stata cieca, pur conoscendo Romeo Valentini fin dalle scuole medie e sapendo che non fosse un buon individuo, ma aveva sempre taciuto davanti agli occhi innamorati della sua Fragolina.

    Luna si sentiva in colpa e questo non era da lei. Normalmente avrebbe cercato qualche scusa per giustificare i suoi atteggiamenti non consoni rispetto a certe situazioni o avrebbe sdrammatizzato il tutto facendo auto ironia.
    Ma in quel momento, con Camille che piangeva dietro le spalle di Melissa, con il viso nascosto dalle sue mani, Luna non aveva il coraggio di fiatare.

    Sapeva che era colpa sua.

    «Hai qualcosa in casa che possa prepararti? Un thè caldo? Una camomilla? Una cioccolata calda?» le disse sottovoce dolcemente Melissa, sperando di ricevere un segno che indicasse che si stava calmano. Ma così non era.

    «Non voglio niente» singhiozzò, facendosi piccola piccola «Voglio solo che capiate. Va tutto bene. Romeo non mi farebbe mai del male» si morse un'unghia nell'istante preciso in cui aveva pronunciato il suo nome.

    «Sai che non è così.» asserì Luna, trattenendo l'impulso di andarle vicino e questa volta Andrea non sarebbe riuscita a dissuaderla «Avresti dovuto guardarti e sentirti ieri, mentre sanguinavi letteralmente dalla bocca e piangevi come una pazza!»
    «Morditi la lingua, Lu'» digrignò Rosa.
    «No Ro', tu non l'hai vista!»

    «Non incominciate voi due» le ammonì Melissa, mentre aveva ripreso ad abbracciare Camille «È già fin troppo scossa.
    «Portala di là Melissa» le consigliò saggiamente Andrea «Almeno finché non si daranno una calmata»

    La ragazza scelse di seguire il suggerimento e, senza che nessuno riuscisse a sentirla, accompagnò con una mano il braccio di Camille, aprì la porta e la portò fuori. Andrea la seguì subito dopo, non prima di aver lanciato un veloce sguardo di rimprovero verso le amiche rimaste in camera.

    🌹

    Quando erano rientrati, Camille sembrava essersi quasi ripresa. Si capì subito che si era sciacquata la faccia, poiché non aveva più un filo di trucco.
    L'ematoma ora era ben visibile e lo spacco sulle labbra era evidente. Rosa riconosceva quel tipo di taglio e sapeva che, nella maggior parte dei casi, fosse dovuto a dei pugni ben assestati. La cosa la fece ribollire di rabbia ma si ricordò immediatamente della conversazione avuta con Luna durante quella mezz'ora che erano state da sole.

    🌹💙

    «Dovresti darti una regolata» incrociò le braccia Luna. Rosa la guardò sbigottita, spalancando gli occhi.
    «Azz, ij?» indicò sè stessa «Ma ti sei vista te? Le hai urlato contro in quella maniera»
    «Se fosse stata Melissa in quelle condizioni, avresti reagito nello stesso identico modo vedendola negare l'evidenza» parlò Luna ma dal tono con cui lo aveva detto sembrava più stesse parlando con sè stessa.
    «Scusami? Anche Camille è mia amica, è normale che io sia arrabbiata. Ma sto cercando di trattenermi proprio per non spaventarla»
    «Questo perché non hai visto com'era ridotta ieri sera! Non l'hai sentita piangere, non hai toccato il sangue che le scorreva dalle labbra, non l'hai sentita tremare tra le tue braccia! Ecco perchè ti stai trattenendo, perché non ti rendi conto di cosa sta davvero succedendo!»
    «Si, forse è così» disse Rosa dopo qualche secondo di pausa «Cosa vuoi che faccia? Andare a spaccare la faccia a quel stronzo del cazzo senza neanche aver parlato con Camille?»
    «Non te lo avrei nemmeno chiesto, lo avrei fatto io personalmente»
    «E perchè non lo hai fatto?» sbottò Rosa.
    «Io muoio dalla voglia di vederlo strisciare a terra» sputò Luna «Ma non posso. Non posso farlo»
    «Certo che non puoi, sei più onesta di così» ammise l'amica.
    «Non è questo» si girò di spalle.
    «Non posso perché lei lo ama»
    C'era stato un silenzio immediato dopo quell'esclamazione, detta quasi con rancore.
    «Luna, non per qualcosa» cominciò sorridendo «Ma per come lo hai detto sembra quasi che tu sia gelosa»
    Luna l'aveva guardata negli occhi, girandosi lentamente. Rosa aveva cercato di leggere i suoi movimenti per capire cosa volesse comunicarle.
    «E se lo fossi?» aveva semplicemente chiesto.
    Rimase a fissarla a lungo, prima di riaprire bocca.
    «Comunque sia» continuò Luna «Cercherò di darmi una regolata. L'ultima cosa che voglio è essere la causa dei suoi mali»

    🌹

    «Si è calmata» le aveva rassicurate Melissa «Ma forse è meglio che torniamo a casa per stasera. Non credo se la senta di parlare» la guardò come per chiederle se fosse davvero sicura, ricevendo un cenno del capo.
    I capelli biondo fragola le erano leggermente andati sul volto e si notava a vista d'occhio che stava ancora tremando.
    Andrea era leggermente distante da loro e questo era dovuto al fatto che Camille era troppo scossa per stare vicino a un ragazzo.
    Non se la sentiva, ma dopotutto nessuno poteva biasimarla e questo anche il suo amico lo aveva capito.

    «Vi chiedo scusa ragazzi» aveva quasi sussurrato, come se fosse senza voce «Non me la sento di parlare. Vi chiedo scusa. Siete venuti fin qui e avete aspettata per tutto questo tempo per starmi vicina. Ma sto bene, davvero» sorrise debolmente, guardando soprattutto Luna, che aveva già fatto un passo avanti.
    Rosa capì immediatamente che avrebbe voluto ribattere ma per fortuna non fece nulla di tutto ciò.
    Le era semplicemente andata vicina e l'aveva abbracciata, con il suo fragile capo poggiato sul suo petto.
    Camille aveva smesso di tremare.

    «Va bene, fragolina» la baciò leggermente sulla fronte sudata «Ma se avrai bisogno di me, sai che correrò da te, non importa cosa stia facendo»
    «Non esagerare Lu'» aveva ridacchiato, stringendosi all'amica più forte.
    Anche se stava ridendo aveva ancora bisogno di aggrapparsi forte a qualcosa di vero per non sprofondare nuovamente nel panico.
    «Non esagero» decretò Luna, sussurandole nell'orecchio in modo che nessuno la sentisse «Niente e nessuno è più importante di te, Camille»

    Nessuno quella sera aveva detto più nulla.

    🌹
     
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    Capitolo VI - Parte I: Teatro

    🌹💙

    Il fine settimana non tardò ad arrivare.

    Dopo alcuni giorni dall'inizio del nuovo anno era arrivato il primo weekend e tutti gli studenti erano si sentivano già esausti.

    Rosa in particolare, avrebbe tanto voluto uscire con i suoi amici il sabato sera, ma aveva già molte cose a cui pensare. Oltre al fatto che non se la sentiva di andare a divertirsi e lasciare da sola sua madre a casa in quelle condizioni, doveva anche considerare dell'impegno preso con suo zio Ettore, che gli aveva chiesto il solito piacere che ormai era diventata un'abitudine.

    Alla fine Luna si era organizzata con dei suoi amici e non era riuscita a portare con sé Camille, dato che quei giorni di riposo li avrebbe trascorsi insieme a Romeo.

    Avevano provato tutti a dissuaderla ma la loro amica non voleva saperne niente di starli ad ascoltare. In seguito a quella giornata a casa sua aveva continuato a difendere il suo fidanzato costantemente, come se volesse convincere ancor prima sé stessa delle sue affermazioni.

    Melissa aveva consigliato di non insistere, perché altrimenti si sarebbe potuta allontanare di più invece che aprirsi con loro. Andrea, d'altro canto, non poteva non pensarci e, nonostante prima non fosse chissà quanto legato a Camille, aveva cominciato a starle molto vicino, messaggiandola anche solo per chiederle come stesse.

    Rosa e Luna erano sicuramente le più irrequiete, specialmente quest'ultima, il cui umore era diventato pressoché lunatico.

    Normalmente questo non avrebbe fatto allarmare nessuno, lei era fatta così. Tuttavia non era mai arrivata al punto da diventare quasi instabile.
    Sembrava che qualsiasi cosa gli altri dicessero o facessero la infastidisse, al punto che nessuno sapeva più cosa stesse davvero provando.

    L'unica cosa certa era che tutti loro in fondo non stavano bene, sapendo cosa stesse succedendo ad una delle loro amiche più care. Finché lei non voleva farsi aiutare, nessuno poteva fare niente.
    E questo, sicuramente, era frustrante.

    🌹💙

    Forse aveva fatto male ad accettare questa volta.
    Oramai aveva confermato la propria partecipazione a suo zio e non poteva tirarsi indietro.

    Era in piedi, davanti allo specchio del bagno con la seconda luce accesa, per illuminarla di più sulle parti da sistemare. Aveva preso il pettine per aggiustare i capelli e legarli all'indietro in un piccolo codino, lasciando liberi gli altri capelli.
    La scelta dell'abbigliamento era ricaduta su una camicia nera, con cui litigò quasi per chiudere i bottoni e lasciare almeno la parte della sua clavicola scoperta, in modo tale da poter indossare qualche gioiello, un jeans nero, per il quale aveva messo la casa sottosopra perché non lo trovava nell'armadio (e invece era sulla sedia in camera sua) e infine delle scarpe nere di pelle.

    Rosa attorcigliò un bracciale a catena intorno al suo polso destro, qualche anello d'acciaio alle dita del lato sinistro e infine una cintura nera per mantenere salda la vita.
    Guardandosi meglio allo specchio, per essere sicura che i capelli non prendessero vita propria ai lati della sua testa, decise di applicare del gel delicatamente con le mani per evitare che sembrassero pieni di elettricità.

    Mise la camicia accuratamente dentro al jeans, facendo una piccola smorfia quando notò come le rimpiccioliva il seno.

    "Vabbè Rosa, tanto stiamo pur sempre andando in chiesa" pensò sorridendo, sistemando il colletto non abbottonato.

    Spense tutte le luci in bagno.

    🌹💙

    Come aveva varcato la soglia dell'enorme chiesa in stile gotico, a cui oramai doveva essere abituata, Rosa sentì qualcosa di spiacevole muoversi all'interno del suo stomaco.
    L'entrare ed essere guardata male da tutti coloro che erano lì per la messa non era mai stata una cosa semplice da digerire.

    Si passò nervosamente una mano sulla bocca, mentre senza volere, i suoi occhi andarono sulla statua di Gesù messo in croce, posizionata in alto dietro l'altare.

    Se da una parte stava facendo un favore ad una persona a lei cara, dall'altra parte quella era l'unica volta che metteva piede in un posto simile.

    Evitò di contestare uno sguardo di troppo ricevuto da una signora anziana che frequentava la comunità di quella chiesa e proseguì fino all'altare, girando a destra per entrare nello studio di suo zio.
    Bussò alla porta, la quale si aprì quasi immediatamente. Ad averla accolta era un ragazzino di circa quattordici anni, che riconobbe dopo qualche frazione di secondo, essendo rimasta molto sorpresa dal modo truce in cui l'aveva guardata.

    «Luca, giusto?» sorrise, indicandolo con un dito «C'è Padre Ettore con te?» chiese mantenendo il contatto visivo il più a lungo possibile.
    Il ragazzo non aveva risposto. Aveva quasi sbottato, uscendo fuori dallo studio sbattendo la porta e andandosene in un'altra stanza in fondo al corridoio.

    «Rosa, entra pure» sentì distintamente la voce di suo zio ed entrò senza farsi troppe domande.

    Come al solito, l'odore di candele profumate l'avvolse fino allo svenimento.
    Ettore era seduto sulla poltrona dietro la sua scrivania, dove vi erano alcuni fogli su cui sembrava dare tutta la sua attenzione. Il suo sguardo fisso e stanco le fece presto intuire che, il motivo per cui l'aveva chiamata proprio quel giorno, fosse diverso almeno in parte da quelli precedenti.

    Si sedette su una delle due sedie davanti a lui, aspettando che le rivolgesse la parola. Da questa vicinanza notò il velo di tristezza nei suoi occhi, blu zaffiro come i suoi.
    Come quelli di suo padre.

    A un certo punto, l'uomo alzò il capo e le sorrise.
    «Come stai?» le chiese quasi come se si aspettasse già la risposta.
    Rosa aveva tirato un lungo sospiro.
    «Tu come stai?»

    «Mi dispiace di averti fatta venire fin qui. E' solo che i ragazzi erano diventati tutti impazienti di rivederti. Lo sai quanto loro siano felici ogni volta che vieni qui» glielo disse guardandola dritta negli occhi, come se volesse farle capire qualcosa di cui gli mancava il coraggio.
    «Si tratta di Luca, vero?» intrecciò le dita delle mani, percependo in anticipo di cosa si trattasse.

    «Si, è esatto» le confermò amaramente «Come già ti raccontai, i suoi genitori non sono esattamente delle persone...» si fermò per non pronunciarlo ad alta voce «lo sai...»
    «Lo so»
    «Dunque, siccome fanno parte della comunità di questa chiesa, avevo pensato di inserire nel progetto Luca insieme a sua sorella, che avrà circa undici anni. Ma loro si rifiutarono di iscrivere Giada»
    Rosa annuì in ascolto.

    «Giada è morta, Rosa» lo disse con una tale fretta che la ragazza quasi non cadde dalla sedia.
    «Ma che stai dicendo?» balbettò con uno sguardo pieno di terrore «Me la ricordo quella bambina, era...» mimò qualcosa con le mani, come se stesse cercando di rimettere apposto dei pezzi che non collaboravano fra di loro.

    «E' morta un mese fa, ad Agosto, per un'emorragia celebrale» continuò, sforzandosi di mantenere un tono serio, quando era chiaramente sull'orlo del pianto, mentre Rosa era ancora sotto shock.
    «Come» strinse forte le dita sul ginocchio, graffiandosi attraverso il pantalone con le unghie.
    «Un incidente stradale, così mi è stato detto. Sono stato vicino alla famiglia, mettendomi anche a disposizione per organizzare una messa a lei dedicata. Ma non ne hanno voluto sapere. Hanno anche aggiunto che presto Luca lascerà il progetto e probabilmente non resta molto tempo prima che questo accada»
    «Un mese fa...l'ultima volta che sono venuta...» pensò ad alta voce.
    «Non ti ho più chiamata perché non mi sembrava il caso di far partecipare i ragazzi al progetto dopo l'accaduto. Soprattutto Luca, che non ha avuto ancora il tempo di rielaborare»

    Non sapeva cosa dire.
    Per quanto volesse parlare, chiedere dettagli o anche solo esprimere il suo stesso rammarico, non ci riusciva.

    «Dio solo sa quanto tengo alla comunità di questa chiesa» disse l'uomo, guardando una foto incorniciata sulla sua scrivania, che ritraeva lui insieme a tanti bambini e ragazzi.
    Tra cui una Rosa appena adolescente, proprio di fianco a lui.
    «Ti hanno sempre adorata» accennò un sorriso di nostalgia «Forse senza di te non sarei mai riuscito a salvarli. L'idea del progetto teatrale era stata tua, dopotutto» la guardò, sorridendole finalmente, mentre una lacrima furtiva lasciava gli occhi di Rosa, che prontamente asciugò.
    Ettore prese in mano la cornice e sorrise alla vista di tutti quei volti a lui cari.
    «Se sono riuscito a tenerli fuori dalla strada, a fargli capire il significato di una vera famiglia, se sono riuscito in questi anni a dare loro qualcosa in cui credere...lo devo anche a te, che ti sei occupata di loro nonostante le difficoltà da cui provengono. Erano tutti bambini e ragazzi destinati a un solo stile di vita, quello della strada. E' così che molti finiscono, soprattutto chi proviene da famiglie disfunzionali. Molti lasciano la scuola raggiunti i sedici anni, altri finiscono in giri di droga o muoiono negli incidenti facendo le gare coi motorini. Quante storie del genere si sentono oggi? Quanti dei ragazzi impiegati in questo progetto sarebbero potuti diventare così?»

    «Lo so» rispose lei, sospirando «Sarei potuta essere io, una di quei ragazzi»
    Ettore alzò lo sguardo, il sorriso era scomparso dalle sue labbra. Per la prima volta, Rosa si accorse di come negli anni i suoi capelli neri erano diventati più grigi, le mani erano invecchiate e le rughe aveva cominciato a comparire sul suo volto, perennemente privo di sonno.
    «E' stata la mia più grande paura, quella» affermò.

    «Che cosa ne sarà ora di Luca?»
    «Non lo so, tesoro. E' anche per questo che ti ho chiamata per venire qui. Mi piacerebbe parlarne con calma più tardi, ora i ragazzi ti staranno aspettando nella sala del teatro. Probabilmente sono emozionati di cominciare il casting per lo spettacolo che avevi proposto...come si chiamava?»
    «Scugnizzi»
    «Beh, allora in bocca al lupo» si alzarono insieme dal proprio posto e si strinsero la mano affettuosamente «E ricordati sempre, che quando avrai bisogno di me, io ci sarò»

    🌹💙

    Aveva lasciato lo studio con il cuore più pesante di un macigno.

    La notizia della morte di una bambina non è mai facile da digerire. Per tutto il tempo, anche mentre stavano parlando d'altro, la sua mente non aveva mai smesso di ripetere in loop quelle parole.

    «Giada è morta, Rosa»
    «E' morta un mese fa, ad Agosto, per un'emorragia celebrale»


    Come poteva, una bambina di soli undici anni, morire così presto e in un modo così orribile?
    Solo a pensarci faceva molto male. Non poteva neanche lontanamente immaginare come si sentiva suo fratello, che era appena adolescente.
    Un dolore del genere cambia inevitabilmente le persone.

    Pensare che presto non l'avrebbe mai più rivisto e non avrebbe più avuto alcuna possibilità di aiutarlo.
    Perché forse, in fondo, non poteva fare niente.

    «Ti hanno sempre adorata»

    Si stropicciò gli occhi, sentendoli bruciare per lo sforzo di non piangere.

    «E ricordati sempre, che quando avrai bisogno di me, io ci sarò»

    Ancora una volta, doveva farsi forza.

    🌹💙

    «Ro'!» esclamò una ragazza non appena la vide aprire la porta, al che Rosa si mise sull'attenti, divertita dallo sguardo entusiasta di tutti i ragazzi nella sala.
    «Soldati!» fece la mimica del saluto militare, mentre cinque o sei di loro le andarono vicino.
    «Waa, addirittur! Cà c' vonn e carabinier!» scherzò un ragazzo di nome Federico, di circa quattordici anni. Un individuo un po' permaloso che aveva imparato a conoscere e a trattare di conseguenza.
    «Ah e pecchè?» sollevò un sopracciglio, divertita «Che cumbinat?»
    «Ij nient» alzò le mani ridendo «Chill è p' Kecco c'annà vnì»
    «O sceee', ij t vatt» s'intromise il diretto interessato, Francesco, uno dei ragazzi più grandi siccome aveva appena quindici anni, che scombinò i capelli a Federico.

    «Uagliù, e ja, nun facit burdell, chell Rosa mo è venut!» li ammonì una ragazza un po' bassina, Valentina, di tredici anni.
    «Si si, infatti!» la supportò un'altra ragazza, Clara, di dodici anni «Voglio fare il cast mo!»

    La situazione nella stanza effettivamente era alquanto movimentata, ma dopotutto non poteva sorprendersi più di tanto. Erano una ventina di ragazzi, alcuni stavano guardando Federico e Francesco prendersi a capelli, altri stavano sul palcoscenico a rincorrersi e a giocare, altri erano vicino agli strumenti musicali intenti a volerli suonare.

    In qualche modo, doveva ristabilire l'ordine.

    «Allora, lo vogliamo cominciare questo cast?» urlò a pieni polmoni, notando soddisfatta come il casino si era improvvisamente interrotto.
    Tutta l'attenzione dei presenti era rivolta su di lei.

    «E v vulit piglià a chist ddoje primm ca s scannan?» indicò con un cenno della testa i due ragazzi vicino a lei, anche se in realtà avevano smesso di lottare per ascoltarla.
    «Ja uagliù, accuminciamm» battè le mani Valentina, la più autoritaria tra le ragazze e, sicuramente, con uno spirito molto forte da leader.

    In fondo erano tutti dei bravi ragazzi, ognuno con le proprie personalità, i propri pregi e difetti, per nulla apprezzati dalle famiglie da cui provenivano. Rosa ricordò per un momento la conversazione avuta con suo zio, mentre li osservava tutti ad uno, con un leggero senso d'orgoglio nei loro confronti.
    «Quanti dei ragazzi impiegati in questo progetto sarebbero potuti diventare così?»

    Ripensò a come molti di loro, inizialmente, detestavano il semplice concetto di "fare teatro". Ma dopo uno, due, tre spettacoli organizzati nel corso di quei quattro anni, aveva notato un miglioramento nei loro atteggiamenti.
    C'è chi era figlio di tossicodipendenti, chi aveva i genitori in carcere, chi invece i genitori li aveva ma non erano molto attenti o affettuosi nei loro confronti.
    Tutti ragazzi che, come aveva detto suo zio, sarebbero potuti finire in mezzo ad una strada, ma che il teatro aveva salvato, dando loro un luogo dove potersi esprimere liberamente e dove poter trovare una via d'uscita.


    Al tal pensiero, le venne in mente una cosa.

    «Ragazzi, prima di iniziare» cercò di parlare, anche se vi era un gran vociferare «Dov'è Luca?» disse, avendo fatto il giro della sala con lo sguardo senza veder traccia del ragazzo.

    Federico aveva sgranato gli occhi e abbassato lo sguardo. Improvvisamente il casino era cessato nuovamente.

    «Dietro le quinte» aveva risposto Francesco, con aria molto seria «Penso che non voglia partecipare»
    Rosa allora aveva annuito, mettendo una mano sulla spalla di Valentina.
    «Vale, incomincia a prendere il materiale negli armadietti. Torno subito»

    🌹💙

    Lo aveva trovato subito, una volta andata dietro le quinte. Era seduto su una panchina di legno molto vecchia, uno degli oggetti di scena che avevano utilizzato varie volte durante altri spettacoli.

    Stava guardando il cellullare.

    Rosa sospirò, grattandosi dietro la nuca. Gli andò vicino e pian piano si sedette anche lei, sperando che il ragazzo le rivolgesse per primo la parola. Cosa che non accadde, perché non aveva per niente l'aria di voler parlare.

    «Luca, perché non vieni di là con tutti gli altri?» cominciò a dirgli, con l'intenzione di non insistere se avesse detto di no. Ma lui non rispose. Il suo sguardo era concentrato sullo schermo del telefono, o almeno così sembrava.
    «Luca» gli mise una mano sulla spalla, da cui si dimenò quasi bruscamente.
    «Vattenn» sputò acido, ma ancora non alzava la testa nella sua direzione.
    «Se vuoi che me ne vado, posso anche andarmene. Ma è davvero questo quello che vuoi?»
    Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, castani e rasati di lato, mentre la sua gamba aveva cominciato a tremare dal nervosismo.
    Era molto a disagio.

    «Se hai bisogno di parlare, io ci sono» cercò di rassicurarlo usando anche un tono abbastanza comprensivo, ma non sembrava bastare. Anzi, Luca aveva cominciato a singhiozzare, alzandosi dalla panca e dirigendosi in un angolo come per allontanarsi.
    «Vattenn!» ripetè, questa volta più arrabbiato. Non poteva biasimare il suo comportamento, poiché anche lei reagiva così ogni qualvolta che qualcuno cercava di aiutarla.
    Sapeva che non la stava allontanando da lui, ma che era lui ad allontanarsi da lei.

    Era sempre stato un giovane molto sensibile alle emozioni forti ed era per questo che si era nascosto, sperando di non essere trovato.

    Proprio come Rosa quando aveva la sua età, che si andava a rintanare nei bagni della scuola sperando che nessuno la trovasse.

    Si alzò per andargli incontro, mettendogli una mano sulla schiena, percependo che stava tremando.
    Cercava disperatamente di non piangere.
    «Luca, so che cosa è successo a Giada» si fermò un momento quando lo sentì gemere dal dolore «E non posso neanche immaginare come ti senti o come tu ti sia sentito»
    «Nessuno lo sa» singhiozzò, cercando di dimenarsi dalla sua presa «Quindi lasciatemi stare!»

    Gli accarezzò la schiena, come se volesse curargli le ferite che evidentemente gli stavano facendo sanguinare il cuore.
    Nessuno dovrebbe soffrire così tanto. Specialmente un ragazzo così giovane. Ma la vita era imprevedibile e la morte non guardava in faccia nessuno.

    «Hai ragione, non possiamo capirti» sapeva cosa voleva sentirsi dire e glielo disse «Perché non siamo te, non proviamo le tue stesse emozioni e non possiamo sapere cosa pensi realmente, cosa ti porta a prendere le tue decisioni e cosa vorresti davvero. Nessuno di noi, nè io, nè Padre Ettore, nè la tua famiglia e nè i tuoi amici possiamo essere te.»
    Il ragazzo si girò verso di lei, gli occhi ricolmi di lacrime e l'espressione evidentemente forzata per non cadere nella disperazione.

    «Ma possiamo starti vicino, non lasciandoti da solo quando hai evidentemente bisogno di stare con gli altri. Sei sempre stato un ragazzo brillante ed io sono orgogliosa di te. Lo siamo tutti quanti»
    «Non i miei genitori» serrò la mascella «A loro non importa di me, non importa di Giada. Litigano ogni santo giorno, mia sorella è morta, ora vogliono anche che mi liberi del teatro, quando è stata l'unica fottuta cosa bella che mi hanno dato!» buttò tutto fuori, oramai consapevole di non poter tenersi ancora dentro le sue emozioni.

    «E' così che molti finiscono, soprattutto chi proviene da famiglie disfunzionali.»

    «Luca» gli parlò con tono basso, cercando di non mettergli alcuna pressione «Io capisco bene la tua rabbia, perché anch'io come te non sono mai riuscita a capire la mia famiglia. Mio padre non mi ha mai dimostrato affetto e mio fratello...beh, diciamo che non eravamo proprio legati»
    Il ragazzo era rimasto in ascolto.
    «Mia madre e mio zio, Padre Ettore, sono le uniche persone che mi sono rimaste. E a volte loro non possono capirmi, perché vivono in un mondo totalmente distante anni luce dal mio. Quindi sai cosa faccio, quando sono triste e ho bisogno di stare con qualcuno?»
    Lo vide fare cenno di no.
    «Vado dai miei amici. La mia famiglia» gli sorrise «E anche tu hai una famiglia qui dentro, ci sono tutti di là ad aspettarti, perché sono tutti tuoi amici e ti vogliono bene»
    «Ma i miei genitori...»

    Rosa si abbassò all'altezza del suo mento, poggiando i gomiti sulle ginocchia, mantenendo le mani sulle sue spalle.
    «Non ti mentirò, Luca. Sei un ragazzo intelligente e so che in realtà ci hai già pensato. Devi essere forte. Devi circondarti di persone positive che possano renderti felice. La vita, per quelli come noi, non è mai stata facile fin dall'inizio e siamo cresciuti troppo in fretta. Ma è anche per questo che abbiamo fatto le spalle forti e siamo in grado di affrontare qualunque ostacolo ci capiti davanti. Ogni volta che ti sentirai abbattuto, ogni volta che avrai voglia di piangere e urlare, respira e ripeti a te stesso che va tutto bene. Andrà tutto bene, Luca. Non ti lascio da solo»

    L'aveva abbracciata quasi di slancio, facendola barcollare. Era alla fine crollato e il suo pianto era completamente liberatorio.
    Rosa ricambiò il suo affetto, dandogli delle pacche sulla schiena. Sapeva di essere stata capita.

    «Fatti forza, ragazzo mio. Tutti ti stanno aspettando»

    🌹

    Traduzioni in napoletano:
    Waa, addirittur! Cà c' vonn e carabinier!» = «Waa, addirittura! Qua ci vogliono i carabinieri!»
    Ah e pecchè?» = «Ah e perchè?»
    Che cumbinat?» = «Che hai combinato?»
    Ij nient» = «Io niente»
    Chill è p' Kecco c'annà vnì» = «E' per Kekko che dovrebbero venire»
    O sceee', ij t vatt» = «Io ti picchio»
    Uagliù, e ja, nun facit burdell, chell Rosa mo è venut!» = «Ragazzi, eddai, non fate casino, quella Rosa mo è venuta!»
    E v vulit piglià a chist ddoje primm ca s scannan?» = «E vi volete prendere a questi due prima che si scannano?»
    Ja uagliù, accuminciamm» = «Dai ragazzi, incominciamo»
    Vattenn» = «Vatten»


    Nota dell'autrice:
    *Questo capitolo contiene una sottotrama.
     
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    rosewhitexx_ ho letto ieri pomeriggio, ma riesco a commentare solo adesso.
    L'ultima parte da te pubblicata è quella che mi ha colpita di più. È stato molto bello vedere Rosa in mezzo ai ragazzi: oltre alla solita componente drammatica ho percepito una dolcezza e una tenera malinconia di fondo in questo pezzo della storia <3 E nonostante le difficili situazioni di cui hai parlato (una su tutte quella di Luca), ho avuto una sensazione di speranza mentre leggevo... Speranza che le cose possano migliorare, che Rosa aiuti Luca e gli altri e, in questo modo, riesca ad aiutare anche sé stessa. Peraltro, in parte è ciò che lei ha fatto finora, almeno in base a quanto hai lasciato intendere...
    Non so, con l'avvio di questa sottotrama inattesa mi hai lasciato qualcosa di nuovo, qualcosa di davvero bello ^_^

    Per quanto riguarda la parte precedente, l'ho letta con interesse, anche se nel complesso mi ha sorpresa di meno. Sospettavo che Camille avesse grosse difficoltà a separarsi da Romeo: parlare è un conto, agire è un altro. Mi sembra chiaro che il rapporto fra i due è estremamente problematico: quel tipo di relazione che soffoca, intrappola e fa finire il membro più vulnerabile della coppia in una sorta di tunnel :( D'altronde, temo che reagire con irruenza come ha fatto Luna, benché sia pienamente comprensibile, ora come ora non possa aiutare la povera Camille; ho quindi apprezzato la reazione di Melissa, rassicurante e consolatoria, anche se di certo non può risolvere la situazione.

    Ci vediamo al prossimo aggiornamento ;)
     
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    Capitolo VI - Parte II: Teatro

    Avvertenze: Suicidio.

    🌹💙

    Luca si era come risvegliato da un lungo sonno.

    Lo aveva ammirato a lungo mentre dirigeva, come da suo compito, i ragazzi durante le prove del cast.

    Il giovane era uno dei tre registri che Rosa aveva accuratamente scelto, insieme ad altri due ragazzi, per gli spettacoli che progettavano. Lo vedeva come aiutava gli attori a posizionarsi in precisi movimenti e come si assicurava che ogni dettaglio del palcoscenico fosse al suo posto. Era un perfezionista ed era un tratto che aveva scoperto proprio facendo teatro.

    Quante cose che i ragazzi imparano grazie all'arte? E perché molti genitori erano così chiusi dal non volerlo capire? Luca era un ragazzo brillante. Impulsivo, certamente, ma di un'intelligenza emotiva molto rara che Rosa aveva intenzione di proteggere. Un ragazzo che però non eccelleva a scuola, che aveva pochi amici e che di recente aveva perso anche la sua sorellina in un modo atroce. In più i genitori volevano portarlo via dall'unico posto che lo aveva aiutato a scoprire sé stesso, l'unico luogo in cui si fosse mai sentito al sicuro, circondato da persone che gli volevano bene e che apprezzavano le sue capacità.

    «Marco, devi girarti appena quando passano Giulia e Kekko dietro di te e Lucio» sentì Luca mentre aiutava gli attori del cast a provare una delle scene iniziali, quella in cui Marco, un ragazzo di quattordici anni, stava intrepretando Don Saverio, mentre l'amico Lucio di tredici anni stava provando per il personaggio di Raffaele "'O russo".
    Rosa era appoggiata su una scrivania, con le braccia conserte e le gambe incrociate, ad assistere come tutti i ragazzi si stavano sinceramente impegnando nei loro ruoli.
    Sicuramente, suo zio sarebbe stato contento.


    Il tempo era come volato.
    Erano le venti di sera e alcuni genitori erano passati per prendere i figli.

    Rosa sperava di vedere quelli di Luca, ma il ragazzo le aveva detto che sarebbe tornato da solo a casa di sua nonna, perché ultimamente la situazione in famiglia non era delle migliori.

    «Vuoi che ti accompagni?» Rosa gli mise una mano sulla spalla, al che il suo giovane amico le aveva sorriso, scuotendo leggermente il capo.
    «Sei sicuro? Dove abita tua nonna?» insistette, vedendolo con lo sguardo un po' smarrito.
    «Mia nonna vive vicino alla stazione centrale»
    «E' ben lontano da qui ed è tardi. Dovresti prendere da solo la metropolitana» continuò a parlargli, stringendo d'impulso la mano sulla sua spalla.
    «Sono già andato da lei a volte, posso farcela» si discostò dalla sua presa, come se avesse fretta di andare.

    Lo guardò per qualche istante prima di sospirare.
    «Visto? L'ho detto che sei un ragazzo forte» gli diede un piccolo pugno sul braccio, sorridendogli orgogliosa «Vedrai quante cose faremo la prossima volta!»
    Luca tuttavia non sembrava allo stesso modo così entusiasta e questo la fece insospettire.
    «Non preoccuparti, Luca, parlerò io con i tuoi genitori» capì all'istante e tentò di rassicurarlo «Andrà tutto bene, te lo prometto» gli pizzicò con affetto una guancia e gli scombinò i capelli, un contatto che aveva con quasi tutti i ragazzi del teatro.
    «Rosa» disse a un certo punto, con un tono molto basso «Non andrà mai bene»

    Il sorriso le morì sulle labbra.

    «I miei genitori mi cambieranno anche scuola perché pensano che la colpa sia degli insegnanti se non studio. Perderò anche gli amici che ho lì e anche quelli che ho qui. Perderò anche te»
    «Non ci perderai mai, Luca. Questo posso giurartelo» asserì con sicurezza Rosa «Siamo una famiglia, ricordi?»
    Per un solo momento le sembrò quasi che gli occhi del ragazzo fossero diventati più opachi. Ma fu distratta dal gesto inaspettato che le bloccò il respiro.

    Luca si era messo in punta di piedi e le aveva poggiato un bacio sulla guancia; ma non un semplice schiocco.
    La sua mano era sulla sua mascella e sembrava non volersi allontanare da lei.
    Durò per qualche secondo, poi si staccò. L'ultima cosa che le disse, prima di girarsi e allontanarsi, la lasciò interdetta.

    «Grazie di tutto, Rosa»


    Alla fine era tornata a casa, senza essere riuscita a parlare con suo zio, poiché lo aveva trovato impegnato una volta che tutti i ragazzi se n'erano andati.

    Avrebbe mentito se avesse detto di non essersi divertita anche lei quel giorno e sicuramente avrebbe fatto di più la prossima volta. Gli attori che avevano partecipato al cast le erano piaciuti particolarmente tanto e con moltissima probabilità Luca e gli altri due registri avrebbero scelto loro per i ruoli interpretati.

    Mentre cadeva di peso sul suo adorato letto, si toccò d'istinto la guancia.
    Quella era stata la prima volta che uno dei ragazzi si comportasse così con lei. Normalmente tutti l'abbracciavano quando la vedevano o quando la salutavano, ma un gesto così spontaneo e affettuoso era stata una sorpresa per lei.

    Soprattutto da Luca, che era sempre stato un po' sulle sue.

    Sorrise però al pensiero che questo significasse che le voleva bene, anche se la sensazione che aveva provato durante quegli istanti era stata molto strana.
    Quasi sinistra.
    Ma non ci aveva fatto molto caso. Magari era stata una cosa sul momento che non si sarebbe ripetuta una seconda volta, quindi decise di non pensarci più.

    Il rumore della porta di casa che si era aperta la fece quasi cadere dal letto. Sua madre doveva essere appena tornata.
    Scese dalle scale quasi di fretta, sospirando quando la vide sorridente e con delle buste in mano, intenta a togliersi le scarpe.

    «Ciao tesoro, potresti aiutarmi con queste buste? Sono un po' pesanti» le disse la donna, con un tono così dolce a cui era impossibile dire di no. E Rosa non disse niente. Prese le cinque buste che aveva poggiato a terra e l'aiutò in seguito a preparare la cena.
    Del resto, era uno dei pochi momenti in cui sua madre tornava ad essere normale. Momenti che Rosa avrebbe voluto durassero per sempre.



    La mattina successiva pioveva così tanto che per un momento Rosa aveva tentennato di uscire di casa. Era domenica e per pranzo avrebbe voluto provare a cucinare qualcosa di buono, anche se non se la cavava per niente a fare tutto da sola.

    Aveva preso il suo ombrello personale, nero e con delle rose bianche disegnate, afferrato il portafogli e le chiavi di casa ed era uscita per andare al supermercato.

    L'aria fredda che si respirava era particolarmente soffocante.

    Non era molto distante la sua meta, ma camminare con l'asfalto bagnato era una delle cose che più odiava della pioggia. I suoi stivali di pelle neri erano zuppi d'acqua e sicuramente li avrebbe dovuti pulire per togliere il fango dalle suole.
    La musica nelle orecchie almeno la distraeva dai fulmini che si sentivano in lontananza da quando si era svegliata. A un certo punto era partita una canzone della sua playlist Spotify, craccato ovviamente, che per qualche ragione l'aveva fatta trasalire.
    Era una canzone che ascoltava quando aveva quattordici anni, in un periodo particolare della sua vita.
    Sebbene il protagonista fosse un maschio, non vi era stata in quel periodo un testo più adatto a lei e alla sua situazione, ma per qualche motivo le venne in mente Luca ascoltandola in quel momento.

    "Eight years old and he's kicking and screaming
    "I'll only go to school if you give me a reason
    The kids are really mean and I already know all the things they're teaching""
    "Showing up late but he makes it to class,
    Just to stare out the window and the clock in the back
    He daydreamed away to a sky so gray
    Everything's simple, it's driving him mental
    Wishing every day that something would change
    Instead his dad makes him play ball by the bay
    And every time he cries, father rolls his eyes saying
    "Son it's all your fault, how come you never try?"
    He does all that he should
    Why is he misunderstood?"


    Era arrivata al supermercato, quando la canzone s'interruppe per via di una chiamata improvvisa.
    Rosa maneggiò con l'ombrello per cercare di rispondere il prima possibile. Forse era sua madre che si era dimenticata di dirle qualcosa che doveva prendere?

    Rimase stupita quando notò il nome di suo zio Ettore. Qualcosa dentro al suo stomaco, senza capirne il motivo, cominciò a farle male.
    Rispose quasi prontamente, rimanendo fuori alle porte del supermercato.

    Ma non appena l'uomo le parlò, l'ombrello le cadde di mano in un tonfo secco.


    «Rosa? Ci sei ancora, tesoro?» la voce spezzata di suo zio che cercava di assicurarsi di non averla uccisa all'impatto.

    Le persone che uscivano ed entravano dal supermercato l'avevano fissata a lunga durante quel lasso di tempo in cui era rimasta ferma, immobile, con l'ombrello spalancato a terra e la pioggia che la stava bagnando dalla testa ai piedi.

    «Rosa, rispondimi perfavore» la cercò disperatamente «Lo so tesoro, lo so...vieni da me, mi trovi nel mio ufficio. I genitori di Luca ti vogliono vedere»

    Il telefono che l'era scivolato dalle mani nel momento esatto in cui una signora stava entrando con suo figlio.
    Notando il cellulare caduto, il bambino si era abbassato per prenderglielo, ma la mamma lo aveva trattenuto per una spalla. Lo sguardo sgranato e senza vita di quella ragazza sotto la pioggia l'aveva messa in allarme.

    «Si sente bene, signorina?» le prese l'ombrello a terra, intuendo fosse il suo, per cercare di coprirla.
    Era completamente zuppa d'acqua piovana.
    «Signorina?» la chiamò il bambino, al che Rosa mosse la testa in un movimento così meccanico da spaventarlo quasi.
    Le labbra erano bianche e dischiuse, come se fosse in una sorte di apnea. Gli occhi che non riuscivano a guardare un punto fisso, mentre le dita delle mani tremavano visibilmente.

    Era tutta colpa sua.

    «Signorina, sta spaventando mio figlio, la prego prenda il telefono e torni a casa» tentennò la donna, prendendo il cellulare dalle mani del bambino e cercò di darglielo.
    Ma siccome la ragazza continuava non muovere un muscolo, la giovane madre perse la pazienza e mise a terra il suo ombrello e il suo telefono, portando dentro il figlio che l'aveva guardata un'ultima volta, prima di sparire all'interno del supermercato.


    Non appena era entrata nella chiesa, una donna le si era avvicinata così velocemente che sapeva già cosa stava per accadere.
    Uno schiaffo, violento e pesante, le arrivò dritto sulla guancia. Ciononostante, Rosa non disse nulla, né si mosse dalla sua posizione.
    Capì immediatamente che si trattava della madre di Luca.

    «E' tutta colpa tua, figlia di puttana!» urlò così forte che rimbombò tra tutte le mura, come una sorta di eco che voleva inserirsi nella sua testa fino a fargliela perdere completamente «Perché cazzo non lo hai accompagnato?! Perché?!» cercò di aggredirla nuovamente, ma venne fermata da un uomo, che quasi sicuramente era suo marito.
    Suo zio Ettore e due suore si erano avvicinati anche loro per fermare la donna, impazzita dal dolore che non sapeva neanche che cosa stava facendo dal loro punto di vista.

    Ma Rosa lo sapeva. E avrebbe tanto desiderato che non l'avessero trattenuta.

    Non le sembrava neanche di star respirando, forte era il dolore che il suo cuore stava provando.
    «Mio figlio...il mio bambino...» continuava a piangere e a urlare e a dimenarsi.
    «Signora, la prego, si calmi. Capisco il vostro dolore e me ne rammarico, ma mia nipote non c'entra niente in tutto questo» suo zio provava a difenderla. Ma lei non voleva essere difesa.
    Non se lo meritava.

    «No» aveva proferito parola, con la gola secca che le bruciava terribilmente «La signora ha ragione. E' stata tutta colpa mia»
    L'uomo, il padre di Luca, l'aveva guardata con uno sguardo carico d'odio e di disprezzo, mentre la madre aveva ripreso a piangere più forte.

    Ettore e le suore, invece, erano andate vicino a lei per sostenerla. Sembrava stesse per crollare a terra da un momento all'altro, bagnata e infreddolita com'era.
    «No, tesoro, non è stata colpa tua» l'abbracciò l'uomo, mantenendola per la testa «Non è stata colpa tua»

    «Se lo avessi accompagnato ieri» la sua voce era così bassa da non sembrare completamente sobria «Non sarebbe mai successo»
    «No, non è così» si era staccato solo per prenderle il viso tra le mani «Sarebbe successo anche se lo avessi accompagnato, tesoro»
    Gli occhi di Rosa erano tornati lucidi, stavolta pieni di lacrime. Ogni centimetro del suo corpo aveva cominciato a tremare e il suo respiro era diventato più veloce.
    «Il ragazzo è con Dio ora» disse commossa una delle due suore vicino a lei «Lo avrà perdonato e ora sarà al suo fianco per sempre»
    Alla fine era scoppiata a piangere, stringendosi forte alla spalla di suo zio. Sentiva la testa scoppiare e voleva che succedesse.

    Voleva impazzire, almeno non avrebbe più ragionato e non avrebbe più pensato al fatto che Luca si era suicidato sulle rotaie della metropolitana la sera prima, a soli quattordici anni.
    La madre aveva urlato più forte, come se quel pensiero l'avesse sentito anche lei fin dentro l'anima.
    Ettore l'aveva stretta forte, cercando di non lasciare la rabbia di sua nipote uscire e distruggere ogni cosa.
    🌹

    Nota dell'autrice:
    *Questo capitolo contiene una sottotrama.

    Edited by rosewhitexx_ - 3/11/2023, 14:34
     
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    rosewhitexx_ quest'ultima parte è stata un colpo al cuore, non mi aspettavo che sarebbe andata a finire così! Ho preso un abbaglio bello grosso l'altra volta >.<
    E così a Rosa toccherà affrontare un nuovo dolore e un senso di colpa - irrazionale ma del tutto comprensibile - che chissà quanto la faranno soffrire ancora. Come se non ne stesse già passando abbastanza, poveretta... :cry:
    A questo punto preferisco non fare previsioni per il futuro, perché al momento non so proprio cos'aspettarmi; inoltre, vorrei evitare di crearmi illusioni su eventuali svolte positive :?

    Potresti dirmi che questa è una storia drammatica, che affronta tematiche difficili, e quindi dovrei essere preparata a eventuali colpi di scena negativi... e avresti ragione, ma devo confessare che, per mia natura, vado sempre a caccia di un minimo di positività in ciò che leggo. Anche perché la vita è già abbastanza incasinata e piena di ostacoli o delusioni... Almeno nella finzione sarebbe bello che ci fosse un po' di gioia e serenità in più!
    Andrò comunque avanti nella lettura - a mio rischio e pericolo :D - finché me la sentirò. Non posso garantire con certezza di arrivare alla fine della storia, dipende da come si evolveranno gli eventi da te narrati, ma farò del mio meglio per non arrendermi alla prima "difficoltà" inattesa.


    P.S. Ti dispiace se ti do qualche dritta a livello stilistico?
     
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    Elizabeth Swann Ciao Ely, ho letto solo ora, perdonami!
    La mia storia, come ho citato molte volte, tratta di temi molto complessi e il suo genere è piuttosto drammatico, come forse si è notato ci tengo molto alla parte psicologica dei personaggi. Per me che sono una persona che vuole esplorare non solo sé stessa ma in generale l'animo umano, questa storia è una sorta di sfogo, di ricerca personale e di realizzazione, per questo mi rendo perfettamente conto di quanto sia pesante.
    Perché è un po' come se rappresentasse in generale la mia visione sulla vita, quando le cose cominciano ad andare bene qualcosa comincerà ad andare male e viceversa, ovviamente!
    Io ti posso solo dire che comprendo la tua perplessità ma posso anche dirti che io sono una persona che crede nei lieto fine. Credo che dopo tutta la sofferenza uno spiraglio di luce ci sia sempre, perché è proprio quello per cui noi umani viviamo. La speranza è sempre l'ultima a morire!
    Sicuramente la maggior parte degli eventi saranno drammatici e, se vorrai, potrò mettere dei disclaimer a ogni capitolo in cui ci sarà un particolare TW (esempio, capitolo 6, tema suicidio) così da prepararti meglio.
    Ma alla fine la mia è anche una storia che parla d'amore, da quello romantico a quello platonico, e tutto sommato io tratto dell'adolescenza in generale, quindi anche robe come feste, uscite e, perché no, scene un po' clue ci saranno xD

    PS: Comunque per me va bene!
     
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    Io ti posso solo dire che comprendo la tua perplessità ma posso anche dirti che io sono una persona che crede nei lieto fine. Credo che dopo tutta la sofferenza uno spiraglio di luce ci sia sempre, perché è proprio quello per cui noi umani viviamo. La speranza è sempre l'ultima a morire!

    rosewhitexx_ molto bene, questo mi rassicura un po', lo ammetto sun

    CITAZIONE
    Sicuramente la maggior parte degli eventi saranno drammatici e, se vorrai, potrò mettere dei disclaimer a ogni capitolo in cui ci sarà un particolare TW (esempio, capitolo 6, tema suicidio) così da prepararti meglio.

    Non è una cattiva idea :b: Magari, per l'appunto, puoi inserire un avviso prima del capitolo, se questo è particolarmente angosciante. Anzi, mi sa che ti avevo già accennato a questa possibilità in uno dei miei precedenti commenti...
    In ogni caso, aspetto il tuo prossimo aggiornamento per vedere cosa succede ;) Non leggerò subito perché voglio dare la precedenza alle storie del contest di Halloween... ma poi passerò anche da queste parti!

    Adesso passo alle dritte sulla scrittura.

    CITAZIONE
    Il giovane era uno dei tre registri che Rosa aveva accuratamente scelto, insieme ad altri due ragazzi, per gli spettacoli che progettavano.

    Qui c’è una erre di troppo.

    CITAZIONE
    Avrebbe mentito se avesse detto di non essersi divertita anche lei quel giorno e sicuramente avrebbe fatto di più la prossima volta. Gli attori che avevano partecipato al cast le erano piaciuti particolarmente tanto e con moltissima probabilità Luca e gli altri due registri avrebbero scelto loro per i ruoli interpretati.

    Anche qui come sopra.

    CITAZIONE
    Mentre cadeva di peso sul suo adorato letto, si toccò d'istinto la guancia.
    Quella era stata la prima volta che uno dei ragazzi si comportasse così con lei.

    In questo caso l'uso del congiuntivo non è corretto. Sostituisci con il trapassato prossimo dell'indicativo ("si era comportato") :)


    CITAZIONE
    «Rosa, rispondimi perfavore» la cercò disperatamente «Lo so tesoro, lo so...vieni da me, mi trovi nel mio ufficio. I genitori di Luca ti vogliono vedere»

    C'è un errore di battitura.
    Inoltre, dovresti aggiungere la virgola fra "so" e "tesoro".

    CITAZIONE
    Ettore l'aveva stretta forte, cercando di non lasciare la rabbia di sua nipote uscire e distruggere ogni cosa.

    Questo è un semplice consiglio che ti do... Potresti scrivere così:
    Ettore l'aveva stretta forte, cercando di non lasciare che la rabbia di sua nipote uscisse e distruggesse ogni cosa.
    Il modo in cui hai scritto tu non è sbagliato, penso semplicemente che in quest'altro modo le frasi suonino meglio e la lettura scorra più fluida :)

    Un altro consiglio che mi permetto di darti è di scrivere la traduzione italiana della strofa della canzone che hai riportato. Magari in basso, nelle note d'autore.
    Spero di esserti stata utile ^_^

    Edited by Elizabeth Swann - 2/11/2023, 11:03
     
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    Rosa indelebile
    Capitolo VI - Parte III: Teatro


    Avvertenze: Suicidio

    🌹💙

    «Luca è morto, Rosa»

    Non aveva neanche avuto il tempo di rispondere che quella frase l'aveva uccisa sul colpo.

    «Sulle rotaie della metropolitana. E'...morto, Rosa. Luca si è suicidato» continuava a parlare anche senza ricevere segno di vita da parte di sua nipote, come se quelle cose non potesse tenerle dentro ancora un secondo di più.

    «Ha lasciato una lettera, i genitori stanno arrivando qui per parlarti. Io...so che è difficile, ma ti volevo chiedere di raggiungermi nel mio ufficio»

    Ma era come se la sua voce fosse muta alle sue orecchie.
    Un fischio le rimbombava nelle orecchie, la testa le stava per scoppiare.

    Non riusciva a metabolizzare quello che stava sentendo.
    Non riusciva a capire.

    Luca?

    Lo stesso ragazzino che aveva undici anni quando lo aveva conosciuto?
    Lo stesso ragazzino che a breve avrebbe compiuto quindici anni?
    Lo stesso che la sera prima le aveva dato quel bacio così pieno d'affetto in realtà era un bacio d'addio?

    No.

    Non era vero. Non poteva essere reale.

    Si sarebbe sicuramente svegliata. Era solo un brutto incubo.

    Sarebbe tornata presto al progetto e lo avrebbe rivisto con tutti gli altri, felice e sorridente come lo ricordava. Era solo un brutto incubo.

    «E' tutta colpa tua, figlia di puttana!»
    «Perché cazzo non lo hai accompagnato?! Perché?!»

    Era stato lo schiaffo della madre di Luca a concretizzare ogni cosa. Fu come tornare a respirare dopo essere morta per qualche istante che l'era sembrato eterno.

    Meritava quello schiaffo. Per non essersi resa conto di nulla, per non aver capito le sue intenzioni, per non essergli stata vicina come aveva promesso.
    Aveva giurato che non l'avrebbe mai lasciato solo, che lo avrebbe protetto, che sarebbe andato tutto bene.
    Meritava ben altro di un semplice schiaffo.

    «No. La signora ha ragione. E' stata tutta colpa mia. Se lo avessi accompagnato ieri non sarebbe mai successo»

    Non sarebbe mai accaduto se non lo avesse lasciato andare da solo.

    «Il ragazzo è con Dio ora» aveva detto commossa una delle due suore vicino a lei «Lo avrà perdonato e ora sarà al suo fianco per sempre»

    Avrebbe voluto tanto dire a quella donna vestita di nero che aveva giurato fedeltà e lealtà a un'illusione.
    Forse era meglio così. Era più semplice, per alcune persone, pensare che i loro cari non fossero del tutto spariti, che si trovassero in realtà in un posto migliore.
    Ma erano tutte stronzate per lei. Luca non c'era più. Non era più da nessuna parte.

    E la colpa, se quei genitori erano rimasti del tutto senza figli, era tutta sua.


    «Rosa»

    Una voce la riportò nel mondo reale, spezzando quel flusso di pensieri con cui voleva tormentarsi.
    Le ci vollero molti secondi prima di capire dove si trovava. Era seduta su una delle scale fuori alla chiesa, sotto la pioggia.
    Qualcuno però la stava coprendo, probabilmente con un ombrello.

    «Tesoro, ti prego, vieni dentro. Prenderai freddo così» era suo zio che cercava di convincerla a rientrare e che la stava proteggendo dall'acqua piovana, di cui ormai era già bagnata.
    «Rosa, qualsiasi cosa leggerai in quella lettera, sappi che non è stata colpa tua» continuava a dirle, sperando che finalmente lo ascoltasse. Gli era sembrato di rivedere sua nipote quando aveva quattordici anni quando aveva visto il suo sguardo senza vita, mentre la teneva fra le braccia. Erano anni che non la vedeva così.

    «E' stata colpa mia» aveva sussurrato, più a sé stessa che all'uomo dietro di lei «Avrei potuto evitarlo se lo avessi seguito ieri sera. Come ho potuto anche solo pensare di lasciarlo andare da solo» parlava così a bassa voce che a Ettore salirono dei brividi lungo la schiena.
    Sembrava fuori di sé.

    «Rosa, se c'è un colpevole quello sono io» le aveva allora risposto, non riuscendo a sentirla in quel mondo ancora un minuto di più «Avrei dovuto parlarti prima di lui, in modo che potessimo provare ad aiutarlo insieme. Sapevo che aveva bisogno di aiuto e ho perso solo tempo»

    Si era allora girata, verso di lui. Ettore aveva il capo chine e l'ombrello copriva solo lei, come se volesse che la pioggia lo facesse scomparire.
    «Leggi quella lettera, ti prego»

    I genitori di Luca erano ancora lì, seduti non molto distanti da dov'era seduta lei un'ora prima.
    La madre era stesa sulle gambe del marito, che cercava di rilassarla con delle carezze sulla testa. Per un momento fu tentata di uscire di nuovo ma doveva farsi forza.

    Non era una codarda, questo non avrebbe mai permesso a nessuno di dirlo o anche solo di pensarlo.
    La lettera del ragazzo era in mano a una delle due suore che avevano provato a consolarla insieme a suo zio. Era in una busta bianca, con una scritta ben evidente sul retro.

    "Per Rosa"

    L'aveva presa e aperta. La lettera era un foglio di un quaderno e l'inchiostro della penna era nera. Probabilmente le aveva comprate solo per lasciarle quell'ultimo ricordo.
    Con un nodo alla gola, cominciò piano a leggere nella sua mente, immaginando la sua voce.

    "Cara Rosa,
    un po' banale forse cominciare così una lettera,
    mi hai sempre detto che sono un ragazzo brillante e intelligente ma in realtà sono come tutti gli altri,
    sono banale, esattamente come l'inizio di questa lettera.
    Perdonami per quello che sto facendo, dì agli altri che mi dispiace di non poter più esserci alle prove.
    Dì a Federico che è il mio migliore amico e che non mi dimenticherò di lui quando sarò in cielo.
    Dì a Padre Ettore che è il migliore nel suo campo e che mi dispiace di avergli arrecato solo fastidio nell'ultimo periodo, che mi dispiace di non essere stato il ragazzo che probabilmente lui credeva che io fossi.
    Sono stato davvero felice di aver partecipato a questo progetto.
    Ma la mia vita ormai è finita.
    Mia sorella è morta e da quando è successo i miei genitori non fanno altro che litigare per qualsiasi cosa. La scuola non è manco iniziata ma so che sarà un fallimento, come tutti gli altri anni.
    Non sono pronto per andare al liceo, non sono pronto per abbandonare il teatro.
    Non sono pronto per abbandonare te.
    E allora so che vi è un modo, un unico modo per continuare a stare con tutti voi senza essere più un peso per nessuno.
    Voglio rivedere mia sorella, la mia dolce Giada. Voglio dirle di persona quanto mi dispiace di non essere stato il fratello maggiore che meritava, che ora giocherò con lei per sempre.
    Con lei vi guarderò sempre, vi starò sempre vicino anche se voi non mi vedrete.
    Sto scrivendo questa lettera mentre aspetto che l'ultimo treni passi alla prima fermata.
    Non voglio che per colpa mia alcune persone non possano tornare a casa e che restino bloccate nel treno.
    Mi dispiace, Rosa.
    Avrei voluto continuare a stare con te. Scusami se non volevo che mi accompagnassi stasera.
    Sono contento però che non hai insistito più di tanto. Almeno ho potuto terminare quello che avevo iniziato.
    So che volevi provare a convincere i miei genitori a farmi rimanere nel progetto, ma non preoccuparti, ti toglierò questo peso.
    Non ho rimpianti, comunque. O forse uno si, quello di non averti baciata come realmente volevo.
    Forse non hai mai pensato a me in quel modo e perché mai avresti dovuto, dopotutto ero solo un ragazzino più giovane di te che pensavi di proteggere, piuttosto che a un uomo.
    La verità è che ti ho sempre ammirato e che mi sei sempre piaciuta, tanto.
    Ecco, ora probabilmente riderai di me. A quattordici anni non dovrei pensare già a queste cose, come mi dicono i miei genitori.
    Però non posso mentire a me stesso. I miei sentimenti sono sinceri e lo saranno per sempre.
    Addio, Rosa.
    Ti starò sempre vicino.
    -Luca Agostini, 18/09/20XX"


    «Quella è solo una delle lettere che è stata trovata» le aveva detto improvvisamente Ettore «Pensiamo che l'abbia scritta per ultima, poiché le altre due sono state trovate a casa sua» Rosa lo aveva allora guardato, sull'orlo delle lacrime.

    «Luca aveva già deciso, Rosa. Non c'era niente che potessi fare»

    «Mi dispiace contraddirla, Padre Ettore, ma non è così» parlò improvvisamente il padre di Luca, che si era allontanato dalla moglie e che in quel momento era dietro di loro.
    «Io ero sempre stato contrario a questa cazzata del teatro» sputò acido «E sono sempre rimasto dell'idea della cattiva influenza che questa qui aveva su mio figlio» la indicò col palmo della mano, digrignando i denti.

    «Signor Agostini, io posso solo immaginare il suo dolore, ma Rosa non c'entra niente col suicidio di vostro figlio» s'intromise l'uomo tra di loro, per paura che potesse fare del male a sua nipote.
    «Non chiamatelo suicidio. E' stato istigato, non aveva problemi, ha sempre avuto tutto ciò di cui aveva bisogno, andava male a scuola ma lo avremmo presto cambiato d'istituto. Tutto mandato a puttane perché? Perché questa stronza doveva per forza fare il suo spettacolo»
    Improvvisamente, un moto di rabbia cominciò a farle tremare le dita. Si, era colpa sua, per aver avuto delle negligenze e avrebbero potuto rinfacciarglielo anche a vita se lo desiderava.

    Ma loro? Loro che cosa avevano fatto?

    «Se mio figlio è morto la colpa è solo sua. In queste lettere sembra quasi come se la colpa fosse mia e di mia moglie, ma evidentemente...» si bloccò come se si fosse appena reso conto di non avere un'argomentazione per cui continuare quello che stava dicendo «...e poi, sta lettera che ha scritto per lei. Non mi sorprenderebbe scoprire che se la faceva con mio figlio!»
    Probabilmente se suo zio non si fosse trovato come barriera tra lei e quell'uomo lo avrebbe ucciso in quel preciso istante.
    Ettore sentì una certa pressione sul suo braccio e non riuscì a capire immediatamente a che cosa stava accadendo. Rosa lo aveva scansato e si era avvicinata pericolosamente al padre della vittima, con uno sguardo demoniaco.
    L'uomo aveva indietreggiato.

    «Mi ascolti bene ora, prima che cominci a fregarmene di trovarmi all'interno di una chiesa» si era fermata appositamente davanti a lui, come minaccia «Lei ha ragione su alcune cose. Avrei potuto impedire che suo figlio arrivasse a questo se non lo avessi convinto che sarebbe potuto rimanere, se gli fossi stata più vicina e se lo avessi accompagnato ieri sera, sicuramente Luca sarebbe ancora qui. Ma io e sottoscrivo IO non le permetto di insinuare che io mi stessi approfittando di un ragazzino in quel modo. E soprattutto, non le permetto di parlare a Padre Ettore con quel tono arrogante del cazzo, come se voi e vostra moglie aveste mai fatto qualcosa!»
    La madre di Luca si era avvicinata anche a lei a quel punto, per cercare di capire perché fosse stata chiamata in caso, dato che la voce di Rosa rimbombava all'interno della chiesa.

    «Non le permetto di infangare così il nome di questo luogo solo perché non avete mai apprezzato che vostro figlio passasse qui il suo tempo, dove si sentiva accettato per una fottuta volta in vita sua»
    «Non hai alcun diritto di parlarci così, lurida…» cominciò la donna che venne subito zittita da un passo in più che fece Rosa nella sua direzione.
    «Si sciacqui la bocca con il detergente per lavare i piatti perché è l'unica cosa che sa fare nella vita e si becchi questa verità in faccia, ovvero che qui nessuno di noi ha aiutato Luca, nessuno ha mai provato a capirlo. Né voi, che eravate i suoi genitori e avevate il compito di proteggerlo, né io, che ero più grande di lui e avrei dovuto intervenire. Ma non vi permetto di insultare ancora il teatro, l'unica cosa che vostro figlio amava davvero e che voi volevate togliergli. Beh» aprì le braccia «Alla fine ci siete riusciti.»

    Non voleva neanche sentire le loro risposte senza un minimo d'argomentazione. Tutto ciò che vi era da dire era stato detto.
    Se ne andò semplicemente, perché sentiva che se avesse ascoltato ancora uno dei due avrebbe commesso un omicidio; e per quanto non credente, non avrebbe mai fatto una cosa del genere, specialmente in un luogo che Luca rispettava e in cui credeva.
    La lettera era ancora nelle sue mani tremanti, che protesse sotto la sua maglietta, prima di uscire dalla chiesa e affrontare il temporale, diventato più violento nel frattempo.

    Tornata a casa, completamente bagnata da quella mattina, controllò di sfuggita l'orologio vicino alla porta d'ingresso e si rese conto che era appena mezzogiorno. Stava per togliersi piano gli stivali, quando sentì un rumore di passi che la fece distrarre.

    «Tesoro, sei tornato?» vide sua madre vestita con un lungo abito color verde smeraldo e le mani sporche di quello che le sembrò terreno. Forse stava lavorando con i fiori nel suo studio.
    Tuttavia, capì subito che l'aveva scambiata di nuovo per suo fratello.

    «Mamma, ti prego, non è il momento» a malapena riusciva a parlare.
    Il suo stesso respiro le faceva male.

    «Amore? Amore di mamma, che hai?» le andò di fretta vicino, quando la vide portarsi una mano sul viso, in procinto di piangere.
    Si abbassò anche lei sulle ginocchia e le mise una mano sulla spalla, dolcemente.

    Gli occhi di Rosa erano coperti ma la sua bocca era ben visibile ed era spalancata, con la mascella serrata. Stava buttando fuori le lacrime in un lamento silenzioso che non erano uscite prima e lo stava facendo proprio davanti a sua madre, la quale sicuramente non sapeva neanche chi stava cercando di consolare.

    «Ma sei tutta bagnata, amore» le accarezzò la schiena.
    Il capo di Rosa che si alzò di scatto, incontrando i suoi dolci occhi verdi.

    «Che ne dici se ti fai una doccia calda? Starai morendo di freddo. Ti preparo una tazza di cioccolata calda, come piace a te, va bene?» le sorrise, mentre la sua mano, ancora sporca di terreno, era passata a toccarle delicatamente il viso «Ora va di sopra, ci penso io a pulire»
    Non le importava se i suoi vestiti e la sua faccia erano sporchi di terreno.

    Quella carezza, quelle cure, era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento, più di qualsiasi altra cosa.


    Nota dell'autrice:
    *Questo capitolo contiene una sottotrama.
     
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    rosewhitexx_ sono riuscita a recuperare il tuo aggiornamento.
    Ho trovato questa parte della storia molto commovente, la lettera di Luca è stata toccante da leggere, dolce e con un pizzico di speranza, nonostante il dolore e l'ingiusto auto-biasimo di quel povero ragazzo :cry: <3 Anche Rosa si biasima e sbaglia a farlo, ma emotivamente la sua reazione è comprensibilissima... È umana e si addice a una persona che, sotto la scorza un po' rude, (non) cela un carattere altruista e sensibile.
    Ammetto che non pensavo che Luca avesse una cotta per lei, credevo la considerasse una specie di sorella maggiore, ma in ogni caso era chiaro che si fosse "aggrappato" al loro rapporto d'amicizia, anche perché a casa sua non si sentiva affatto capito. I suoi genitori mi hanno fatto pena, benché si siano comportati male con Rosa e non abbiano il diritto di aggredirla a quel modo. Spero che rinsaviscano almeno un pochino... ma temo che non accadrà, purtroppo :|
    Molto bella l'ultima parte, con Maria che riesce a confortare un po' la figlia nel momento dell'estremo bisogno <3 Almeno Rosa può respirare un attimo e mettere giù la maschera da stoica che indossa quasi costantemente.
    Ho apprezzato tanto anche la figura dello zio Ettore :)
     
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42 replies since 18/12/2022, 21:05   508 views
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