Sfida di Scrittura #5 - L'estate dei What If

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    L'Estate dei What If



    Buongiorno a tutti, Esteliani! Sono qui per dare inizio alla sfida di scrittura organizzata da me e Leah‚


    Siamo in estate e dato che in questo periodo ci diamo la possibilità di fare o essere qualcosa di diverso con questa sfida di scrittura vi proponiamo di scrivere una fan fiction breve basato sul concetto di "what if": cambiare qualcosa di "sostanziale" della storia originale.

    Es:
    Può essere un evento della trama (Harry Potter che non riceve mai la lettera per Hogwarts e si ritrova a quarant’anni a fare l’impiegato e a non capire perché gli salta sempre la luce in ufficio), oppure un cambiamento dei personaggi (come sarebbe andata se Elizabeth fosse stata la ragazzina orfana recuperata dal mare e Will il figlio della buona società?) o magari un cambiamento di contesto (prendiamo i personaggi del Signore degli Anelli e li rendiamo detective con la missione di recuperare un gioiello rubato).

    Per rendere la fan fiction leggibile a tutti, anche senza conoscere l'opera di riferimento, vi invitiamo a lasciare una sinossi all'inizio della storia che permette di comprendere ciò che avete scritto!
    (tipo se nessuno ha mai letto o visto Harry Potter, e dobbiamo dire che non ha mai ricevuto la lettera di Hogwarts nella nostra storia, si potrebbe dire così: Harry Potter è un bambino come tanti all'apparenza, ma diverso sotto un piccolo aspetto, certe volte gli capitano eventi strani, si potrebbe dire magici, ma lui stesso non né capisce il motivo, fino a che un giorno...)

    Insomma: scegliete la vostra opera preferita e cambiate qualcosa che non vi piace, così da soddisfarvi, e esercitatevi nella stesura della sinossi ;)

    Inizio: 8 Agosto
    Fine: 31 Agosto (per pubblicare la storia)

    Si tratta di una sfida di scrittura, quindi non è prevista una votazione e un vincitore ;)
     
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    Sarò il Tuo Appoggio



    OPERA DI RIFERIMENTO: Merlin
    CATEGORIA: bollino verde per tutti
    GENERE: Commedia, Malinconico
    NOTE AGGIUNTIVE: What if?
    DICHIARAZIONE DI NON RESPONSABILITÀ: I personaggi della storia purtroppo non mi appartengono, sono proprietà della BBC e del ciclo bretone!



    Sinossi: Morgana, figliastra di Re Uther, scopre la causa delle sue notti insonni: la magia scorre dentro di lei; ma nel Regno di Camelot praticare l'Antica Arte è proibito, pena la morte. Un giorno la ragazza rincontra il piccolo Mordred che, dopo aver chiesto il suo aiuto, la conduce in un piccolo villaggio Druido, ma le cose non vanno per il verso giusto anche a causa dell'intervento del giovane Merlino. È proprio a questo punto che la solitudine e il risentimento sembrerebbero pronte a prendere il sopravvento nel cuore di Morgana, ma le scelte dei singoli possono essere imprevedibili e avere un impatto su chiunque...

    »»————-  ————-««




    “Merlino, ho paura... se faccio ritorno a Camelot e venissi scoperta potrei... potrei...” La voce flebile e rotta di Morgana gli echeggiava nella testa mentre i suoi occhi blu, ricolmi di lacrime represse, indugiavano su di lui in cerca di uno spiraglio di luce e conforto; “invece, qui, insieme ai druidi non mi sento più sola... Non so se puoi capirmi, ma per la prima volta in vita mia mi sento a casa e accettata davvero per ciò che sono.”
    “O Morgana, capisco benissimo ciò che provate: la solitudine che si riempie e ti fa sentire completo...”
    La ragazza annuì e un piccolo sorriso le spuntò sul viso. “Cosa dovrei fare, Merlino?”
    Il giovane mago esitò per un breve istante, lo sguardo implorante dell'amica gli dilaniava l'animo. Era stato avvertito sulle possibili conseguenze legate alla vicinanza di Morgana con il piccolo Mordred: il futuro prospero di Camelot sarebbe stato incerto e la nascita del Regno di Albione sarebbe stato oscuro, la magia sarebbe stata vista ancora come una minaccia e con essa anche i suoi praticanti. Eppure la comprendeva fin troppo bene: avrebbe donato quel poco che aveva pur di essere sé stesso; poter praticare l'Antica Arte alla luce del sole senza il timore di ritrovarsi con un cappio al collo. Allora chiuse le palpebre e respirò a fondo, poi schiuse le labbra e parlò: “Dovreste restare...” La guardò e il pallido viso di lei si velò di un leggero rossore. “Il vostro posto è qui...” Per un brevissimo attimo le donò, almeno con le parole, ciò che lui stesso aveva sempre desiderato: la speranza di vivere in pace. Ma poco dopo i cavalieri di Camelot scovarono il campo druido e, sul ordine di Uther, lo distrussero.

    Morgana tornò nella sua regale fortezza della solitudine, quanto a Merlino... fu travolto dal senso di colpa. Così, come ogni sera, si ritrovava nella sua camera spoglia seduto sul giaciglio, la scura testa china e gli occhi fissi sul pavimento, mentre la mente lo riportava a quel momento dando linfa ai pensieri. Morgana e Mordred erano stati divisi, quindi il futuro prospero per il Regno di Albione era tornato a brillare, eppure Merlino udiva la flebile voce dell'intuito suggerirgli qualcosa che faticava a comprendere. Il destino continuava a mutare ogni giorno per effetto delle decisioni dei singoli, ne era certo e forse proprio per questo motivo una parte di sé non credeva che il ritorno di Morgana avrebbe dissipato ogni ombra sul futuro di Camelot.

    “E se con tali eventi non fosse cambiato nulla? E se avessi solo peggiorato le cose?” pensò. Era sicuro che la tristezza e la solitudine che attanagliavano il cuore della principessa avrebbero investito il Regno, riusciva a vedere le tenebre avvolgerlo e portare via ogni speranza. “Io ho Gaius, che condivide con me il mio segreto, con lui posso essere me stesso, invece lei... è sola...” La vide nella sua fredda stanza da letto, sola e impaurita, con lacrime silenti che le rigavano il pallido viso; un brivido gelido gli percorse tutto il corpo, strizzò gli occhi e scosse il capo, a quel punto si alzò di scatto e uscì dalla camera. Doveva vederla. Doveva rimediare o per lo meno doveva provarci.
    Raggiunse di soppiatto le stanze di Morgana, sgusciando tra i cavalieri che presidiavano il castello, fece un respiro profondo e bussò.
    “Lady Morgana, sono io... sono Merlino...” bisbigliò, la testa che si girava da una parte all'altra e il cuore che scalpitava inferocito; poco dopo la porta si aprì facendolo sussultare.
    “Merlino!” esclamò, sotto voce, la principessa scrutandolo da capo a piedi, la fronte increspata. “Cosa... cosa ci fai qui a quest'ora?”

    “Ecco... io... mi rincresce di avervi svegliato, ma avevo bisogno di vedervi.” La vide scuotere la lunga chioma corvina e sbattere più volte le palpebre. “Volevo chiedervi se... se domani mattina voleste venire a cavalcare con me. Ho pensato che poteva farvi bene allontanarvi da qui e passare un po' di tempo con un amico...”
    Morgana sussultò e le gote le si tinsero di un lieve rossore, poi un piccolo sorriso le illuminò il viso. “E Artù?”
    Merlino alzò le spalle e sorrise. “Credo che cavarsela da solo per metà giornata non può fargli altro che bene, magari può imparare a vestirsi da solo.”
    La ragazza si portò una mano sulle labbra trattenendo le risate. “Ebbene... ci vediamo domani mattina.”
    “Vi chiedo di farvi trovare alle scuderie presto, molto presto, così... ecco... non sorgono problemi.” La principessa annuì con il capo e in quel momento udirono il tintinnio di armature echeggiare per il piano, seguito dalla luce di una torcia sopraggiungere dalla soglia del lungo corridoio dalla parte opposta. “Ora è meglio che vado. Dormite bene, Morgana.”
    “Anche tu...” E Merlino si dileguò.

    Alle prime luci dell'alba, quando buona parte di Camelot era ancora dormiente, i due si incontrarono nel luogo prestabilito e, nel giro di poco tempo, cavalcarono verso il bosco. Si fermarono in una radura verdeggiante e serpeggiata da un piccolo fiumiciattolo baciato dai raggi dorati del sole, ormai ben alto nel cielo. Merlino distese un telo sul prato e Morgana vi si sedette sopra, mentre lo guardava arrabattarsi con le sacche che aveva portato con sé. Poco dopo il ragazzo s'inginocchiò al suo fianco, le sorrise e le porse un pezzo di pane e una mela.
    “Mi spiace non potervi offrire qualcosa di più, ho preso quanto ho potuto dalle cucine...”
    Morgana prese la mela, la guardò e poi riportò lo sguardo su quello di Merlino con le labbra all'insù. “Non importa, va bene così.” A quel punto diede un piccolo morso al frutto e si voltò verso il fiume. “È proprio bello qui...” mormorò e il giovane mago si fermò per un lunghissimo secondo a contemplarla: i lunghi capelli corvini, che danzavano leggiadri con il delicato vento autunnale, le illuminavano il candido viso mentre i suoi occhi celesti erano offuscati da una lieve malinconia.
    “Già, è proprio bello...” sussurrò il ragazzo senza nemmeno accorgersene.
    “Merlino...” Girò il capo verso di lui e continuò: “perché mi hai portato qui?”
    Il moro sussultò, il cuore scalpitante e la bocca all'insù con lo sguardo incapace di restare fisso su quello di lei. “Ecco... io...”
    La principessa sorrise divertita. “Stai tranquillo, Merlino, non ho alcuna intenzione di mangiarti” lo rincuorò.

    Allora Merlino fermò i suoi zaffiri e subito notò che una punta di spensieratezza brillava in quelli di lei. “Volevo condividere con voi una cosa importante e volevo farlo in un posto un po' più appartato, lontano da occhi e orecchie indiscrete, non so se capite cosa intendo.” Morgana raddrizzò la schiena e aggrottò le sopracciglia rimanendo in silenzio. “So quello che state passando e soprattutto so quello che state provando: la solitudine che affligge il vostro cuore è stata la mia fedele compagna per molti anni e, ancora adesso, torna a farmi visita per ricordarmi che... non c'è posto per uno come me, come noi, se non in luoghi sperduti e nascosti, dove possiamo toglierci le maschere ed essere ciò che siamo perché celati da tutti; ma la tristezza continuerebbe a persistere poiché non vivremmo in piena libertà e tale condizione ci ricorderebbe quanto siamo diversi agli occhi degli altri...” Vide il volto di lei riempirsi di stupore e allo stesso tempo confusione, allora Merlino le sorrise e le prese una mano con dolcezza. “Non siete da sola, Morgana, poiché i vostri timori e inquietudini sono gli stessi che provo anche io ogni giorno. So che una parte di voi vede il dono che possedete come una condanna, un peso, una prigione, ma sono del parere che siamo stati scelti per potare la luce nei momenti più bui proprio grazie a ciò che ci hanno donato.”
    La ragazza chiuse le palpebre e una lacrima le scivolò. “Ma... saremo costretti a vivere per sempre nell'oscurità e affanno...” Tornò a guardarlo, la fronte increspata e le mani tremanti. “Come fai a...”
    “Ho speranza che il futuro possa donarci la libertà che ci meritiamo. La magia che scorre dentro di noi ci permette di portare speranza e gioia nella vita degli altri e ciò può solo offrirci qualcosa di ugual piacevolezza.”

    La principessa abbassò lo sguardo. “Passeremo la nostra vita in solitudine sperando nel futuro...” mormorò con voce rotta.
    Merlino le asciugò la guancia, richiamando la sua attenzione, e le strinse più forte la mano. “No, non siete più da sola, Morgana... ci sono io con voi, potete contare sempre su di me.”
    E nell'udire quelle parole Morgana si sentì meno sola e un piacevole tepore prese a riscaldarle il cuore. “Perché hai deciso di esporti così tanto? Non hai paura?”
    “Diciamo che non ho l'animo impavido come un cavaliere e quindi sì, ho molta paura” ammise senza troppi problemi e nel fare ciò la vide sorridere ancora di più, poi proseguì: “Però in questi giorni ho riflettuto a lungo su di me e su di voi e la nostra condizione: avete perso i vostri genitori e il vostro patrigno, Re Uther, non è proprio misericordioso nei confronti della gente come noi; perciò ho pensato che avreste potuto sentirvi ancora più triste e sola nell'affrontare la vostra nuova realtà e ad accettarvi. Io, invece, ho avuto la fortuna di avere mia madre, che mi ha supportato e sostenuto nei primi momenti; e poi c'è Gaius che mi ha fatto vedere la magia come una virtù che può portare benefici a tutti. Per questo ho deciso di espormi, perché so quanto è importante avere qualcuno su cui poter contare, specie quando tutto sembra buio e non si riesce a trovare una via d'uscita. L'affetto di una persona fidata rende il nostro viaggio e la nostra missione più leggera e io vi sto offrendo la mia vicinanza e il mio appoggio, così da rendere il vostro cammino più piacevole.”

    “O Merlino, sei tanto caro!” esclamò, le guance arrossate e appena inumidite da qualche lacrima spensierata; finalmente il freddo pungente della solitudine le aveva abbandonato l'animo, ormai completo e sfavillante di gioia. “E io, allora, non posso fare altro che ricambiare e aiutarti a costruire un futuro migliore per tutti quelli come noi, magari insieme avremo più possibilità” aggiunse con un sorriso determinato.
    Il moro annuì sereno e deciso con il capo. “Sono contento di vedervi di nuovo felice. Il vostro viso è ancora più incantevole...” le disse a cuor leggero e le labbra all'insù. “Sembrate una fata” azzardò e subito lo sguardo si spostò altrove per poi schiarirsi la gola.
    “Grazie, potente Mago Merlino.” Il ragazzo tornò a guardarla e a quel punto lei gli fece l'occhiolino per poi appoggiare la testa sulla sua spalla.
    “È un piacere, incantevole Fata Morgana.”
     
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    TITOLO: IL MIO CUORE NELLE TUE MANI
    OPERA DI RIFERIMENTO:[/color] “Pirati dei Caraibi”
    CATEGORIA: bollino verde (per tutti)
    GENERE: Drammatico, Sentimentale, Fantasy
    DICHIARAZIONE DI NON RESPONSABILITÀ: “Pirati dei Caraibi” e i suoi personaggi non sono di mia proprietà, ma appartengono alla Walt Disney Company. Questa fanfiction non è stata realizzata a scopo di profitto, ma solo per il piacere di scriverla e di condividerla gratuitamente.


    SINOSSI


    Will aveva fatto una promessa a suo padre: lo avrebbe liberato dal controllo di Davy Jones. Sapeva cosa voleva dire uccidere Davy Jones: prendere il suo posto a capo dell'Olandese Volante. Nel suo caso c'era anche da considerare che avvicinandosi a suo padre, si sarebbe allontanato dalla donna amata. Jack Sparrow, d'altro canto, si era proposto di compiere lui un tale gravoso compito, specie dopo aver fatto un viaggio nell'aldilà e aver appreso che non gli sarebbe piaciuto rifarlo tanto presto.
    Alla fine è stato Will a pugnalare il cuore di Davy Jones, aiutato dallo stesso Jack, per evitare la morte. Il pensiero comune è sicuramente stato uno: "Jack, hai in mano un pezzo di spada, tanto quanto ti basta per pugnalare quel cuore che stringi nell'altra mano, perché devi perdere tempo, visto che Will sta perdendo il duello contro Davy Jones?
    Da questa domanda parte la storia, dall'aver preso una tale decisione, evitando di attendere che Jones affondasse quel colpo letale al cuore di Will. Una nuova domanda prende quindi il posto di questo racconto: cosa sarebbe successo se Jack avesse effettivamente realizzato il suo desiderio di vita eterna?
    **************************************

    IL MIO CUORE NELLE TUE MANI


    -Era tanto che non ti vedevo!-
    disse il locandiere nella taverna più lurida, confusionale e mal frequentata di tutta Tortuga.
    -Versami un altro bicchiere!-
    si limitò a rispondere quell'uomo, con un cappello abbassato leggermente verso il lato sinistro, le trecce a contraddistinguerlo da tutti gli altri uomini presenti e una spada legata alla cintura. A vederlo nessuno avrebbe potuto pensare che quell'uomo un tempo si presentava sempre come il "capitan Jack Sparrow": la sua aria triste, quasi cupa, aveva preso il posto di quella che un tempo sembrava essere una sorta di spensieratezza e modo di affrontare la vita sempre ottimista.
    Il locandiere prese la bottiglia e versò ancora un altro bicchiere di rum e poi un altro, finché decise di lasciargli praticamente un'intera bottiglia.
    Jack, con un movimento quasi meccanico, la portò alla bocca, bevendo fino all'ultimo sorso.
    -Dimmi c'è sempre Anamaria?-
    chiese, accennando per la prima volta da quando era nel locale a un sorriso. In risposta ottenne un semplice accenno positivo e l'indicazione con un cenno del capo.
    Jack si alzò da quello sgabello e stava per dirigersi verso la stanza indicata, quando il locandiere lo invitò a pagargli quanto bevuto:
    -Ti conosco fin troppo bene: mi lasci una montagna di debiti che non pagherai mai-.
    Jack prese da un piccolo borsello che aveva attaccato alla cintura delle monete d'oro e dopo averle messe sul bancone, esclamò:
    -Per gli arretrati-.
    Il locandiere lo guardò come se fosse la prima volta che lo vedeva: gli sembrava una persona diversa, anche se non sapeva se la cosa fosse o meno positiva.

    Jack andò da Ana Maria e trascorse del tempo con lei, lasciandole una magnifica collana, a cui era abbinato un bracciale.
    Verso sera scese nuovamente nel locale e ritrovò una persona che veramente non si aspettava:
    -Sei davvero tu Jack, o è ormai una pallida ombra dell'uomo che conoscevo?-.
    Jack si voltò, felice di sentire il suo nome pronunciato da quella voce.
    -Angelica!-
    esclamò e le si avvicinò, nel tentativo di sapere cosa l'avesse spinta a frequentare simili posti.
    Senza neanche lasciargli il tempo di fare delle domande, Angelica lo colpì con un pugnale in direzione del cuore.
    Jack sentì il dolore della ferita, ma non fu letale.
    -Quindi è vero- disse Angelica con una voce alquanto sorpresa.
    Jack, in tutta risposta, annuì con la testa.
    -Sarai contento: hai ottenuto una vita in mare e soprattutto sei libero-.

    Jack osservò quel pugnale ancora sporco del suo sangue e dopo un sorriso amaro, le rispose:
    -Avrei preferito lasciare qui il mio cuore, così questo tuo gesto mi avrebbe portato pace-.
    Angelica lo osservò sorpresa, sapendo che per Jack l'immortalità era tutto.
    -Pensavi che questo significava essere liberi? Abbiamo commesso lo stesso errore!-
    esclamò Jack con un tono più triste e poi proseguì:
    -tutto il tempo a traghettare le anime dall'altra parte, sentire i loro tormenti, le grida e l'eco della loro morte.... non è facile da capire e altrettanto difficile da dimenticare-.

    Angelica bevve il suo bicchiere e chiese a Jack se volesse farle compagnia. Jack la osservò e si ritrovò a sorridere, senza conoscerne bene il motivo.

    -Mio padre vorrebbe trovare la fonte della Giovinezza, così da vivere più a lungo-
    disse a un certo punto Angelica, riuscendo a catturare la piena attenzione di Jack.
    -Sarà un viaggio probabilmente disperato e dall'esito incerto..-.
    Jack conosceva bene Angelica e sapeva che non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di dire che in realtà le serviva il suo aiuto.
    Jack era tentato di dirle dove si trovava il cuore, ma qualcosa lo tratteneva dal farlo: essere cosciente che questo avrebbe indicato la fine della sua vita, che non avrebbe più potuto solcare i mari, lo aveva fatto quasi ridestare da quella specie di apatia.
    -Non credo che sia la cosa migliore!-
    esclamò poi a gran voce, facendo quasi tremare Angelica, che sembrò essere ora rattristata.
    -Dimmi la verità: dov'è Barbanera?-
    chiese, iniziando a sospettare che Angelica fosse lì per distrarlo.
    -Dove vuoi che sia? Sarà da qualche parte per mare-
    si affrettò a rispondere, cosa che fece crescere ulteriormente i sospetti di Jack. Dopo aver pensato per un po', Angelica decise di rivelare la verità a Jack:
    -Sì, i tuoi sospetti sono fondati. Cosa potevo fare? Almeno ora so che lo desideri anche tu e questo mi solleva-.
    Jack la osservò attentamente e notò la sua tristezza, eppure era più forte in lui il desiderio di sopravvivere e di continuare a solcare i mari.
    -Angelica, cosa ne dici di entrare a far parte della mia ciurma?- chiese poi.
    Angelica per un momento pensò a un possibile doppio fine nelle parole di Jack, ma poi si lasciò sopraffare dai suoi sentimenti per lui e gli rispose di sì con la testa.
    -Mio padre però non accetterà mai una simile proposta e vorrà essere il prossimo capitano dell'Olandese-
    gli disse poi e con una stretta di mano, Jack riuscì a farla proseguire nel suo discorso
    -Dobbiamo sbrigarci!-
    disse poi, invitando Jack a seguirla.
    Jack iniziava a comprendere che il suo nascondiglio era stato trovato e sebbene il suo cuore non fosse più nel suo petto, gli sembrò quasi di sentirlo scosso da battiti accelerati.
    Come si attendeva, si ritrovò dinanzi Barbanera in persona e con lui una parte della sua ciurma di zombie: come Jack non potevano morire e questo era un grande svantaggio per lui, che aveva ancora poche ore prima di dover tornare in mare.

    Jack iniziò a combattere contro di loro, ma sapeva che la cosa più astuta da fare era di riprendere in qualche modo lo scrigno e ritornare sulla sua nave. Riuscì, grazie a delle difficili peripezie, a prendere lo scrigno e si allontanò in tutta fretta, aiutato da alcuni clienti della taverna che, usciti su invito di Angelica e ubriachi fino al midollo, riuscirono a creare un diversivo. Angelica seguì Jack e su una sorta di ponte a cui era ancorata la nave, chiese a Jack:
    -Sei sicuro di voler continuare in questo modo? Sapendo che i tormenti di questa vita continueranno in eterno?-.
    Jack la osservò e nei suoi occhi non leggeva traccia di tradimento: la domanda che stava ponendo, l'aveva posta con grande attenzione e soprattutto si riusciva a percepire qualche sentimento che era lì da tanto tempo e contro il quale nulla, neanche il tempo, aveva potuto fare.
    -Angelica, sai cosa ho capito in tutti questi anni come capitano dell'Olandese Volante?-
    chiese con un tono quasi più serio, come se questi anni fossero serviti per farlo "maturare" e Angelica se ne era resa conto. Dopo una breve pausa, Jack proseguì, avvicinandosi a lei tanto quanto bastava per poterle accarezzare il viso
    -Che la certezza di vivere per sempre, spesso ti fa dimenticare quanto possano essere unici e piacevoli certi momenti e quanto possa essere grande il desiderio di nuovi incontri che sai di dover rimandare di anni. Può rendere la tua vita totalmente priva di stimoli e questo ha fatto cambiare il mio comportamento-.
    Angelica sembrò provare quasi un certo dispiacere per lui: non aveva mai pensato di sentire queste parole pronunciate dalle sue labbra, ma sapeva anche bene che queste parole erano frutto di un'esperienza che non aveva mai vissuto.
    -Angelica, io sono stato con Ana Maria prima di incontrare te, eppure dopo tanti anni, la cosa che mi ha fatto tornare a sentirmi vivo è stata la tua voce, semplicemente questo-.
    Angelica sorrise per un momento, poi abbassò lo sguardo. Jack stava ritornando a sorridere a sua volta ed era ben consapevole che quel sorriso non era una mera tattica per sottometterla al suo desiderio, o forse un po' ci sperava.

    Angelica, orgogliosa com'era, fece finta di sentirsi indispettita dalla sua affermazione, in particolare riguardo al fatto che avesse anche solo pensato di mettere a paragone la sua compagnia con quella di "una delle tante signorine per bene" di quei luoghi.

    -Angelica, in questo breve incontro, tu mi hai fatto capire che il mio cuore può appartenere solo a te-
    disse Jack, ponendole lo scrigno che stringeva fra le mani.
    Angelica restò a bocca aperta, pensando su quello che questo voleva significare.

    -Ora il mio destino è nelle tue mani: se vuoi riunire il cuore al proprietario, ti basterà seguirmi sulla nave e saremo insieme per sempre. L'alternativa è molto semplice-
    aggiunse poi Jack, aprendo lo scrigno che Angelica stringeva fra le sue mani.
    -Pugnala il cuore se vuoi vivere in eterno e se questo ti farà sentire libera-.

    Angelica richiuse lo scrigno, quasi come se Jack avesse detto un qualcosa che non poteva proprio concepire. Jack fece un piccolo sorriso, che non tardò a contaggiare Angelica, dandole la forza di accompagnare questo suo gesto, con delle parole:
    -Nessuno mi aveva fatto una simile proposta e so il motivo della tua fretta nel voler conoscere la risposta-
    disse, rammaricandosi, forse, per non poterlo stuzzicare ulteriormente.
    -Io non posso lasciare tutto così e non sarebbe giusto condannarti per un'indecisione forse passeggera-.

    Jack si avvicinò ulteriormente al viso di Angelica e poi le sussurrò:
    -Se non ci sarai tu al mio fianco, mi farebbe meno male ricevere questa pugnalata.... è questo quello che ho capito in questi 10 anni: non voglio trascorrerne altri in questo stato-.

    Angelica si allontanò lievemente da Jack, ma lui non esitò a riacquistare la sua vicinanza, tanto che riuscì a darle un bacio che si prolungò per qualche secondo, dopodiché si allontanò per osservare la sua reazione.
    Angelica osservò quegli occhi che sembravano aver riacquisito nuovamente il loro luccichio e in risposta fu lei questa volta a baciarlo.
    -Sarò al tuo fianco-
    gli disse, porgendogli nuovamente lo scrigno e da quel giorno per loro iniziò una nuova vita, o meglio un'eternità che finalmente Jack si ritrovava a desiderare, sperando che quella sarebbe stata la loro eternità, seppur l'eco dei morti in mare sembrava riuscire per qualche momento a rattristarli, riportando alle loro orecchie il suono di terre e storie lontani. Bastava solo uno scambio di sguardi per riuscire a ritrovare una felicità che in pochi sembravano raggiungere, anche in tanti anni di vita.
     
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    Buon pomeriggio a tutti! avviso che la sfida è stata allungata di una settimana, quindi il termine per pubblicare le storie è il 10 Settembre

    In tanto, se non riuscite a comporre qualcosa, sono disponibili due storie da leggere, magari a voi interessa:
    salvatoremanfellotto
    Vlad Valacchio
    Fanny Solomon
    Tyrus
    rosewhitexx_
    nevia'

    Spero che chi vuole partecipare riesca a farlo con i giorni aggiuntivi 🤗 e spero che i lettori gradiscano le letture!
     
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  5. Leah‚
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    Ciao a tutti! Sono passata a leggere, perchè ero curiosa di vedere cosa era nato dallo spunto che io e Rue abbiamo proposto.

    Devo dire che tutte e due le storie sono davvero interessanti, purtroppo ho potuto apprezzare poco l'aspetto del "what if", non conoscendo i fandom se non per sommi capi... ma sono state due belle letture comunque!

    Della storia di Rue mi è piaciuto molto il personaggio di Merlino, la serie tv l'ho vista solo per qualche puntata, ma me lo sono proprio riuscita a immaginare, era molto azzeccato! Mi è piaciuta moltissimo anche la chiusura, lo scambio di battute finali è molto tenero e molto evocativo. Non so se nel telefilm ci sia stato del tenero tra i due, ma ammetto che questa fanfiction me li fa vedere benissimo insieme!

    Discorso simile per la fanfiction di Nancy. Non conoscevo il personaggio di Angelica (che tra l'altro mi ha incuriosito un sacco, chissà quando avrò modo di guardare una volta per tutte Pirati dei Caraibi, forse nella prossima vita), e mi ha un po' colpito vedere Jack Sparrow - il capitan Jack Sparrow - alle prese con una questione di cuore. Credo che tu sia riuscita a trasmettere il cambiamento avvenuto in lui, l'ho visto meno immaturo e spavaldo, più serio. L'unica cosa che, leggendo, mi è un po' dispiaciuta è che secondo me ci sono diversi punti un po' affrettati, dove hai detto invece di raccontare, e questo ha tolto un po' di coinvolgimento alla storia. Capisco però che era una fanfiction breve e che il materiale era tanto, ed è stata una scelta comprensibilissima!

    Grazie per aver accolto la sfida che abbiamo lanciato!
    Se ci sarà qualcun altro che scriverà, sarò curiosa di leggere altro! :)
     
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    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

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    Salve, bellezze! Do il mio contributo alla nostra sfida estiva.

    Devo fare una premessa – anzi, più di una. Questa storia segue la logica “what if” (cosa sarebbe successo se un determinato particolare dell’opera originale fosse stato cambiato?), ma lo fa in maniera… come dire? Un pochetto estrema *^^* Non è un particolare a cambiare, bensì l’intera ambientazione, periodo storico compreso. Cioè, praticamente ho catapultato i personaggi in un universo alternativo. È un vero azzardo, almeno per me, poiché non avevo mai scritto questo tipo di fanfiction prima d’ora, quindi non sono per niente sicura dei risultati. Giudicherete voi se ne è valsa la pena.
    Per l’idea, ad ogni modo, devo ringraziare le ideatrici di questa iniziativa estiva, in particolare per due loro esempi di possibili what if: «cambiamento dei personaggi (come sarebbe andata se Elizabeth fosse stata la ragazzina orfana recuperata dal mare e Will il figlio della buona società?)» e «cambiamento di contesto (prendiamo i personaggi del “Signore degli Anelli” e li rendiamo detective con la missione di recuperare un gioiello rubato).» È un po’ come se avessi deciso di mettere insieme i due esempi, partendo però dall’idea del cambiamento di contesto ^_^

    Altra premessa: la trama che ho delineato non si presta a un racconto breve, dunque non meravigliatevi dei salti temporali e della mancanza di descrizioni ambientali. È già tanto se sono riuscita a infilare qualche accenno alla fisionomia dei personaggi X) In casi come questi, purtroppo, bisogna scegliere cosa sacrificare… Il racconto è già lunghetto così e non me la sono sentita di appesantirlo descrivendo gli ambienti; ho preferito focalizzarmi sulla successione degli eventi e sugli stati d’animo della protagonista. In compenso, i luoghi che nomino nel testo esistono davvero: Red Lion Square, il St. Thomas Hospital e la LSE (London School of Economics and Political Science), che è una prestigiosa università.

    La sinossi ho l’impressione che sia superflua, poiché il rapporto fra la mia storia e l’originale è minimo… però l’ho buttata giù comunque, limitandomi a parlare di quello che ho scritto io, senza mai tirare in ballo l’opera di riferimento, altrimenti temo che avrei solo ingarbugliato le cose >.< Per tutto il resto, vi rimando alle note d’autore collocate in basso, al termine della fanfiction.

    Concludo con una piccola avvertenza: questa storia può provocare carie ai denti per l’eccessiva presenza di zucchero nella seconda metà :D Vi ho avvisati, eh!



    Ciò che il cuore ha celato per anni



    ~ Sinossi ~

    Londra, XXI secolo. Una ragazza di buona famiglia, con la passione per le storie di pirati e un temperamento molto vivace, si trova ad affrontare una situazione difficile e imprevista che coinvolge il suo migliore amico. A volte il cuore gioca brutti scherzi, in ogni senso…




    Bianco sporco, grigio chiaro, azzurro polvere. Colori freddi, smorti, perfetti per un ambiente asettico, che non avrebbero potuto essere più diversi dalle vivaci sfumature di verde pronte a rallegrare ogni passeggiata nella zona di Red Lion Square.

    Elizabeth Swann inspirò ed espirò più volte, gli occhi sgranati dall’ansia. Le sue mani stritolarono l’orlo del top, le sue gambe – incapaci di restare ferme, nonostante i piedi ben saldi sul pavimento – sbatterono l’una contro l’altra. Ancora si chiedeva come una giornata ordinaria e prevedibile fosse degenerata in una sequela di avvenimenti fuori dal suo controllo…

    Tutto era cominciato con un normale incontro fra amici. O meglio, con qualcosa che non avrebbe dovuto essere null’altro che quello. Forse era stata ingenua lei a illudersi che certe sue scelte non avrebbero influito sui suoi rapporti di amicizia, ma chi poteva biasimarla per questo? Era così importante sapere chi la invitava a cena fuori? Da quando in qua le sue frequentazioni creavano problemi a qualcuno?

    Elizabeth serrò i denti. No, non qualcuno… Non si trattava di una persona qualsiasi, bensì di colui che aveva meritato la sua massima fiducia per quasi un decennio. Il suo compagno di classe preferito dai tempi delle scuole medie, il primo ragazzo che l’aveva sentita dire parolacce e ammettere la sua passione smodata per le storie di pirati, il suo confidente e consolatore nei momenti di difficoltà. Il suo migliore amico.


    «Sono soltanto preoccupato per te! Conosco Jack da più di un anno e so che non c’è da fidarsi di lui con le ragazze. Hai idea di quante ne ha scaricate negli ultimi sei mesi, Elizabeth?»

    «Oh, andiamo!» esclamò lei. «Ci ha già pensato Ana a mettermi in guardia, direi che basta e avanza.»

    «E perché non la ascolti? Perché non lasci perdere?»

    «Senti, sono perfettamente in grado di gestire la situazione» puntualizzò Elizabeth. «Non ho bisogno della balia: sono grande e vaccinata.»

    «Io e Anamaria stiamo cercando di
    aiutarti! Ma tu ti ostini a non capire.»

    «Non mi serve il vostro aiuto, in che lingua devo dirtelo? Piuttosto, quello che
    davvero non capisco è per quale motivo siamo qui a discutere di un banale invito a cena. Non ci sono argomenti più interessanti di cui parlare la domenica mattina?»

    «E che succede se t’innamori di Jack? Se la cosa si fa seria e i tuoi vogliono che glielo presenti?»

    Elizabeth scoppiò a ridere. «Will Turner, non essere sciocco! Non potrei mai innamorarmi di Jack Sparrow.»

    «Mica prevedi il futuro» obiettò Will, accigliato. «Come puoi esserne così sicura?»

    «Perché non è il mio tipo» disse lei con semplicità. «Non mi sono mai piaciuti i farfalloni – e che Jack sia un bell’uomo non cambia questo dato di fatto.»

    «Allora che ci trovi in lui?»

    Elizabeth scosse la testa. «Ammettilo, sei invidioso di Jack. Vorresti avere il suo successo con le ragazze» insinuò. Era un’assurda provocazione: pur non essendo un donnaiolo, Will non doveva faticare per piacere al gentil sesso. Non era raro che i suoi riccioli ribelli, gli occhi espressivi e i tratti ben definiti del viso attirassero gli sguardi femminili. Elizabeth ricordava con troppa chiarezza quante volte, durante la prima adolescenza, le fosse capitato di sfogare sul diario la gelosia verso la fidanzatina di turno, l’ammiratrice casuale, la coetanea che chiedeva a Will di uscire… No, non aveva dimenticato quei tempi, anche se avrebbe preferito farlo.

    Lui sbottò in una risata attonita. «Tu pensi che io…? È ridicolo!» insorse.

    «Be’, dimostrami che ho torto» lo sfidò lei. Si era sempre trattenuta dal mettere becco nella sua vita sentimentale, sebbene le costasse un notevole sforzo, poiché non era giusto oltrepassare determinati limiti; avrebbe dovuto sopportare che Will ignorasse quegli stessi limiti e ficcasse il naso, anziché ricambiarle la cortesia? Mai.

    «Non c’è nessuna invidia, è solo buonsenso» sostenne lui, piccato. «A Jack piace divertirsi e giocare al playboy, si stanca subito ad avere una ragazza fissa. Ad alcune va benissimo così, ad altre no e poi rimangono scottate. Vuoi finire pure tu in quel modo?» Incrociò le braccia e sbuffò, accaldato e infastidito insieme.

    «Will, tu ingigantisci le proporzioni di questa storia» replicò Elizabeth. «Non mi aspetto che Jack si butti ai miei piedi, mi regali un anello di fidanzamento o roba del genere! È che mi ha invitata per una pizza e non vedo perché dirgli di no: finora è stato gentile con me.»

    «Stai giocando col fuoco, renditene conto.»

    «Insomma, piantala di fare il paternalista!» si spazientì Elizabeth. «Tu frequenti chi ti pare e nessuno s’impiccia!» Cominciava a irritarsi sul serio – e l’afa non contribuiva di certo a calmarle i nervi. Ricacciò indietro una ciocca di capelli sfuggitale dalla coda di cavallo, maledicendo fra sé il clima soffocante di quell’estate. «Fino a ieri difendevi Jack a spada tratta, ripetevi che è un brav’uomo nonostante i suoi difetti… e adesso ne parli come se fosse il diavolo in persona! Che accidenti hai contro di lui, me lo spieghi?»

    Will distolse lo sguardo. «Niente» mugugnò.

    «Non è vero.»

    Lui lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. Raddrizzò la testa e strinse i pugni, mentre il suo cipiglio si accentuava. «Vorrei sapere almeno una cosa – una cosa sola, Elizabeth» incalzò, il senso d’urgenza che gli incrinava la voce. «Poi non insisterò più, ma per favore… perché hai accettato l’invito di Jack?»

    Le sue pupille erano puntate su di lei. Il cuore le sfarfallò contro le ossa della gabbia toracica.

    «Curiosità… credo» le uscì detto. Era difficile affrontare quel discorso con Will: niente a che vedere con le confidenze condivise in merito ad altri argomenti. Loro due riuscivano a parlare di tutto, eppure non di attrazione fisica. «Sì, sono curiosa. Di uscire insieme a Jack una volta tanto, per vedere come va. Per vivere l’esperienza in prima persona, invece che attraverso i racconti di Ana o di altre.» Elizabeth storse la bocca di fronte all’espressione torva del suo amico. «Non c’è niente di sbagliato in questo, Will» protestò. «Sia io che Jack siamo single. Nessuno si farà male.»

    Il viso di lui divenne rigido quanto un ceppo da gettare nel camino. Le narici si tesero e, sotto l’ombra leggera dei baffi scuri, le labbra s’indurirono in una linea sottile. Nel suo sguardo divampò la rabbia, l’incredulità… e qualcos’altro che Elizabeth non riuscì a decifrare.

    «Praticamente stai pianificando di andarci a letto» ribatté Will, brusco. «E mi vieni a raccontare che Jack non è il tuo tipo? Sii sincera fino in fondo! Da quando sei disonesta con te stessa… e con me?»

    «Come ti permetti?» Lei sussultò, punta sul vivo, e serrò i pugni a sua volta. «Questa è una cosa orribile da dire!» Will non diede segno di dispiacersi, mantenendo una facciata di pietra, e la delusione le bruciò dentro, più aspra e pungente di una colata acida. Perché si mostrava così insensibile di punto in bianco, lui che era sempre stato comprensivo e premuroso?

    «Sai che c’è?» proruppe Elizabeth d’impulso. «Me ne vado a casa, è meglio! Goditi da solo la tua passeggiata domenicale!»


    Gli voltò le spalle e si allontanò, benché lui la stesse richiamando. Si mise a correre a tutta velocità lungo il marciapiede che costeggiava i giardini di Red Lion Square. La collera le diede le ali ai piedi, il sangue le pulsò forte nelle vene. Sapeva che Will le stava alle calcagna, però contava d’infilarsi in macchina appena in tempo… anche se una parte di lei avrebbe voluto essere fermata, accolta in un abbraccio di scuse, rasserenata con parole d’affetto…

    Raggiunta la fila di veicoli del servizio di
    car sharing, si arrischiò a girarsi per controllare dove fosse lui: era vicino al basso pilastro che sosteneva il cancello dell’entrata ai giardini, una mano premuta sul petto e l’altra appoggiata alla superficie metallica, come se il breve tragitto avesse esaurito le sue energie. Non si trattava che di pochi metri, eppure il suo disagio era evidente.

    Elizabeth dimenticò ogni proposito di andarsene e si fiondò verso l’amico. Will non avrebbe mai finto un malore per attirare l’attenzione su di sé, nemmeno dopo la peggiore delle liti. Allarmata, gli mise una mano sulla spalla.

    «Che succede? Ti senti male?»

    «Non è nulla… Adesso mi passa» rispose Will col fiato corto. Sulla sua fronte era comparso un velo di sudore, attraversato da due rughe sottili, e gli occhi erano ridotti a fessure sotto le sopracciglia inarcate.

    «Sei sicuro? Dimmi, ti gira la testa? Hai molto caldo e molta sete?» si agitò Elizabeth, temendo che lui avesse un colpo di calore. Sarebbe stato strano, poiché erano rimasti quasi sempre all’ombra, ma forse non si poteva escludere quell’eventualità.

    Le labbra di Will si contrassero. «No, niente del genere.» Malgrado il suo respiro fosse più regolare, i lineamenti erano segnati dalla tensione. La mano si aggrappò al tessuto della maglietta, in corrispondenza del cuore…



    «Signorina?»

    Elizabeth scattò sull’attenti come un militare. Alzatasi dalla sedia che aveva occupato, si diresse verso l’infermiera del reparto cardiologia appena rivoltasi a lei.

    «Il mio amico sta bene? Cos’ha avuto?» domandò, le mani sudate e i battiti a mille.

    «Adesso può andare a casa, il dottor Norrington ha finito di visitarlo» riferì l’infermiera, gentile ma evasiva.

    Elizabeth tirò un gran respiro, il sollievo che la inondava fino al midollo e scioglieva i nodi dell’ansia nel suo petto. Si era sentita sulle spine fin dall’entrata al pronto soccorso – e aveva quasi perso la testa quando Will era stato mandato a fare un controllo cardiologico, poi prolungatosi per oltre mezz’ora. Quali problemi cardiaci, s’interrogava angosciata, poteva avere un ragazzo di soli vent’anni sano come un pesce? Era normale che i dottori lo trattenessero così a lungo?

    Finalmente era arrivata una bella notizia e l’attesa stava per concludersi, eppure qualcosa non quadrava. Elizabeth intuì che c’era un’ombra dietro il sorriso cortese dell’infermiera, malcelata nell’espressione vigile. Aprì bocca per esigere spiegazioni quando la porta bianca da cui la donna era uscita si spalancò, lasciando spazio a Will in persona e a un medico alto e impettito, sulla trentina, dall’aria severa e autorevole.

    «Il dottor Norrington, presumo» esclamò Elizabeth, dopo essersi avvicinata e aver osservato bene il suo amico. Con lo spavento che Will le aveva fatto prendere, era difficile staccargli gli occhi di dosso… ma lui sembrava essersi ripreso, anche se non sorrideva, perciò le parve buona norma salutare il medico.

    «Lei non è una parente del signor Turner. Giusto, signorina?» chiese il cardiologo per tutta risposta.

    «No, però lo conosco dai tempi delle scuole medie. Se posso essere utile in questi giorni in cui non c’è la sua famiglia… Mi dica pure cosa gli serve, non sarà un problema per me accompagnarlo in farmacia, né aiutarlo in qualunque modo.»

    Will scoccò a Elizabeth uno sguardo di avvertimento, come per frenarla dal parlare troppo. Lei finse di non aver visto.

    «Per ora non ho prescritto farmaci» la informò il dottor Norrington, «ma potrebbero rendersi necessari in futuro.» Lanciò al suo paziente un’occhiata di sbieco, che Elizabeth non seppe interpretare. «Pensi a quello che le ho detto, signor Turner. Mi raccomando.»

    «La ringrazio per la sua franchezza e per i suoi consigli, dottore» replicò Will, rigidamente formale. «Arrivederci.»

    «No, un momento» intervenne Elizabeth, mentre il cardiologo si accingeva a tornare da dov’era venuto. «Può essere più chiaro, per favore?»

    Di nuovo il medico guardò Will in tralice, prima di focalizzarsi su di lei. «Cerchi di stare calma, signorina» provò a rabbonirla in tono pacato. «Non c’è alcuna emergenza in corso, glielo garantisco.»

    «Vieni, Elizabeth» si affrettò a sollecitarla Will, tirandole il gomito. «Non abbiamo motivo di restare qui. Tranquilla, il peggio è passato» aggiunse per scongiurare qualsiasi resistenza.

    Lei avrebbe voluto impuntarsi, ma capì che non era il caso: meglio che l’amico rientrasse a casa, dove sarebbe stato abbastanza a suo agio da raccontarle ogni particolare. Aspettò quindi che fossero entrambi seduti al suo tavolo, davanti a due bicchieri di succo d’arancia, per introdurre il discorso alla lontana.

    «Will, domani apri il negozio? O hai intenzione di prenderti una pausa?»

    Lui tenne la testa bassa, evitando un contatto visivo. «Penso che aprirò al solito orario e sarà una giornata qualunque.»

    Elizabeth si sforzò di leggere fra le righe. Will poteva continuare la sua routine quotidiana o no? Qual era stato l’esito della visita del cardiologo? C’erano altri controlli da effettuare in un secondo momento? Era necessario avvisare i suoi zii prima che tornassero dalla Scozia?

    «Allora è tutto a posto» azzardò lei, nella speranza che una conferma o una smentita squarciassero una buona volta il velo dell’incertezza. Buttò lì una risatina forzata e proseguì con falsa leggerezza: «Quel dottore sibillino mi ha messo una paura, poi anche l’infermiera aveva una faccia un po’ strana… ma se tu dici che domani sarà una giornata normale…»

    «Elizabeth, ho una malformazione al cuore.»

    Quella frase lapidaria le fece morire le parole in gola. «C-cosa?» La voce le uscì flebile, una sorta di sussurro strozzato, e i suoi occhi incontrarono quelli di Will, seri e adombrati, d’un tratto fissi su di lei.

    «C’è un restringimento nell’aorta. Il sangue ha difficoltà a passare.»

    «Ma… ma come può essere?» balbettò Elizabeth. «D-da quanto…? Finora non avevi avuto nessun sintomo.»

    «Non è un caso grave, per questo non mi sono mai accorto di niente. Se avessi fatto sport con regolarità, forse la faccenda sarebbe venuta a galla, ma sai che dopo la scuola andavo spesso in negozio. E non è che mia zia mi permettesse di portare pesi, dopo che mio zio ha avuto l’ernia.» Will sospirò e bevve l’ultimo sorso di succo, poi si alzò per posare il bicchiere vuoto nel lavandino. «Mi è capitato di sentirmi affaticato, non dico di no; anzi, ultimamente ho avuto spesso un senso di debolezza, soprattutto a fine giornata. Pensavo fosse colpa del caldo e dello stress di gestire il negozio da solo. Stamattina presto ho pure spostato un mucchio di scatoloni giù nel seminterrato…»

    Elizabeth si mise al fianco dell’amico. «Insomma, non hai mai sospettato nulla, anche se il problema esiste da anni?» mormorò.

    Lui annuì, mesto. «Il dottor Norrington dice che è di natura congenita. Praticamente ce l’ho da sempre.»

    «Oh, Will.» Elizabeth gli afferrò la mano e la strinse. «Mi dispiace così tanto. Si può fare qualcosa? Il medico parlava di darti dei farmaci…»

    «Sì, per il controllo dell’ipertensione. Mi ha misurato la pressione e ce l’ho più alta nella parte superiore del corpo, mentre nella parte inferiore è un po’ bassa… ma quello che lui intendeva è che dovrò prendere farmaci prima dell’intervento. Se decido di operarmi, è ovvio.» Will sospirò ancora e le sue spalle s’incurvarono.

    Elizabeth non riuscì a spiccicare verbo. Le sembrava di essere piombata in un incubo, tanto che il suo cervello ripeteva come un mantra: “Non può essere vero, non può essere vero…”

    Lui le accarezzò il dorso della mano col pollice, un gesto tenero e confortante che la spinse sull’orlo del pianto: invece di consolarla, Will avrebbe dovuto essere consolato! Che razza di migliore amica era se non gli offriva neppure un minimo di sostegno?

    «Will…» Di nuovo la sua voce la tradì, fioca ed esitante. Elizabeth si schiarì la gola, ma aveva il magone. Poté solo aumentare la stretta che la univa a lui – la sua unica àncora in un oceano di confusione e terrore.

    «Non ti spaventare, per fortuna non sono in pericolo di vita. Il restringimento è lieve, nessuno mi costringe a ricoverarmi adesso.»

    «Però… però dovrai farlo, presto o tardi. Non è così?»

    Uno sguardo fu una risposta sufficiente.

    Elizabeth si coprì la bocca e iniziò a piangere in silenzio. Fu allora che si ritrovò fra le braccia dell’amico, il suo mento appoggiato sulla testa, le sue dita che le massaggiavano le spalle e la schiena.

    «Andrà tutto bene, Elizabeth» le bisbigliò Will all’orecchio. «Tutto bene. Te lo prometto.»

    Le lacrime di lei gli bagnarono la maglia, nel punto esatto in cui batteva il cuore. Com’era possibile che qualcosa di tanto puro e amorevole fosse malformato? «Io… ho paura» le sfuggì fra un singhiozzo e l’altro.

    «Vedrai, non mi succederà niente. In un modo o nell’altro me la caverò.»

    Con fervore disperato, Elizabeth si aggrappò al corpo di Will, come se restare attaccata a lui potesse sottrarlo al futuro incerto che lo attendeva. Il suo sfogo fu intenso, colmo di dolore, ma si esaurì nel giro di qualche minuto. Una cupa determinazione ne prese il posto, arginando il flusso delle lacrime.

    «Mi dispiace, sono proprio una stupida.» Senza sciogliere l’abbraccio, lei si scostò appena e alzò il capo. «Sei tu quello che soffre e, invece di incoraggiarti, mi metto a piagnucolare. Scusami.»

    «È una reazione comprensibile, sei sconvolta. Forse prima sono stato un po’ indelicato, solo che non riuscivo a mentirti e i giri di parole mi sono sembrati inutili» disse Will piano.

    «Preferisco la verità nuda e cruda alle bugie rassicuranti» chiarì subito Elizabeth. «Ora andiamo al sodo, per favore: quali sono i rischi dell’operazione? E quanto tempo hai per prepararti? Ricorda che posso aiutarti io a gestire il negozio, almeno finché non rientrano i tuoi zii… Ah, e non voglio sentire assurdità del tipo “non ti disturbare, Elizabeth” o “non ce n’è bisogno, Elizabeth”. Non ti libererai di me; tanto vale che ti rassegni.»

    Lui le sfiorò i capelli con mano leggera. «La piratessa è tornata» commentò, accennando un sorriso affettuoso. «Mi arrendo a voi, Capitano: avete conquistato la mia nave e non ho più scampo.»

    ***


    Era un tardo pomeriggio di settembre. Elizabeth avanzava a passo veloce lungo i corridoi del St. Thomas Hospital, lo stomaco in subbuglio, la testa che pulsava e i nervi a fior di pelle. Odiava ancora i colori dell’edificio, ma era meglio pensare a quelli anziché figurarsi Will immobile sopra un lettino. Benché il dottor Norrington avesse manifestato più volte la propria fiducia nella riuscita dell’intervento, era impossibile non lasciarsi prendere dall’ansia. Inoltre, lei era stata costretta a lottare contro la presa di posizione dei suoi genitori, che l’avevano tempestata di ammonimenti.

    «Non puoi rimanere in ospedale tutta la notte. Sarebbe uno stress inutile, non vedresti il tuo amico prima del giorno dopo» aveva sentenziato il padre.

    «In queste situazioni si dà la precedenza alla famiglia, com’è giusto che sia. Non vorrai mica essere invadente» aveva aggiunto la madre.

    «Davvero, Elizabeth, non è necessario uno strapazzo simile! Sappiamo quanto tieni a William, ma lui è in ottime mani. Il dottor Norrington ha eccellenti referenze, anche se è molto giovane, e l’intervento non è a cuore aperto, perciò non sarà troppo invasivo. Cerca di non stare in apprensione.»

    «Ti accompagniamo noi in ospedale la mattina. Chiedi ai Brown di avvisarti appena William può ricevere visite e lo vai a trovare… Niente di più facile!»

    «Sì, è la soluzione migliore, lo capirebbe chiunque.»

    Elizabeth era troppo testarda per piegarsi a quelle insistenze, perciò alla fine l’aveva spuntata, ma si sentiva esausta e nervosa. Non le piaceva l’indifferenza che i suoi genitori tendevano a riservare a Will: sembravano incapaci di comprendere che bella persona fosse, quanto significasse per la loro unica figlia, che legame profondo avesse instaurato con lei…

    Finché era stata adolescente, Elizabeth non si era accorta di nulla. Più avanti, invece, aveva notato che Will non veniva trattato allo stesso modo di altri suoi amici, che pure erano meno intimi: i signori Swann non andavano mai a trovarlo a casa, accontentandosi di sporadiche capatine in negozio, e di rado chiedevano notizie su di lui, sebbene non ignorassero che era un orfano, cresciuto senza padre e affidato agli zii dopo la morte prematura della madre. In ogni caso, Elizabeth non avrebbe permesso che la loro influenza la allontanasse da Will – e non si sarebbe mossa dall’ospedale per tutta la durata dell’intervento, ormai aveva deciso.

    Ad attendere che cominciasse l’operazione trovò soltanto i signori Brown, preoccupatissimi per il nipote, del quale si erano sempre presi cura come un figlio. Tuttavia, proprio mentre un Will ancora cosciente veniva condotto verso la sala operatoria, sopraggiunse di gran carriera Jack Sparrow, i rasta in disordine e la camicia abbottonata storta.

    «Sono desolato per il ritardo» annunciò, agitando le braccia e parandosi davanti alla barella. Perfino in un momento simile, notò Elizabeth, non rinunciava alla sua teatralità e alle frasi a effetto dal sapore un po’ vetusto. In altre occasioni quell’atteggiamento le avrebbe strappato un sorrisetto, ma era troppo concentrata su Will per abbandonarsi all’ilarità.

    «Giovanotto.» Un’infermiera dalla faccia rugosa apostrofò Jack con aria di rimprovero. «Questo non è un palcoscenico, non si dà spettacolo. Per cortesia, si faccia da parte.»

    «Vogliate scusarmi, mia amabile signora» la blandì lui prima di abbozzare un inchino. «Vi rubo solo un secondo. Sono qui per augurare buona fortuna al caro William – che, a onor del vero, è già parecchio fortunato a essere mio amico.» Lanciò a Will un’occhiata penetrante e, per un attimo, la sua consueta ironia si raffreddò in un’espressione grave. «Niente deviazioni, ragazzo. Ti voglio fuori da questo posto in meno di una settimana, magari per goderti una serata coi fiocchi a casa di Lizzy. Comprendi?»

    «Come, non sei contento che mi tolgo dalle scatole e puoi stare con lei?» scherzò Will, il fantasma di un sorriso sulle labbra.

    Jack gli diede un colpetto sulla spalla. «Non andrai da nessuna parte senza il mio consenso» lo ammonì. «E io ti ordino di tornare al più presto dalla tua bella fanciulla.»

    «Jack, piantala di parlare come se non ci fossi o provenissi da un romanzo del Settecento» s’intromise Elizabeth, un po’ esasperata e un po’ divertita dalle buffonate dell’uomo. Anche se aveva almeno dieci anni in più rispetto a lei e a Will, non riusciva mai a mantenersi serio a lungo.

    «Perdonami, tesoro. Non volevo offenderti.»

    «Bene, mi sembra che gli auguri siano stati fatti» tagliò corto l’infermiera anziana. «Non possiamo trattenerci oltre.»

    Con lo sguardo velato dalla commozione, i signori Brown salutarono Will un’ultima volta, agitando la mano verso di lui. Jack gli rivolse un cenno del capo e indietreggiò di due passi. Restava solo Elizabeth, la cui gola era diventata secca per la tensione e ostacolava ogni tentativo di esprimersi. Rapido, il suo migliore amico la precedette.

    «Elizabeth.»

    “Ecco” pensò lei con una fitta al cuore, “adesso mi ripeterà che andrà tutto bene, che non gli accadrà niente, che devo stare tranquilla…”

    «Avrei dovuto dirtelo ogni giorno dal momento in cui ti ho vista» continuò Will, i caldi occhi marroni fissi nei suoi. «Ti amo.»

    Un fulmine avrebbe avuto conseguenze minori. Elizabeth rimase con la bocca semiaperta e gli arti paralizzati, immobile e pietrificata nel corridoio d’ospedale, mentre la barella spariva dentro la sala operatoria.

    “Lui… lui mi ama? Ma io credevo… Com’è possibile?!”

    «Lizzy.» Jack la tirò per la maglietta e le gesticolò davanti. «Ehi, sveglia!»

    Lei trasalì. «Dannazione, mi farai venire un accidente!»

    «Io?» saltò su Jack, indignato. «A me risulta che sia stato qualcun altro a scioccarti, meno di un minuto fa.»

    Elizabeth avvampò. «Be’… sì, a essere sincera non me l’aspettavo. È successo di punto in bianco e…»

    «… e non te l’aveva mai detto prima, giusto?»

    «Mai» confessò lei a bassa voce.

    «Poveri noi, in che mondo viviamo» bofonchiò Jack. «Sono miserie che si commentano da sole.»

    «Di che stai parlando?»

    «Di te e William! Com’è che in tutto questo tempo non vi siete mai chiariti? Doveva capitare una disgrazia perché lui cacciasse fuori gli attributi?»

    Elizabeth sbatté le palpebre. «Tu sapevi che Will…? Te… te l’ha detto lui?»

    Jack emise un sonoro sbuffo. «Lizzy, sei meno intelligente di quanto pensassi. Non è stato necessario, l’ho capito dal giorno in cui vi ho visti insieme per la prima volta. Il modo in cui vi guardate basta e avanza. La domanda è: siete talmente stupidi da non esservene accorti? Parrebbe proprio di sì.»

    Elizabeth non rispose, sempre più rossa. Anche i signori Brown tacevano, con la faccia di chi avrebbe preferito essere altrove o tapparsi le orecchie.

    «E il signorino ha addirittura bisogno di rischiare il collo per dimostrare che nessuno l’ha castrato» concluse Jack. «Ah, questi giovani d’oggi! Cos’avranno nella zucca?»

    ***


    Elizabeth riuscì a serbare nella memoria pochi frammenti di quell’interminabile nottata. Sconvolta da ogni sorta di emozioni positive e negative, che si alternavano nel suo animo come il più frenetico dei girotondi, ebbe modo di riacquistare lucidità soltanto al mattino, quando il dottor Norrington comunicò le ultime notizie su Will.

    «Stanotte ha riposato senza problemi e i parametri vitali sono regolari. Autorizzeremo le visite non appena si sveglierà.»

    Per Elizabeth quelle parole furono una manna dal cielo. Avrebbe voluto abbracciare il cardiologo con lo stesso sollievo con cui la signora Brown stava abbracciando il marito, ma si limitò a un cenno d’assenso stanco e speranzoso, mentre soffocava un enorme sbadiglio.

    I suoi genitori avevano avuto ragione, fermarsi in ospedale era stato uno strapazzo. Jack si era trattenuto fino al termine dell’operazione, distraendo Elizabeth con qualche battuta improvvisata, ma poi aveva scelto di andarsene, poiché non si erano verificate complicazioni durante l’intervento; lei era rimasta e non aveva chiuso occhio. In compenso, poco dopo le rassicurazioni mattutine del dottore, ecco giungere Anamaria, con la quale c’era stato un lungo scambio di messaggi fino a mezzanotte.

    «Vieni a far colazione, Liz. Avanti, non stare lì impalata! Muoio di fame e anche tu dovresti mettere qualcosa sotto i denti.»

    Elizabeth non fu sorpresa da quell’irruenza, perché Anamaria, nonostante le fosse sinceramente affezionata, era d’indole un po’ burbera. Raggiunsero insieme la caffetteria più vicina al St. Thomas, sedettero a un tavolo e presto s’immersero in una fitta conversazione. Elizabeth si rifugiò volentieri in quelle confidenze, che la aiutarono a riordinare il caos dilagante nel suo cervello.

    «Cosa farai con Will?» le chiese infine Anamaria.

    «Non ne ho idea. Per ora voglio accertarmi che stia bene, nient’altro.»

    «Questo sì, ma puoi sempre salutarlo con un bacio.»

    «Ana, per amor del cielo, non ho intenzione di assalirlo! Gli hanno appena conficcato nel petto un pezzo di metallo!»

    «E chi dice che sarà un assalto? Credi forse che non gli piacerebbe? Sei matta, siete due matti. Sembrate marito e moglie da quando vi conosco, ma finora non avete avuto il fegato di mettervi insieme: assurdo!»

    Elizabeth giocherellò col tovagliolo, cercando d’ignorare la sensazione di calore che le invadeva le guance. Marito e moglie! Ci sarebbe stato da ridere, se da adolescente non le fosse passato per la testa di scribacchiare “Elizabeth Turner” sul suo diario…

    «È strano, comunque.» Anamaria la squadrò per qualche secondo, un luccichio divertito nelle iridi scure, e ciò interruppe il flusso dei suoi ricordi imbarazzanti. «Un problema al cuore viene diagnosticato proprio quando tu accetti l’invito di Jack; finisci per rifiutare e poi ricevi una dichiarazione che… be’, è avvenuta nel peggiore dei momenti. Il tuo Will ha un pessimo tempismo, sai?»

    Elizabeth fece un debole sorriso. «Non è mai stato bravo a cogliere le occasioni. Se penso a quante volte avrebbe potuto dirmi che mi ama… D’altra parte, in questo siamo sulla stessa barca: anch’io potevo prendere l’iniziativa, ma ero convinta che mi vedesse come un’amica.»

    «E volevi andare a cena con Jack per dimenticare la tua frustrazione.»

    «No.» Elizabeth scosse il capo. «Le sue attenzioni mi lusingavano, immagino. Non è il tipo d’uomo che passa inosservato… e poi ero curiosa di scoprire se riuscivo a tenergli testa. Era quasi una sfida.» Sospirò, la fronte aggrottata. «Dopo che Will e io abbiamo litigato ed è venuto fuori che doveva operarsi, non me la sono più sentita di uscire con Jack. Lui ha capito senza bisogno di molte spiegazioni. Secondo me stava provando a farci avvicinare – alla sua maniera, è ovvio. Sarebbe uscito ugualmente con me, se avessi voluto… ma la verità è che a quel punto non me ne importava più nulla.»

    «È il classico dilemma: distrazione passeggera o grande amore? Chiaro che, in un caso simile, la spunta il grande amore» asserì Anamaria. «I tuoi dovranno rassegnarsi ad avere Will come probabile futuro genero… anche se non lo considerano il marito ideale per una ragazza di buona famiglia che studia alla LSE.»

    «A proposito, a quest’ora staranno per arrivare. Meglio se ci avviamo.» Elizabeth tirò indietro la sedia e balzò in piedi.

    In ospedale scoprì che Will era in compagnia degli zii, ormai sveglio. Nel frattempo, si riunì con i suoi genitori e li informò di ogni dettaglio, escluse le questioni sentimentali. Stritolandosi le mani in grembo, attese di entrare nella stanza del malato. Quando i signori Brown uscirono, avanzò a passo svelto e con la schiena dritta, benché le tremassero le gambe.

    Will teneva gli occhi chiusi, come se dormisse. I suoi bei lineamenti erano distesi, i ricci indisciplinati sparsi qua e là sul cuscino. Di colpo un vecchio ricordo affiorò nella memoria di Elizabeth.

    A scuola avevano studiato le fiabe in letteratura, con un’intera lezione dedicata alle figure dei fratelli Grimm. La prima fiaba che l’insegnante aveva chiesto alla classe di leggere era stata Rosaspina, di cui molti alunni conoscevano l’adattamento Disney di fine anni Cinquanta. Affascinata dalle differenze fra le due versioni, Elizabeth si era documentata anche su quella di Charles Perrault, sprovvista del bacio salvifico del principe alla principessa. Ne era nata una discussione amichevole con Will, insolitamente interessato all’argomento, per decidere quale fosse il finale migliore per la fiaba. Lui sosteneva che il bacio rendesse la storia più romantica, per quanto inverosimile, ed Elizabeth non poteva dargli torto; eppure c’era un particolare del racconto di Perrault che la intrigava.

    «La principessa sapeva dell’arrivo del principe. Cioè, si era preparata in sogno il discorso da fargli! Non è stranissimo, Will?»

    «Non quanto dormire cent’anni senza morire» aveva obiettato lui, più pratico.

    «Sì, ma il punto è che lei lo aspettava. Già lo conosceva, in qualche modo. Ha senso che alla fine si sposino! Nella versione dei fratelli Grimm, invece, non sappiamo niente dei sogni e dei desideri della principessa. Non è un peccato?»

    «Be’, parliamo pur sempre di una fiaba popolare, mica di un romanzo.»

    «Sì, sì, hai ragione. Non si possono pretendere grandi approfondimenti da un racconto tramandato a voce da poveri contadini analfabeti» aveva ammesso Elizabeth. «Però, al posto dei fratelli Grimm, avrei aggiunto qualcosina. Almeno la Disney fa incontrare il principe e Rosaspina nel bosco.»

    Tutte le versioni, in ogni caso, concordavano su un fatto: la principessa era una visione di bellezza, una bellezza così abbagliante che era impossibile non ammirarla. E malgrado Elizabeth, varcata la soglia della stanza d’ospedale, considerasse sciocca l’idea suggeritale in precedenza da Anamaria, non riuscì a impedire che nella sua immaginazione prendesse forma un bacio… Neanche fosse piombata dentro una fiaba a ruoli invertiti, dove Will era “il bello addormentato” e a lei toccava prendere il posto del principe!

    «Ehi.» Lui aprì gli occhi, salutandola in tono cordiale. Non sembrava reduce da un’operazione, tranne per la flebo attaccata al braccio: l’espressione era serena, il volto privo di segni di dolore.

    Elizabeth accostò la porta e si precipitò verso il letto. «Come ti senti?» domandò, mentre cercava la sua mano.

    «Ho dormito alla grande, ma ho ancora un po’ di sonno e non credo di potermi alzare. A parte questo, sto bene.»

    «Certo che non devi alzarti! Non sono passate nemmeno ventiquattr’ore dall’intervento.»

    Will non reagì subito. Mentre avvolgeva le dita intorno a quelle di Elizabeth, le strofinò una nocca con delicatezza, quasi traesse conforto da quel piccolo gesto. «Sei rimasta per la notte, non è vero?»

    C’era un’unica risposta da dare e lei non esitò: «Sì.»

    «Grazie. È solo che…»

    «… non ce n’era bisogno. Già, questo è quello che pensi tu. Ti sbagli perché… perché, se il tuo posto è qui, lo è anche il mio.»

    Forse non era la dichiarazione esplicita che avrebbe dovuto essere, ma per Will fu sufficiente. Un’ondata di rossore gli incendiò il viso e nel suo sguardo brillarono gioia e speranza, seppur temperate da un velo d’imbarazzo. «Senti, riguardo a ieri… capisco che magari ti è parsa una spacconata, non era mia intenzione metterti a disagio davanti a tutti… però mi sono accorto che non ce la facevo a entrare in sala operatoria senza dirti niente.» Will deglutì e rafforzò la presa sulla mano di Elizabeth, la sua pelle tiepida che aderiva a quella di lei. «Sei così importante per me, Elizabeth. In un modo o nell’altro, era giusto che tu lo sapessi. È stato egoista da parte mia parlare proprio quando avevi paura per la mia vita… Ti chiedo scusa per questo, non sono riuscito a evitarlo.»

    Lei gli lisciò i capelli sulla cima della testa. «In effetti, avresti potuto vuotare il sacco da un pezzo. Non è che ti siano mancate le occasioni.»

    «Il fatto è che non volevo rischiare di rovinare la nostra amicizia. Mi ero quasi deciso nei giorni in cui i miei zii non c’erano, ma è spuntato l’invito di Jack, poi la mia diagnosi… Non mi sembrava mai il momento opportuno.»

    «Be’, siamo pari: anch’io potevo farmi avanti anziché starmene zitta» osservò Elizabeth. «Se non altro, in questi mesi hai smesso di vedere Jack come un rivale. Ti avevo detto che non mi sarei innamorata di lui; sei duro d’orecchi, purtroppo.» Diede a Will un buffetto sulla tempia.

    «Era facile saltare a conclusioni affrettate» si giustificò lui. «Sei stata ambigua quella mattina a Red Lion Square.»

    «No, siete voi maschi che interpretate tutto in chiave sessuale, anche senza volerlo. Insomma, mi credevi pronta ad andarci a letto!»

    «D’accordo, d’accordo, ho frainteso. Devo mettermi in ginocchio sui ceci per penitenza?» ironizzò Will. «O mi tocca rileggere daccapo la Storia generale dei pirati

    Elizabeth si chinò in avanti. «No. Dovrai solo cercare di guarire al più presto.» Dischiuse la bocca in un palese invito, che lui non tardò ad accogliere, attirandola in un bacio lento, morbido e carezzevole, sognato per anni. La sua mano salì a cingerle il collo, poi le sfiorò una guancia. Quando si separarono, l’emozione di ciascuno si specchiava nelle iridi dell’altro. Entrambi si concessero un minuto di silenzio, scambiandosi tocchi amorevoli sul viso e sui capelli con la punta delle dita, finché Will non si dimenò appena, il labbro inferiore che si arricciava.

    «Che c’è?» chiese Elizabeth.

    «Niente, mi brucia un po’ la ferita. Dev’essere perché l’effetto dei farmaci comincia a esaurirsi.»

    «Chiamo l’infermiera?»

    Will soppesò la proposta. «Forse è meglio» cedette alla fine.

    Elizabeth gli baciò la fronte. «Vedrai, sarà qui in un attimo.»

    Nonostante il crescente fastidio che provava, lui le sorrise. «Ti amo.» La dolcezza del suo tono la colpì dritta al cuore, fino a lasciare una traccia indelebile dentro di lei.

    ***


    Elizabeth scostò le coperte e scivolò via dal letto con la massima cautela, per non disturbare l’altro occupante. Si girò a guardarlo prima di sgattaiolare in cucina: era immerso in un sonno ristoratore e l’espressione beata lo rendeva più adorabile del solito.

    La casa delle vacanze degli Swann si era rivelata il posto ideale dove trascorrere un romantico finesettimana, malgrado l’estate fosse finita da quasi due mesi. Dapprincipio i genitori di Elizabeth si erano opposti, ma lei li aveva persuasi a cambiare idea, con la promessa di telefonare ogni mattina e ogni sera.

    «Vi chiamerò tutti i giorni, dopo che mi alzo e poco prima di andare a letto. Affare fatto?»

    Quanto ai signori Brown, si erano solo accertati che le attività impegnative fossero bandite. Una volta che Elizabeth si era proclamata d’accordo con loro, non avevano avuto nulla da ridire. Così lei era riuscita a godersi un venerdì pomeriggio e un intero sabato con Will, come se fossero due sposini in luna di miele.

    Ancora le scorrevano nella mente immagini del loro tempo insieme, con la nitidezza del miglior fotogramma. Le passeggiate in riva al lago, la gara a chi occupava il bagno per primo, gli esperimenti culinari, gli scherzi e le battute… Pareva che non fosse cambiato nulla, la complicità era quella di sempre. Eppure ogni gesto, ogni sguardo, ogni parola rivelava un’emozione nuova, potente, che si riversava nell’animo di entrambi con l’impeto di una cascata.

    Sorridendo, Elizabeth tirò fuori da un armadietto della cucina la confezione del caffè. Will era un tipo mattiniero, perciò bisognava approfittare della fortuna insperata di quella domenica: difficilmente si sarebbero create le occasioni di sorprenderlo con la colazione a letto!

    Quando la caffettiera posta sul fornello cominciò a gorgogliare, lei preparò il vassoio: su un tovagliolo di stoffa depose due toast imburrati, una manciata di biscotti di farina d’avena e quattro focaccine appena scaldate. Poi versò il caffè nelle tazze – amaro per Will, con una punta di zucchero per sé – e s’incamminò nella direzione da cui era venuta.

    Posò il vassoio sul comodino con circospezione. La stupiva che lui non si fosse svegliato, ma forse avrebbe dovuto prevederlo: anche se la sua convalescenza era finita da settimane, un buon riposo poteva solo giovargli. E poi entrambi erano reduci da una notte di fuoco…

    Elizabeth si strofinò una guancia in fiamme. Si era imposta di fare le cose per bene, nei tempi giusti, senza mettergli fretta, attenta a ridurre i movimenti bruschi e a non esercitare pressione sulla ferita rimarginata… ma era un’impresa mantenere il controllo stando nuda fra le sue braccia. Se non altro, però, non erano mancate coccole e carezze. C’era da perdere il conto di tutti i baci ricevuti da Will, specie sul petto, con lei che adorava sentire sotto le labbra il battito del suo cuore, vibrante d’amore e di vita.

    No, qualcosa era cambiato per sempre fra loro. E nessuno dei due voleva tornare indietro.

    Mentre Elizabeth si spostava proprio accanto al letto, Will si mosse, ormai in procinto di svegliarsi. Nonostante i capelli arruffati e le palpebre semichiuse, per lei era più bello di qualsiasi visione fiabesca e più prezioso di ogni tesoro pirata… Gli si accostò e finalmente i loro occhi s’incontrarono, poiché i suoi capelli gli avevano fatto il solletico per sbaglio, scacciando ogni residuo di sonno.

    «E la principessa si chinò e gli diede un bacio» sussurrò Elizabeth, sfiorandogli le labbra con le sue.

    fine



    ~ Note dell’autrice ~

    Il car sharing è un tipo di servizio che permette alle persone di noleggiare un’auto per un breve periodo di tempo, dopo aver effettuato una prenotazione, e poi di restituirla. L’auto in questione va lasciata in uno degli appositi parcheggi; su Google Maps ho visto che ce n’è uno proprio vicino ai giardini di Red Lion Square, perciò ho ipotizzato che Elizabeth, trovandosi in quella zona, avrebbe potuto usufruire di una macchina non sua.
    L’espressione “car sharing” si può ovviamente tradurre e utilizzare in italiano (il Vocabolario Treccani riporta “auto condivisa”), ma l’ho lasciata in originale per provare a conferire un tocco di “inglesità” alla storia, considerato qual è il luogo di ambientazione.

    Riguardo ai personaggi, mi auguro di averli mantenuti fedeli a sé stessi per quant’è possibile in un drastico cambio di contesto. Amo tantissimo la saga di “Pirati dei Caraibi”, ma i protagonisti sono talmente ben inseriti nell’ambientazione originale – com’è giusto che sia – che mi viene difficile immaginarli nel nostro tempo. Ho fatto un tentativo, ecco tutto.

    Penso che sarebbe bello ampliare questa storia, arricchendola di dettagli e dandovi maggiore profondità – e non escludo che lo farò, un giorno o l’altro! Per ora mi accontento di ciò che ho scritto e spero che abbiate gradito la lettura blush2

    Edited by Elizabeth Swann - 10/9/2023, 22:15
     
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    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

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    Ero curiosissima delle storie scritte finora per questa sfida, perciò ho deciso di non aspettare e le ho lette oggi! Vi lascio i miei commenti :)


    - Sarò il Tuo Appoggio, di Rue Ryuzaki
    Premetto che l’unica coppia che m’interessava in “Merlin” era quella formata da Artù e Ginevra… ma diamine, sei quasi riuscita a convincermi a tifare per Merlino e Morgana! *_*
    Li ho trovati tenerissimi – e mi sono emozionata nel vedere il nostro giovane mago, gentile e generoso come sempre, che decide addirittura di esporsi davanti a lei! Mi hai fatto desiderare che ci fosse una scena simile nella serie wub

    Poi ho sorriso quando lui è andato a trovare Morgana a tarda sera per invitarla, giustamente preoccupandosi di quello che si potrebbe pensare se qualcuno a Camelot li beccasse insieme (: Ma il passaggio più divertente è stato questo:
    CITAZIONE
    “Volevo chiedervi se... se domani mattina voleste venire a cavalcare con me. Ho pensato che poteva farvi bene allontanarvi da qui e passare un po' di tempo con un amico...”
    Morgana sussultò e le gote le si tinsero di un lieve rossore, poi un piccolo sorriso le illuminò il viso. “E Artù?”
    Merlino alzò le spalle e sorrise. “Credo che cavarsela da solo per metà giornata non può fargli altro che bene, magari può imparare a vestirsi da solo.”

    Hai inquadrato benissimo il personaggio di Merlino, di per sé buono come il pane ma con quel pizzico di ironia irriverente che ogni tanto viene fuori, specie se c’è di mezzo Artù!

    Mi è anche piaciuto molto il linguaggio che hai usato, si vede che sei a tuo agio nei contesti temporalmente lontani da quello attuale ;) C’è giusto qualche imperfezione qua è là, ma lo stile è buono e la lettura scorre. Bellissime poi le parole di Merlino sulla capacità di portare luce nei momenti più bui, proprio grazie a ciò che viene considerato un difetto, un qualcosa di sbagliato <3
    Ho sempre rimpianto il passaggio di Morgana al lato oscuro, perché a mio avviso è stato gestito male, togliendole infine la possibilità di redimersi, cosa che sarebbe stata molto più toccante e significativa del finale effettivo. Grazie per avermi dato la speranza che un modo per cambiare le cose fosse possibile! Hai scritto una fanfiction carina e dolce, che manda un bel messaggio! Complimenti ^_^


    - Il mio cuore nelle tue mani, di Nancy Cuomo
    Non mi aspettavo una tua immersione nel mondo dei Pirati, pur sapendo che ne sei appassionata, quindi sono rimasta molto sorpresa! Il presupposto della tua what if è senza dubbio intrigante: cosa sarebbe successo se Jack Sparrow avesse pugnalato il cuore di Davy Jones e fosse diventato il traghettatore dei defunti? Penso che molti fan della saga si siano posti questa domanda almeno una volta…
    Hai provato a rispondere a tuo modo – e devo dire che ho apprezzato i riferimenti alla difficoltà di trattare tutti i giorni con la realtà della morte, cosa che immagino logorerebbe lo spirito di chiunque. Credo proprio che Jack fosse stanco, dopo dieci anni (sono passati dieci anni, giusto?) di capitanato, vissuti sì da immortale, ma anche da uomo la cui libertà è stata messa a freno da un vincolo non indifferente. E noi sappiamo bene che ciò a cui Jack Sparrow tiene di più in assoluto è la sua libertà, dunque questa prova dev’essere stata dura per lui! Hai saputo trasmetterci il suo rimpianto per la scelta fatta, ma anche il suo desiderio – dopo l’incontro con Angelica – di provare a cambiare le cose.
    Perlando un attimo di Angelica, ricordavo che ti piacesse il personaggio e l’intesa con Jack, quindi capisco perché hai voluto darle un ruolo. Non me ne volere, ma trovo il dettaglio del cuore molto più adatto a una storia come quella di Will ed Elizabeth *^^* Tuttavia, ammetto che l’idea di Jack e Angelica, riunitisi, che solcano i mari in eterno non mi dispiace!

    Partendo dalla tua fanfiction si potrebbe aprire un bel discorso sul ruolo del Capitano dell’Olandese Volante, sul conseguente legame con Calipso, su quali caratteristiche dovrebbe avere chi ricopre tale ruolo… ma anche sul rapporto fra vita e morte in generale, o sul prezzo gravoso che l’immortalità, seppur desiderabile, esige. Al momento mi limito a ringraziarti per aver condiviso la tua versione alternativa di una parte della storia ^_^

    Solo una nota finale sullo stile: prima di un’eventuale pubblicazione in Biblioteca ti consiglio una revisione, poiché nel testo c’è qualche ripetizione evitabile e la punteggiatura andrebbe sistemata in alcuni passaggi.
    Grazie ancora per aver partecipato alla sfida :)
     
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    Rue Ryuzaki
    La premessa alla tua storia è splendida, sebbene per chi non la conosce bene, potrebbe essere un po' difficile orientarsi, per la rapidità in cui si susseguono gli eventi e per la descrizione rapida del cambiamento di ambientazione. Del resto le descrizioni dei momenti che trascorrono insieme, così come la descrizione della sua irriverenza pensando ad Artù, rispecchia le sue caratteristiche, così come la sua sensibilità e il suo buon cuore.
    N.B: se non sbaglio però Morgana non viene definita come "principessa" nella serie, così come non viene a conoscenza della magia di Merlin. So che si tratta di un what if, ma io lo trascriverei nella premessa (sempre che mi ricordi bene e non stia sbagliando, visto che è passato un po' dall'ultima volta che ho visto la serie ;) ).
    Ho letto molto volentieri questa storia e complimenti ancora per l'iniziativa <3
     
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    Il Mio Cuore Nelle Tue Mani di Nancy Cuomo
    Allora inizio con il suggerirti un consiglio di scrittura:
    CITAZIONE
    anche se non sapeva se la cosa fosse o meno positiva.

    Questa frase mi ha stonato un po', mi suona meglio:anche se non sapeva se la cosa fosse positiva
    Forse però intendevi dire: anche se non sapeva se la cosa fosse positiva o meno.
    Magari hai invertito le parole ;)

    Ad ogni modo visto che la storia faceva parte dei Pirati dei Caraibi mi sono concessa la libertà di non leggere la sinossi, giusto per essere colta di sorpresa e devo dire che ci sei riuscita tantissimo! Non mi aspettavo di vedere Jack capitano dell'Olandese volante! *_* Hai avuto proprio una bella idea! Ammetto che un po' mi dispiace la brevità del testo, anche se comprendo benissimo il motivo, ma sarebbe bello poter leggere anche qualche altro capito :XD: Insomma hai aperto il vaso di pandora e ora vorrei sapere di Will e Elizabeth e poi vedere come ha vissuto i primi momenti sull'olandese, magari I Diari di Bordo di Jack Sparrow! *_*
    Comunque la lettura è stata piacevole e la trama era molto interessante. L'unica cosa che alcune volte mi perdevo con i dialoghi per come li suddividi, ci sono certe volte che non capisco subito chi dice cosa, ma poi mi sono ritrovata sempre. Magari per il futuro potresti strutturarlo così:

    -Era tanto che non ti vedevo!- disse il locandiere nella taverna più lurida, confusionale e mal frequentata di tutta Tortuga.
    -Versami un altro bicchiere!- si limitò a rispondere quell'uomo, con un cappello abbassato leggermente verso il lato sinistro


    Così mi sembra più fluido e se ci sono delle battute dello stesso personaggio che continuano ti direi di metterle sullo stesso rigo tipo così:

    -Ora il mio destino è nelle tue mani: se vuoi riunire il cuore al proprietario, ti basterà seguirmi sulla nave e saremo insieme per sempre. L'alternativa è molto semplice- aggiunse poi Jack, aprendo lo scrigno che Angelica stringeva fra le sue mani. -Pugnala il cuore se vuoi vivere in eterno e se questo ti farà sentire libera-.

    Già che ci sono rispondo al tuo commento alla mia storia. Ammetto che avevo un po' il timore che risultasse un po' rapida, però non ho voluto dilungarmi troppo nelle descrizioni per dare più spazio ai dialoghi e ai fatti introspettivi e quindi i problemi di Morgana con la Magia che sono gli stessi di Merlino. E sì, Morgana non viene chiamata principessa, se non erro, forse solo rarissime volte :=/: , e Morgana non viene mai a sapere che Merlino è un mago se non alla fine e il What If che ho voluto introdurre si basa proprio su questo: "E se Morgana avesse scoperto prima di Merlino? E se Merlino le avesse detto di essere un mago?" Magari lo trascrivo nella premessa ;)
    E sono contenta che ti sia goduta la lettura!


    Ciò che il cuore ha celato per anni di Elizabeth Swann

    Io non so davvero cosa dire :XD: è bellissima! Mi hai colto di sorpresa ed è stata una lettura così piacevole che non vedevo l'ora di finirla solo per saziare la curiosità, ma allo stesso tempo avevo voglia che non finisse mai!
    La cosa che ho apprezzato di più di tutte è proprio il fatto che sei riuscita a scrivere qualcosa completamente diverso dal tuo solito! I personaggi sono fedelissimi e come li hai contestualizzati all'interno della storia è stato davvero impeccabile! E ti giuro che ho adorato tantissimo il fatto che tu li abbia fatti uscire fuori dal loro contesto, ti sia messa alla prova andando oltre il tuo "codice sulle fan fiction" (se capisci cosa intendo), insomma hai sperimentato, sei stata fedele ai personaggi ma hai completamente stravolto il tutto ed è stato bellissimo! Avrei più voglia di storie così, perché è stata davvero una lettura bellissima! Sono passata dalla curiosità, al divertimento (nel vederli litigare quando Lizzy doveva uscire con Jack), all'ansia per Will e ancora al divertimento con Jack (davvero impeccabile!) e alla dolcezza di Will quando le rivela i suoi sentimenti. Ovviamente la parte più bella di tutte (anche se è tutta bella, ma c'è stato un punto che mi ha spezzato dal ridere):

    CITAZIONE
    «Di te e William! Com’è che in tutto questo tempo non vi siete mai chiariti? Doveva capitare una disgrazia perché lui cacciasse fuori gli attributi?»

    Elizabeth sbatté le palpebre. «Tu sapevi che Will…? Te… te l’ha detto lui?»

    Jack emise un sonoro sbuffo. «Lizzy, sei meno intelligente di quanto pensassi. Non è stato necessario, l’ho capito dal giorno in cui vi ho visti insieme per la prima volta. Il modo in cui vi guardate basta e avanza. La domanda è: siete talmente stupidi da non esservene accorti? Parrebbe proprio di sì.»

    Jack ti è venuto divinamente! (Anche Elizabeth e Will, ma con loro andavo sul sicuro visto che ormai li conosci così bene!) e mi è piaciuto vedere che lo hai introdotto, nelle storie che ho letto finora sui due Jack è solo accennato e quindi è giusto che ti dica che sei stata bravissima!

    Non so che altro dire! Ah, ovviamente sei stata sdolcinata :XD: e fa un po' strano visto che non sei particolarmente romantica, però non mi ha disturbato per niente, non è così eccessivo! Anche perché la storia in sé è diluita bene, poi con Jack e Ana è ben dosata. Mi piace anche che hai introdotto pure i Fratelli Grimm :woot: Insomma i miei complimenti!!!

    Credo di chiudere qui se no mi ripeto con il dire le stesse cose :XD:

    Già che ci sono rispondo al tuo commento alla mia storia:

    CITAZIONE
    Premetto che l’unica coppia che m’interessava in “Merlin” era quella formata da Artù e Ginevra… ma diamine, sei quasi riuscita a convincermi a tifare per Merlino e Morgana! *_*

    Wow! sono molto lusingata di essere riuscita a fare qualcosa del genere!!! Confesso che Merlino e Morgana erano una delle mie coppie preferite, ma ovviamente non è andata :XD:

    CITAZIONE
    Li ho trovati tenerissimi – e mi sono emozionata nel vedere il nostro giovane mago, gentile e generoso come sempre, che decide addirittura di esporsi davanti a lei! Mi hai fatto desiderare che ci fosse una scena simile nella serie wub

    E mi ha fatto piacere di essere riuscita a farti desiderare una cosa del genere! 3_3 confesso che pensavo di non essere riuscita a rendere bene la cosa perché magari sono stata un po' troppo frettolosa, però se ti ha fatto questo effetto... beh, io contentaaa :woot:

    CITAZIONE
    Hai inquadrato benissimo il personaggio di Merlino, di per sé buono come il pane ma con quel pizzico di ironia irriverente che ogni tanto viene fuori, specie se c’è di mezzo Artù!

    :XD: Per la battuta di Merlino su Artù, beh... avere in mente Colin Morgan con la voce di Davide è stato d'aiuto! Mi sono ricordata del loro rapporto ed è venuta spontanea!

    CITAZIONE
    Mi è anche piaciuto molto il linguaggio che hai usato, si vede che sei a tuo agio nei contesti temporalmente lontani da quello attuale ;)

    :] :wub: Grazie!!! In effetti quando mi immergo in contesti medievali e\o antichi mi sento parecchio a mio agio, dovrei cimentarmi nel genere :XD:

    CITAZIONE
    Ho sempre rimpianto il passaggio di Morgana al lato oscuro, perché a mio avviso è stato gestito male, togliendole infine la possibilità di redimersi, cosa che sarebbe stata molto più toccante e significativa del finale effettivo. Grazie per avermi dato la speranza che un modo per cambiare le cose fosse possibile! Hai scritto una fanfiction carina e dolce, che manda un bel messaggio! Complimenti ^_^

    Anche io ho sempre rimpianto il passaggio di Morgana al lato oscuro, è stato gestito malissimo! Nella saga classica Morgana era già poco amichevole da piccola, quindi quando ho visto che nella serie era un personaggio positivo ho subito sperato che il suo lato oscuro non avvenisse o comunque che poi si sarebbe redenta sul finire... Nella mia testa speravo che l'affetto di Merlino potesse scaldarle il cuore... e invece >.< Però sono contenta che almeno con la mia fan fiction sono riuscita a darti un po' di speranza e averti mostrato quel qualcosa che in qualche modo volevamo entrambe. E sono anche contenta che ti sia piaciuto il messaggio che volevo dare <3

    -----

    Leah‚ sono contenta che sei riuscita a goderti la lettura lo stesso, nonostante non conoscessi il fandom.

    CITAZIONE
    mi è piaciuto molto il personaggio di Merlino, la serie tv l'ho vista solo per qualche puntata, ma me lo sono proprio riuscita a immaginare, era molto azzeccato!

    :woot: Che bello che sono riuscita a farti vedere Merlino! Di solito tendo a stravolgere un pochetto i personaggi, quindi il tuo commento mi fa molto piacere.

    CITAZIONE
    Mi è piaciuta moltissimo anche la chiusura, lo scambio di battute finali è molto tenero e molto evocativo. Non so se nel telefilm ci sia stato del tenero tra i due, ma ammetto che questa fanfiction me li fa vedere benissimo insieme!

    Sono contenta che ti sia piaciuto anche il finale, purtroppo nella serie tv non c'è del tenero... però i due erano amici prima che lei diventasse cattiva! Quindi io ho voluto cambiare questo piccolo\grande dettaglio e fare in modo che l'amicizia\affetto dei due potesse aiutare Morgana a non passare al lato oscuro!
     
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    Ho letto la tua storia, spinta dalla curiosità di questo cambiamento dell'ambientazione e dal tuo stile (come sempre splendido).... tuttavia a dover essere sincera, questa storia mi è sembrata veramente troppo fuori le corde dell'originale: capisco che in tema "What if..." hai voluto cambiare molte cose, ma leggere i nomi di quei personaggi anche secondari, messi così nella storia, mi ha fatto troppo contrasto. La storia è anche bella, ma non riesco a goderla, avendo in mente i personaggi originali, quindi ti consiglierei di fare una premessa leggermente diversa: "What if/ E se i nostri protagonisti avessero avuto dei pronipoti (con i giusti calcoli generazionali ^U^ ) a cui era stata raccontata la loro discendenza, come sarebbero cresciuti? In questo modo potevi introdurre il personaggio di Elizabeth, spiegando che aveva preso il suo carattere (sebbene, come si mostra in seguito, non completamente, in quanto misto a una certa "arrendevolezza" ereditata da Will)..... il giovane Will era un figlio che Will aveva avuto con qualche altra persona (o forse, perché no, con la stessa Calypso, per cui era nato con il cuore in quello stato per quella ragione) e Jack, be', sai quanto adori la storia che si sarebbe potuta creare fra Jack e Angelica, quindi perché non premiarli con un figlio?
    Parlando della storia in sé mi piace, adoro la sua preoccupazione per Will e la sua testardaggine nel voler restare in ospedale, nonostante la contrarietà dei suoi genitori, così come le scene fra loro due. Molto bella anche la citazione che hai fatto sulle favole e fiabe e il confronto fatto fra gli autori, introducendolo molto bene nel contesto, lasciando che siano proprio i due protagonisti a mettere in risalto questo aspetto. Ti consiglio comunque una veloce rilettura per aggiustare qualche piccola svista. <3
     
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    Penna d'argento

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    Rue Ryuzaki
    Volevo dirti che ho capito le tue intenzioni di concentrarti sui sentimenti dei protagonisti ed è una cosa comprensibile, volendo abbreviare il racconto (cosa che un po' ho dovuto fare anche io *^^* ). Magari ci sarà qualche altra occasioni in cui vorrai raccontare qualche altro momento di questa coppia (in cui in qualche puntata ho un po' creduto anch'io, sebbene si sappia a cosa sono destinati)
     
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    Sono riuscita a leggere solo le prime due storie, perciò intanto mi fa piacere lasciare un parere su queste.


    Rue Ryuzaki Sarò il Tuo Appoggio
    Premetto che conosco solo a livello scolastico i personaggi che hai scelto per il tuo racconto, mentre la serie cui ti sei ispirata non l’ho mai vista (ne ho però sentito parlare molto e chissà che prima o poi non riesca a recuperarla).
    La sinossi mi ha aiutato ad entrare un po’ nelle vicende, però, sono sincera, non sono sicura di essere riuscita a capire bene quale sia il what if: il fatto che Merlin decida di tornare sui suoi passi e aiutare l’esiliata Morgana? Non conoscendo a fondo le vicende, dai soli riferimenti che hai inserito, ho avvertito poco il peso di questa scelta e quale cambiamento radicale possa comportare nella storia.
    Nonostante questo, ho apprezzato la lettura che è stata scorrevole e il tenero rapporto di amicizia (o forse qualcosa di più?) tra i due protagonisti, gravati dal possedere potenti poteri, mi ha trasmesso un senso di dolcezza, malinconia ma anche speranza, quella che si ha quando ci si trova di fronte ad un cammino ancora sconosciuto ma si può contare su un compagno di viaggio che lo renderà meno difficile. ^_^

    Nancy Cuomo Il mio cuore nelle tue mani
    Come prima cosa, devo dirti che dopo Will ed Elizabeth, Jack ed Angelica sono la mia coppia preferita di Pirati dei Caraibi (ho anche scritto più volte su di loro) e mi sono rammaricata in questi anni di non trovare abbastanza storie incentrate su di loro, tanto quanto che il personaggio della bella spagnola sia rimasto in una sorta di limbo e non abbiamo più saputo nulla di lei (colpa degli sceneggiatori del quinto film =_= ).
    Ad ogni modo, tornando alla tua storia, la questione del chi avrebbe potuto pugnalare il cuore di Davy Jones sicuramente è uno dei what if più chiacchierati e discussi nel fandom. Jack Sparrow avrebbe potuto farlo, è vero, più volte dichiara che il suo sogno è l’immortalità, ma in fin dei conti non è un tipo ligio al dovere, è molto vizioso, ama troppo la sua libertà per doversi astenere dal fare ciò che desidera, quando lo desidera (compreso tornare a Tortuga!) e diventare Capitano dell’Olandese a conti fatti comporta più oneri che onori. Insomma è pur sempre una maledizione. X)
    Comunque sia, mi è piaciuto vederlo una volta tanto in una veste meno sbruffona, gravato dalla responsabilità del suo ruolo e da tutto ciò che comporta l’essere a contatto tutti i giorni con il lutto, la disperazione e il dolore. Un po’ meno mi ha convinto il suo slancio apertamente romantico nei confronti di Angelica: come ti ho detto prima, loro mi piacciono come coppia, più che altro perché trovo divertenti i loro battibecchi, l’essere l’una lo specchio dell’altro e cercare continuamente di circuirsi e di averla vinta. Però trovo la loro relazione sin troppo problematica e irrisolta per poter credere che, rivedendosi dopo tanti anni, vogliano trascorrere l’eternità insieme uno accanto all’altra. Secondo me per entrambi sarebbe una tortura infernale! :XD:
    Come altre lettrici inoltre, pur avendo capito che la tua volontà era soffermarti sul duo protagonista, aggiungo che in certi passaggi ho avvertito un po’ di fretta nel narrare di tanti eventi e personaggi, da Anamaria a Barbanera, che, pur avendo una certa importanza nello sviluppo della storia, finiscono per essere solo citati.
    Anche dal punto di vista formale c’è qualche piccola svista da correggere per rendere la lettura più scorrevole.
    Se avrai tempo e volontà di approfondirla, sarò la prima a leggere ;)

    Edited by Fanny Solomon - 15/9/2023, 15:47
     
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    Fanny Solomon
    Ti ringrazio per aver trovato il tempo di leggere la mia storia e sono felice che anche tu sia una sostenitrice di questa coppia.
    L'idea che sta alla base della loro relazione "eterna" è piuttosto semplice: Jack è depresso e vuole un nuovo stimolo. In questo caso si è trattato di Angelica, perché in fondo aveva con lei una relazione non ben definita ed era stata l'unica donna che lo aveva spronato e che gli avesse saputo tener testa, a parte Elizabeth (sebbene mancasse qualcosa nella loro possibile relazione). Inoltre con Angelica può sentirsi per certi versi molto più affine: le loro madri non sono presenti nella loro vita e i rispettivi padri sono dei pirati temuti (ognuno a proprio modo); inoltre Angelica aveva risvegliato in lui un certo desiderio (come si vede nel 4° film in più di un'occasione, tanto che si getta da quel dirupo per lei; si ferma con la "roulette russa" intrapresa con barbanera e probabilmente avrebbe anche esitato a lasciarla su quell'isola. Al di là di tutto questo però, c'è anche la spinta che viene dall'osservare tutta quella desolazione intorno e questo contrasto mette ancora più in risalto quanto sono fortunati nell'avere ciò che hanno. Invita un po' tutti a riflettere che osservare una simile situazione, ci fa apprezzare quello che abbiamo.
     
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    da qualche parte al fianco di Will Turner ❤

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    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    Ciò che il cuore ha celato per anni di Elizabeth Swann

    Io non so davvero cosa dire :XD: è bellissima! Mi hai colto di sorpresa ed è stata una lettura così piacevole che non vedevo l'ora di finirla solo per saziare la curiosità, ma allo stesso tempo avevo voglia che non finisse mai!
    La cosa che ho apprezzato di più di tutte è proprio il fatto che sei riuscita a scrivere qualcosa completamente diverso dal tuo solito! I personaggi sono fedelissimi e come li hai contestualizzati all'interno della storia è stato davvero impeccabile! E ti giuro che ho adorato tantissimo il fatto che tu li abbia fatti uscire fuori dal loro contesto, ti sia messa alla prova andando oltre il tuo "codice sulle fan fiction" (se capisci cosa intendo), insomma hai sperimentato, sei stata fedele ai personaggi ma hai completamente stravolto il tutto ed è stato bellissimo! Avrei più voglia di storie così, perché è stata davvero una lettura bellissima!

    Rue Ryuzaki che meravigliose parole… Grazie cupidarrow
    Ho fatto del mio meglio per mantenere i personaggi fedeli a sé stessi, nonostante tutti i cambiamenti. Non so fino a che punto ci sono riuscita, ma l’intenzione c’era tutta! Sono così felice che ti siano parsi ben rappresentati e caratterizzati :cry: <3

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    Sono passata dalla curiosità, al divertimento (nel vederli litigare quando Lizzy doveva uscire con Jack), all'ansia per Will e ancora al divertimento con Jack (davvero impeccabile!) e alla dolcezza di Will quando le rivela i suoi sentimenti.

    Grazie ancora di cuore :]
    Quindi ti sei divertita a vederli litigare? Cattiva ;P (Ovviamente scherzo… Sorridevo anch’io quando ho scritto quella scena!)

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    […] Jack ti è venuto divinamente! (Anche Elizabeth e Will, ma con loro andavo sul sicuro visto che ormai li conosci così bene!) e mi è piaciuto vedere che lo hai introdotto, nelle storie che ho letto finora sui due Jack è solo accennato e quindi è giusto che ti dica che sei stata bravissima!

    La finisco di ringraziarti perché altrimenti divento ripetitiva… ma in realtà vorrei farlo ancora :lol: <3
    Jack credo sia un personaggio difficile da rappresentare, eppure volevo a tutti i costi dargli un ruolo (anche perché, nonostante tutto, nella saga originale ha contribuito a far avvicinare i nostri piccioncini!). Ho pensato che un’entrata all’ultimo minuto in ospedale gli si adattasse – e devo dire che da lì in poi è venuto tutto molto naturale!

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    Non so che altro dire! Ah, ovviamente sei stata sdolcinata :XD:

    Vi avevo avvertiti tutti! La storia mi è uscita così, purtroppo :XD:

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    e fa un po' strano visto che non sei particolarmente romantica, però non mi ha disturbato per niente, non è così eccessivo!

    Meno male! Sai che le cose proprio tanto mielose non fanno per me; un po’ di romanticismo ci sta, ma – come dico sempre – bisogna vedere qual è il contesto! In questo caso penso che i toni sentimentali siano giustificati, in fondo c’è di mezzo un problema al cuore e un’operazione…

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    la storia in sé è diluita bene, poi con Jack e Ana è ben dosata. Mi piace anche che hai introdotto pure i Fratelli Grimm :woot: Insomma i miei complimenti!!!

    È inutile, devo sempre ficcare da qualche parte il mio amore per le fiabe X)
    Sì, Jack e Anamaria servono a rallegrare l’atmosfera con la loro ironia e schiettezza! In questo modo la narrazione risulta più equilibrata, o almeno spero.


    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    Già che ci sono rispondo al tuo commento alla mia storia:

    CITAZIONE
    Premetto che l’unica coppia che m’interessava in “Merlin” era quella formata da Artù e Ginevra… ma diamine, sei quasi riuscita a convincermi a tifare per Merlino e Morgana! *_*

    Wow! sono molto lusingata di essere riuscita a fare qualcosa del genere!!! Confesso che Merlino e Morgana erano una delle mie coppie preferite, ma ovviamente non è andata :XD:

    Tra i due c’era una sorta di affinità (anche se non di tipo romantico), questo non si può negare. Peccato davvero per come sono andate le cose!

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    confesso che pensavo di non essere riuscita a rendere bene la cosa perché magari sono stata un po' troppo frettolosa, però se ti ha fatto questo effetto... beh, io contentaaa :woot:

    Di sicuro un approfondimento non avrebbe guastato, anzi ;) Però, per essere un racconto così breve, sei riuscita a renderlo comunque significativo. L’unico neo potrebbe essere l’eventuale difficoltà dei lettori che non conoscono l’opera originale (ho visto che Fanny e Leah hanno faticato un po’ a immergersi nella storia), ma credo che a quello si possa rimediare, magari aggiungendo qualche specificazione nella sinossi.

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    CITAZIONE
    Hai inquadrato benissimo il personaggio di Merlino, di per sé buono come il pane ma con quel pizzico di ironia irriverente che ogni tanto viene fuori, specie se c’è di mezzo Artù!

    :XD: Per la battuta di Merlino su Artù, beh... avere in mente Colin Morgan con la voce di Davide è stato d'aiuto! Mi sono ricordata del loro rapporto ed è venuta spontanea!

    Sì, posso immaginare! Sappiamo entrambe quant’è meraviglioso Davide su Colin Morgan nei panni di Merlino wub

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    CITAZIONE
    Mi è anche piaciuto molto il linguaggio che hai usato, si vede che sei a tuo agio nei contesti temporalmente lontani da quello attuale ;)

    :] :wub: Grazie!!! In effetti quando mi immergo in contesti medievali e\o antichi mi sento parecchio a mio agio, dovrei cimentarmi nel genere :XD:

    :b: :b:

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 8/9/2023, 09:22) 
    Anche io ho sempre rimpianto il passaggio di Morgana al lato oscuro, è stato gestito malissimo! Nella saga classica Morgana era già poco amichevole da piccola, quindi quando ho visto che nella serie era un personaggio positivo ho subito sperato che il suo lato oscuro non avvenisse o comunque che poi si sarebbe redenta sul finire... Nella mia testa speravo che l'affetto di Merlino potesse scaldarle il cuore... e invece >.< Però sono contenta che almeno con la mia fan fiction sono riuscita a darti un po' di speranza e averti mostrato quel qualcosa che in qualche modo volevamo entrambe. E sono anche contenta che ti sia piaciuto il messaggio che volevo dare <3

    Meno male che esistono le fanfiction, in casi come questo sono una vera consolazione! Ameno possiamo provare a vedere le cose in modo diverso :rolleyes:


    CITAZIONE (Nancy Cuomo @ 10/9/2023, 00:40) 
    Ho letto la tua storia, spinta dalla curiosità di questo cambiamento dell'ambientazione e dal tuo stile (come sempre splendido).... tuttavia a dover essere sincera, questa storia mi è sembrata veramente troppo fuori le corde dell'originale: capisco che in tema "What if..." hai voluto cambiare molte cose, ma leggere i nomi di quei personaggi anche secondari, messi così nella storia, mi ha fatto troppo contrasto. La storia è anche bella, ma non riesco a goderla, avendo in mente i personaggi originali

    Nancy Cuomo ho fatto una scelta azzardata e sospettavo che potesse risultare un po’ indigesta. Inizialmente volevo scrivere una what if su “Carnival Row” (ormai lo sanno pure le pietre che ho odiato il finale ^U^ ), ma poi ho pensato che sarebbe stato troppo complicato: si tratta di una serie di nicchia, seppur conosciuta da qualche utente del forum, e non volevo mettere in difficoltà eventuali lettori che non hanno familiarità con i personaggi e la trama… Avrei modificato un piccolo particolare, ma ciò avrebbe avuto ripercussioni su diverse scene della seconda stagione; star lì a far precisazioni su precisazioni avrebbe trasformato la fanfiction (e probabilmente anche la sinossi) in un lungo “spiegone”, rischiando così di togliere gusto alla lettura :|
    Trovo che rendere una what if alla portata di tutti sia un’impresa: o si va a cambiare un aspetto di una certa importanza (l’esempio fatto da Rue e Leah su Harry Potter è calzante in questo senso, poiché lo sanno anche i non-fan della saga che lui è un mago, quindi immagino che non ci sarebbero grandi problemi con una what if di quel tipo), oppure ci si trova in serie difficoltà. Infatti, se si cambia una minuzia, o comunque un elemento minore della trama, non è facile comunicare al lettore ignaro cosa si è modificato, perché e quale influenza ha avuto tale modifica…

    Ad esempio, la fanfiction con cui ho partecipato al contest di primavera è una what if, ma non mostra direttamente cosa ho cambiato nella trama originale: lascia intendere ai fan della serie che non tutto è andato come mostrato dalla seconda stagione, ma essendo un salto temporale si colloca oltre quegli avvenimenti. Non so se il concetto è chiaro…
    Nel frattempo, un non-fan della serie può godersi comunque la lettura (credo *^^* ), perché non ha bisogno di conoscere gli eventi (né la versione originale di essi, né la versione what if dell’autrice) per capire cosa fanno e dicono i personaggi all’interno della fanfiction.

    Insomma, ho lasciato perdere “Carnival Row” perché non volevo rischiare d’infilarmi in un ginepraio X) E visto che Leah e Rue hanno menzionato Will ed Elizabeth nei loro esempi di what if, allora mi sono detta: “Ma sì, mi butto sui Pirati!” Avrei potuto invertire i ruoli come hanno suggerito loro (rendendo Will ricco ed Elizabeth povera), ma non mi reputo capace di farlo, quindi ho optato per il cambiamento di contesto, dato che è stato messo in chiaro che era possibile attuarlo. Se, volendo, si poteva ambientare “Il Signore degli Anelli” in un universo moderno, perché non i Pirati? blush2

    CITAZIONE (Nancy Cuomo @ 10/9/2023, 00:40) 
    ti consiglierei di fare una premessa leggermente diversa: "What if/ E se i nostri protagonisti avessero avuto dei pronipoti (con i giusti calcoli generazionali ^U^ ) a cui era stata raccontata la loro discendenza, come sarebbero cresciuti? In questo modo potevi introdurre il personaggio di Elizabeth, spiegando che aveva preso il suo carattere (sebbene, come si mostra in seguito, non completamente, in quanto misto a una certa "arrendevolezza" ereditata da Will)..... il giovane Will era un figlio che Will aveva avuto con qualche altra persona (o forse, perché no, con la stessa Calypso, per cui era nato con il cuore in quello stato per quella ragione) e Jack, be', sai quanto adori la storia che si sarebbe potuta creare fra Jack e Angelica, quindi perché non premiarli con un figlio?

    Il tipo di storia che suggerisci, a mio parere, sarebbe incentrato perlopiù sul tema dell’eredità, quindi sul rapporto fra i discendenti e i loro antenati. E poi… Will che ha un figlio con un’altra? Onestamente mi sembra poco coerente col carattere del personaggio…
    Io ho cercato di rispondere alla domanda cosa succederebbe se i nostri eroi vivessero nel nostro tempo? Pian piano mi sono creata la risposta (Will ed Elizabeth sarebbero migliori amici e innamorati non dichiarati; Jack sarebbe il tizio imprevedibile che entra nelle loro vite e, anche se non nel più classico dei modi, li aiuta a mettersi insieme; ecc.) ed è venuta fuori questa fanfic. Ripeto, è stato un azzardo e capisco che possa non piacere ^_^ Ho cercato comunque di seguire l’opera originale, per quanto mi era possibile. Elizabeth è figlia di gente ricca/benestante, Will ha un negozio di cui occuparsi, Jack si dimostra amico di entrambi seppure in maniera un po’ ambigua…
    Anche la scelta di Norrington come dottore è stata ponderata. Intanto non ce lo vedo male in quel ruolo, visto che laurearsi in medicina richiede dedizione e disciplina, caratteristiche che a lui non mancano :) Poi, insomma, quella di medico è una carriera che ancora oggi mantiene un certo prestigio nella società, no? Aggiungiamoci che Norrington, nel primo film, fa effettivamente qualcosa che “salva” Will, nel senso che accetta di farsi da parte in suo favore e libera Elizabeth dall’impegno del fidanzamento… Non è roba da poco per quei tempi!

    Gli unici ruoli che mi sembrano completamente “staccati” dagli originali sono quello del signor Brown e quello di Anamaria. Brown boh, ammetto che non riesco a vederlo come una figura negativa, in fondo mi è simpatico X) perciò ho deciso di assegnargli la parte di zio di Will, ma non è che compaia molto nella mia storia. Anamaria… Diciamo che mi serviva un’amica con cui Elizabeth potesse confidarsi e non mi è venuto in mente nessun altro personaggio femminile. Considera che la conversazione fra le due ha una sua importanza nella storia, poiché tramite essa veniamo a sapere come si è conclusa la faccenda dell’invito a cena di Jack (altrimenti risulterebbe inspiegabile il modo in cui Will scherza con lui prima di entrare in sala operatoria!).

    CITAZIONE (Nancy Cuomo @ 10/9/2023, 00:40) 
    Parlando della storia in sé mi piace, adoro la sua preoccupazione per Will e la sua testardaggine nel voler restare in ospedale, nonostante la contrarietà dei suoi genitori, così come le scene fra loro due. Molto bella anche la citazione che hai fatto sulle favole e fiabe e il confronto fatto fra gli autori, introducendolo molto bene nel contesto, lasciando che siano proprio i due protagonisti a mettere in risalto questo aspetto. Ti consiglio comunque una veloce rilettura per aggiustare qualche piccola svista. <3

    È venuta fuori una fanfiction romantica, che vuoi farci? Quando ci sono Will ed Elizabeth di mezzo… :D
    Sono contenta che tu abbia apprezzato almeno alcuni aspetti della storia :) Il riferimento alle fiabe può essere visto come una frecciatina alla Disney odierna che – stupidamente, a mio avviso – demonizza i baci dei principi azzurri, però si collega anche all’“inversione di ruoli” che, a un certo punto della saga originale, avviene effettivamente fra Will ed Elizabeth (il primo film comincia con lui che va a salvare lei, ma in un secondo momento ha bisogno di essere salvato… un po’ come se la nostra Lizzy fosse diventata il principe/eroe di turno!).

    Per quanto riguarda le sviste, correggo volentieri se mi dici dove le hai trovate. Ho riletto la storia e ho sistemato questa
    CITAZIONE
    Allarmata, gli mise una mano sulla sua spalla.

    togliendo l’aggettivo possessivo ridondante… poi ho cambiato un soggetto, mettendolo al plurale anziché al singolare, giusto perché uno dei passaggi finali della storia non desse adito a fraintendimenti (anche se penso si intuisse che era “Will” il soggetto di “era reduce” ).
    CITAZIONE
    La stupiva che lui non si fosse svegliato, ma forse avrebbe dovuto prevederlo: anche se la sua convalescenza era finita da settimane, un buon riposo poteva solo giovargli. E poi era reduce da una notte di fuoco…

    [Versione modificata: La stupiva che lui non si fosse svegliato, ma forse avrebbe dovuto prevederlo: anche se la sua convalescenza era finita da settimane, un buon riposo poteva solo giovargli. E poi entrambi erano reduci da una notte di fuoco…]

    Poi c’è questa frase qui, dove forse è più indicato “trasse”, ma non credo che “tirò” sia scorretto, quindi al momento l’ho lasciato lì dov’è:
    CITAZIONE
    Elizabeth tirò un gran respiro, il sollievo che la inondava fino al midollo e scioglieva i nodi dell’ansia nel suo petto.

    Non ho trovato nient’altro su cui intervenire. Se hai segnalazioni da fare, dimmi pure! :)
     
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    Eccomi qui. :)
    Da un bel po' di tempo mi frullava per la mia mente creativa di creare una raccolta di racconti What If...? incentrati sulle storie Disney, in particolare su quelle più conosciute, viste e lette da tutti!
    Volevo proporla anche qui, proprio quest'estate, ma ho aspettato fino adesso, cogliendo questa Sfida di Scrittura come un ipotetico inizio, anche per vedere se l'idea poteva piacere, dato che l'impostazione in realtà si avvicina di più alla omonima serie Marvel.
    Spero che questa prima Fan-Fiction sarà di vostro gradimento!
    Fra qualche giorno la troverete già pubblicata completa nella sezione "Fan-Fiction" dove con il tempo inserirò altri racconti What If...?

    Buona Lettura. :)

    Opera di Riferimento: La bella addormentata nel bosco/Maleficent
    Categoria: bollino giallo
    Genere: Fantasy
    Note aggiuntive: What If...?
    Dichiarazione di non responsabilità: I personaggi di Aurora, Malefica, Re Stefano e altri di minori sono di proprietà della Disney, solo Nereide è un personaggio di mia invenzione.


    Sinossi: be' non penso serva! :P




    E SE...AURORA NON FOSSE SOLO UNA PRINCIPESSA?



    La principessa Aurora, nel suo abito tinta peonia, correva a perdifiato tra gli stretti corridoi del castello, illuminati solo da alcune candele appese a dei tripodi ai lati del muro. Aveva combinato l’ennesimo malanno e stava fuggendo via per non essere beccata e punita ancora una volta.
    A un tratto sentì qualcuno.
    Si arrestò davanti a una porta socchiusa. Aveva il fiato corto e il cuore le tamburellava forte nel petto. Avvertì un rumore di passi, seguito da un fruscio metallico farsi sempre più vicino.
    Sgranò gli occhi quando scorse un’ombra scura incombere su di lei: le guardie la stavano per acciuffare. Pervasa dall’agitazione e dalla paura entrò nella stanza; dentro regnava il silenzio delle tenebre. Si fece avanti e si portò verso il centro, dove andò a sbattere contro un arcolaio. Non aveva mai visto uno prima d’ora. Venne stregata dal lucente e argenteo fuso: in lei crebbe uno strano desiderio di toccarlo. Fece un altro passo in avanti, come ipnotizzata, alzò un braccio e si punse l’indice con il fuso. Il dolore la fece rinvenire dallo stordimento. Il dito prese a bruciarle e a irradiare un insolito calore attorno alla sua mano, macchiata da un rivolo di sangue. Scioccata, indietreggiò da quell’oggetto maligno. La sua testa iniziò a volteggiare e a pulsare, venne rapita da un senso di vertigine.
    Dall’oscurità comparì un’anziana donna ingobbita che si trasformò in una creatura dall’aurea smeraldina. La fanciulla sgranò gli occhi spaventata e sussultò terrorizzata.
    L’emblematica figura emise un ghigno malefico e scomparì nel buio.
    Nel suo abito, color dell'inchiostro, volò fra le alte montagne, dalle vette rocciose, alte e frastagliate e si addentrò nel bosco incantato.
    Giunse alla sua casetta in legno d’ebano, dal tetto cenerino e spiovente.
    Entrò e andò ad adagiare su un soffice e comodo letto la dolce Aurora. L’ammonì con l’indice, zittendola all’istante, per poi lasciarla sola.
    Uscì all’aria aperta, portando con sé un cestino di paglia intrecciato.
    Si fermò sull’uscio, quando la vide accucciata davanti al laghetto dalle acque lucenti. Trasse un respiro di sollievo, abbozzando mezzo sorriso.
    Infine si dileguò verso il sentiero che conduceva dentro il bosco.

    La mattina seguente il sole splendeva alto nell’infinito cielo azzurro. I passeri cinguettavano e volavano qua e là, posandosi di ramo in ramo.
    Era davanti al corpo della principessa. La osservava seria e impassibile: era diventata una bellezza meravigliosa.
    Un semplice schiocco di dita la risvegliò dal sonno.
    Aurora riaprì lentamente le palpebre.
    Sobbalzò spaventata quando si ritrovò di fronte la sconosciuta creatura.
    «Chi sei?» Nel suo grazioso viso si dipinse un’espressione terrorizzata.
    «Sono la Fata Delle Montagne. Mi chiamo Malefica.» Le rispose con tono pacato, avvicinandosi a lei.
    «Dove sono?» Domandò confusa.
    «Sei nella mia umile dimora.»
    Aurora si mise a sedere, appoggiando la schiena contro il soffice cuscino. Fissava con timore e insistenza la figura davanti a sé. Era troppo brutta per essere una fata, assomigliava più a una strega cattiva, come quelle che leggeva spesso nelle fiabe. Indossava un lungo abito nero che le lasciava scoperte solo le mani scheletriche dalle dita affusolate e dalle unghie vermiglie e appuntite. Il suo volto diafano, dai lineamenti allungati, aveva due zigomi prominenti e le guance scavate. Gli occhi ambrati parevano mistici quanto penetranti, mentre le labbra sottili, color porpora, erano incurvate in un ghigno perfido e malizioso. Dalla sua testa fuoriuscivano due strane protuberanze simili a grosse corna intarsiate. In mano teneva, stretto, uno scettro che risplendeva di luce verde; sopra di esso giaceva, dormiente, un corvo dal folto e lucido piumaggio.
    «Perché sono qui?» Chiese con voce rotta dalla paura.
    «Ti ho rapita.» Le rivolse un’occhiata superba e altezzosa. In quello sguardo vide la sua spettrale malignità.
    «Perché?» Domandò scioccata.
    «Lo scoprirai molto presto…» Malefica si avvolse nel suo lungo mantello e si dileguò, chiudendo la porta alle sue spalle.
    La principessa rimase lì, inerme, con la faccia sbigottita…

    Nel pomeriggio, in preda alla noia, si levò dal letto e andò ad affacciarsi alla finestra.
    Intravide una giovane figura rivolta di spalle che stava litigando con la fata.
    Cercò, invano, di trattenerla per un braccio, ma lei presa da un’incontrollabile e inspiegabile furia fuggì via verso la boscaglia. Aurora vide Malefica scuotere e chinare il capo verso il basso, mentre ritornava dentro alla casetta, nel suo volto scorse un’espressione sconfitta e affranta.
    Curiosa andò a spiarla dal buco della serratura.
    Era seduta di fronte a lei, con le mani giunte che le nascondevano il viso.
    Aurora voleva uscire e conoscerla meglio, ma il suo cuore fremeva ancora di timore, così si allontanò dalla porta…

    Arrivò la sera. Il cielo si velò di sfumature aranciate, che rendevano l’atmosfera, dentro alla stanza, calda e dorata.
    Malefica entrò.
    Aurora, distesa a letto, trasalì spaventata.
    «È pronta la cena. Se vuoi accomodarti c’è posto anche per te.»
    La principessa acconsentì con un cenno del capo.
    Uscì dalla camera e appena fece un passo fuori i suoi occhi caddero sulla giovane sconosciuta che sedeva scomposta a capotavola.
    «Siediti pure dove vuoi.» La invitò ad accomodarsi la fata.
    La principessa andò a sedersi, non staccando lo sguardo da lei.
    «Mangia tutto quello che desideri», aggiunse Malefica ponendosi fra le due fanciulle.
    Ognuna si servì da sé. Insieme e in silenzio consumarono la cena fino al calar delle tenebre.
    Aurora posò la forchetta sul piatto sporco.
    Malefica le rivolse un’espressione seria e torva. «Ora ritorna in camera tua», sbottò.
    La fanciulla si alzò e corse via, chiudendosi dentro.

    Quella sera si ritrovò distesa su un letto che non era suo, tutta sola e indifesa.
    Si girò sulla schiena. Prese a fissare il soffitto, mentre si attorcigliava un ricciolo dei suoi capelli fra il pollice e l’indice.
    Voleva sapere perché l’aveva rapita e ancora di più voleva sapere chi era quella sgraziata fanciulla.
    La sentì strisciare la sedia sul pavimento di legno e a passo pesante farsi strada verso la sua stanza. Udì poi del trambusto, seguito da un cigolio provenire da dietro al muro: era lei. Chissà cosa stava facendo…
    Aurora si rivoltò dalla parte opposta e affondò la testa nel cuscino, finché Morfeo l’accolse tra le sue braccia.

    Il giorno dopo, la principessa si levò al cantare allegro dei passerotti. Si destò ed emise un enorme sbadiglio.
    Strabuzzò gli occhi e quando fece per alzarsi, di fianco al letto, sopra a un tavolino, vide un vassoio con una fetta di crostata ai frutti di bosco e una teiera calda e fumante.
    Malefica le aveva preparato la colazione.
    Senza indugiare si abbuffò e la divorò in una manciata di bocconi. Si servì il tè su una tazzina in ceramica bianca, decorata con dei disegni floreali e lo bevve a grandi sorsate.
    Finito il pasto mattutino, si ripulì l’abito dai resti di briciole.
    Si diresse verso la finestra, con uno scatto riuscì ad aprirla verso l’interno.
    Aurora venne beata dal profumo di miele e di pino mugo del sottobosco.
    Chiuse gli occhi assaporando quell’attimo di naturale freschezza. L’aria frizzante del mattino le regalò una carezza d’amore al suo roseo viso che sbocciò in un sereno sorriso.
    Quando riaprì le palpebre, la sua felicità svanì e una nuvola grigia oscurò la luce del sole.
    Davanti a lei vide la sconosciuta fanciulla con le mani intrise di rosso.
    Sgranò gli occhi inorridita e indietreggiò spaventata: stava scuoiando un innocente uccellino.
    Le si velarono gli occhi di lacrime nell’assistere al quella morte tanto crudele. Continuò a fissarla, mentre gli staccava le ultime piume e affondava i suoi artigli nelle sua carne per strappargli le viscere e gettarle a terra con noncuranza. Intravide emettere una smorfia beffarda, quasi di vittoria contro la sconfitta della povera bestiola. Si accucciò e prese un ramo da terra e lo infilò nel corpo tramortito dell’animale.
    La principessa si coprì il volto con le mani e si voltò di spalle, rabbrividendo di terrore. Che cosa vorrà mai fare con il corpo di quel povero usignolo…

    Giunse il tardo pomeriggio e la principessa si trovava ancora rinchiusa in quella stanza. Nessuno le aveva fatto visita. Malefica non si era fatta più vedere.
    Era sempre più stanca e seccata. Voleva uscire, voleva tanto scappare. Le mancava molto il suo castello e la sua famiglia. Non sapeva ancora perché si trovava lì.
    Il suo sguardo si rivolse verso l’aria aperta.
    Quella strana fanciulla era ancora là, rivolta di spalle. Le faceva paura, ma voleva conoscerla, forse le avrebbe detto qualcosa.
    Andò alla porta e la scostò dallo stipite. Buttò un occhio fuori. Nella sala non c’era nessuno.
    Sgattaiolò, in punta di piedi, all’esterno dell’abitazione.

    Aurora si incamminò verso le rive del laghetto.
    «Chiunque tu sia, fai un altro passo e sei morta», parlò la sconosciuta.
    Aurora si bloccò di colpo. «Non volevo disturbarti, tu sai perché…»
    «Vattene subito via». Le ringhiò contro, voltandosi verso di lei.
    La principessa la vide in volto.
    «Che hai da guardare!»
    «Posso farti compagnia? Sei tutta sola…»
    «Lasciami in pace! Io sto bene da sola!» Le urlò contro.
    Aurora non si voleva arrendere, fece qualche altro passo e si sedette, a gambe incrociate, vicino a lei.
    La sentì sbuffare, irritata.
    Posò gli occhi sulle acque lucenti e cristalline del laghetto, dove scorse nuotare dei pesciolini rossi.
    «Posso sapere il tuo nome?» Domandò cauta.
    «Ma che t’importa!» Sbottò infastidita.
    «Io sono Aurora.»
    «Perché sei qui? Che cosa vuoi?» Chiese svogliata.
    «Non lo so…mi ha rapito Malefica.»
    La fata si voltò di scatto verso di lei. La fanciulla venne ammaliata dai suoi tondi e brillanti occhi viridiani. Il suo viso, dalla pelle diafana era circondato da lunghi e ondulati capelli corvini.
    Anche la ragazza incrociò il suo viso grazioso, dai lineamenti dolci e dalle guance color pesca. Si perse nelle sue iridi azzurre e profonde come il mare. Aveva le labbra vellutate e morbide come i petali di una rosa e i suoi serici capelli mielati risplendevano di luce dorata. Sembravano così diverse…
    «Perché ti ha rapito?» Insistette.
    «Non me l’ha ancora detto…», abbassò lo sguardo, dispiaciuta
    La fatina si alzò e si ripulì l’abito.
    «Dove vai?»
    «A fare un giro, ho bisogno di riflettere…»
    Aurora sconcertata, la vide allontanarsi e scomparire nella brulicante vegetazione.

    Malefica là ritrovò fuori dalla casa. «Cosa ci fai qua? Chi ti ha dato il permesso di uscire?»
    Aurora sobbalzò e si girò di scatto verso la fata.
    «Niente…volevo cercare solo un po’ di compagnia.»
    «Le hai parlato? Ti ha detto qualcosa?»
    «No. È scappata via…»
    «Va bene. Fila in camera tua adesso e non azzardarti a uscire finché non te lo dirò io.»
    La principessa obbedì senza proferire altra parola.

    Aurora, sotto il lume di candela, era di nuovo a letto, rinchiusa in quella stanza.
    Si sentiva sempre più triste e sola.
    Le mancanza della sua famiglia diventava molto angosciante. Pensò che ormai non sarebbe più ritornata a casa.
    Inoltre tentare la fuga era troppo rischioso: nel bosco vivevano anche molte creature più cattive di Malefica, non ci avrebbero messo molto a catturarla e a sbranarla viva.
    Mentre si condannava al suo infausto destino, dall’altra parte udì qualcuno bisticciare, ma non riusciva a comprendere bene la conversazione.
    Un sordo tonfo la fece trasalire. Si destò dal letto e intravide, nell’oscurità della notte, la fanciulla scappare via. Chissà dove starà andando di nuovo…
    Si distese. Non riusciva più a capire dove era capitata e cosa stava succedendo intorno a lei.
    Udì un lamento. Qualcuno stava piangendo.
    Si rizzò e andò a spiare dal buco della serratura.
    Vide la fata seduta al tavolo che scuoteva la testa con i palmi affondati nel viso.
    Aurora capì che c’era qualcosa che non andava…
    Girò il pomello della porta e uscì in silenzio.
    Andò verso Malefica, sedendosi di fronte a lei. «Posso sapere perché sono qui?»
    Malefica si abbandonò sulla sedia. Abbassò il volto rigato di lacrime. «Mi serve il tuo aiuto», pronunciò con voce strozzata.
    «Per cosa?» Domandò curiosa.
    «Per Nereide…»
    «Scusa, chi? Non capisco…»
    La fata deglutì. «Mia figlia…» Sospirò. «Ho bisogno che la guarisci dal suo profondo male», confessò con voce rotta e gli occhi umidi. «Nereide è nata fragile e sgraziata. Si è ritirata in sé stessa. Soffre nella sua solitudine, perché nessuno accetta la sua natura sfortunata. L’unica a volerle bene sono io, ma lei mi odia, mi dice che è colpa mia se è nata brutta.» Malefica era stanca di lottare. «Mi sembravi una speranza. Tu hai sempre avuto un animo buono e gentile. Pensavo saresti stata in grado di trasformarla, di renderla una fata migliore…un giorno…», sospirò rassegnata. «Forse mi sbagliavo.» Si asciugò il viso con un fazzoletto. «Non ti voglio obbligare. Se non te la senti, puoi pure ritornare al castello, dalla tua famiglia.»
    Aurora provò una grande compassione per quella madre tanto disperata e impotente. «Prometto che ti aiuterò a guarire tua figlia, prima che sia troppo tardi.» Allungò una mano per accarezzarla.
    La fata rabbrividì al tocco delicato di lei.
    «Sul serio?»
    «Sì, te lo giuro.» La principessa andò ad abbracciare Malefica. «Non ti preoccupare l’amore guarisce ogni male, basta solo crederci veramente.»
    La fata si morse il labbro, cercando di trattenere altre lacrime. Quanto le sono mancati i suoi caldi e teneri abbracci…
    Abbozzò un lieve sorriso e si rasserenò.

    L’impresa si dimostrò più ardua e pericolosa del previsto. Nereide tentò più volte di uccidere la principessa…
    Iniziò con numerosi scherzi di cattivo gusto: le infilò sotto le lenzuola una vipera. Aurora venne morsa e urlò di paura notando la sua caviglia gonfiarsi come un palloncino viola.
    La fatina come omaggio di scuse le preparò una torta di frutti rossi. Deliziata ne mangiò subito una fetta, ignara che conteneva anche delle bacche velenose. Nereide si sbellicò dalle risate, vedendo la fanciulla soffocare e diventare rossa in volto. Per fortuna Malefica la guarì in tempo con le sue pozioni magiche.
    Nereide si beccò un bel rimprovero dalla madre, ma non servì proprio a nulla; anzi, nella giovane si inasprì ancora di più il suo sentimento di rabbia verso la principessa che non voleva proprio cedere, così continuò a importunarla.
    La legò stretta al tronco di un albero e appiccò un fuoco. Anche questa volta, Malefica intervenne, salvando la principessa.
    Nereide furiosa per l’ennesima sconfitta si ritirò nella sua stanza. Era sempre più adirata, non riusciva a capire perché tutto d’un tratto quell’esserina era diventata così importante per sua madre, più importante persino di lei, della sua unica figlia. Sapeva che Malefica era l’unica a donarle ancora amore e temendo di perdere anche il suo, escogitò l’ultimo piano per sbarazzarsi dell’innocente principessa.

    Un pomeriggio, al tramonto, dopo essere ritornata da una lunga passeggiata, Aurora andò a rinfrescarsi nel laghetto.
    Si sporse per prendere fra le mani dell’acqua.
    Nereide, vispa vispa, la spinse dentro. L’afferrò per il collo e prese a stritolarla e ad affogarla, costringendole la testa sott’acqua, ma Malefica, che guardava dalla finestra, se ne accorse e la salvò dalle grinfie della cattiva figlia ancora un’altra volta…

    Aurora era scioccata, assai impaurita, ma doveva mantenere la promessa fatta a Malefica, non poteva arrendersi.
    Quella notte si sfogò in silenzio, piangendo disperata nella sua stanza, aspettando solo l’arrivo di un altro giorno infernale…

    Il mattino seguente, Aurora uscì dalla casetta.
    Andò verso il laghetto. Si acquattò sotto l’ombra di un albero per raccogliere un mazzo di primule variopinte.
    Nereide era seduta sopra a un ramo che la scrutava con aria superba. Era giunto il suo momento…
    Da dietro estrasse un grande masso grigio appuntito. Lo sollevò in aria pronta a colpirla, ma un’improvvisa folata di vento la fece barcollare all’indietro.
    Aurora fece un passo in avanti.
    Il masso cadde proprio di fronte ai suoi occhi. Sobbalzò spaventata.
    La fatina perse l’equilibrio e precipitò rovinosamente dall’acero. Imprecò per il dolore inferto. Aveva fallito ancora.
    Aurora si girò di scatto e vide la giovane distesa a terra ansimante.
    Accorse subito in aiuto. Si inginocchiò davanti a lei. «Ti sei fatta male?
    Digrignò i denti. «No, sto bene», tagliò corto.
    La fanciulla le appoggiò una mano sul braccio.
    «Non toccarmi», ordinò. «Vai via… Brutta….» Si tastò la gamba. Urlò. Un rivolo di sangue prese a scenderle lungo tutta la coscia.
    Aurora sgranò gli occhi preoccupata. «Sei ferita. Devo portarti subito dentro.»
    «No! Vattene!» Gridò arrabbiata. «So badare a me stessa. Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno!»
    «Per favore, sei ferita!» Insistette lei. «Lascia almeno che ti accompagni nella tua stanza.»
    Nereide roteò gli occhi e sbuffò nauseata dalla sua insensata gentilezza. Perché si ostinava ad aiutarla, dopo aver tentato di ucciderla ancora?
    La principessa si rialzò e sotto braccio portò la zoppicante Nereide verso casa.
    Con pazienza e calma la adagiò sul letto.
    «Va meglio?»
    Nereide si distese e annui.
    «Vado a cercare dell’acqua e delle bende. Non ti muovere…»
    Nereide la trattenne, afferrando il suo polso.
    Aurora si voltò, sentendo per la prima il suo tocco. Le fece ricordare qualcosa, qualcosa che aveva dimenticato…
    «Non dire a mia madre che ho provato di nuovo a ucciderti…»
    «Solo se ti farai curare da me.»
    «Non scappo da nessuna parte…»
    La principessa le rivolse un lieve sorriso.

    Uscì a prendere l’occorrente per le medicazioni. Cercò in fretta e furia, rovistando ovunque finché non trovò l’occorrente.
    Ritornò da lei e con delicatezza la medicò con premura. Prese un panno umido e le lavò via il sangue secco dalla pelle, poi prese delle bende in cotone e le mise sopra al lungo e profondo taglio. Infine avvolse la gamba attorno a delle candide e morbide fasce.
    «Ecco fatto. Ora è meglio che ti riposi un po’.» La lasciò sola, abbandonando la stanza.
    Nereide presto si addormentò.

    Quando uscì, c’era Malefica, in piedi, davanti alla soglia, che guardava infuriata tutto quel subbuglio.
    «Cosa è successo? Perché è tutto così in disordine? Che cosa hai fatto? E dov’è Nereide?» La tempestò di domande, mentre si faceva strada tra la confusione. Un ombra oscura cadde sul suo volto.
    «È caduta dall’albero, si è ferita una gamba.»
    La fata era di fronte a lei.
    Aurora tremò di terrore, quando vede le sue iridi infiammarsi.
    «Ho dovuto medicarla… non cercavo…», continuò a spiegare, ma le parole le morirono in gola.
    Malefica udendo la confessione si ricompose «Grazie», disse infine, semplicemente.
    «È in camera sua adesso, sta riposando.»
    Aurora, con il fiato sospeso, si dileguò nella sua di stanza. Chiuse la porta e si appoggiò al legno, sospirando affaticata.

    Le settimane passarono e Aurora non smise mai di prendersi cura di Nereide. Le faceva compagnia: le leggeva qualche storia, le portava da mangiare e le medicava la ferita che pian piano stava guarendo alle dolci cure della principessa.
    Nereide iniziò a guardarla diversamente. La vedeva diversa, sapeva che poteva fidarsi di lei, ormai sapeva che possedeva un animo davvero buono e gentile. Tutto l’opposto del suo…
    «Vorrei tanto essere come te», confessò con tono triste.
    «Non capisco… Perché vorresti essere come me?»
    «Perché sei perfetta in tutto ciò che sei, in tutto ciò che fai… Ho tentato di ucciderti per invidia… Io sono così diversa, così brutta. Mi odio da morire. » Le si riempirono gli occhi di lacrime. «Non riesco proprio a capire perché sono stata maledetta… La mia anima è impura, nera e cattiva. Non lo so perché sono nata così… Non penso di meritarmi tutto questo dolore, tua questa sofferenza. Mi sento così sola, senza amore.»
    Aurora, in quel momento capì come si sentiva nel profondo e non poté far altro che compatirla e confortarla. Si avvicinò a lei e l’accolse fra le sue calde braccia. La strinse a sé, tentando di rassicurarla con delicate carezze.
    «Stai solo soffrendo troppo. È il dolore a renderci cattivi.»
    Nereide prese a singhiozzare.
    La principessa continuò a cullarla ancora per un po’.
    Infine le prese il volto fra le mani e le asciugò le lacrime con i pollici. «Mi dispiace molto per la tua vita sfortunata. Quello che pensi su te stessa però non è vero. Non è il tuo aspetto a determinare quello che sei, bensì sono le tue scelte, le tue azioni che fanno di te ciò che sei veramente. Tu puoi essere migliore. Puoi cambiare se lo desideri con tutto il tuo cuore.
    «Allora mi insegni a essere buona come te? Non voglio più uccidere per colpa della rabbia che ho verso il mio sgradevole aspetto.»
    La principessa le sorrise. «Sì, te lo prometto.»

    Anche i mesi passarono, Aurora aveva stretto un intrinseco legame con Nereide. Le aveva insegnato le buone maniere e d’ora in poi a compiere solo gesti altruisti e benevoli verso gli altri e verso la natura che la circondava.
    La fatina aveva finalmente ritrovato la voglia di vivere. Insieme alla principessa aveva riscoperto la felicità. Si sentiva meno orripilante e non si detestava più come addietro. Con la fanciulla si sentiva accettata, ma soprattutto si sentiva di nuovo amata. Era guarita dal suo male interiore, innamorandosi della dolce e bella principessa Aurora.
    Malefica le guardava giocare e ridere, ogni attimo che passava, sempre più fiduciosa e orgogliosa. Era da tempo che non le vedeva così inseparabili… Le si strinse il cuore di pura gioia. Questa volta aveva vinto lei.

    Una sera di primavera, Nereide per ringraziare il suo prezioso aiuto decise di organizzare una sorpresa in suo onore.
    Adagiò una confortevole coperta sull’erba davanti al laghetto, mentre sua madre le preparò, come sempre, la cena.
    Bendò Aurora con una fascia in modo che non scoprisse nulla, finché non lo avesse voluto lei.
    Adagio, la condusse fuori dalla dimora fino al luogo del picnic improvvisato.
    «Ecco. Ora puoi guardare.» Le levò la benda dagli occhi.
    La principessa emise un gridolino di stupore.
    Era il tramonto. Il sole scomparso all’orizzonte dietro alle cime montuose accendeva l’atmosfera di un intenso colore arancione. Le nuvole sembravano gonfi batuffoli di zucchero filato, velati di viola fluttuavano sotto un cielo blu avio. La tetra foresta circondava il desolato luogo, avvolto ormai dalla penombra serale. Aurora, sotto i suoi piedi, vide distesa una tovaglia con sopra apparecchiata una cena per due persone, illuminata da alcune candele bianche.
    «Tutto questo è per te Aurora. Per ringraziarti per essere sempre stata buona con me.»
    «Non dovevi, davvero…» Le brillavano gli occhi per l’emozione.
    Nereide le sorrise e fece cenno di unirsi a lei e di prendere posto.
    Insieme gustarono le prelibatezze, mentre lentamente calava la notte.

    Le due fanciulle sazie erano distese sopra alla coperta.
    Ammiravano il firmamento mentre videro cadere un’altra stella.
    Si guardarono divertite, entrambe incantate dai loro sorrisi ingenui e felici.
    Nereide si avvicinò di più ad Aurora che la guardò dritta negli occhi.
    Tra di loro nacque il silenzio.
    Le loro mani si sfiorarono appena. La fanciulla prese ad accarezzarla fino a stringerla.
    La fatina sentì il suo confortevole torpore.
    «Sei bellissima Nereide.»
    Ebbe un tuffo al cuore e il suo corpo venne scosso da uno spasmo involontario. Non poteva crederci…
    «Grazie per avermi reso una fata migliore», tagliò corto lei.
    «Ti amo». Si scostò dalla coperta e le stampò un bacio sulle sue labbra esangui.
    Nereide si scostò dalla principessa, osservandola allibita, mentre lei la guardava sorridendo, con le guance rosate, forse un po’ per l’imbarazzo.
    In quell’istante la fatina comprese che davanti a lei, ora c’era il suo mondo, la sua felicità, il suo amore, tutto ciò che aveva sempre sognato. La strinse a sé e le donò anche lei un suo bacio.
    Era la prima volta che una principessa baciava una fata…

    Non molto lontano, al castello, Re Stefano e la Regina Leah si disperavano nella grande sala. Non si davano per nulla pace dopo l’inspiegabile scomparsa della figlia. La sovrana era seduta sul suo trono. Stanca si sorreggeva il capo, mentre era in preda a un altro pianto isterico. Suo marito, invece, era furibondo, camminava avanti e indietro, su e giù, per la tortuosa scalinata decidendo come procedere le ricerche. Era scomparsa da mesi e nessuno sapeva nulla. Si era volatilizzata come un perfetto fantasma. Le guardie del palazzo continuarono a cercarla finché sfiniti si arresero al volere del sovrano.
    Il Re Stefano non trovando più alcuna soluzione, fece chiamare le tre fate.

    Fauna, Flora e Serenella che avevano avuto il compito di proteggere la piccola principessa fin dalla tenera età, giunsero impacciate e accaldate di fronte al loro sovrano.
    Si inchinarono davanti al suo cospetto.
    «Buongiorno, vostra maestà. A quale onore dobbiamo il suo inaspettato ricevimento?» Domandò Serenella
    Stefano le scrutò con sguardo serio e imperturbabile, gli occhi ridotti a due tetre fessure d’odio e collera.
    «Dov’è finita Aurora?» Domandò imperterrito, scandendo bene ogni singola parola.
    Le tre creature si scambiarono occhiate impaurite.
    «Ehm… Non lo sappiamo», confessò Serenella.
    «Come sarebbe a dire “non lo sapete”. Vi avevo ordinato di prendervi cura di lei, di proteggerla e vegliare su di lei fino…» Si bloccò, tastandosi le tempie che pulsavano per l’irrequietezza.
    «Siete al corrente che le piace combinare spesso pasticci! Non riusciamo sempre tenere a freno la sua curiosità!» Continuò Serenella.
    Il Re li rivolse uno sguardo scuro e minaccioso. «Trovatela!» Urlò.
    Le tre fatine indietreggiarono spaventate.
    «Trovatela Subito!» Ordinò loro.
    «Sì, vostra maestà. Promettiamo di trovarla e di riportarla a palazzo il prima possibile», disse Fauna.
    Il Sovrano con un cenno le congedò.

    Le fate lasciarono alle loro spalle il castello.
    Viaggiarono intorno al regno alla ricerca della principessa.
    Attraversarono le colline brulicanti, dai dolci e sinuosi pendii. Sorvolarono interminabili fiumi scroscianti e placidi laghi dalle acque limpidissime.
    Perlustrarono ogni bosco fino a giungere in cima alle alte montagne.
    Stanche e stremate, senza più alcuna speranza, pensavano già al loro castigo, quando udirono la sua voce.
    Sorprese, andarono a nascondersi all’ombra di un ramo d’abete.
    Scorsero un drappo del suo abito rosa svolazzare al vento.
    Si sporsero, cercando di non farsi scoprire e fu così che la videro in compagnia di una giovane fanciulla brutta e sgraziata. Ebbero un conato di disgusto davanti a tanta bruttezza.
    «Ma chi è quella!» Esclamò inorridita Serenella.
    «Non lo so…» Pronunciò Fauna.
    All’improvviso videro sopraggiungere Malefica. Urlarono di terrore.
    «Forza, andiamo via da qui, prima che ci scopra!» Fauna strattonò le sue compagne e insieme ripresero il volo verso casa.

    «Abbiamo visto Malefica», confessò Flora, tutta agitata.
    «L’ha rapita Malefica!» Aggiunse Serenella.
    «Sì è vero, è proprio così. È in compagnia di Malefica e di un’altra fanciulla», affermò Fauna.
    Re Stefano si alzò con impeto dal suo trono e andò verso quest’ultima. Si pose di fronte al suo minuscolo faccino. «Ripeti con chi si trova», sibilò.
    Fauna tremò di paura.
    «Mia figlia!» Sbraitò furioso.
    «Con Malefica…e…e…e….poi…con…u…n…a fan…ciulla.»
    «Dovrebbe vederla. Non è una fanciulla, è un mostro!» Sbottò Serenella.
    Il Sovrano digrignò i denti. Lui sapeva…
    «Andate. Non mi siete più d’aiuto.»
    Le tre fatine fecero una riverenza e abbandonarono il castello di corsa, piuttosto scosse.
    Era una faccenda di cui doveva sbrigarsela da solo.
    Stabilì, in segreto, un incontro con la Fata Delle Montagne.

    Nella notte Re Stefano e Malefica si incontrano nelle segrete del palazzo.
    «Bene, bene», parlò la fata, avvolta nelle tenebre.
    «Ovunque tu sia, mostrati a me», disse Stefano che teneva una lanterna in mano.
    «Malefica uscì allo scoperto, rivelando i suo occhi ambrati. «Dopo anni eccoci di nuovo insieme.», rise maliziosa, mostrando il suo candido sorriso. «Perché mi hai convocata?» Chiese, cambiando tono della voce, che si era fatto più serio.
    «So che hai la mia Aurora tra le tue grinfie. L’hai rapita? Non è forse così?»
    «La tua Aurora?» Lo incalzò.
    «Lo sai che abbiamo stretto un patto, non puoi scioglierlo, pena la morte.» Si avvicinò a lei, puntandole il suo sguardo adirato contro. «Riportala a casa o è la volta buona che vi uccido!»
    «Mi stai per caso minacciando?» Lo sfidò. «Sciocco da parte tua. Ricorda che sono una fata, ricorda chi ero un tempo, ricorda ciò che eravamo noi, ricorda che Aurora non è solo tua figlia e ricorda che non è la tua sola figlia
    Il sovrano si ritrasse. «Lo sai cosa avevamo deciso…»
    «Non avevamo deciso un bel niente! Hai sempre agito da solo. Ti sto ricambiando con la stessa moneta.»
    «Vattene», cercò di tagliare corto. Sapeva che aveva ragione…
    «Non ti è mai importato niente di lei, vero? Hai preferito portarti via Aurora, la figlia più bella, quella che ti assomigliava di più, di Nereide non ti è mai importato nulla, perché è nata fragile, sgraziata e brutta, senza alcuna magia che la rendesse speciale
    «Mi dispiace…», provò a dire.
    «Non, non ti dispiace affatto.» La sua voce si incrinò. «Nereide è anche lei tua figlia. Sono l’unica che sta provando a salvarla dal suo pietoso stato.»
    «È sempre stata una debole, una nullità. È impossibile salvare un’anima così malata come lei. Nemmeno Aurora ci riuscirà…»
    «Io ho fiducia in mia figlia. Io ho fiducia nelle mie due figlie.»
    «Io no», abbozzò un lieve sorriso beffardo. «Quindi…» Si schiarì la voce. «O mi riporti Aurora a casa entrò il calar del sole o verrò a prenderla con le mie mani e vi ucciderò entrambe, come avrei dovuto fare sedici anni fa!» Urlò. «Sono sfinito Malefica! Voglio indietro la mia Aurora! Mi serve dannazione. Il regno ha bisogno del suo potere…»
    «Ah è così! Tu la vuoi solo usare. La vuoi usare per i tuoi soliti scopi.» Alzò la voce, in collera. «Non sei cambiato affatto. Se sempre e lo sarai sempre il solito uomo orgoglioso che pensa solo a sé stesso! Non hai un briciolo d’amore dentro al tuo insignificante cuore!» Con il volto rigato di lacrime, scomparve nell’oscurità, lasciando il Re solo.

    Malefica turbata e in lacrime ritornò in fretta alla sua dimora.
    Aurora, in camera sua, sentì che stava piangendo un’altra volta.
    Uscì dalla stanza, ritrovandosi la fata seduta al suo solito posto, tremante, singhiozzante e priva di forze, chinata con il viso affondato tra le braccia.
    «Dove sei stata? Perché piangi?» Chiese preoccupata.
    Malefica sussultò. «Tuo padre sa che sei qui, con me.»
    Aurora si avvicinò a lei.
    La fata la guardò negli occhi e le prese per mano. «Devo dirti una verità che non ti è stata mai raccontata.»
    La fanciulla la osservava incantata.
    «Tanti anni fa, ho conosciuto tuo padre qui in mezzo al bosco. Lui era a caccia e io ero a passeggio. Ci incontrammo per puro caso. Fu subito amore, ma poi…»
    Aurora si sedette vicino a lei.
    Malefica si asciugò il viso.
    «Un giorno, senza dirmi niente, ha deciso di abbandonarmi. Non si è fatto più vedere, né sentire. Pochi giorni dopo, mi sono sentita male e…» Si bloccò.
    Aurora le strinse di più la mano. «Sono qui. Vai avanti.»
    «Ho scoperto di essere incinta.»
    La principessa non batté ciglio.
    «Erano due gemelle, una bionda e bella, l’altra invece era…» Le si spezzò la voce.
    «Nereide», sussurrò appena la giovane.
    «Sì», rispose sospirando. «Re Stefano lo venne a sapere e una notte mi portò via…»
    Aurora sgranò gli occhi. Si alzò dalla sedia e indietreggio come spaventata.
    Si portò una mano alla bocca. L’aveva intuito…
    «Aurora tu sei mia figlia», copiose lacrime rigarono di nuovo il suo sciupato viso. «Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto di non avervi potuto salvare tutte e due. Vostro padre non vi ha mai amato veramente. Ti ho rapita perché sei l’unica salvezza per Nereide. Ti ho rapita per salvarti da lui. Ti vuole con sé solo per usarti, per i suoi orgogliosi scopi.»
    Aurora tremava davanti a quell’agghiacciante rivelazione. Quella che guardava era Malefica, la malvagia Fata delle Montagne, la sua vera madre.
    Aveva il volto arrossato, bagnato di pianto.
    «Non merito il tuo perdono, ma per favore non abban…»
    La principessa si gettò fra le braccia della fata.
    Malefica l’accolse con sé. Senza indugiare, la strinse al suo petto, accarezzandole la nuca. «Ti voglio tanto bene. Non ti ho mai smesso di pensarti, di volerti qui con me. Non ho mai smesso di amarti. Sei la mia cara, buona e dolce Aurora.»
    «Ti voglio bene anch’io, mamma.»
    Malefica pianse altre lacrime, ma questa volta erano di gioia.
    Finalmente Aurora era di nuovo a casa, fra le sue braccia come avrebbe sempre dovuto essere.
    «Non voglio andarmene. Voglio restare qui con voi. Non voglio abbandonarvi.»
    Stretta fra le braccia della fata, realizzò che non avrebbe mai lasciato Nereide, perché era innamorata di sua sorella e anche se, adesso, non le sembrava giusto, ormai non poteva farci più nulla. Non si più controllare l’amore, specialmente se è diventato così forte e potente come il loro.

    Il giorno dopo, Re Stefano, non vedendo sua figlia far ritorno al castello come aveva prestabilito, al tramonto, con a seguito il suo esercito iniziò la marcia e la cavalcata verso le montagne.

    Aurora, Nereide e Malefica stavano giocando all’aria aperta, quando quest’ultima sentì il sovrano uscire dal bosco armato, insieme ad altri suoi fedeli uomini.
    La fata impaurita ordinò alle figlie di chiudersi in casa, ma era già troppo tardi.
    Il resto dell’esercito le accerchiò. Erano in trappola.

    «Bene Bene. Eccovi qui», scese da cavallo. «Tutte e tre. Splendido!»
    Malefica era già in lacrime. «Per favore, non farci del male. Sono anche tue figlie.»
    Nereide guardò la madre accigliata.
    «Ti avevo avvisata. Un accordo è un accordo.»
    «No!» Urlo la fata adirata.
    Re Stefano si avvicinò alle fanciulle per osservarle meglio.
    «Tu sei sempre uguale, assimigli tutta a tua madre: brutta, sgraziate, indifesa, sola, gracile. Un fiore appassito.» Si concentrò su Aurora, la sua figlia prediletta. «Tu invece sei la mia luce, la mia speranza in questo mondo che sta cadendo lentamente in rovina. Tu, adesso, lasci qui tua madre e tua sorella per venire al castello con me.»
    «Lei non ritorna a casa con te, Stefano! Non hai il diritto di portarmela via ancora!» Gli gridò furiosa. Si sentiva così impotente e di nuovo sconfitta da quell’uomo che un tempo l’aveva amata.
    «Mi dispiace Malefica, ma Aurora deve venire via con me.» Prese la figlia per un polso.
    «No!» Urlò la fanciulla. «Lasciami andare!»
    Il sovrano la consegnò in mano a una coppia di soldati. «Montatela in sella a uno dei vostri cavalli e portatela presto a palazzo.»
    «Non puoi farmi questo!» Gridava, mentre veniva strattonata con forza e portata via. «Nereide! Nereide! Nereide!» Chiamò invano più volte la sorella, senza ricevere risposta.
    La povera e sgraziata fatina aveva stampato nel suo volto un’espressione di misto terrore e disgusto verso quell’uomo a lei sempre stato sconosciuto.
    «Nereide, non sarai mai abbastanza bella e buona come tua sorella. Non sei nata per essere una principessa.» Si voltò di spalle. «Lasciatele libere.»
    Stefano salì sul suo cavallo e si inoltrò nel bosco seguito dal suo esercitò che si allontanò, scomparendo agli occhi delle due fate.

    Nel volto di Nereide era scesa di nuovo la malvagità delle tenebre. I suo occhi erano neri come l’inchiostro e carichi di rabbia. Scioccata e terrorizzata, faceva fatica a respirare.
    Sua madre, anche lei turbata, tentò di cercare un contatto. «Tesoro…» Le si ruppe la voce. «Io…», iniziò a piangere. «Mi dispiace…»
    «L’hai rapita perché pensavi potesse guarirmi.»
    «Era l’unica soluzione», rispose con il cuore affranto.
    «Perché?»
    «È tua sorella Nereide, lo è sempre stata.»
    «Lei lo sa?» Chiese, anche se aveva timore di sentire la risposta.
    «Le ho raccontato tutto ieri sera.»
    «E io, invece, non sapevo nulla.» Le puntò gli occhi contro. «Come al solito!»
    «L’ho fatto per il tuo bene! Non volevo che soffrissi.» Fece un passo verso di lei. «Per favore…»
    La giovane indietreggiò. «Sono sempre quella che viene esclusa da tutto!» Gridò frustrata.
    «Tesoro mio», provò a tranquillizzarla.
    «Perché sono quella imperfetta, quella troppo debole.»
    «Non è vero.» Le appoggiò una mano sulla spalla.
    Ma la figlia continuò «Quella che non bisogna fare arrabbiare altrimenti diventa cattiva.»
    «Nereide, quello che stai dicendo non è assolutamente vero! Smettila!» Quelle sue parole le stavano facendo male.
    «Quella che è più facile odiare che amare!»
    Nereide, infine, scoppiò in un pianto disperato. Non riusciva più a guardare la madre in faccia.
    Malefica tentò di abbracciarla, ma lei si scansò subito e fuggì via, verso la boscaglia.
    «Nereide!» Urlò il suo nome, cadendo in ginocchi a terra. Aveva perso ancora una volta. Aveva fallito e credette che questa volta sarebbe stato per sempre…
    Un lampo illuminò la dimora e un fragoroso tuono squarciò il cielo plumbeo. Un violento temporale era in arrivo…

    La pioggia picchiava sulle vetrate delle finestre.
    La stanza era illuminata solo dalla luce fievole delle candele appese ai muri.
    Aurora era sdraiata sul letto con la testa affondata nel cuscino, i cappelli dorati e ondulati le accarezzavano la schiena.
    Le mancava da morire. L’amava con tutto il suo cuore, voleva riaverla con sé, voleva chiederle scusa e riabbracciarla per non lasciarla mai più, ma questa volta, suo padre l’aveva rinchiusa a chiave nella sua camera per paura che potesse tentare la fuga. Ed era proprio quello che la principessa desiderava: scappare via e andarla a cercare, perché la sua assenza era troppo straziante. Per la prima volta Aurora seppe cosa volesse dire soffrire per amore.
    Si asciugò il viso e si ridestò. Andò alla finestra. L’apri e guardò giù: era troppo in alto, avrebbe rischiato la vita. Era una principessa intrappolata nella sua torre, solo che nessun principe sarebbe venuta a salvarla… Doveva farlo da sola, con le forze che le erano rimaste.
    Attese il momento giusto.

    Quando calò la sera, una governante le portò la cena. La fanciulla aprì la porta e si fiondò nel corridoio, scappando via come una furia verso le segrete del castello, verso i tunnel sotterranei, verso l’uscita nascosta, verso l’aria aperta.
    Pronta a correre e a ritornare da sua sorella.

    La coraggiosa Aurora, tra la furia della tempesta, non riusciva a darsi per nulla pace. Disperata e bagnata fradicia continuava a cercare Nereide dietro ogni pianta, albero o grotta, fin quando uscì dal bosco per prendere un po’ di fiato, e fu così che la ritrovò.
    Era rivolta di spalle, in procinto di un ripido burrone.
    La vide fare un passo in avanti.
    «No!» Urlò la principessa.
    La fatina sussultò e si girò di scatto, notò la sua bella e dolce sorella che la osservava con espressione terrorizzata.
    «Vieni via da lì, è pericoloso!» La invitò ad arretrare.
    «Io voglio solo morire.» Nereide fece un altro passo in avanti, pronta a cadere nel vuoto. Chiuse gli occhi, assaporando i suoi ultimi attimi di vita, ma Aurora la prese appena in tempo, abbracciandola stretta a sé.
    «Sei venuta a salvarmi. Non dovevi… Io non merito di essere salvata.»
    «Non dire sciocchezze, io ti salverò sempre.» La strinse più forte a sé. «Scusami se ti ho abbandonata.»
    La fatina si lasciò andare tra le sue braccia in un pianto disperato. «La tua mancanza mi stava uccidendo l’anima.»
    «Anche tu mi sei mancata troppo.» Si scostò da lei per guardarla meglio. «Ma adesso siamo di nuovo insieme. Questo è l’importante.» Le asciugò il viso bagnato e le regalò un tenero sorriso rassicurante. «Forza, dobbiamo tornare a casa da nostra madre. Sarà molto preoccupata.» Le prende e le stringe la mano.
    Piano piano ritornano verso la loro dimora.

    Giunsero alla loro casetta, ma ad attenderle trovarono Malefica in catene sotto il controllo di Re Stefano.
    Aurora sgranò gli occhi spaventata e si pose davanti alla sorella, cercando di proteggerla.
    Suo padre si accorse della sua presenza e le rivolse un sorriso perfido e malizioso. Rise compiaciuto. «Vedo che sei riuscita a trovare Nereide. Molto bene.» Si avvicinò cautamente alla figlia.
    «Non azzardarti a farle del male. È mia sorella! Non hai alcun dritto di toccarla.»
    Il sovrano si bloccò, mostrando il suo sguardo più crudele. «E tu mocciosa, non hai alcun diritto di dare ordini a tuo padre, al sovrano del tuo regno! Verrai punita per questo, verrete punti tutte e due!»
    Aurora guardò il padre con aria di sfida, tenendo ben nascosta la fatina dietro di sé.
    Il padre indietreggiò voltandogli le spalle. «Arcieri!» Li richiamò all’ordine. «Uccidetele adesso, tutte e due!»
    «No!» Gridò Malefica, mentre un tuono squarciò il cielo.
    La prima freccia partì, dritta verso il petto dell’innocente Aurora.
    Nereide si scansò e allontanò la sorella che cadde a terra.
    Aurora si ritrovò distesa sull’erba. Si tastò il copro. Non era ferita.
    Venne distratta da un gemito provenire alla sua destra: Nereide era inerme, distesa, con un freccia conficcata nel cuore.
    «No! Nereide!» La madre gridò impotente, mentre la figlia stava morendo davanti ai suoi occhi.
    Pervasa dalla rabbia, non voleva perdere sua figlia, quindi concentrò tutte le sue forze e la sua magia su di sé per liberarsi dalle catene di ferro. Urlò forte, provocando un enorme boato e un impetuoso soffio di vento che fece indietreggiare e cadere l’intero esercito. Liberata dalle catene prese ad attaccare tutti i soldati e uno a uno riuscì a farli scappare tutti.
    Re Stefano si strisciava sul terreno fangoso, impaurito dalla sua potente magia.
    Malefica lo seguiva con sguardo maligno e imperturbabile. «Ti avevo avvisato.» Con una mano gli prese il collo e lo sollevò in aria. Iniziò a stritolarlo con forza.
    Al sovrano le si gonfiò il viso, sfumandosi di viola. «Per…favore…» la implorò agonizzante. «Risparmiami… Vi lascerò per sempre in pace.» Non riusciva più a respirare.
    Malefica lo strinse nella sua morsa. «Promettimelo!»
    «Lo giuro! Lo prometto. Lasciami andare…»
    La fata lo fece cadere a terra.
    Re Stefano si girò di schiena e come un serpente prese a strisciare via dalla fata per poi pian piano rialzarsi in piedi e fuggire via in mezzo al bosco, scomparendo per sempre dalla sua vita.
    Malefica si voltò e vide Aurora che teneva stretta fra le sue braccia il copro cereo della sorella.

    «Questa volta ti ho salvata io», le sussurrò, mostrandole mezzo sorriso. «Posso essere buona anch’io, posso essere uguale a te.»
    Aurora strinse gli occhi per trattenere altre lacrime. «Per favore, non mi lasciare.»
    «Non meriti di vivere come te.» La sua coscienza cominciò a vacillare. Nereide chiuse lentamente gli occhi.
    Aurora prese a singhiozzare. Le accarezzò il viso sempre più diafano.
    «Io ti amo Nereide, ti amerò sempre, non mi è mai importato delle tue cattiverie. Per me sei la fata più bella di tutte. La più preziosa. La più importante, perché sei mia sorella. Ti amo e ti accetto per come sei. Non devi cambiare per me, non devi cambiare per nessuno. Per favore non abbandonarmi.»
    «Ormai è toppo tardi. Non puoi più salvarmi.» La fatina di lasciò andare. Il suo cuore smise di battere.
    Malefica corse verso di loro e si inginocchiò davanti a Nereide.
    Aurora ruppe in singhiozzi e singulti agonizzanti e strazianti. Le accarezzò il viso per poi chinarsi su di lei e stamparle un ultimo bacio sulle labbra. Aveva perso il suo amore…
    Rimase lì a cullare il suo corpo privo di vita.

    Intanto la tempesta iniziò a placarsi. Il cielo cominciò a schiarirsi, fino a che un raggio di sole squarciò le nubi grigie.

    Aurora era ancora lì con il corpo della sorella adagiato tra le sue braccia.
    Una luce dorata illuminò la radura e riscaldò la pelle della fatina asciugandola dalle goccioline di pioggia.
    Le sue mani iniziarono a fremere e una a muoversi verso il suo petto. Nereide si staccò la freccia. Il suo cuore iniziò a pulsare più forte di prima. Percepì una strana sensazione di calore irradiarsi attorno al suo corpo.
    Riaprì con calma gli occhi.
    Osservò con compassione la madre che piangeva in silenzio.
    Poi spostò lo guardo davanti alla sorella. Tutto quel bagliore, proveniva dal suo corpo. Aurora era circondata da una strana aurea dorata, dietro di lei notò spuntare delle ali dorate.
    Le accarezzò il volto. «Sei una fata!»
    La fanciulla riaprì gli occhi. Sospirò scioccata «Sei viva!» Esclamò e la riabbracciò forte a sé.
    Malefica vide anche lei la strana magia che circondava la figlia.
    Si avvicinò di più a lei. Allungò una mano per toccarle le strane e trasparenti protuberanze che le fuoriuscivano dalle scapole. Erano così delicate…
    «L’ho sempre saputo che eri una fata proprio come noi.» Le accarezzò il viso.
    Aurora sorrise. Non era spaventata, era felice, felice di appartenere alla sua vera famiglia.
    «Mi hai salvato ancora una volta», disse Nereide.
    «Ti salverò sempre.» Le baciò la fronte. «Adesso sono io uguale a te. Sono la tua fata.»
    «Ti amo Aurora.»
    «Ti amo anch’io sorella mia.»
    «E io vi amo entrambe, figlie mie.» Malefica si protese e le strinse entrambi nel suo abbraccio colmo d’amore.

    Vissero per sempre felici e contente nella loro umile dimora, circondata dal bosco incantato.

    Malefica aveva sempre saputo che sua figlia era anche lei una fata proprio come la sgraziata Nereide, ma una fata diversa, piena di calore e di luce, più splendente del Sole, ecco perché la chiamò Aurora. Lei era la Fata della Guarigione, l’unica del bosco incantato. Quando Re Stefano lo venne a sapere, una notte gelida andò a rapirla dal la sua culla perché sapeva che i suoi poteri potevano esserli utili alla gente del suo regno e che una volta compiuti i sedici anni, Aurora si sarebbe trasformata e avrebbe mostrato il suo prezioso dono, ovvero quello di guarire con un solo tocco del suo amore ogni creatura del suo universo.



    FINE.



    Edited by -Laura- - 12/9/2023, 14:00
     
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