UN RACCONTO PER UN'OPERA D'ARTE

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Anima Sola e Incompresa

    Group
    Signori di Andúnië
    Posts
    691
    Reputation
    +639
    Location
    Multiverso, insieme a Loki, il Dio delle Storie

    Status
    Offline

    UN RACCONTO PER UN'OPERA D'ARTE



    Cari lettori, :)
    L'arte è sempre stata il mio primo amore. La mia prima passione. L'arte è un pezzo della mia vita e il mio cuore oggi batte solo per essa.
    Dopo tanto tempo, ho deciso di iniziare una nuova raccolta di racconti per celebrare e adorare i più grandi capolavori pittorici e scultorei della storia dell'arte. In quest'opera scriverò racconti brevi, di vari generi letterari, ispirati alle opere d'arte, tra le quali ci saranno alcune delle mie preferite in assoluto...
    Spero di regalarvi nuove emozioni e spero che attraverso la mia scrittura possiate immergervi e apprezzare l'arte come la amo tanto io.



    Sinossi: Raccolta di racconti brevi ispirati ad alcune delle opere d'arti (dipinti e sculture) degli artisti più famosi della storia dell'arte.



    Avvertenze per il Lettori: i racconti sono tutte mie interpretazioni personali ed emotive. pertanto non potrebbero rispecchiare ciò che l'artista voleva in realtà rappresentare e comunicare all'osservatore. Il bollino e il genere verranno di volta in volta annunciati. Il quadro verrà a voi svelato durante la lettura del racconto che più essere o breve o lungo.

    Buona Lettura :D



    Genere: Fiaba Dark Fantasy, (Retelling dell'opera...vediamo se riuscite ad indovinarla :P)
    Categoria: bollino arancione. Attenzione, contiene scene di violenza.



    TRA GUERRA E AMORE



    "Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori,..."
    -Ludovico Ariosto



    "Se tardi a trovarmi, insisti.
    Se non ci sono in nessun posto,
    cerca in un altro, perché io sono
    seduto da qualche parte,
    ad aspettare te...
    e se non mi trovi più, in fondo ai tuoi occhi,
    allora vuol dire che sono dentro di te."
    -Walt Withman



    1349



    C'era una volta, tanto tempo fa,
    nella lontana Transylvania, un'antica terra custodita in una vallata profonda, abbracciata dal folto e rigoglioso bosco smeraldino delle montagne dei Carpazi, dalle alte vette rocciose e frastagliate.
    In mezzo si udiva il rilassante scroscio del fiume Arieș, dalle acque cristalline come il ghiaccio.
    A sud, sorgeva trionfante, il prosperoso feudo di Soarelor che splendeva di gloria e maestosità, sotto il brillante, caldo e dorato sole. La fortezza era circondata da un profondo fossato dall'acqua limpida e gorgogliante, dove nuotavano guizzanti pesciolini rossi e dove qualche bruno ranocchio maculato saltava tra una ninfea e un'altra. Sulle sue sponde, i fini steli d'erba dondolavano soavi al vento; da alcuni brulicanti cespugli di trifogli, sbucavano fulgenti narcisi, vaporose e delicate peonie e violette screziate d'indaco. Le farfalle zaffirine volavano leggiadre qua e là, fino a innalzarsi verso le maestose mura. Ogni torre era coperta da edere rampicanti, dalle quali sbocciavano rose dai petali delicati, profumati e dalle tonalità vermiglie. Accarezzavano le mura di marmo bianco, venato d'oro, che difendevano il benevolo e altruista popolo che vi dimorava. Regnava la serenità e la pace. Erano abili agricoltori, artigiani, fabbri, tessitori e pastori di pecore e capre. Possedevano ogni ricchezza desiderata.
    Era governato da un valoroso e coraggioso Signore feudatario. Insieme a sua moglie avevano dato alla luce a un incanto di fanciulla.
    Era nominata la "grazia" del feudo, poiché era la più bella fra tutte. I suoi genitori, invidiosi della suo bell' aspetto, la tenevano segregata, come una prigioniera, nella torre più alta del castello, per paura che qualcuno potesse recarle qualche maleficio. Era il loro più prezioso tesoro, solo da adorare e da proteggere.
    La dolce Alisa, però, soffriva tremendamente la solitudine. Era stata promessa in sposa a un cavaliere che non amava.
    Ogni mattina si svegliava all'alba, apriva il balcone e raccoglieva, da un ramo delle piante rampicanti, una rosa rossa. Si beava del suo floreale e fresco profumo. Salutava i passerotti che volavano nel cielo azzurro, verso le terre remote e oscure. Le loro ali si trasformavano in quelle di neri e gracchianti corvi, dagli occhi color sangue.
    Qui vi era nascosto il feudo di Corvinilor. Nella terra del Nord vi erano solo le dense e impenetrabili tenebre. Il sole qui non era mai esistito. Tutto era avvolto in una fuliggine cenerina. Dal terreno, cosparso di macchie cremisi, evaporavano incandescenti e grigi fumi che impregnavano la fetida aria di un irrespirabile puzzo di zolfo. Il terreno era umido e scuro come la pece. Crescevano solo arbusti nudi e scheletrici, dai rami ammuffiti, dove giganti tarantole tessevano le loro ragnatele per acchiappare e mordere le loro mosche. Regnava la morte: teschi di animali estinti erano sparsi per tutta la radura. Pochi avevano ancora della carne marcia attaccata alle carcasse; i lupi mannari dagli occhi ambrati, provenienti dalla foresta, venivano a cibarsi dei rimasugli. Intorno alla fortezza aleggiava una coltre di nebbia. Le sue mure crepate e scrostate erano in pietra onice, venivano stritolate e soffocate da un groviglio di serpenti viscidi e velenosi che riposavano quieti, attaccati alle fredde pareti. Non vi abitava alcun'anima. Ogni torre era sorvegliata da orribili demoni gargoyle. Avevano occhi grandi, spiritati e grossi nasi da suino. Dalle loro bocche uscivano due denti aguzzi a sciabola e una lingua lunga, sottile e biforcuta. Dalle loro schiene, ingobbite, spuntavano un paio d'ali corvine, con due grossi artigli alle estremità. Nel castello, caduto in rovina, viveva solo, un cavaliere vampiro di nome Lucian.

    Tra i due feudi non prosperava la pace. Fin dalle origini, erano sempre stati perfidi e acerrimi rivali. Il feudo di Soarelor era intimorito e superstizioso verso il suo oscuro nemico, perché sapeva che dall'altra parte del fiume viveva una creatura malvagia e si diceva che chi osava, anche per sbaglio, mettere piede nelle sue terre, veniva rapito e prosciugato della sua linfa vitale. Altri sostenevano che ad attenderli ci fosse un branco di lupi mannari e altre specie orripilanti, come gli uccellaci del malaugurio, che si divertivano a strappare la testa dal corpo di ogni povero e innocente umano. Per gli abitanti lui era un mostro, il figlio del Diavolo, perciò doveva morire e finire all'Inferno insieme a tutti i suoi simili, ma questo non era tutto: Soarelor, fin da sempre, voleva conquistare altri territori ed espandere il suo dominio e il suo potere nelle vaste terre sconosciute della Transylvania, in modo da coalizzarsi con i vicini amici e uccidere il vampiro, così da estorcere il Male dalle loro terre floride e lucenti.
    Tanti secoli addietro, qualcuno, perdutosi in mezzo al bosco, aveva scoperto una miniera stracolma di pietre preziose, rare e inestimabili. I due feudi rivali vennero a conoscenza del luogo ed entrambi cercarono d'impossessarsene. Scoppiò una violenta guerra che portò solo vittime. Il Signore feudatario e sua moglie furono costretti a stabilire una tregua fra i due regni in modo da garantire un pacifico futuro alla loro figlia e alla sua famiglia. Si arrivò a un accordo: la cava venne divisa in due parti eque, cosicché ognuno avesse un numero uguale di ricchezze da estrarre e usufruire per i loro proficui scopi.
    Tuttavia, oggi, c'è sempre qualcuno che vuole rivendicarsi e farsi valere sul nemico...

    Una mattina molto tetra e piovosa, il giacimento è immerso in una coltre di nebbia bianca e densa. Dal terreno esce del vapore che va a impregnare l'aria circostante di un odore nauseabondo e maleodorante.
    Lavorare è quasi impossibile. Hanno tutti la fronte impregnata di sudore e il viso sporco di nera cenere.
    Alcuni si trascinano a fatica, gemendo e lamentandosi per l'atmosfera irrespirabile e invivibile.
    «Tu misero umano, come hai osato rubarmi il mio tesoro!?» Sbotta un nano-elfo.
    «Io non ho rubato proprio niente!» Ribatte, invece, un minatore.
    «Dove sono finiti i rubini che ho lasciato qui, poco fa! Qualcuno li ha rubati!» Incalza la creatura maligna, alzando ancora di più la sua rauca voce.
    Si porta verso la linea di demarcazione che separa le due rivali proprietà.
    «Smettila di frignare e ritorna al tuo posto!» Lo avvisa l'umano, rivolgendogli uno sguardo truce e minaccioso.
    L'elfo ignora la sua richiesta e compie un altro passo in avanti. «Ridammi i miei rubini. Subito! So che li avete presi voi», sibila con un piede dal confine.
    L'umano prova a ignorarlo, voltandosi di spalle.
    «Siete dei ladri!» Lo provoca ancora l'altro, sorpassando il suo territorio.
    Il minatore stringe la sua forca tra le mani e serra la mascella.
    Di scatto si volta e vede il nano-elfo proprio di fronte a lui.
    Sgrana gli occhi spaventato.
    La malefica creatura è bassa e minuta. Ha i piedi e le mani esageratamente grandi. Il suo corpo è coperto da uno straccio, mentre la sua pelle verdognola è segnata da bruni nei e da grosse vene violacee. Il viso corrugato e teso è cosparso di rughe e bitorzoli. Le sottili labbra sono incurvate in un perfido ghigno. Gli occhi sono grandi e color del ghiaccio. La sua testa è liscia e pelata. Le orecchie, appuntite e pelose, gli spuntano ai lati del volto.
    Il nano- elfo fa un altro passo e salta addosso all'uomo. Inorridito dalla bestia, gli pianta il suo attrezzo dritto nel petto.
    La creatura trasalisce e scossa da un dolore lancinante si inginocchia a terra.
    L'umano riprende il suo forcone e lo striscia lungo il corpo del mostro fino al pube, lacerandolo in due.
    Il nano-elfo si distende al suolo. Le grigie viscere escono dalla sua pancia, emettendo un raccapricciante gorgoglio, vanno a spandersi in una pozza di putrido, velenoso e nero sangue.
    «Ecco, ben ti sta, brutto bastardo! La prossima volta ci penserai due volte, prima d'invadere la proprietà altrui!» Dice rabbioso. «Che vi sia d'esempio a tutti voi luridi mostri!» Li minaccia, alzando in aria il forcone.
    Al tramonto, i minatori abbandonano la cava.
    I nani-elfi, invece, scappano tutti, tranne uno che si accuccia con un gemito sofferente. Una lacrima scende dal suo viso e bagna la schiena del compagno esangue. Lo guarda dispiaciuto, poi lo prende in spalla...

    Nel castello oscuro, lo schiavo porta il cadavere al padrone.
    Si presenta nella Sala Maggiore.
    Il vampiro, con indosso il nero mantello, gli dà le spalle.
    Il nano-elfo si genuflette davanti al cavaliere.
    «Signore, è successo ancora. Hanno ucciso un altro di noi», confessa affranto.
    «Fate recapitare il cadavere a loro! Vogliono che vedano chi è veramente il cattivo!» Sbatte a terra il suo bastone, inviperito. «Assumine uno per sostituirlo.»
    «Ma ormai qui non c'è più nessuno», precisa la creatura.
    «È un ordine», ringhia. «Eseguilo e taci!»
    Il servo acconsente. Si inchina e va via...

    Quella sera, a Corvinilor, c'è un gran trambusto per la morte del loro compagno perché temono presto la stessa sorte.
    Un esercito di nani-elfi e gargoyle si raduna nell'atrio principale della fortezza, all'insaputa del loro padrone, e uniti, architettano un attacco contro gli umani...
    Devono solo aspettare il prossimo giorno di pioggia...

    Un urlo agghiacciante, proveniente da Soarelor, mette in allarme e in apprensione tutto il popolo del feudo. Accorrono tutti sul posto. Una lavandaia ha trovato, dentro a una cesta del bucato, il cadavere dell'orribile nano-elfo.
    All'improvviso percepiscono delle sorde urla. Dalla coltre di nebbia oscura, sbuca un esercito di creature alate e maligne.
    Si avvicinano al feudo sempre di più.
    Stretti in mano tengono massi e grosse pietre che iniziano a scagliare contro gli abitanti.
    Il Signore feudatario, intento in alcuni personali lavori, sente dalla sua torre un fragoroso trambusto.
    Accigliato, si affaccia dalle sue stanze.
    Spalanca gli occhi quando intravede quelli orridi intrusi.
    Da' ordine ai suoi soldati di difendere la fortezza con le armi.
    Si avvia un disastroso scontro: ogni colpo di cannone una creatura alata diventa cenere al vento, molti umani vengono feriti, altri periscono male.
    Questa mattina si sparge il panico e il terrore.
    Dopo secoli la guerra si è di nuovo accesa.

    Il cavaliere vampiro Lucian, durante uno dei suoi riposini, si sveglia di soprassalto, sentendo le sue creature stridere e soccombere una dopo l'altra.
    Qualcuno gli ha disobbedito.
    Adirato vola fuori, verso il feudo vicino.
    Giunge alle porte come un'ombra nera e incombente.
    La gente emette un boato di sorpresa e paura, quando lo vedono giungere nella sua autentica bruttezza.
    Cerca di riportare la quiete con una sorta d'incantesimo: attira tutti i mostri, che vengono poi inghiottiti dalla plumbea nube dietro di sé. Mentre compie questo atto, avverte una voce calma e delicata.
    Si sofferma ad ascoltarla.
    Proviene dalla torre più alta del castello.
    "Io sola e disperata, giacerò qui in eterno, finché l'amore del mio caro cavaliere non verrà a rapirmi..."
    Ed ecco che Lucian intravede una favolosa fanciulla dai lunghi e ondulati capelli bruni.
    Ne rimane abbagliato e affascinato.
    Il suo viso ha lineamenti graziati. La pelle diafana è screziata di rosa sulle tonde guance, le labbra sono rosse e piene, vellutate come i petali di una rosa rossa. I suoi occhi sono brillanti, color pervinca. Indossa un lungo abito azzurro, dalla gonna voluminosa e da un corpetto rigido con una scollatura a cuore, provvisto di aderenti maniche lunghe. Sul capo porta una coroncina d'orata, con incastonati minuscoli zaffiri e nontiscordardimé.
    Il suo canto gli tocca il suo gelido cuore e per poco lo riscalda, facendolo battere, anche solo per un istante.
    Il vampiro viene invaso da un inspiegabile calore che si diffonde per tutto il suo corpo. Distoglie lo sguardo, quando si accorge che gli umani si stanno armando di crocifissi e paletti.
    Impaurito si nasconde nel suo mantello e scompare nelle tenebre.
    Il vampiro fa ritorno al suo castello, nelle buie stanze.
    Stanco e indebolito, si accovaccia a terra. Fra le mani affusolate si tiene la testa tanto pulsante, quanto dolente da piantarsi addirittura le unghie aguzze nelle tempie. Non riesce a togliersi dalla testa quella meraviglia di fanciulla, come se la sua naturale e umana bellezza lo avesse stregato, come se gli avesse impresso una maledizione.
    Vuole vederla più da vicino, vuole conoscerla, forse questo suo nuovo e bramoso desiderio si sarebbe un po' placato.

    Quella notte, esce di nuovo all'aperto. Si trasforma in un pipistrello e vola verso il feudo vicino, verso l'alto, verso la sua torre. Muta in vampiro e senza farsi vedere, si arrampica come una lucertola sulle mura fino al balcone di lei.
    Una luce fievole, prodotta da qualche candela, proviene dalla finestra.
    Lucian si acquatta di lato all'apertura illuminata e tende un orecchio.
    Non sente quell'armoniosa, carezzevole e beata musica, ma un lamento, seguito da dei singhiozzi.
    Il vampiro prova ad affacciarsi e con la coda dell'occhio riesce a scorgere un drappo del suo abito disteso su una parte di un letto a baldacchino, coperto da una soffice trapunta rosa pastello.
    Si protende ancora di più e la vede di schiena, sprofondata con la testa dentro il cuscino che piange come una disperata.
    A un tratto entra un uomo. Si volta sorpreso, riconoscendolo subito: è il Signore feudatario.
    «Smettila di piangere! Tu sposerai quel cavaliere. Il matrimonio è già deciso!» Prorompe, con tono autoritario, molto duro e severo.
    «Non puoi obbligarmi, non puoi farmi questo!» Gli urla contro, in lacrime. «Non posso sposare un uomo che non amo e non amerò mai, un uomo che non conosco!» Singhiozza a fatica.
    «Avrai l'occasione di farlo dopo il matrimonio. La decisione è stata presa, tua madre è d'accordo con me. Lo stiamo facendo per il tuo bene!» Incalza lui, alzando la profonda voce.
    «Non è vero! Questo matrimonio lo volete solo voi, per stringere altre alleanze, in modo da uccidere il mostro che vive oltre il fiume!» Confessa Alisa, piangendo sempre più forte.
    A quella rivelazione, gli viene un colpo al cuore. La fanciulla sta parlando di lui.
    «È confermato: fra tre giorni ti sposerai...Buonanotte!» Chiude la porta della torre.
    Il feudatario si sta rafforzando per muovere altre minacce contro di lui.

    Lucian lascia la fanciulla e furioso ritorna nella sua fortezza.
    Nelle sue stanze, la creatura non si dà pace. Tormentato, cammina avanti e indietro, pensando e rimuginando.
    Non può lasciarsi sconfiggere dagli umani, ma cosa accidenti può fare? Cosa può fare per quietare gli animi? Per non far scoppiare un'altra guerra?
    Infastidito dal suo orgoglio, decide comunque di consultare chi lo ha tradito.
    Nel grande atrio oscuro di Corvinilor, illuminato solo da un raggio di luna bianca che filtra dal tetto scoperto, il cavaliere pianifica la sua vendetta.
    «Una festa?» Sbotta incredulo un nano-elfo.
    «Sì, una festa in maschera», ripete pacato il suo padrone. «Invitiamo gli umani, invitiamoli tutti.» Apre le braccia davanti a sé. «Facciamo vedere chi siamo veramente.»
    La sua proposta fa sorgere un fastidioso brusio di sottofondo.
    Un altro nano-elfo si fa avanti. «Se mi permette, mio Signore, io la trovo una scelta molto azzardata.»
    Lucian guarda dall'alto la piccola abominevole creatura.
    «Voi dovete fare quello che vi dico io. Altrimenti sapete cosa vi accadrà...», minaccia lui, prepotente. «Preparate dei manifesti da consegnare e appendere», ordina poi. «Domani sera, al tramonto, si ballerà e ci si divertirà moltissimo.» Emette un ghigno perverso, per poi scomparire nell'oscurità.
    I suoi servi e schiavi si inchinano e acconsentono al suo volere.

    Quella notte i gargoyle preparano e vanno ad appiccicare l'invito alla festa sulle mura di Soarelor:
    "Il cavaliere oscuro si pente del male che ha commesso e viene da voi in pace.
    Desidera porre fine ai recenti scontri, perciò ha indetto un ballo nel suo palazzo.
    Siete tutti invitati a partecipare.
    Sarete tutti i benvenuti, nessuno escluso.
    Questa sera al tramonto."
    Lucian accoglie tutti gli umani nel suo regno con la speranza di poter rivedere la sua bella fanciulla, la sua nuova preda.
    Avrebbe scatenato la sua ira sulla figlia del Signore per spezzare i patti con i feudi vicini.

    La mattina seguente, la gente del feudo si reca curiosa a vedere i manifesti appesi in ogni muro della fortezza.
    Fra di loro, anche il Signore giunge davanti a uno di essi.
    Lo legge di fretta.
    Storce le labbra e con impeto lo stacca dalla parete.
    Non sa che pensare, è molto sconcertato.
    Deve proteggere il suo popolo, quindi ordina a tutti il divieto di partecipare alla festa, poiché potrebbe trattarsi di un brutto inganno, potrebbe essere una trappola per attirarli a sé e sbranarli vivi. Non bisogna mai fidarsi di quel mostro.
    Alisa lo viene a sapere. Lei trepidante d'emozione, non è mai stata a un ballo prima d'ora e vuole andare a tutti i costi, anche se è organizzato da quella bestia.
    «Padre, per favore, lasciami andare al ballo.» Lo supplica, quasi in ginocchio e a mani giunte.
    «Ti è già stato severamente vietato da me e perfino da tua madre.» L'ammonisce con una mano alzata, mentre i suoi occhi ardono di rabbia. «È stato vietato a tutti, chi disobbedirà verrà punito duramente.»
    «Ma padre...», protesta, lacrimante.
    «Alisa! Non costringermi a usare le maniere forti. Tu ora devi solo pensare al matrimonio...» Detto ciò le volta le spalle e la rinchiude a chiave, così da non poter fuggire via.
    «Padre, no...» Prende a stritolare il pomello della porta per cercare di uscire da lì, ma niente. Delusa e affranta si abbandona sul morbido letto. Sbuffa annoiata, si perde a contemplare i dipinti sul soffitto fino al calar del sole.

    Giunge la sera.
    Non tutti ascoltano le raccomandazioni del loro Signore.
    Mascherati, decidono di avviarsi verso l'oscuro castello.
    Attraversano il fiume a nuoto e anche se, adesso, bagnati fradici, vanno alla festa organizzata, curiosi di vedere quali atrocità nasconde la nera coltre di nebbia.
    Guardandosi attorno, tenendo sempre gli occhi ben spalancati e le orecchie ben tese, arrivano in procinto dell'imponente portone.
    Sono molto provati e impauriti. Alcuni sono pervasi da spasmi di paura, altri stanno tremando di terrore.
    In quella desolata terra regna la solitudine e la morte.
    All'improvviso il massiccio portone si spalanca, gli umani gridano allarmati.
    Una sconosciuta e gracchiante voce li invita a entrare. «Benvenuti nella fortezza di Corvinilor.»
    I primi si accomodano. Camminano lenti tra la densa e oscura foschia, fino a radunarsi al centro dell'ampio atrio del palazzo.
    Il silenzio incombe sovrano.
    Le candele sospese sui tripodi appesi alle pareti del palazzo vengono accesse.
    Gli invitati trasaliscono spaventati. Di fronte a loro una coppia di orribili nani-elfi, in completo nero, li sospinge verso una porta sigillata, dal legno scheggiato e dagli intarsi dorati e scrostati.
    «Prego, il vostro cavaliere oscuro, vi sta attendendo. Buon divertimento!»
    Le bestie spalancano il portone e sospingono la gente a prendere posto.
    Vengono accolti in una grande sala, illuminata solo da alcune candele color porpora, appese a un imponente lampadario in vetro di cristallo, cosparso di luccicanti gemme arcobaleno. Nella penombra le maschere osservano allibite il luogo, ignari del fatto che è solo un'illusione dovuta alla magia del vampiro di coprire la rovina di quel luogo caduto nel Male più profondo. Il pavimento è a scacchi neri e rossi, con crepature dorate. Attorno si ergono delle colonne corinzie che sorreggono il piano superiore: una terrazza marmorea. Le grandi vetrate sono nascoste, in parte, da lunghi e pesanti drappeggi di tende color cremisi. Il soffitto è un insieme di dipinti quanto macabri e inquietanti, quanto sublimi e raffinati, sono racchiusi in cornici barocche intarsiate e decorate da fantasie floreali.
    Il vampiro, che è nascosto in un tetro e lontano angolo, si scosta dall'ombra e si presenta agli umani, rivelando solo i suoi occhi chiari.
    «Benvenuti, accomodatevi pure, non siate timidi. Servitevi pure.» Detto ciò, ai lati della sala compaiono due grandi tavoli banditi a festa con ogni genere di squisita pietanza e molti dolci deliziosi, insieme a dei calici riempiti di un liquido scarlatto.
    Un'orchestra di nani-elfi, sgattaiola fuori da una stanza adiacente e si posiziona su un piccolo palco. Si accomodano: uno di loro si siede al pianoforte, altri prendono dei violini.
    All'unisono aprono le danze, intonando un'incalzante e gioiosa melodia.

    Intanto nel castello, la fanciulla progetta la sua fuga.
    Prende un lenzuolo intonso dal suo armadio.
    Lo lega stretto a una colonna portante del letto e lo fa poi scivolare fuori dalla torre.
    Sale sul davanzale della finestra. Guarda giù. Emette un sospiro d'ansia. Si fa coraggio.
    Lo afferra con entrambe le mani e intreccia anche le gambe. Scende lungo le mura e piomba tra le abitazioni.
    Pian piano, senza farsi scoprire da qualche guardia di ronda, corre verso il ponte levatoio. Sollevata nel vederlo ancora aperto, si affretta a uscire.
    Sorpassa il prato fiorito e raggiunge le sponde del fiume, dove si addentra ed esce infreddolita con l'abito mezzo inzuppato d'acqua.
    Si ritrova di fronte allo scenario tenebroso.
    Si morde il labbro, intimorita dall'umida foschia che minaccia d'impossessarsi delle sue ossa.
    Deglutisce a fatica.
    Molto determinata, decide di varcare e inoltrarsi nell'oscura radura.
    Vaga come una cieca, in cerca del castello, finché giunge proprio davanti al portone della fortezza.
    Un gargoyle, di guardia, la vede arrivare nel suo abito lucido e brillante.
    La segue con un ghigno malefico.
    Alisa è arrivata ai cancelli del suo malvagio predatore.
    Qualcuno le apre l'ingresso.
    Le giunge un'allegra melodia.
    Decide di andarle incontro, inoltrandosi così dentro la fortezza.
    «Buonasera incantevole fanciulla.» Un servitore nano-elfo l'accoglie.
    Lei indietreggia spaventata.
    «Non temete. Il vostro cavaliere vi sta aspettando.» La creatura le fa cenno di proseguire.
    Si ritrova nella grande sala.
    Viene invasa dal turbinio di maschere variopinte e piumose che stanno ballando in circolo a ritmo della musica.
    Si accorge, a sua sfortuna, che non indossa un travestimento.
    Imbarazzata fa per andare via, ma qualcuno, alle sue spalle, l'afferra con delicatezza per un polso.
    Alisa avverte una strana sensazione glaciale, viene scossa da un forte brivido.
    Si volta lentamente.
    Di fronte a lei si para una maschera nera ed elegante. Ha delle folte piume corvine ai lati del volto ed è ricamata da diamanti screziati d'oro. «Mi farebbe l'onore di danzare con me?» Si presenta la sconosciuta figura.
    Fissa ipnotizzata gli occhi chiari che nasconde. Abbassa lo sguardo, vede che ha le mani coperte da dei guanti neri e lucidi.
    Senza proferire parola si fa trascinare al centro della sala.
    Volteggiano tra le altre maschere, fino a che la sospinge e l'accompagna fuori, verso un'ampia terrazza. La luna li illumina appena.
    Un coppia di pipistrelli vola vicino alla coppia. In lontananza si ode l'ululato angoscioso di qualche lupo, mentre tra le fronde degli abeti i gufi bubbolano sereni.
    Rimangono lì, inermi e in silenzio, davanti al contorno nero delle montagne che si stagliano all'orizzonte.
    La fanciulla lo scruta incuriosita. «Chi è lei, se posso sapere?»
    La figura indugia un attimo.
    «Mi è permesso vedervi in viso?» Domanda gentile.
    A quel punto si toglie la maschera e poi si volta verso di lei, mostrando il suo vero volto.
    Alisa lo osserva. «Chi è lei?»
    «Sono Lucian. Il cavaliere vampiro.» Scioccata a morte, si porta una mano alla bocca e si allontana sorpresa. È di una bellezza disarmante. Ha il viso lungo, dalla pelle diafana, la mascella dura e marcata, gli zigomi prominenti e le guance infossate. Gli occhi sono due gemme ghiacciate, cerchiate da una profonda ombra nera. Le labbra sottili sono inarcate in un vispo sorriso e sono rosse come il sangue. I capelli corvini sono unti e lisciati all'indietro, gli ricadono fino alla vita.
    «È dunque lei, il mostro che temono tutti?»
    «A quanto pare...», abbozza un lieve sorriso.
    «Non mi sembrate però un mostro...», confessa lei, in tono onesto.
    «La gente crede a quello che vuole credere. Io non posso farci niente. Non posso cambiare le menti delle persone.» La osserva di lato. Sposta lo sguardo verso il suo collo ben esposto.
    Si avvicina di più a lei.
    Viene pervaso da un delicato profumo di rose. Chiude gli occhi, beandosi di quella dolce e innocente fragranza.
    All'improvviso gli cresce la sete. La gola inizia a bruciargli. I suoi affilati canini minacciano di spuntare.
    Si avvicina ancora alla sua preda con le labbra socchiuse. Alisa è imbambolata dalla bellezza del vampiro che sta per afferrarle il collo, ma un uomo in maschera li scopre.
    Inorridito sgrana gli occhi.
    «Tu, bestia di Satana, non permetterti di mettere le mani addosso alla mia futura moglie! Come osi, mostro, io ti uccido!»
    Lucian sussulta e grugnendo si scosta subito da lei e si ritira, irritato, per essere stato interrotto da quell'umano.
    La fanciulla è turbata, non capisce cosa sta succedendo, guarda il vampiro coprirsi il volto con il mantello e quell'uomo mascherato che l'ha appena chiamata moglie.
    «Cosa credevi di fare alla mia sposa?»
    Sposa? Non riesce propria a capire.
    «Prova ad azzardarti ancora a toccarla con un solo dito e ti uccido con le mie stesse mani, razza di demone infernale.»
    Continua lui, adirato quanto Lucian.
    La musica si ferma come anche le danze.
    «Avete visto? Avete visto tutti?» Attira l'attenzione di tutti i presenti. «Stava per azzannarla, le stava per succhiare via il sangue!» Gli punta il dito contro.
    La folla retrocede terrorizzata. Alcuni, invece, prendono a strillare. «Il vampiro! È lui il vampiro!»
    In preda al puro panico si fiondano fuori dal castello, scappando da Corvinilor per sempre.
    Lucian scompare nelle sue tenebre.
    «No, non andare via», dice la fanciulla delusa e affranta.
    Il suo futuro sposo le prende la mano e la porta via con sé. «No lasciami!» Prova a liberarsi dal suo stritolamento. «Non ti conosco. Chi sei? Cosa vuoi da me?»
    «Hai già disobbedito abbastanza. Ti porto nella tua torre. Tuo padre, domani, ti sistemerà per bene!»
    «No! Io non ti sposerò mai!»
    Tra urla e spintoni, il cavaliere la riporta nel suo feudo.
    La scaraventa dentro alla sua stanza.
    Alisa cade a terra, tossendo forte.
    Si rialza subito, ma non fa in tempo a protestare che lo sconosciuto sposo la rinchiude dentro.
    «No!» Riprende a tossire con più forza e insistenza, fino ad accasciarsi a terra...

    La mattina seguente viene svegliata da dei tocchi.
    «Alisa! Dobbiamo parlare!»
    Suo padre spalanca la porta.
    Lei non riesce a reggersi in piedi. Le duole la testa. Si sente invasa da un leggero senso di vertigine. Una sensazione di calore e spossatezza le invade il corpo. Si aggrappa al pomello del letto per non cadere a terra. Dopodiché si gira verso di lui.
    «Sei stata alla festa?» Si avvicina imperioso e le lancia uno schiaffo in pieno viso. «Rispondimi!» Le grida in faccia.
    Alisa urla di dolore.
    «Come ti sei permessa di disobbedirmi! Sappi che verrai punita!»
    «Lasciami spiegare...», inizia a piagnucolare con gli occhi velati di lacrime.
    Il padre la colpisce ancora. Lei strilla terrorizzata e prova ad allontanarsi, ma lui l'afferra per le braccia e le punta contro le sue iridi fiammeggianti.
    «Per favore non farmi altro male...», piagnucola, supplichevole.
    «Hai mancato di rispetto al tuo futuro sposo.»
    «Ma anche lui era al ballo!» Replica lei.
    «Non m'importa.» Le tira uno altro schiaffo.
    La fanciulla scoppia in singhiozzi. Il suo corpo trema di paura.
    La madre fa irruzione nella stanza. Si precipita verso il marito. «Fermati caro, credo abbia capito.»
    Alisa prende a tossire forte e ad ansimare per la mancanza d'aria.
    La donna si allarma. «Che brutta tosse hai.» Si avvicina a lei, mettendole una mano sulla fronte. «Ma scotti, tesoro, mettiti a letto subito. Vado a chiamare un dottore.»
    Suo padre la molla e lascia la torre.
    La fanciulla, tra lacrime e singulti, si distende, affonda il viso arrossato sul cuscino e poco dopo si addormenta.

    Nel pomeriggio Alisa riposa inerme, dopo che è stata visitata e curata.
    «Che ha dottore? Che ha mia figlia?» Chiede in apprensione la madre.
    L'uomo tarda a rispondere, corrugando la fronte.
    «Dannazione allora risponda!» Urla seccato il Signore feudatario.
    «Dovete mettere in sicurezza il vostro feudo. Si è presa la peste. Avvertite tutta la gente, prima che diventi un'epidemia, sta già facendo molte vittime nei feudi vicini.»
    «Adesso cosa facciamo?» Domanda la moglie scioccata e assai preoccupata.
    Suo marito viene invaso dalla collera. È solo colpa di quel maledetto vampiro se Alisa si è ammalata. Deve pagarla cara.
    Quello stesso giorno scrive su una pergamena, in fretta e furia, la sua dichiarazione di guerra contro il demone rivale.
    Infine avvisa il suo esercito di tenersi pronto al prossimo attacco nemico.
    Fa recapitare, immediatamente, la lettera al vampiro.

    Lucian la legge tutta d'un fiato.
    Furibondo, accartoccia il foglio su sé stesso e lo getta a terra.
    Controvoglia, raduna le sue oscure creature per l'imminente battaglia.

    Nei mesi a seguire avviene un disastroso massacro. I due feudi sono dilaniati dal sangue, dalla morte e dalla distruzione. L'aria è impegnata di fumo e di cenere.
    Periscono molti soldati di Soarelor e anche i nani-elfi e i gargoyle di Corvinilor.

    Il cavaliere vampiro non sa più come fermarli. Stanno riducendo il suo feudo alla più totale disgrazia. Ormai non rimane più niente, solo un cumulo di macerie grigie e quel che resta gli è difficile tenerlo in piedi solo con l'uso della magia. Sopraffatto, sta per arrendersi, quando un'idea malvagia mette radici nella sua mente perversa: decide di rapire la fanciulla.

    Una notte, Alisa, in preda a una delirante febbre, le pare di sognare un terribile demone dagli artigli lunghi e aguzzi, neri come il carbone. Due cattive fiamme dell'Inferno al posto degli occhi, gli illuminano il viso pallido come quello di un fantasma, solcato da violacee rughe. Ha la bocca spalancata, dove dagli abissi delle tenebre, spuntano dalle gengive lacerate due candidi canini affilati come zanne, dai quali cola incessante una cascata di vivido e fetido sangue. La creatura si avvicina e l'avvinghia per le braccia, la stritola e la porta via con sé...

    La mattina seguente si risveglia sudata fradicia e accaldata.
    Respira a fondo. Si accorge che è distesa su un letto a baldacchino, solo che non è il suo.
    Urla terrorizzata.
    Prova a destarsi, ma è troppo debole anche solo per mettersi seduta.
    Si osserva intorno, con sguardo spiritato. È in una stanza dalle pareti scure e impolverate, con affrescati alcuni macabri dipinti sbiaditi. Vicino a lei, la vetrata della finestra è andata in frantumi. Fuori si vede solo una densa nebbia scura che minaccia di entrare.
    All'improvviso avverte un rumore di passi farsi sempre più vicino.
    Intimorita, vuole scomparire sotto le lenzuola. «Chi è là?» Prova a chiedere, con voce tremante.
    Dalla soglia sbuca il vampiro.
    «Ti sei svegliata, finalmente.» Si reca a fianco al letto, sorridendole.
    «Perché sono qui?» Domanda, cercando di levarsi.
    «Ti ho portata io qui», sibila fiero. «Ti ho rapito», aggiunge malefico, incurvando le labbra in un ghigno malizioso.
    «Perché? Cosa? Ma...» È troppo sconvolta per parlare.
    «Ti ho rapito, cara. Dopo quello che tuo padre ha fatto al mio feudo. Deve pagarla...»
    «Ma cosa c'entro io...», protesta.
    «Sei la sua unica figlia. La sua unica salvezza per il suo patetico feudo. Non gli piacerà affatto sapere che sei caduta tra le mie grinfie. Farà di tutto per averti indietro, ma io non glielo permetterò.» Si avvicina a un soffio dal suo volto «Tu adesso sei mia prigioniera e farai quello che ti dico io.» Alza una mano per accarezzarle una ciocca di capelli.
    Alisa lo guarda con occhi spaventati.
    «Azzardati solo a scappare e ti ucciderò con le mie zanne!» Il vampiro, a un soffio dal suo collo, le rivela i canini e poi si trasforma nella bestia orribile che è realmente.
    La fanciulla grida terrorizzata, si copre il volto con le coperte. Viene colpita da una grave crisi di tosse. Da sotto le lenzuola non riesce più a respirare.
    Lucian smette di spaventarla e realizza che in lei c'è qualcosa che non va.
    Le toglie, con furia, le coperte dal corpo.
    Lei urla e si dimena come una vipera.
    «Calmati, per favore.» La rassicura con un insolito tono dolce e pacato.
    «No, lasciami stare. Vattene, sei un mostro!» Strilla nervosa.
    «Lo so», afferma calmo. «Non posso farci niente.» Le prende una mano. «Per favore, calmati.»
    Alisa vede che è ritornato nella sua eterna forma giovanile.
    «Perché sei così?»
    «Un vampiro? Un mostro? Un demone della notte?»
    «Come fai a cambiare aspetto?»
    «Fa parte della mia natura. I demoni possono farlo. Ma è anche la mia magia che me lo permette...» Lucian la osserva in viso, nota i suoi occhi lucidi e le guance rosse segnate da dei lividi violacei: una ferita le riga il labbro inferiore.
    Lucian nota che è sporca. Posa il suo indice sopra la bocca di lei, pulendo il rivolo di sangue. Si porta il dito alla sua di bocca e lo succhia, emettendo un gemito di estasi.
    La fanciulla lo fissa sconvolta.
    Poi le tasta la fronte. Si scosta subito, quando avverte che è bollente. «Sei malata...» Si allarma. «Chi ti ha fatto quei lividi?» Domanda poi.
    «Mio padre. È un vigliacco.»
    Vedendola in quello stato pietoso, una strana sensazione si insinua in lui.
    Si alza e si allontana dalla stanza, lasciandola da sola.
    Dietro alla porta sente che tenta di girarsi nel letto tra gemiti e lamenti.
    Si appoggia allo stipite, sbattendo la testa al muro, come sconfitto.
    Le sta facendo pena.
    Prova dolcezza e compassione, sentimenti che non ha mai provato prima. La guarda, di nuovo, con la coda dell'occhio.
    Non può farle altro male. È troppo innocente. Lei è un'altra vittima di quel cattivo uomo. L'avrebbe perciò risparmiata. Si sarebbe preso cura di lei.

    Nel feudo di Soarelor la scomparsa di Alisa ha messo in subbuglio e agitazione l'intero popolo. L'esercito si mette a cercarla ovunque, in ogni casa, per vedere se è scappata ancora, ma dentro alla fortezza non vi è alcuna traccia di lei.
    Le guardie si presentano dinanzi al loro Signore. «Ci dispiace. Siamo addolorati. Non riusciamo a trovarla da nessuna parte...»
    «Allora c'è solo una risposta: la presa quel vampiro.» Sbatte le mani sul tavolo e getta a terra delle carte geografiche. Urla furibondo. «L'ha rapita! Quel bastardo, me la pagherà cara!»
    «Cosa vuole fare mio Signore?» Domanda un soldato.
    «Chiamate tutto l'esercito», sospira fiacco. «Quelli che sono rimasti. Bisogna intensificare di più gli attacchi. La guerra deve continuare. Intanto mi metto in contatto con i feudi vicini. Vediamo se qualche buon'anima è disposta a darci un aiuto.»
    «Come vuole Signore...» I soldati si congedano.

    Nei giorni avvenire il conflitto si inasprisce. Soarelor prende a tempestare di violente aggressioni Corvinilor, ma il cavaliere vampiro riesce a ingegnare una potente barriera con la sua magia nera come da protezione per i resti della sua dimora, mentre i suo schiavi e servitori prendono d'assalto il feudo vicino, riuscendo ad abbattere, se bene solo in parte, le mura che lo circondano, sgretolando anche le torri di vedetta, facendo rifugiare tutti gli abitanti nelle segrete sotterranee del castello.

    E mentre la guerra infuria, un vampiro cerca di guarire una giovane fanciulla malata di peste.
    Qualcosa inizia a mutare. Nasce in lui un sentimento mai provato prima: più i giorni passano, più non riesce a staccarsi da lei, perché è sempre più attirato dalla sua bellezza che sta pian piano rifiorendo.
    Si prende cura di lei, con quel poco che ha. Le posa sempre le pezze ghiacciate sulla fronte, quando la febbre si alza. Durante le notti rimane acconto a lei a vegliarla e ad ammirarla. Viene scosso da piacevoli brividi ogni volta che la sfiora appena. Si commuove a ogni suo sorriso. Il suo cuore ha iniziato a pulsare, battito dopo battito, rendendolo pieno di vita. Le sue mani fremono spesso a ogni contatto di lei. La sua testa prende a volteggiare, invasa da un costante senso di vertigine. Dentro al suo stomaco vuoto, avverte qualcosa, un formicolio che gli solletica l'anima rotta e morta.
    Una sera, mentre riposa beata, le scosta alcune ciocche di capelli dal viso. Lucian viene pervaso da un forte desidero di baciarla. Si avvicina a un soffio dalle sue vellutate labbra, ma i suoi occhi cadono sul suo collo.
    Si ritrae di scatto, quando sente spuntare i canini dalle gengive, supplicando la sua linfa vitale.
    Ansimante, abbandona la stanza. Non può ucciderla, se lo era promesso, non le avrebbe mai fatto del male.
    Impazzito di quello che le sta facendo, si ritira nelle sue stanze a meditare.
    Gli ha lanciato veramente un sortilegio: la maledizione dell'amore. Quella più potente e resistente di tutte, quella che mette le radici attorno al cuore, quella che, in qualche modo, sta curando la sua anima malata, facendola risorgere dal buio delle tenebre, alleviando ogni suo dolore e ogni sua sofferenza. Il vampiro si è innamorato di lei.

    Altri mesi trascorrono.
    Il vampiro è riuscito a preparare delle bevande floreali e aromatiche che riescono a migliorare la salute di Alisa.
    Lucian si rallegra vedendola riacquistare un po' di serenità.
    Al tramonto si siede su una poltrona e le legge qualche fiaba per farla addormentare e per sollevarla dal chiassoso rumore del conflitto al di fuori del feudo.

    Il vampiro sente che questo grande sentimento d'amore che ha per lei, non riesce più a tenerselo e sopportarlo tutto per sé.
    Deve dirglielo.
    Una sera prende coraggio e si presenta davanti a lei.
    Si siede sul ciglio del letto e la guarda distesa nel suo vestito celeste, pare più bella di un angelo.
    «Ti devo confessare una cosa, ma non so come dirtela», abbassa il viso. «Ho paura...», confessa. «Non aspetto che mi credi.»
    La fanciulla lo scruta curiosa.
    «Credo di amarti. Credo di essermi innamorato di te», sospira abbattuto. «Non ti biasimo. È difficile amare un mostro.»
    Allibita dalle sue parole, appoggia la schiena sui morbidi cuscini e prova poi a confortarla. «Mi hai fatto tanta paura, ma non sei brutto e non sei cattivo come pensano tutti. Mi stai aiutando, anche se avevi l'occasione di uccidermi, alla fine non l'hai mai fatto. Sei solo un vampiro che ha sofferto troppo...»
    Lucian si morde il labbro inferiore, cacciando via le lacrime.
    «Perché sei un mostro? Perché sei ridotto così? Cosa ti è successo?» Lo interroga lei. Sa che non è sempre stato cattivo, sa che non è sempre stato un vampiro, qualcosa o qualcuno l'aveva cambiato, perché il suo nome "Lucian" esprime tutt'altro che terrore e orrore, significa in realtà "nato alle prime luci del mattino". Il suo nome esprime luce, quella luce che la fanciulla, pian piano sta riaccendendo in lui.
    «È una storia che non mi va di raccontare...fa troppo male...non ha più importanza ormai», taglia corto. «Ora quello che voglio è proporti questo.»
    Dal mantello, estrae un cofanetto blu, in velluto.
    La fanciulla incredula lo guarda perplessa. «Cos'è?» Chiede.
    Lucian lo apre sotto il naso di lei.
    Dentro vede un anello, con incastonato un rubino rosso brillante.
    «Alisa, vuoi sposarmi?»
    «Cosa!?», sbotta allibita e confusa. «Non potrei mai...», aggiunge. «Sono già promessa in sposa a qualcun altro.» Conclude affranta, distogliendo gli occhi da lui.
    «Quel qualcun altro non ti merita, Alisa.»
    «Se ci sposiamo forse possiamo porre fine a questa guerra.» Continua lui, con tono insistente.
    «No, non penso succederebbe. Mio padre si infurierebbe ancora di più...forse potrebbe veramente ucciderti.»
    «Ma io ti amo Alisa, te lo giuro», insiste sempre più convito dei suoi sentimenti.
    Si mette a fianco a lei e si pone in ginocchio. «Per favore, vuoi diventare mia moglie. Non posso passare altro giorno senza di te. Se mi sposerai avrai la mia eterna protezione. Non dovrai più preoccuparti delle cattiverie di tuo padre. Te lo prometto, qui sarai per sempre al sicuro. Mi prenderò io cura di te, per sempre. Non ti farò mai più del male, non permetterò che tu soffra ancora, per favore, fidati di me. Potrebbe essere una buona soluzione.»
    «È troppo rischioso. E io non ti amo», sospira, vedendolo chiudersi in sé e distogliere lo sguardo, deluso. «Lasciami stare, devo pensarci. Sono molto scossa e confusa...»
    Lucian si alza, appoggia l'anello sopra al comodino, a fianco al suo letto e se ne va via.

    I giorni passano e il rimbombo della guerra non cessa, entrambi i feudi sono sempre più indeboliti. Molti innocenti perdono la vita. Le mura di Soarelor sono completamente crollate, lasciando indifesa la popolazione, solo il castello rimane ancora in piedi.

    La fanciulla non sa che fare: si sente combattuta. Ferma a letto, si rigira ancora e ancora in cerca di una risposta. Lei non prova lo stesso amore che le ha confessato lui. Non vuole sposarlo. È grata per la sua gentilezza e la sua bontà dimostrata, ma per lei non è abbastanza; però poi inizia a pensare cosa succederebbe se il matrimonio avvenisse sul serio...

    Una sera lo chiama.
    «Ci ho pensato molto bene. Ho preso una decisone», afferma sicura di sé.
    «D'accordo.» L'ascolta serio Lucian.
    «Voglio sposarti», sbotta.
    «Davvero?» Il vampiro scatta in piedi, sorpreso. Un bel sorriso illumina il suo viso, mentre i suoi occhi sembrano brillare di felicità.
    «Non sul serio», tossisce. «Almeno non per il momento.»
    Lucian si rattrista di nuovo. La speranza in lui si spegne. Il suo volto assume di nuovo quella sua solita tetra e triste ombra.
    «Faremo finta di sposarci. Insceneremo un matrimonio. Voglio vedere che reazione può scatenare. Se funziona come presumi te», sospira, un nodo le si è creato in gola. «Allora ci sposeremo, insieme, davanti a nostri regni.»
    «Ma non ti voglio obbligare, se tu non vuoi.»
    Deglutisce e abbassa lo sguardo. «Tutto purché finisca questo incubo. Tutto purché mio padre si quieti, tutto per non far morire altre vite innocenti, per il volere e l'orgoglio altrui.»
    Lucian si avvicina a lei e le prende le mani. «Va bene. Come desideri.» La vede di nuovo stanca e distrutta.
    Le cinge la vita e l'abbraccia.
    Alisa lo lascia fare. Lui la stringe con delicatezza e l'accarezza, confortandola un poco. Percepisce il suo calore e respira il profumo di rose che bea il suo corpo freddo e morto.
    La fanciulla, pian piano, si lascia andare e si abbandona alle sue rassicuranti coccole. Non si era mai sentita così al sicuro, non si era mai sentita protetta, non si era mai sentita amata. Lui gliel'aveva promesso che non le sarebbe mai più mancato un briciolo d'affetto.
    Stretta fra le sue braccia, alla fine si addormenta e cade in un sonno sereno e profondo.
    Lucian continua a cullarla ancora un poco e poi le dà un bacio sulla fronte. La adagia, delicatamente, sopra i cuscini. Prima di salutarla, le sfiora il viso con una mano, lasciandola poi sola.

    Pochi giorni dopo, Lucian contatta qualcuno di sconosciuto per celebrare le nozze informali e finte nella maniera più spicciata possibile. Questo qualcuno si presenta nell'atrio del castello. È una figura nera, ha il capo e il volto coperto da un sottile velo di pizzo. Giunge di fronte al vampiro e alla fanciulla con le mani giunte che tengono una candela accesa.
    «Alina e Lucian, volete sposarvi?»
    «No, vogliamo solo inscenarlo», si sofferma. «Almeno solo per il momento.»
    La figura in nero acconsente in silenzio con un cenno del capo.
    «Ho bisogno ancora una volta del tuo aiuto. Devi spargere la voce, riguardo al nostro finto matrimonio nel feudo di Soarelor.»
    «D'accordo, avrai il mio aiuto, caro cavaliere vampiro.» Detto ciò la figura incappucciata sparisce.

    Il vampiro e la fanciulla continuano a vivere insieme nei giorni avvenire, aspettando e sperando...

    La voce viaggia presto tra i due feudi e quando giunge alle orecchie del Signore feudatario, si scatena il panico nel castello.
    Pervaso dall'ira, non accetta tale tradimento dalla figlia.
    Ormai in preda all'isteria e all'esaurimento, non sa più che fare. Ha perso più di metà del suo esercito in guerra, i pochi abitanti sono scappati nelle campagne vicine, altri sono periti e altri vivono nascosti nel terrore, dentro alla sua fortezza.
    Tutto è aggravato dall'epidemia di peste che ha messo radici anche nel suo regno, mietendo le sue prime vittime. Inoltre molti dei suoi soldati sopravvissuti si sono ammalati, compromettendo i loro valorosi e addestrati fisici, nonostante ciò il loro temperamento non sembra demordere e continuano così a combattere contro il nemico, che pare, per il momento, averla vinta.

    La notizia giunge anche nei vicini e alleati feudi, dove vive anche il cavaliere, quello che Alisa avrebbe dovuto sposare.

    Un tardo pomeriggio arriva infuriato nelle sale del castello, esigendo tempestive spiegazioni riguardo allo scandalo.
    Delle guardie lo conducono alle stanze del Signore.
    Non fa ora a entrare che lo afferra per il collo. «Me l'avevate promessa in sposa solo a me! Come avete potuto farmi questo!? Come avete potuto consegnarla nelle grinfie di quel maledetto mostro!»
    «La rapita. Se l'è portata via.» L'uomo soffoca nella sua morsa, mentre il viso gli diventa gonfio e rosso.
    Il cavaliere, vedendolo sofferente, molla la presa. L'uomo si sistema il colletto della camicia. Respirando, poi, a pieni polmoni, si ricompone. «Come potevo impedirglielo!?» Gli urla in faccia al ragazzo.
    «Hai visto cosa sta facendo al nostro feudo?» Indica una finestra aperta, per sottolineare il massacro che dilania il regno. «Lo sta distruggendo in mille pezzi. Le mura non ci sono più, stiamo perdendo tutto. Se cade anche il castello saremo persi per sempre e verrà a vendicare la nostra terra un'altra volta e questa volta sarà la fine per tutti, anche per i feudi vicini. La Transylvania soccomberà nel male eterno se non lo uccidiamo adesso!»
    «Andrò io», dice in tono duro. «Mi inoltrerò nel suo regno. Proverò a ucciderlo con le mie mani, dopodiché porterò Alisa a casa, a patto che sia ancora viva», sbotta con un sorriso nervoso. «Non sappiamo se è vero, potrebbe essere una trappola...»
    «Conto su di te mio coraggioso cavaliere. Porta mia figlia da me e l'avrai di nuovo in sposa. Buona fortuna.»
    Si salutano con una stretta di mano.

    Il cavaliere lascia il feudo in groppa al suo cavallo.
    Si inoltra nel fiume e si ritrova nelle terre nemiche.
    Vede gli orribili gargoyle volare attorno ai resti della fortezza di Corvinilor. Le creature si accorgono della sua inaspettata visita e ghignano malefiche.
    «Lo facciamo entrare questo moscerino?» Domanda ironico ai suoi compagni.
    «Ma chissà cosa vorrà?» Domanda un altro.
    «Riprendersi la principessina? Non glielo permetteremo. Vado ad avvisare il padrone.»

    El_Beso__Pinacoteca_de_Brera_Milan_1859_

    Un gargoyle va a disturbare il vampiro che si trova in compagnia della fanciulla in una terrazza ancora agibile del palazzo, rivolta verso il bosco oscuro.
    Entra senza preavviso e si china al suo cospetto. «Mio signore, un intruso nemico è entrato nella fortezza. Temo stia cercando voi.»
    «Dove sei lurida bestia? Ti troverò e ti ucciderò! Mi hai sentito? Mostrati!» I due giovani sentono la sua voce. La fanciulla guarda allarmata Lucian.
    «Vieni fuori ora! O ti cercherò per tutto il castello. Non ti darò pace, finché non mi darai indietro quello che mi spetta.»
    «Il mio sposo», afferma scandalizzata.
    «Non temere, tesoro mio, non ti torcerà nessun capello. Dovrà prima affrontare la mia ira. Rimani qui. Al sicuro. Io tornerò presto.»
    Il cavaliere fa per scendere le scale delle sue stanze, ma lei lo ferma per un braccio. «No aspetta. Non andare. Rimani qui, che andrà via...non è giusto che lo affronti, che rischi la vita perché ti vuole morto.»
    Lucian già con gli occhi velati di lacrime, la guarda con dolcezza e compassione. Fa un passo per accarezzarle il viso, quando incrocia le sue iridi pervinca, disperate e lucide, intravede un'insolita luce brillante.
    «Per favore, non lascarmi sola», dice supplichevole.
    «Non ti abbandonerò mai. Ma devo farlo. Tornerò presto.» Le prende la mano e le bacia il palmo.
    All'improvviso udiscono dei passi salire le scale.
    «È qui, devo andare.» La lascia.
    «Sei lì, mostro? Ti ho sentito.»
    Sulle scale si materializza un'ombra contro il muro incenerito.
    Alisa, trattiene ancora il vampiro. «Io rimango qui. Ti aspetterò qui e se non tornerai verrò a cercarti.»
    Lucian la prende per un braccio, l'attira a sé con violenza e l'abbraccia.
    Alza il suo mento e la bacia sulle labbra con impeto, foga e passione. In quel bacio c'è tutto il suo amore che prova per lei.
    Lei si lascia trasportare dai sentimenti di lui. Quel bacio guarisce il vampiro dal suo Male. Il suo cuore riprende a pulsare e la sua anima crepata guarisce dalle sue ferite.
    Si scosta e la guarda un'ultima volta per poi scendere, con foga, le scale.
    Ad attenderlo c'è proprio lui, il cavaliere, il vero marito della fanciulla.
    Si ritrovano faccia a faccia.
    «Dov'è lei? Dov'è la mia futura moglie?» Lo incalza lui, arrabbiato.
    «Prima di prenderla, dovrai uccidermi. Non te la consegnerò. Ora appartiene a me!» Esclama trionfante e orgoglioso.
    Il cavaliere sferra un urlo di vendetta, sguaina la spada e attacca per primo.
    Coraggioso e impavido, prova a sfidare il demone con la sua affilata e argentata arma, ma Lucian lo supera di gran lunga in intelligenza, furbizia e agilità.
    Non ci vuole molto sforzo: riesce ad afferrarlo per il collo e a stritolarlo. Diventa rosso in volto, ansima disperato in cerca d'ossigeno. Le sue labbra assumono una tonalità violacea, mentre gli occhi scoppiano fuori dalle orbite. «Per favore, risparmiami», supplica con voce strozzata e fievole. «Lasciami andare, non posso morire così!»
    «Troppo tardi, mio caro cavaliere, chi invade le mie terre senza il permesso, ha come punizione solo la morte!» Piega il collo di lato del rivale, spezzandolo in due.
    Lucian ride beffardo, per un'altra gloriosa vittoria.
    Assettato, lo porta alla sua bocca che spalanca per rivelare i suo canini appuntiti. Li affonda nella sua morbida carne, succhiando in pochi secondi la sua linfa vitale. Infine lo getta sul pavimento come un giocattolo rotto.
    Il vampiro con uno schiocco delle dita, richiama un nano-elfo. «Portalo nella loro terra, che sappiano cosa succede se inviano altri uomini.»
    La creatura obbedisce in silenzio, prende il malcapitato ed esce dalle porte del castello...

    La mattina seguente, una coppia di guardie acciuffano la maligna creatura.
    La catturano e la legano in catene, consegnandola al Signore feudatario.
    Giungono nelle sue stanze e la costringono, seduto chino, davanti il corpo del cavaliere morto.
    Dispiaciuto e con il volto segnato di rabbia furente, vuole mettere fine al conflitto, vuole mettere a morte il vampiro per sempre.
    Gli scrive un mandato da fargli recapitare.
    "Consegnati a noi, o chiamerò tutti gli altri feudi e ti faremo guerra. Questo non è un avvertimento, è una minaccia. Rivoglio mia figlia indietro, viva o morta. O ti verremo a uccidere in massa."
    L'uomo lancia in faccia la lettera al povero elfo-nano.
    «Consegnali questo. Adesso! Fila via dal tuo padrone!»
    Il mostro viene rilasciato. Cade a terra, terrorizzato e tremante.
    Prende la lettera e fugge via veloce dal suo cavaliere oscuro.

    Lucian legge subito.
    Poi guarda la fanciulla di nuovo costretta a letto.
    Ha sopportato troppe emozioni e si è nuovamente indebolita. «Che cos'è quella?» Domanda tossendo. «Una lettera da tuo padre, vuole che ci arrendiamo, altrimenti chiederà aiuto agli altri feudi per distruggerci una volta per tutte... Ti rivuole indietro e vuole me morto.» Dice, chiudendo la lettera, affranto.
    Alisa tossisce ancora, presa da uno stato d'agitazione e di paura.
    «Amor mio calmati, troveremo una soluzione.» La rassicura, sedendosi sul ciglio del letto.
    «Non voglio perderti, io...», ha un altro colpo di tosse.
    Lucian la zittisce con un bacio sulla fronte.
    «Io...io...non voglio perderti... », respira pesantemente. «Io ho bisogno di te», confessa con voce rotta.
    «Lo so, tesoro mio, ma per il mio bene e per il tuo devo lasciarti per qualche giorno. Non è sicuro stare qui, per me, devo fuggire via e pensare a un piano.»
    «Portami con te, per favore!» Lo supplica con gli occhi lucidi.
    «Non posso, è pericoloso il bosco. Sei troppo debole per venire con me, ti ammaleresti ancora di più. Tornerò presto, promesso.» L'accarezza e le dà un altro bacio. «A presto mia amata.»
    La fanciulla non riesce a trattenere le lacrime e irrompe in un pianto silenzioso.
    La sua mancanza sarà una pena straziante, più della peste, perché ora lo ama anche lei, con tutto il suo cuore.

    Lucian fugge via nell'oscuro bosco verso una meta ignota...

    Nel feudo di Soarelor il Signore non vedendo l'arresa del demone, ordina di preparare l'esercito all'attacco. Con scudi, lance e muniti di qualsiasi altra arma, attraversano il fiume e corrono a galoppo verso Corvinilor.
    Ad attenderli non c'è nessuno.
    Il comandante che guida i suoi uomini si fa avanti ed entra nel castello da solo.
    «Dove sei brutto mostro! Mostrati! Forza! Adesso non puoi sconfiggerci tutti quanti. Siamo in troppi per te! Esci allo scoperto con mia figlia Alisa! È un ordine! O verremo a cercarti e a ucciderti!»
    Nel castello regna solo il silenzio.
    I gargoyle si sono pietrificati nei loro incantesimi e i nani-elfi sono andati a nascondersi nei luoghi più bui del palazzo.
    Il Signore feudatario perlustra le rovine.
    «Ma dov' è finito?!» Si interroga un suo fedele soldato, in sua compagnia.
    «O si è nascosto bene o temo sia scappato a questo punto...», aggiunge un altro soldato.
    «Maledetto, bastardo!» Impreca furioso il comandante.
    All'improvviso, avverte un lamento. Alza il dito per ammutolire i suoi soldati. Sono tutti e tre davanti a una rampa di scale. Sentono tutti un altro lamento.
    «Chi c'è?» Chiede uno, sottovoce.
    «Vuoi starti zitto!» Gli urla contro.
    La guardia si ritira in sé stesso.
    Fa cenno alle guardie di seguirlo su per la torre, senza fare alcun rumore.
    Giungono all'interno di una stanza.
    Odono un altro lamento, seguito da un brontolio.
    Sorpresi, vedono una giovane fanciulla.
    Si avvicina alla sponda del letto. Distesa, c'è Alisa, inerme, con gli occhi chiusi, la fronte grondate di sudore.
    Anche i soldati si avvicinano di più. «Signore ha la peste! Sicuro che vuole portarla a casa?» Sbotta uno preoccupato.
    «Sì, è mia figlia. Aiutatemi a sollevarla. La rinchiuderò nella sua torre, così eviteremo altri contagi...»
    I compagni, controvoglia, la prendono in braccio e la mettono su un cavallo.
    La portano via dal tenebroso castello fino ad adagiarla di nuovo nel suo soffice letto.
    Il Signore ha riavuto sua figlia indietro, ma non ha la minima idea di dove può essere finito il vampiro...

    Lucian sgattaiola in cima a un monte, dentro l'insenatura di una grotta, dove ad attenderlo c'è la figura sconosciuta che lo ha aiutato giorni addietro.
    Lo accoglie a braccia aperte nella sua umida dimora.
    Il luogo è illuminato solo da una candela.
    «Ci si rivede mio cavaliere. Come posso aiutarti?» La figura si avvicina a lui e scopre il suo volto. È una donna giovane dai lineamenti graziati. La sua pelle è un velo morbido e pallido, ha le guance incavate e gli zigomi prominenti. Le sue labbra sono piene e rosse e gli occhi sono due tonde sfere viola screziate di grigio, incorniciate da folte e nere ciglia. I lunghi cappelli ondulati, color miele, le ricadono fino alla vita.
    «Ho bisogno che vegli sul mio amore. Vorrei che gli stessi vicino, finché suo padre non calma la sua ira, finché decido dove portala al sicuro. Puoi fare un ultimo favore per me?»
    «Ma certo, tesoro. Lo sai, basta che chiedi e ti sarà dato.» Gli accarezza la guancia.
    «Grazie!»
    La strega vampira ritorna al castello per visitare la dolce fanciulla, solo che quando giunge al suo letto, non la trova.
    Sconcertata e allarmata prova a cercarla ovunque, ma non c'è più. Chiede aiuto a un elfo-nano, che gli rivela cosa è successo pochi gironi fa.
    La donna, allora, con un incantesimo, si trasforma nelle sembianze di una signora di mezza età, in abiti da balia.
    Si reca alla fortezza nemica e si intrufola nel palazzo come una domestica.
    Soggiorna e lavora come le altre donne, in attesa che le giunga qualche notizia sulla fanciulla.
    Una mattina, mentre sta lavando dei panni nel fiume, insieme alle sue coetanee, si mette in ascolto perché percepisce che stanno conversando di una questione che riguarda Alisa.
    «Poverina è sempre più malata, sempre più debole, non le rimane molto tempo, là da sola in quella stanza, senza nessuno che si prende cura di lei.»
    Deve fare qualcosa, deve salvarla.

    Quella sera, quando tutte vanno a coricarsi, lei sgattaiola fuori e senza essere scoperta riesce a salire in cima alla torre.
    Entra di soppiatto, sciogliendo la serratura con un sortilegio.
    Vede Alisa distesa sul letto, più bianca del lenzuolo che la ricopre.
    Freme di brividi. Ha il volto imperlato di gocce di sudore.
    Le mette una mano sulla fronte umida e si trasforma nella strega che è.
    La fanciulla la guarda stralunata. «Sei reale?» Chiede sottovoce, tossendo.
    «Sì, mia cara. Finalmente ti ho trovata. Mi manda Lucian. Vuole che vegli su di te. Ci sono io qui adesso, mi prenderò cura di te.» La rassicura.
    «È troppo tardi ormai. Sento che sto per morire... La sua mancanza mi sta uccidendo. Ho bisogno di lui.» Ha le labbra screpolate e bianche, sta diventando diafana. «Io voglio sposarlo. Io voglio sposarlo, prima che...», tossisce forte. «Per favore, sposaci.» Tossisce ancora. «Recupera l'anello che mi ha lasciato. È nella stanza in cima alla torre», tossisce ancora e ancora.
    Le accarezza il viso. «Va bene. Ci penso io. Vado subito a recuperarlo. Non abbandonarlo. Resisti. Fra poco sarà tutto finito.» Le dà un bacio sulla guancia.
    Va verso la finestra aperta. La luna, nel cielo trapuntato di stelle brillanti come diamanti, illumina il paesaggio buio e i contorni aguzzi delle montagne all'orizzonte.
    Si materializza in una civetta e vola verso Corvinilor.

    Recupera l'anello in fretta e torna dal figlio perduto.
    Il vampiro accorre preoccupato. «Già di ritorno? È successo qualcosa?» Chiede tutto agitato.
    La strega sospira con il magone in gola. «Sta molto male Lucian. Sta per morire. Non le rimane molto tempo», confessa sincera.
    Il vampiro indietreggia come spaventato.
    Si sente mancare, il suo cuore perde un battito. Si accascia a terra. I suoi occhi si riempiono di lacrime. La donna si avvicina per confortarlo. «Mi ha detto che vuole sposarti. Vuole sposarti prima che...» Le si strozza la voce.
    «Sul serio?» Domanda sorpreso.
    «Sì, vuole sposarti.»
    «Cosa facciamo adesso?» Domanda la madre.
    «Portala qui.» Taglia corto. «Mi manca tremendamente», confessa poi.
    «Non posso.»
    «Perché?» Sbotta.
    «Non è più al tuo castello. Hanno fatto irruzione. Suo padre se l'è ripresa.»
    Il vampiro gli scendono le prime lacrime dagli occhi. «No!» Urla. «Le ho promesso che sarebbe sempre stata al sicuro, che l'avrei protetta, che suo padre non l'avrebbe più toccata. Le farà del male.», piange disperato, tirandosi i capelli con le unghie aguzze. «Non posso permettere ciò. Dobbiamo agire, lei deve stare con me!» Grida furioso.
    «Dobbiamo pensare a un piano per portarla via...», propone la strega.

    Intanto nel feudo di Soarelor stanno avvenendo dei conflitti interni nella grande sala del castello per la morte del cavaliere e per aver fatto scappare il vampiro.
    «Come vi siete permessi tale libertà? Di consegnarlo al nemico?» Domanda irato e incredulo il padre del figlio scomparso.
    «È colpa vostra se è morto, se è stato ucciso. Non ve lo perdonerò mai!» Urla la madre affranta e in collera.
    «Dovevate esserci anche voi? E adesso?» Continua ancora il padre del defunto.
    «Vorrei sistemare la faccenda con un altro accordo di pace e garanzia fra il mio feudo e il vostro.»
    «Sentiamo.» Lo incalza il Signore, mettendosi a braccia conserte.
    «Mia figlia sposerà vostro figlio minore, come da promesso. Uno o l'altro che differenza fa?»
    La coppia si guarda e ci pensa su un istante. «Accettiamo», affermano infine.
    I due Signori feudali si stringono la mano.
    E anche se è in fin di vita la fanciulla ha trovato un nuovo sposo.
    «Posso organizzare il matrimonio entro domani. Se lo desiderate.»
    «Sì, si può fare....»
    «E in cambio avete anche un pezzo della nostra miniera e della nostra ricchezza. Come è sempre stato previsto. Dopo l'unione, dobbiamo coalizzarci e cercare il vampiro per sterminarlo una volta per tutte.»
    «Sì, su questo siamo molto d'accordo. Per il bene della Transylvania!», dice trionfante il compagno sovrano.

    Lucian, quella notte, non riesce più a resistere alla mancanza di lei.
    Scappa dalla grotta e si reca a trovarla.
    Si trasforma in pipistrello e vola verso Soarelor che sta cadendo in rovina.
    Entra nella torre e muta nella sua natura vampira.
    Si avvicina al suo corpo sempre più debole ed esangue.
    Alisa avverte un lieve fruscio e apre gli occhi, quando lo vede gli esplode il cuore di gioia. Prova a parlare, ma Lucian le preme l'indice contro le sue labbra. Poi le stringe le mani e le accarezza la fronte, donandole un dolce e profondo bacio. «Tranquilla, sono qui, vicino a te, non sei più sola.»
    «Mi sei mancato tantissimo.», parla a malapena. Si lamenta solo per i forti dolori.
    «Anche tu, amore mio.» Le accarezza il volto e la guarda affranto. «Ti porto via da qui. Non posso più vivere senza di te.»
    «Come fai? Sono tropo debole per scappare...», prova a pronunciare, ma la sua voce viene soffocata dalla tosse.
    «Aggrappati a me, forza.»
    Alisa, a fatica, gli mette le braccia attorno al collo e lui le cinge la vita, sollevandola dal letto. «È impossibile fuggire, non riuscirai a potarmi via.»
    «Lascia almeno che ci provi.»
    Il vampiro la prende con forza, va verso la porta e la spalanca. Scende le scale a chiocciola, non incontrando nessuno.
    Pian piano attraversa il palazzo, stando bene attento a non farsi beccare.
    Riesce a portarla fuori, all'aria aperta, verso i resti del ponte levatoio.
    All'improvviso, alle sue orecchie, giunge un urlo d'allarme di un soldato che mette tutti in guardia.
    Gli uomini ancora vivi e svegli corrono in aiuto e formarono un battaglione, bloccando il vampiro e la fanciulla.
    Quando li circondano, fra l'esercito si fa avanti una figura autoritaria. Il padre di Alisa sogghigna beffardo e compiaciuto. «O bene bene. Sei venuto a riprendertela. Non hai via di scampo adesso.»
    «Padre», tossisce forte. «Per favore, lascialo andare», supplica disperata. «Non vuole farvi del male.» Il Signore ride alle bugie della figlia. «Lui è buono, non è come sembra. Io voglio sposarlo. È l'unico modo per porre fine alla guerra, ti supplico. Lasciaci andare.»
    «No!» Urla adirato. «Lui è nostro, lui deve morire! Come il resto della sua famiglia...»
    Lucian lo guarda con sguardo di sfida, poi si volta verso la sua amata.
    «Non importa, per favore, scappa. Ti preferisco saperti lontano che morto per sempre», confessa lei.
    Il vampiro titubante, non vuole lasciarla andare.
    «Andrà tutto bene.» Lo rassicura infine. «Vai.»
    Lucian si ritrasforma in pipistrello e vola via, facendo cadere la fanciulla a terra.
    «Dov'è finito?» Domandano in coro le guardie.
    «Maledetto, lui e la sua magia!» Si mette le mani in testa.
    «Non lo prenderemo mai così...»
    «Zitto!» Ordina frustrato. «Porta mia figlia nella sua stanza. Domani deve essere presentabile per il suo matrimonio...»
    La fanciulla viene presa in braccio da una guardia. «Il matrimonio, quale matrimonio? Non voglio sposarlo...quello...», ribatte a fatica. «Non sposerai lui, ma suo fratello.»
    Alisa è perplessa e molto confusa.
    «Il vampiro, non te l'ha detto?» Le chiede vedendo la sua espressione. «L'ha ucciso...»
    Alisa è scioccata, ma allo stesso tempo si sente un po' sollevata.
    «Ora portatela nelle sue stanze. Deve riposare.»
    «Non puoi farmi questo, non posso stare...», protesta ancora, tra un colpo di tosse e un altro.
    Il padre si avvicina a lei e la prende per il collo. «Tu adesso farai come dico io e basta. Appartieni a me non a lui. Fai parte di questo regno non del suo e io in quanto tuo Signore e padre, devi stare sotto di me e obbedire ai miei ordini! Mi hai capito!»
    La fanciulla freme e non proferisce parola. Irrompe in un pianto doloroso. «Accetterò di sposarlo», dice infine, presa tra singulti e colpi di tosse. «A patto che non ucciderete Lucian. Farò come vi ho detto, ma non fategli del male. Vi supplico!»
    Il padre si dilegua «Te lo puoi scordare mia cara...», ride e afferma sottovoce, mentre ritorna sui suoi passi.

    Il giorno seguente Lucian fa ritorno alla grotta.
    La strega gli corre incontro per avere notizie. «Allora?»
    «Non ci sono riuscito...non so che fare...»
    Si siede su una roccia e abbassa lo sguardo. Si mette le mani sul viso. «Mi sento impotente. Un fallito», piagnucola con il cuore abbattuto.
    «La proteggerò io finche potrò, va bene? Lascia fare a me.» Lo rassicura, accarezzandogli una spalla.
    Il vampiro è affranto. «Non voglio perdere anche lei... Non me lo perdonerei mai.»
    «Ci penso io, tu resta qui. Nessuno deve toccarti.» Gli dà un fugace bacio sulla guancia.

    Svelta abbandona il cavaliere e ritorna al castello, nella stanza di Alisa.
    Travestita da domestica entra nella camera con il preteso di consegnarle la colazione. Rimane sconvolta non appena la trova a terra, ormai priva di forze.
    Appoggia il vassoio e la soccorre. «O tesoro. Vieni, presto, ti aiuto a rialzarti.»
    «Sei di nuovo tu», riesce a pronunciare, dopo lo svenimento.
    «Sì», dice, mettendola a letto sotto le lenzuola.
    «Ti ha mandato lui, è vivo, sta bene?»
    «Sì, lui sta bene, ma è molto preoccupato per te.»
    «Oggi mi sposo, per salvargli la vita. Così mio padre forse lo lascerà finalmente in pace.»
    «Non temere cara. Ho io quello che serve a te.»
    «Cioè?» La fanciulla si desta dalla sua sofferenza interiore, ritornando lucida e cosciente.
    La strega estrae un liquido viola dal suo abito lungo e scuro.
    «Cos'è?» Chiede curiosa.
    «Una pozione magica. Bevila e sembrerai morta per quarantadue ore. Bevila e le nozze salteranno. Bevila e Lucian verrà a salvarti e portarti via per sempre.»
    Un po' titubante acconsente con un lieve cenno del capo.
    All'improvviso qualcuno batte alla porta. «Alisa, sei sveglia?»
    È sua madre.
    «Io adesso vado, tornerò presto! Tu fai come ti ho detto, se vuoi rivedere presto Lucian.»
    Nasconde la boccetta sotto le coperte.
    La donna si trasforma in un passero e vola via dalla finestra aperta.

    La madre irrompe nella stanza per vedere se sta bene. In mano ha un abito lucido e candido da sposa. Lo va ad appoggiare sopra a una sedia. «Ecco qui il tuo vestito. Per domani è tutto pronto. Stai tranquilla e riposati.»
    La fanciulla disgustata le volta lo sguardo.
    La donna dispiaciuta e in pena per la figlia, non dice nulla, lascia la torre a capo chino.

    Quella sera Alisa è in preda a un'altra crisi delirante. Diventa sempre più debole, la febbre le risale, ma c'è qualcosa che le duole molto di più del corpo malato: il suo cuore è addolorato per il destino che l'attende, perché convinta che non avrebbe comunque portato niente di buono. Le manca troppo lui, lei vuole vivere solo insieme al suo amato vampiro.
    Si addormenta con il volto rigato di lacrime.
    Fa sogni irrequieti.

    Si sveglia all'alba sudata e dolorante.
    Viene attaccata da un' insistente e forte tosse.
    Prova a rialzarsi dal letto.
    La gola le brucia da impazzire, ha il fiato corto. Inizia a piagnucolare ormai troppo stanca per vivere.
    Osserva la boccetta.
    Tenta di afferrarla ma il suo cuore alla fine cede e cade a terra, insieme alla pozione che rimbalza sul pavimento e va a rompersi in mille pezzi di vetro.
    Il liquido si sparge sulle assi di legno.

    A metà mattina, la madre si reca per aiutarla a prepararsi.
    Entra nella stanza. «Buongiorno, tesoro.»
    Caccia uno strillo acuto.

    L'urlo di terrore giunge alle orecchie della strega che in volo sta raggiungendo la torre. Accorre presto anche lei, in forma di pettirosso, e si fionda davanti alla finestra aperta.
    Sgrana gli occhi, quando vede il suo corpo senza vita.
    Sposta lo sguardo e nota la pozione andata persa e distrutta; non aveva fatto in tempo a berla.

    Addolorata e dispiaciuta ritorna alla sua caverna.
    Mentre nel feudo di Soarelor si organizza, immediatamente, il funerale...

    Lucian nota che è successo qualcosa di molto brutto.
    La donna non ha il coraggio di confessarglielo si limita solo a scuotere il capo.
    In quello sguardo, il vampiro capisce tutto: lei non c'è più...
    «Mi dispiace molto. Sono arrivata troppo tardi...» Si colpevolizza, disperata.
    Il cavaliere caccia uno straziante urlo e irrompe in un pianto di disperato e lancinante dolore, sofferenza e angoscia.
    Quando cala la notte si ritira a guscio in sé stesso. Le sue urla e grida di struggimento rompono la tranquillità della notte.
    In un incessante e sconfortato pianto di lacrime, lamenti e singhiozzi, la creatura sente di nuovo il cuore spaccarsi in mille pezzi e l'anima sgretolarsi e diventare di nuovo marcia e nera, priva di amore come era sempre stata...

    Il funerale di Alisa si celebra nel cimitero con canti e preghiere.
    Gli abitanti sopravvissuti sono sconvolti dalla sua scomparsa, le regalano alcuni fiori e le baciano la fredda fronte per darle l'ultimo addio. La madre non si dà pace, piange lacrime di profondo patimento, mentre suo padre è sempre più furibondo.
    «Non avevate detto che era malata...non avrete più alcuna protezione da noi...ce ne andiamo...» Queste sono le ultime parole udite prima che i feudi vicini gli voltano le spalle, abbandonandolo nella sua più totale resa e distruzione.

    Nei giorni avvenire, ognuno ritorna sui suoi passi.
    Alcuni lasciano Soarelor, altri rimangono, ma a patire solo la peste e la fame.
    Il feudo ormai è distrutto, ha perso il suo potere, la sua gloria, la sua eterna luce per colpa del suo cattivo Signore, troppo orgoglioso di sé stesso e del suo potere.

    Il vampiro, invece, non vuole più sapere di vivere.
    «Uccidimi! Uccidimi, è tutta colpa mia. L'ho lasciata andare. L'ho abbandonata!» Urla ancora, la sua tribolazione è diventa insospettabile.
    «No, non è colpa tua, non è mai stata colpa tua.» Cerca di confortarlo, cullandolo fra le sue braccia.
    «Preparami un paletto, avvelenato.»
    «Cosa!?» Sbotta scioccata. «No Lucian, non voglio perdere anche te.» Lo stringe ancora di più a sé.
    «Per favore!» La supplica, alzando la voce. «È inutile vivere senza di lei!»
    «Lucian...tesoro mio...»
    «Fallo o mi ucciderò da solo!» Minaccia, ormai è rimasto senza speranza. Che senso ha vivere senza amore?
    «Per favore», piagnucola con il volto rigato di lacrime.
    La strega si arrende al dolore di lui e gli prepara l'arma con cui farla finita.
    Gliela consegna. «Pensaci bene prima.»
    Lucian lo prende in mano e le dà un bacio. «Ti ho voluto tanto bene, ma è ora che ti dica addio... Mi dispiace...»
    La donna gli accarezza il viso, il vampiro si bea del suo dolce e affettuoso tocco, chiudendo un attimo gli occhi.
    «Ti voglio bene anch'io, figlio mio. Addio...»

    È una mattina umida e piovosa.
    Lucian si trasforma in pipistrello e abbandona la caverna.
    Vola verso i resti del regno di Soarelor.
    Si intrufola nel cimitero, materializzandosi nella sua primordiale forma.
    Nascosto nel suo mantello, vaga in cerca della tomba della sua perduta amata, fino a trovarla.
    È ancora aperta.
    Gli si bagnano gli occhi di lacrime, corruga il volto e si morde il labbro, vedendola là, inerme, distesa dentro una bara in legno di mogano.
    Il suo viso è sereno, la sua pelle è cerea, ha le palpebre chiuse. I capelli bruni gli coprono le spalle e il corpetto del suo azzurro abito. Attorno al suo corpo sono cosparsi una corona di fiori, ormai morti e appassiti.
    Finalmente sta riposando in pace.
    Rimane ad adorarla incantato ancora dalla sua bellezza.
    Si avvicina a lei, con il magone in gola. Sospira, cercando di cacciare via altre lacrime che minacciano di scendere dal suo volto.
    Una guardia di vedetta, sgrana gli occhi, quando si accorge della sua presenza.
    Corre verso il mostro e intanto urla per dare l'allarme ai suoi compagni. «Il vampiro! Il vampiro è qui! Sta rubando il copro della povera fanciulla!»
    Lucian si volta, ritrovandosi l'umano a pochi passi.
    Infuriato per essere stato disturbato, gli lancia il paletto avvelenato che va a trafiggergli il petto. L'uomo viene paralizzato dal colpo inferto, si inginocchia a terra agonizzante e infine si lascia morire sul terreno.
    Si rivolta e si avvicina ad Alisa.
    Le accarezza un guancia e si china per baciare le sue glaciali labbra.
    L'anima della fanciulla sente il suo amore richiamarla a lui: di colpo rinviene dal sonno.
    Il vampiro si scosta da lei, incredulo.
    «Sei qui», sibila Alisa. I suoi occhi si riaccendono di vita.
    Lucian prende a piangere e a singhiozzare. Si fionda ad abbracciarla forte.
    «Sì» La leva dalla bara e si inginocchia a terra, tenendola sempre tra le sue braccia.
    «Sei venuto a salvarmi?»
    «Sì», ripose in lacrime. «Ti riporto via da qui.»
    «No, è troppo tardi ormai. Ti ho aspettato come promesso, ma adesso devi lasciami andare.»
    «No, non ti lascio. Rimani qui con me, per favore», piagnucola supplichevole.
    «Ti amo Lucian. Ti amerò per sempre.»
    «Alisa, non abbandonarmi così», piange affranto. «Mi hai salvato dalle tenebre. Insieme possiamo essere finalmente felici.»
    «Io sarò sempre qui Lucian, dentro di te, nel tuo cuore.»
    La fanciulla chiude le palpebre ed esala il suo ultimo respiro.
    Muore fra le braccia del suo amato cavaliere vampiro.
    Caccia un urlo di sconfitta che fa rabbrividire di terrore l'esercito nemico che bruscamente si arresta.
    Non potendo accettare la sua morte, le scopre il collo e gli affonda i canini nella sua profumata e morbida pelle, succhiando il suo sangue malato.
    Il vampiro avvelenato dalla peste, si lascia andare anche lui per sempre nell'oscurità degli Inferi.

    Edited by -Laura- - 20/9/2023, 18:46
     
    Top
    .
  2.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Re(gina) dei Pirati

    Group
    Elfa della Luce
    Posts
    3,828
    Reputation
    +1,630
    Location
    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

    Status
    Offline
    Molto carina l'idea di usare le opere d'arte come "base" per inventare racconti! Questo in particolare mi ha colpita perché non assocerei mai il quadro di Hayez a un vampiro :lol: Quindi, innanzitutto, complimenti per l'originalità della scelta :b:
    Devo dire, inoltre, che la tua storia mi fa pensare a una fiaba più che a un fantasy (le fiabe con particolari macabri e/o elementi disturbanti non sono certo un'anomalia), per via delle descrizioni dei personaggi e delle atmosfere. E io amo le fiabe ;) Riguardo al finale, mi aspettavo che non sarebbe stato rose e fiori; la parte della pozione da bere, ad esempio, mi ha ricordato "Romeo e Giulietta" (che, come tutti sappiamo, è una tragedia!).

    Per il resto, forse sarebbe stato meglio se tu avessi accorciato la storia in alcuni passaggi, riducendo (o eliminando) qualche dialogo per rendere più uniforme il ritmo della narrazione... ma questo è un parere personale ^_^ Ah, e poi vorrei sapere cosa intendi in questo passaggio, dato che non ho capito cosa mostra il vampiro agli umani:
    CITAZIONE
    Il vampiro, che è nascosto in un tetro angolo lontano, si scosta dall'ombra e si presenta agli umani, rivelando solo i suoi chiari.
     
    Top
    .
  3.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Anima Sola e Incompresa

    Group
    Signori di Andúnië
    Posts
    691
    Reputation
    +639
    Location
    Multiverso, insieme a Loki, il Dio delle Storie

    Status
    Offline
    Sì è un retelling di "Romeo e Giulietta" :D
    La parola mancante è "occhi" - occhi chiari. Devo fare una revisione. >.<
     
    Top
    .
2 replies since 23/6/2023, 16:05   49 views
  Share  
.