IL BOSCO DEGLI SPIRITI MALEDETTI

Fiaba di Halloween

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    Ciao a tutti.
    Propongo qui, nella sezione Storie Originali, la mia storia del Contest di Halloween con le parole che nascondeva la zucca numero 1. Dato che erano tutte e tre delle belle idee, dei belli spunti per scrivere una storia, non mi sono tirata indietro e ho scritto anch’io la mia opera. Per il Contest di Halloween ho scritto “La Maledizione di Seth” con le parole date dalle due amministratrici del forum.

    Categoria: bollino verde (per i bambini sotto i 10 anni d’età)
    Genere: Fiaba Fantasy, tema Halloween
    Sinossi: tanto tempo fa, incombeva una disgrazia. Ogni anno, nella notte di Halloween i bambini del villaggio sparivano, in circostanze misteriose, nel bosco oscuro non facendo più ritorno a casa. I genitori disperati vietarono di festeggiare questa festa per sempre, ma una bambina di nome Clarabella, stanca e annoiata di rimanere chiusa in casa sotto l’osservazione continua della madre, decide di scappare dalla finestra della sua cameretta. Con indosso il suo Cappuccetto Blu si inoltra nella tenebrosa foresta pronta a spezzare la maledizione.
    Note Aggiuntive: troverete chiari riferimenti alla fiaba di “Cappuccetto Rosso” e "Hansel e Gretel", alla leggenda del “Cavaliere Senza Testa” e del romanzo “It”.



    IL BOSCO DEGLI SPIRITI MALEDETTI



    “Tanto tempo fa,
    in un antico e remoto villaggio,
    ai margini del bosco oscuro,
    incombeva una tragica maledizione.

    Ogni anno,
    allo scoccare della mezzanotte
    di Halloween,
    alcuni bambini scomparivano,
    non ritornando mai più a casa.

    I genitori sempre più angosciati e disperati
    Proibirono ogni festeggiamento.
    Per Sempre.

    Ma ancora ignari del coraggio
    di una bambina
    dal Cappuccetto Blu….”







    C'era una volta,

    una bambina davanti alla finestra di una casa.
    I suoi capelli ondulati color del miele le ricadevano lungo il suo abito celestino. Contava le gocce di pioggia che scivolavano lungo il vetro impolverato; con l'indice ne segui una e sospirò.

    Si portò le mani al volto e sbuffò annoiata.

    Questo giorno era il più triste, perché non si celebrava più il colorato e mostruoso Halloween e lei era rimasta senza amici con cui festeggiarlo. Anno dopo anno li aveva persi tutti. Erano spariti per sempre. Li mancavano tantissimo, troppo per avere l'anima serena e in pace.

    I suoi occhi blu si innalzarono verso l'alto. La notte era calata cupa e malinconica. Il cielo plumbeo piangeva, addolorato. Inzuppava i giardini spogli delle casette del villaggio, illuminate solo dalla luce fievole che proveniva dall'interno.

    Per le vie non passeggiava nessuno, regnava un'angosciante desolazione.

    Tutti i bambini erano al sicuro nelle case, in compagnia delle loro famiglie, nessuno poteva uscire, nessuno poteva più giocare o scherzare. Tutti avevano timore di venire rapiti dalle tenebre del bosco.

    Anche lei era al sicuro, sotto la protezione della sua buona e amorevole mamma. Non era sua intenzione escluderla da questa festa, così, come da rituale, le preparava dei deliziosi biscotti di marzapane di pasta frolla a forma di zucchette, ripieni da un'abbondante e golosa crema alle nocciole con sopra una spruzzata di zucchero a velo.
    Le faceva ricordare quando sua madre li cucinava per lei e le sue amichette. Alcuni li nascondeva nel bosco. Gli altri bambini del paese si divertivano a trovarli tra i cespugli della foresta, insieme ad altri dolcetti arcobaleno.
    Le mancava moltissimo sua madre. Rivolse uno sguardo a sua figlia. Era nata senza l'amore di una nonna. Il suo perfido padre l'aveva allontana da lei, affidandola a un'altra donna. Non voleva che soffrisse come lei, tantomeno non voleva privarla del suo affetto puro e sincero che solo una madre sa possedere e conservare nel suo cuore.
    Era preoccupata nel vederla cadere sempre di più nello sconforto e nella noia, ma tenerla rinchiusa era solo per il suo bene. L'avrebbe compreso quando sarebbe cresciuta.

    La madre estrasse dal forno gli ultimi biscotti di marzapane e li posò su un piatto.
    «Clarabella, ne vuoi assaggiare uno?»
    La bambina si voltò.
    Scese dalla cassapanca per andare a sedersi di fronte al tavolo.
    Anche la madre si sedette, prendendo posto di fronte alla figlia. Le abbozzò un lieve sorriso.
    «Tutto bene?»
    «Mi mancano i miei amici. Mi manca festeggiare Halloween...» Inclinò il capo, sorreggendolo con una mano. Incurvò le labbra in un broncio sconfitto.
    «Lo so, tesoro mio. Credimi manca a tutti gli abitanti del villaggio.»
    «Perché sono scomparsi tutti?» Domandò con un velo di lacrime negli occhi. «Non è giusto, non è giusto non festeggiare più Halloween», alzò un po' la sua stridula voce.
    La madre si alzò e andò verso la bambina. La girò verso di lei e le strinse le mani nelle sue. «Ascoltami, non possiamo permetterci che altri bambini scompaiono nel nulla», guardò più attentamente la figlia. Le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e le accarezzò la rosea guancia. «Non voglio perdere anche te. Ti voglio troppo bene.»
    «Anch' io ti voglio bene, mamma.»
    L'accolse fra le sue braccia. La prese in braccio e la coccolò, dandole un po' di conforto al cuore.
    Le diede un bacio sulla fronte e la adagiò al suo posto.
    Afferrò un biscotto. «Tieni, mangiane uno.»
    La bambina lo strinse con la manina e lo addentò.
    La madre, invece, si mise a sistemare la cucina sporca di farina.
    «Perché spariscono tutti qui...»
    «Non lo so... Nessuno lo sa...» Le rivolse un fugace sguardo.
    «Ci deve essere una spiegazione, no?» Chiese la piccola, piuttosto insistente.
    «Non lo so Clarabella, sono passati alcuni anni ormai...» Le rispose, mentre con uno straccio puliva la superficie legnosa del tavolo.
    «Nessuno sa il perché quindi? I grandi non hanno mai provato ad andare nel bosco?»
    «Solo una volta, credo... Hanno sospettato di un'anziana signora che abitava in una casetta isolata. Lei se ne accorse perché abbandonò subito la sua dimora. Da qual momento si arresero tutti alla maledetta sciagura.»
    La bambina non rispose, finì di guastare il suo biscotto.
    La madre asciugò le posate per poi rimetterle dentro a un cassetto della credenza.
    «Amore mio, è ora di andare a dormire.»
    La bambina sbuffò.
    Si alzò dalla sedia e salì le scale.

    Si preparò per la notte, indossando la sua lunga camicia azzurra.
    Si mise sotto la morbida trapunta color pervinca.
    La madre la rimboccò meglio.
    Si sedette a fianco alla piccola figlia. «Ecco fatto, stai bene al caldo.» Le stampò un altro bacio sulla fronte. «Buonanotte tesoro mio, fai dolci sogni d'oro.»
    «Buonanotte, mamma.»
    La lasciò, chiudendo la porta.
    «Mamma tienila aperta, per favore.»
    «Va bene, ma tu dormi.» Le sorrise dolce e comprensiva e la lasciò un po' socchiusa.

    La bambina si rigirò nel letto più e più volte. Nel suo comodino il ticchettio dell'orologio batteva i secondi. I minuti passavano e lei si rigirava ancora nel letto. Trascorsero delle ore e lei non smetteva di rivoltarsi fra le lenzuola. La bambina non aveva per niente sonno. Era tormentata da mille dubbi, curiosità e domande. Voleva riportare Halloween al suo paesino, voleva scoprire che segreti nascondeva l'oscuro bosco e perché dalla sparizione dei suoi amici, più nessuno vi era entrato senza uscirne vivo. Voleva e doveva scoprirlo.

    Si destò dal letto.
    Si mise le pantofole.
    Aprì l'armadio e tirò fuori la sua mantella di pelliccia blu, trapuntata di stelle argentate. La indossò sopra alla sottoveste.
    Senza fare rumore, spalancò i balconi e salì sul davanzale.
    Con un salto si ritrovò nel giardino della sua dimora.
    Si affrettò a scavalcare anche il cancelletto.

    Proseguì verso il fangoso sentiero, saltando qua e là tra le pozzanghere, fino ad arrivare all'entrata del bosco.

    Davanti a lei si innalzarono una miriade di oscuri e scheletrici alberi che oscillavano al vento. Uno spiraglio di luna rossa si rivelò sopra la bambina, come un occhio del diavolo pronto a vegliarla nel suo tortuoso e insidioso cammino.

    Clarabella deglutì a fatica e a pugni stretti avanzò nelle tenebre.

    Passeggiava accompagnata dal fruscio di foglie secche, calpestate sotto i suoi piedi.
    Non avvertiva altro suono, incombeva un silenzio di morte.
    Procedeva con molta cautela, quando udì un bubbolio. Due occhi ambrati comparirono da un ramo vicino.
    Arretrò sconvolta, portandosi una mano sul petto. «È solo un gufo.» Trasse un respiro di sollievo. «È solo un innocente uccellino.»
    Fece un passo, ma venne travolta da uno sciame di pipistrelli urlanti.
    Cacciò un urlo acuto e cadde a terra.

    Si rialzò all'istante, ansimando e tremando di paura. «Forse non è stata una buona idea», constatò ad alta voce.
    «Lo credo anch'io», rispose un'altra voce, seguita da una risatina maliziosa.
    Alla piccola si rizzarono i capelli e i peli che ancora dovevano crescerle. «C'è qualcuno?»
    «Ti conviene fuggire finché sei ancora in tempo», ripeté la voce con tono più severo e profondo.
    «Chi sei?» Provò a chiedere.
    «Meglio non saperlo...», rise beffarda.
    «Puoi mostrarti?» Insistette lei.
    «Solo se mi offri qualcosa che ti appartiene.»
    A Clarabella parve di giungere al suo orecchio il sibilo maligno di quella sconosciuta voce.
    Era stordita e confusa. Girava su sé stessa, in cerca di capire da dove proveniva.
    Si voltò e se lo ritrovò davanti. Venne ipnotizzata dalle sue iridi che ardevano come le fiamme dell'Inferno, cerchiati da due ombre nere, in contrasto con il magro e spigoloso volto dalla pelle cerea e liscia e dalle guance scavate. I capelli corvini erano tirati e pettinati all'indietro.
    L'avvolse nel suo mantello cremisi. Spalancò la bocca, rivelando i candidi e appuntiti canini. La piccola sgranò gli occhi inorridita.
    Il vampiro le affondò i denti nella tenera carne.
    Gridò e svenne a terra.
    La mostruosa creatura sparì nell'oscurità.

    Un turbinio di foglie la sollevò e la condusse più dentro al bosco.
    Si risvegliò.
    Sopra di lei, incombevano ancora i maestosi rami dei nudi alberi.
    Si tastò il corpo dolente. Si levò, ma venne invasa da un forte senso di vertigine. La vista le si annebbiò. Si prese la testa fra le mani, gemendo.
    Poco dopo riuscì ad alzarsi in piedi.
    La parte laterale del suo collo le bruciava.
    Con una mano percepì due fori.
    Si mise il palmo davanti agli occhi, era unto di scuro sangue.
    Quel mostro l'aveva morsa.

    Si osservò intorno, realizzando di non ritrovarsi più dove era prima.
    Era in un altro luogo.
    Attorno a lei aleggiava un lieve velo di nebbia bianca.
    Colse un flebile sofferente lamento.
    C'era qualcuno lì, stava piangendo.
    Clarabella tese le orecchie e tentò di capire la provenienza.
    La foschia si diradò, rivelando uno spiazzo illuminato dalla luna.
    Scorse un fantasma dal volto scheletrico che si dondolava su un'altalena.
    La bambina si bloccò, scioccata. Si stropicciò le palpebre per vedere se era solo un'allucinazione, ma lui era ancora lì con il capo chino verso il terreno. Aveva le labbra incurvate all'ingiù e gli occhi neri e profondi si scioglievano e colavano come la cera delle candele fino a materializzarsi in dense lacrime di triste abbandono.
    «Mi manca tantissimo la mia famiglia... Mi sento così solo...» Sussurrò lo spirito.
    La piccola trasse un lungo sospiro e provò ad avanzare verso di lui.
    Il fantasmino notò la sua presenza e la scrutò con un'espressione sfigurata, carica di dolore.
    «O tu non dovresti essere qui.» L'ammonì con voce tremante.
    La bambina allungò un braccio, voleva toccarlo.
    «Vattene via.» Lo spirito indietreggiò, terrorizzato.
    «Perché?» Domandò lei.
    «Sa...ra...i la...» Si portò le mani alla bocca. «Pro...s...si...ma.», balbettò a fatica.
    «Ma cosa stai blaterando?»
    «Troppo tardi», sbottò. Il fantasma corse via, perdendosi nel buio della foresta.

    Clarabella percepì vibrare sotto le sue pantofole. Il terreno si stava sgretolando. Alle sue spalle giunse una fredda folata di vento. Si voltò ed ebbe la conferma che gli alberi erano vivi. Stavano avanzando verso di lei con disinvoltura e rapidità, facendosi strada attraverso le loro grosse radici.
    Una di esse tentò di acciuffare la piccola che riuscì a schivarla in tempo e darsi a una pazza e disperata fuga.
    La bambina si ritrovò a fuggire via . Gli alberi non si arrendevano al suo inseguimento.
    Uno riuscì a raggiungerla e a prenderla. In un baleno si ritrovò avvolta dai rami che assomigliavano a dei lunghi e affusolati artigli.
    La sfortunata gridò e si dimenò come una vipera in cerca di combatterli, ma le graffiarono la pelle. «Lasciatemi andare!» Ordinò furiosa, prendendo a calci la corteccia.
    L'albero la ignorò e la stritolò nel suo mortale abbraccio.
    «Lasciami in pace, per favore!» Lo supplicò con le lacrime agli occhi. Il suo respiro diventava sempre più chiuso e rarefatto. I suoi polmoni bruciavano di dolore, disperati cercavano imploranti una boccata d'ossigeno.
    Clarabella piangeva e singhiozzava come un'isterica, pregando ancora la libertà, stava sprofondando dentro il tronco.
    «Lasciami andare!» Urlò ancora una volta, ma l'albero non udiva le sue parole.

    La condusse vicino a una laghetto, gettandola dentro.
    Nelle acque dense comparì un mostro dalle iridi bianche e dalle pupille romboidali simili a quelle di un maligno serpente. Incurvò le sue viola labbra in un ghigno, trasformandolo in un espansivo sorriso che rivelò una fila di denti affilati come spade, dai quali comparve una lingua sottile e rossa che leccò il viso della bambina.
    Terrificata, urlò e scappò in cerca di salvezza contro quell' essere che pareva volesse sbranala viva. La sirena, dalla coda cenerina, lunga e squamosa l'avvolse attorno alla sua miriade di tentacoli che le fuoriuscivano dal cranio. Le ventose si appiccicarono alla sua pelle e iniziarono a strusciarsi e a succhiarla.
    La bambina, in un attimo, si ritrovò vicino alle sponde della superficie melmosa.
    Clarabella sconvolta e tutta tremante, si aggrappò ad alcuni steli d'erba, cercando di riprendere fiato. Era distesa a pancia in giù, a terra, bagnata fradicia, con il cuore che minacciava di scoppiarle nel petto.
    Si protese in avanti verso l'acqua torbida. La rivide.
    Indietreggiò coprendosi gli occhi, ma la figura sconosciuta era ancora lì impassibile che la osservava incantata.
    «Chi sei?» Le chiese sottovoce.
    La bambina si scostò la mano dal volto e provò a guardarla di nuovo. Era brutta, ma non faceva più tanta paura.
    «Mi chiamo Clarabella. E tu chi sei?» Domandò a sua volta.
    «Sono uno spirito che vive in questa foresta. Tu, invece, non dovresti essere qui. Non è un luogo sicuro, soprattutto per una bambina piccola come te.»
    «Perché?»
    «Lei è qui, lei ti verrà a prendere... Lei prende tutti... Lei è cattiva...» La sirena si abbassò e scomparì negli abissi della pozza.
    Clarabella si rialzò in piedi, pulendosi dalle foglie secche che si erano attaccate al suo Cappuccetto Blu.
    Non riusciva ancora a trovare le risposte che desiderava. Solo una cosa era certa: il bosco era infestato da creature mostruose che stavano facendo di tutto per mandarla via, ma lei ormai ne faceva parte e doveva scoprire la verità.

    Più coraggiosa e temeraria di prima si rialzò e si addentrò ancora di più.

    Proseguì nell'oscura tranquillità.

    Giunse in mezzo a un prato di foglie larghe, dai folti e rigogliosi cespugli, dai quali sbocciavano giganteschi fiori gialli, rosa e bianchi, dai petali vaporosi e vellutati.
    Al suo passaggio gli steli vibrarono, liberando in aria un'infinità di lucciole dorate che si dispersero nella notte. Le guardò meravigliata, per la prima volta, da quando era in quell'inquietante e imprevedibile luogo, nel suo viso comparve un lieve sorriso.
    Si mise in punta di piedi e toccò un pistillo con l'indice.
    La primula si mosse e rivelò due occhi tondi, grandi e neri come quelli di un malvagio demone. I denti aguzzi morsero il dito della piccola che indietreggiò spaventata. «Ahi!»
    La terra sotto di lei tremò di nuovo.
    La bambina fece una giravolta.
    Tutti i fiori si schiusero e si risvegliarono, emettendo grugniti di rabbia.
    La piccola si ritrovò davanti a un orto di piante carnivore affamate.
    Prese a correre, a correre tanto veloce che il suo mantello ritornò asciutto.
    Un rosa riuscì ad addentare un drappo della sua cappa.
    Clarabella si fermò e lo tirò con forza fino a strapparlo.
    Vide il fiore morderlo e bagnarlo di saliva verdognola.
    Infine lo ingoiò ed emanò un sonoro e gutturale rutto.

    La bambina sbarrò le palpebre e fuggì via, lontano da quelle piante ingannatrici.
    Andò a sbattere contro qualcosa di freddo e duro.
    Si ritrovò distesa a terra. Alzò un po' il capo e scorse un'ombra scura incombere su di lei.
    Man mano che si avvicinava pareva sempre più alta e imponente, andò a oscurare la luna sopra di lei.
    Di fronte a lei c'era una faccia tonda, imbavagliata da molte bende grigiastre che lasciavano scoperti solo gli occhi dalle orbite sporgenti iniettate di sangue e dalle iridi color ghiaccio. Aveva la punta del naso morsicata e macchiata di rosso. Le labbra screpolate mettevano in evidenza i denti marci e inceneriti. Lo zombie protese un braccio mummificato verso la piccola.
    Sfiorò con il pollice la sua morbida guancia emettendo un pesante sforzo carico di dolore.
    Clarabella strisciò all'indietro, sconvolta nel sentire il suo tocco così ruvido e glaciale.
    Un brivido le corse lungo la schiena.
    Quando si allontanò notò che aveva tutto il corpo ricoperto di garze e nelle parti scoperte si intravedevano le ossa con attaccati ancora dei resti di carne putrefatta. Le mani erano lentigginose, mangiate dalle mosche e dalle larve.
    La bambina represse un conato di vomito.
    «Non puoi stare qui, devi andartene via.» Le disse, dandole le spalle.
    La piccola si rimise in piedi. «Posso sapere perché questo bosco è infestato? Perché è pieno di mostri che sembrano volermi uccidere?» Si imputò. Non poteva più provare timore.
    «Nessuno ti vuole uccidere», confessò il mostro. «Vogliono solo spaventarti.»
    «Perché?» Chiese confusa.
    «Tu devi andare via da qui, non è posto per una bambina.» L'ammoni pure lui.
    «Questo me lo hanno già detto», rispose quasi irritata. «Sono stanca di farmi ripetere le stesse parole!» Urlò arrabbiata. Serrò i pugni, cercando di mantenere la calma. Trasse un respiro profondo. «Io sono qui perché ho bisogno di risposte. Me le sapresti dare tu?»
    «Il bosco è stato maledetto. Posso solo dirti questo. Vattene prima che lei arrivi.»
    «Lei chi?» Lo incalzò, ma lo zombie si dissolse come sabbia al vento.

    Clarabella era avvilita di non aver ancora ricevuto risposte, ed esausta d'incontrare solo mostri che la mettevano in guardia, ma ora qualcosa in più sapeva: esisteva una lei nella foresta, forse la persona cattiva su cui avevano fatto ricadere i sospetti gli abitanti del villaggio.

    Più si inoltrava, più il terreno era coperto da trasparenti e sottili filamenti e più gli alberi si diradavano, lasciando spazio ad altri arbusti e rosari spogli, spinosi e neri.
    La bambina non indugiò e proseguì, prestando attenzione a ogni spuntone che le piombava davanti.
    Avanzò ancora. Il cammino diventò tortuoso e insidioso, la vegetazione si era fatta più fitta e i filamenti erano diventati più spessi e più aggrovigliati.
    Continuò fino a fermarsi di fronte a due arbusti che gli impedivano il passaggio.
    Si voltò.
    Dall'oscurità si accesero una moltitudine di occhi rossi
    La piccola indietreggiò, ma si incatenò tra i rami degli arbusti e tra i fili di bava umidi e gocciolanti di brina.
    Gridò paralizzata dal terrore.
    Era caduta nella trappola di un gruppo di tarantole pelose che stavano avanzando verso di lei, la loro succulenta preda.
    «No!» Urlò disperata in cerca di un aiuto.

    Udì un nitrito.
    All'orizzonte scorse un animale avanzare al trotto di rumorosi zoccoli.
    Era un unicorno a otto zampe color fragola. Giunse davanti a lei. Si rizzò su quattro zampe, i suo occhi gialli lampeggiarono. Nitrì furioso, spalancando la bocca e rivelando due file di denti a sciabola appuntiti come quelli di un dinosauro. Servendosi del suo corno magico e dorato, fendette e strappò le ragnatele delle nemiche tarantole, liberando la povera piccola.
    La fece salire in sella.
    Clarabella si ritrovò insieme a un bambino senza testa.
    Con una mano teneva le redini dell'animale e con l'altra teneva stretta una zucca.
    Portò la bambina in salvo, schiantandosi contro un tronco robusto di un abete.
    Clarabella cadde a terra, poco distante da lei ruzzolò anche la zucca.
    Tossì e annaspò tra la polvere del terreno.
    Si sedette in ginocchio.
    Notò che la zucca emanava un bagliore verde brillante.
    Si rialzò e la riprese tra le mani, osservandola attentamente.
    «Mi puoi sentire?»
    «Non dovresti essere qui, mia cara bambina. Il bosco oscuro è infestato da creature cattive, è stato maledetto da una strega. Scappa prima che ti trovi. Lei è qui. Ti ha visto e ti sta cercando, scappa...» L'avvertì prima di cadere a terra e rompersi in mille pezzi. Lo spirito che vi era all'interno scomparve nella foresta, lasciandola sola.

    Era vero, dietro alla sciagura si nascondeva una donna malvagia.
    Nella sua mentre echeggiarono le parole della madre: "Hanno sospettato di un'anziana signora che abitava in una casetta isolata. Lei se ne accorse perché abbandonò subito la sua dimora."

    Doveva trovarla e sconfiggerla.

    Si affrettò a scovare ogni minimo indizio che la conducesse alla dimora della donna.

    Era di nuovo in mezzo alla foresta, circondata da alti pini secolari.
    Avvertì dei sibili sinistri.
    Dai bassi cespugli e dalle felci comparvero altri spiriti.
    La seguirono. «Clarabella», presero a chiamarla. «Clarabella», ripeterono il suo nome.
    La piccola si bloccò, girandosi di scatto.
    Non c'era anima viva.
    Fece spallucce e riprese il cammino.
    «Clarabella, ora non puoi più sfuggire», disse una voce al suo orecchio sinistro.
    Si immobilizzò, chiuse gli occhi e si morse il labbro, consapevole che altri mostri la stavano perseguitando.
    «Sei in trappola», affermarono.
    «Smettetela subito!» Sbottò infastidita. «Non mi fate più paura.»
    «Verrà a rapirti», risero malefiche.
    «Mostratevi a me! Non voglio giocare!» Gli rispose decisa, non celando alcun timore.
    «Presto sarai una di noi.»
    I fantasmini apparirono uno alla volta di fronte alla bambina. Avevano la pelle diafana. Le fanciulle assomigliavano a minute ed eleganti bambole di ceramica, mentre i fanciulli sembravano degli scheletri viventi da quanto erano magri e sciupati.
    Sospesi in aria, la osservavano con occhi spenti e vuoti.
    Avanzarono in gruppo verso di lei fino ad accerchiarla.
    Sopra di loro risplendette la luna di sangue, colorando il bosco di una scura sfumatura color porpora.
    La piccola più li scrutava più scorgeva qualcosa di familiare nei loro volti.
    «Non fatemi del male, vi prego.» Li supplicò, abbandonando la sicurezza di poco fa.
    «Troppo tardi.», sibilarono all'unisono.
    Uno di loro le afferrò le braccia e gliele legò dietro alla schiena.
    «Cosa volete farmi?» Le si incrinò la voce. «Chi siete voi? Perché non mi lasciate in pace?»
    Un altro le imbavagliò la bocca, stritolandola un po'.
    «Siamo i bambini che la strega ha maledetto», risposero in coro.
    Clarabella tremante e con gli occhi velati di lacrime realizzò che tutte le creature finora incontrate erano i bambini scomparsi. Erano i suoi amici, quelli che desiderava tanto riabbracciare.
    «Dobbiamo portarla da lei.»

    La condussero dalla strega cattiva.

    La bambina si ritrovò davanti alla casetta in legno dal tetto spiovente. Il camino fumava e dall'interno proveniva una luce fioca.

    Clarabella si girò e li vide tutti.
    Il vampiro che l'aveva morsa, il fantamsino piangente, la sirena del laghetto, lo zombie che le aveva subito voltato le spalle, il bambino senza testa in sella all'unicorno e tutti quelli che l'avevano trascinata fino a qui.
    «Salva i tuo amici dalla maledizione. Salvaci e riportaci dalla nostra famiglia.»
    La piccola acconsentì e si voltò.
    Venne colpita da un palloncino rosso.
    «Vuoi giocare con noi?» Di fronte alla veranda c'era un clown pallido e malaticcio. Indossava una tuta gonfia e pieghettata, chiusa sul centro davanti da dei grossi e pelosi bottoni, accompagnata da una gorgiera a balze che gli nascondeva il collo. Aveva una chioma di capelli ricci e ramati, lo facevano sembrare più alto. Inclinò il capo di lato, regalando un perfido sorriso alla bambina.
    «Unisciti a noi.» I suoi occhi azzurri lampeggiarono di malizia.
    «Tieni, prendi un dolcet...» Non fece in tempo a porgiglielo che una mano ossuta e grinzosa spuntò dalla porta, cacciandolo via.
    I bambini urlano spaventati e andarono a nascondersi nel bosco.
    La bambina sobbalzò. Dentro alla casa c'era lei.
    Deglutì a fatica.
    Compì i tre gradini che la separavano dall'entrata.
    Afferrò il pomello e lo girò, aprendo la porta.
    Entrò.
    Gli spiriti fecero capolino da dietro le piante.

    Clarabella si ritrovò in un salottino caldo e confortevole.
    Il fuoco crepitava vivace dentro al camino. A fianco c'era una poltrona verde oliva in velluto.
    La bambina si accomodò.
    Da un angolo buio e remoto avvertì un rumorio di passi.
    La piccola si irrigidì e stette con il fiato sospeso.
    La strega si sfregò le mani e andò verso di lei. «Bene bene, chi abbiamo qui...»
    Clarabella spalancò le palpebre, terrorizzata.
    L'aveva trovata.
    L'anziana avanzò verso di lei. Le prese il mento fra il pollice e l'indice per osservarla meglio. «Che bel visino hai», sogghignò perfida.
    Aiutandosi con il bastone si sedette vicino alla bambina.
    Nella stanza calò il silenzio.
    Clarabella non si era mai ritrovata davanti a tanta bruttezza. Sul capo portava un appuntito cappello, dal quale fuoriuscivano ciocche di capelli grigi, screziati di bianco. Un lungo abito le copriva il corpo tozzo e robusto. La sua pelle deturpata e rugosa era cosparsa di bruni nei e rossi bitorzoli, qua e là spuntava anche qualche nero pelo. I suoi occhi, colpiti dalla cataratta, erano uno tinto di azzurro e l'altro color nocciola. Il suo naso era gonfio e grosso come una mela. Le sue sottili labbra nascondevano quei pochi denti neri che li restavano attaccati alle gengive verdastre.
    «È lei che ha rapito i bambini del bosco oscuro?»
    Annuì con il capo con fare superiore e rise beffarda.
    «Lasciali liberi. Sono innocenti.» Si alzò dalla poltrona e le urlò in faccia. «Lasciali tornare dai loro genitori!»
    «Mai...», ripose impassibile. «Loro, adesso, appartengono a me.»
    «Cosa li hai fatto? Perché sono così...», la sua voce si incrinò. «Così mostruosi?»
    «Li ho maledetti, mia cara bambina. Ho preparato dei biscotti di marzapane. Ho gettato nell'impasto alcune gocce della mia malizia e un po' di macabra magia. Durante le notti di Halloween li sparsi e li nascosi nel bosco. I bambini vennero subito attirati dal loro colore arancio accesso, non indugiarono a raccoglierli. Li divorano in grandi bocconi e ben presto divennero tutti delle creature orribili. Con il passare degli anni, quelli già maledetti mi aiutarono ad attirare anche tutti gli altri.»
    Clarissa era sconvolta da quella sua confessione. «Perché fa questo?»
    «Perché se io non posso avere i miei figli, nemmeno gli altri genitori hanno il diritto di rivedere i loro.»
    La bambina era sempre più allibita. «Non ha senso.»
    «Per me ha molto senso, bambina mia. È la mia vendetta contro il male che mi hanno fatto.»
    La fissò di sottecchi, non capendo ancora le sue reali motivazioni. «Chi ti ha fatto del male?» Provò a domandare.
    «Tanto tempo fa, avevo anche io dei figli, li volevo troppo bene. Avevo sposato un marito che si era rivelato un ingannatore, mi ha tradita con un'altra donna e sono caduta in disgrazia e in povertà, perché mi aveva rubato tutti i risparmi di una vita. Perciò non riuscivo più a prendermi cura di me stessa e dei miei piccolini. Ogni giorno diventavo sempre più stanca e i miei figli erano sempre più affamati. Mio marito scoprì che la sua amante non poteva avere dei bambini, così...» La sua voce si spezzò e le sue labbra fremettero. «La notte di Halloween si intrufolo in casa mia e li rapì nel sonno.» La strega ruppe in un disperato pianto carico di lacrime e singhiozzi.
    A Clarabella si strinse il cuore. Stava provando un po' di pena per l'anziana donna.
    «Me li portò via, non li rividi più.» Tirò sul col naso e si destò dalla poltrona. «Ho perso i miei figli, ho perso la mia famiglia, ho perso le persone più care al mondo per colpa...» Si fermò. La sua espressione mutò di colpo, rivelando uno sguardo più severo e imperturbabile.
    Puntò i suoi malefici occhi contro la bambina. «Vieni con me. Forza!»
    Acciuffò la bambina per il Cappuccio e la portò nella cucina. La costrinse a sedersi al tavolo.
    «Adesso stai qui, buona buona, non azzardarti scappare o dovrò gettarti nel forno.»
    Proprio dal forno la vecchia estrasse dei biscotti. Li mise davanti a Clarabella.
    Sgranò gli occhi quando notò che erano identici a quelli che preparava sua madre.
    «Mangiali tutti, adesso!» Le ordinò con tono minaccioso e rauco. «O ti metto dentro il forno!» Le ripeté ancora una volta.
    La bambina si alzò dal suo posto. «Devo ritornare a casa.»
    «Tu non tornerai mai a casa», sbraitò al limite della sua pazienza.
    «Mia madre ha bisogno di me. E tu hai bisogno di...» Si fiondò verso la porta.
    Riuscì a spalancarla e a fuggire via.
    «Maledetta! Ti riprenderò!» Urlò la strega cattiva.

    Gli spiriti si accorsero che correva via, allontanandosi dalla dimora della vecchia.
    La inseguirono tutti insieme.
    «Dove stai andando?» Domandò il vampiro.
    «Devo tornare a casa mia», rispose senza fiato.
    «Ma tu devi salvarci dalla strega», aggiunse il piccolo zombie.
    «Vi salverò, ma prima devo ritornare dalla mia mamma.»
    Il fantasmino fischiò.
    Un ululato squarciò la notte.
    Al fianco di Clarabella comparì un lupo dal pelo folto, grezzo e grigio striato di nero, dagli occhi ambrati. «Sali sulla mia schiena, ti porterò a casa il prima possibile.»
    La bambina acconsentì e si fece volentieri aiutare.

    Come una furia si precipitò nella sua abitazione correndo su per le scale «Mamma, mamma!» La chiamò a gran voce. «Svegliati!» Saltò a cavalcioni sopra il letto. «Mamma, svegliati, svegliati!»
    La donna accese la lampada sul comodino.
    «Hai fatto un altro incubo?» Domandò assonata.
    Sbadigliò e si stropicciò gli occhi per mettere a fuoco la figura della figlia.
    Era bagnata, indossava la cappa macchiata di fango.
    «Ma cosa hai fatto!» Sbottò rizzandosi seduta e levandosi dalle coperte. «Perché sei tutta...»
    «Devi venire con me.» La interruppe la piccola. «Ho scoperto che fine hanno fatto i bambini», saltò entusiasta sul letto. «Li ho trovati mamma, e so anche chi li ha rapiti, ma devi venire con me, sei l'unica che può liberarli dalla maledizione.» Scese dal letto e le affermò la mano.
    «Ma cosa stai dicendo, Clarabella!?» La rimproverò, scioccata e preoccupata. «Datti una lavata e fila a dormire!»
    «No mamma, devi credermi, per favore.» La implorò.
    La madre lesse nelle sue iridi azzurre la sua sincerità.
    «Devi credermi.» Stava per scoppiare a piangere.
    La donna si mise le pantofole, indossò la sua rosa vestaglia e corse, insieme alla figlia, in mezzo al bosco oscuro.

    Nella frettolosa fuga la madre notò con aria sconvolta tutte le anime che la stavano inseguendo.
    «Tranquilla mamma, non vogliono farti del male, sono i bambini scomparsi. Dobbiamo aiutarli.»

    La bambina bussò alla porta della casetta.
    «Sei ritornata, sciocca moccio...» Le parole le morirono in bocca. Davanti a lei vide un'altra figura, più adulta e matura, ma giovane e bella, dalla pelle liscia e rosea, dagli occhi celesti e dai capelli biondi.
    «Ti presento mia madre, lei fa i biscotti uguali ai tuoi», affermò la piccola con disinvoltura.
    «È vero?» Chiese sua madre, scrutando il viso della povera e vecchia strega.
    «Perché non glieli fai vedere?» Propose la bambina.
    La madre ancora fissa a osservare l'anziana, si irrigidì sulla soglia.
    «Dai, mamma. Vieni con me.»
    La figlia la condusse nell'angusta a disordinata cucina. «Eccoli.» Li indicò con l'indice. «Sono sopra al tavolo.»
    La donna avanzò da sola. «Per favore, non mangiarli, sono avvelenati, ti trasformerai anche te...»
    Sua madre vide la strega comparire dietro di lei. «Conoscevo solo un'altra persona che li faceva così...» Li sfiorò sbalordita. «Era mia madre.»
    «Impossibile», sbottò la strega sicura del suo istinto.
    «Ma sono identici.» Si intromise la bambina. «Scommetto che hanno anche lo stesso sapore dolce e gustoso.»
    «Mia madre li preparava la notte di Halloween. Li realizzava per me, per le mie amiche e per tutti gli altri bambini più piccoli, fino a quando...» Le si ruppe la voce. Un magone le soffocò il respiro. Tentò di cacciare le lacrime indietro, ma era una ferita sempre dolorosa da toccare. «Mi sono ritrovata in una nuova famiglia...»
    Alla vecchia si illuminarono gli occhi. «Io ho perso i miei figli, mio marito me li ha portati via, non li ho mai più rivisti.» Si abbandonò su una sedia. «Non riuscivo più a sopportare la loro mancanza, mi arrabbiai tantissimo con me me stessa e anche con gli altri genitori, nessuno mai mi aiutò a ritrovarli. Mi arresi e mi ritirai qui, nel bosco, nella mia solitudine a sperare, finché il mio amore si spense del tutto e caddi nelle tenebre, mi abbandonai alla mia sconfitta, al mio dolore, alla mia più terribile perdita. La mia vita non aveva più senso senza l'affetto e la cura per i miei piccoli tesori. Iniziai a odiare tutte le famiglie, tutti i genitori felici e completi insieme ai loro figli che architettai la mia vendetta. Volevo lasciarli senza figli, in modo che capissero quanto straziante era avere il cuore sgretolato in mille pezzi e l'anima dilaniata dalla sofferenza per non essere stata abbastanza, per non essere stata una brava madre.»
    Clarabella e sua mamma ascoltarono in silenzio la confessione della strega che ora sembrava un'anziana donna sfortunata, abbandonata a un triste e ingiusto destino.
    «Aveva una figlia?» Domandò la donna giovane.
    «Sì», rispose la vecchia alzandosi in piedi.
    «Come si chiamava?»
    «Evelyne.»
    «Io mi chiamo Evelyne.» Si portò le mani alla bocca, sconvolta. «Sei mia madre, quella che ho perso...» Le si riempirono gli occhi di lacrime, mentre il suo cuore scoppiò di gioia.
    «Ti ho ritrovata.» Andò ad abbracciarla.
    L'anziana si abbandonò alla sua calda e affettuosa stretta, affondando nel petto della figlia ritrovata. «Mi sei mancata tantissimo», confessò tra i singulti. «Sei un sogno che si realizza.»
    «Anche tu mi sei mancata da morire, mamma.»
    A Clarabella luccicavano gli occhi di immenso stupore nel vedere la sua mamma abbracciare la sua.
    Corse e si intrufolò nel loro abbraccio.
    La strega la guardò dall'alto e le regalò un amorevole sorriso. Le accarezzò il vellutato viso.
    «Che bello avere una nonna. Ti voglio bene.»
    La strega la prese in braccio e le stampò tanti piccoli baci sulle sue guance arrossate. «Sei la mia più grande felicità, nipote mia. Sono fiera e orgogliosa del tuo coraggio. Senza di te, mai nulla sarebbe cambiato. Grazie per avermi riportato mia figlia.»
    La rimise giù.
    «Ora tocca me a chiederti un favore. Devi liberare i bambini dalla maledizione.» Le prese le mani. «Non ti abbandoneremo mai, non dovrai più sentirti sola perché siamo noi la tua famiglia. Anche gli altri bambini devono ritornare dai loro genitori. E tu potrai venire a casa con noi e lasciare questo posto.»
    «D'accordo, ma dovrete darmi una mano a infarinare altri biscotti, senza alcun sortilegio dentro.»
    Madre e figlia annuirono e si scambiarono uno sguardo d'intesa.
    Nella notte, tutte tre insieme si diedero da fare a impastare, infornare, farcire e zuccherare altri biscotti.
    La bambina andò in mezzo al bosco e li distribuì a tutte le creature oscure e cattive.
    Gli spiriti li mangiarono e pian piano iniziarono a ritornare normali, nelle vesti dei loro costumi di Halloween.
    Il vampiro diventò un fanciullo paffutello. Da sotto un candido lenzuolo comparì un bambino lentigginoso. Alla sirena le crebbero di nuovo le gambe che vennero coperte da un'ampio e voluminoso abito da principessa. Lo zombie mutò in un ragazzo vero, vivo, in carne e ossa. L'unicorno si trasformò in un grazioso cagnolino, seguito da un bambino travestito da zucca, vivace e allegro. Al licantropo scomparì il pelo, rivelando un giovane vestito da lupachiotto. Anche gli alberi, i fiori carnivori e i ragni diventarono dei bambini insieme ai loro amici vestiti da bambole, scheletri e pagliaccetti.

    La strega, la madre e la bambina furono soddisfatte nel vedere la magia compiersi.
    «Ritornate a casa dalle vostre famiglie, siete liberi», annunciò la vecchia.
    I bambini obbedirono e corsero via.

    Ritornarono nelle loro dimore. Si misero a letto e si addormentarono, seguiti da Clarabella.

    Il giorno dopo il villaggio venne scosso da numerosi trambusti. Si assistettero a urla, pianti e risate perché i bambini erano di nuovo insieme ai loro genitori.
    Nessuno seppe e nessuno mai chiese come avvenne il miracolo.
    Solo Clarabella lo sapeva e lo custodiva nel loro cuore.

    Da quel giorno venne di nuovo celebrata la festa di Halloween.

    La strega divenne un'anziana donna gentile e premurosa. A ogni festa preparava i suoi biscotti di marzapane. Alcuni li regalava, altri li andava ancora a nascondere nella foresta.

    I bambini che aveva rapito, ora la guardavano con occhi diversi e andavano a chiederle sempre altri dolcetti. Lei amava tanto quei bambini, e i bambini adoravano tanto lei che presto la chiamarono tutti quanti "nonna".

    Clarabella aveva spezzato la maledizione. Sua madre non doveva più aver paura di perderla, perché aveva trovato sua madre e sua figlia adesso aveva una nonna.

    Vissero per sempre felici e contente.

    FINE.





    Edited by -Laura- - 24/4/2024, 17:35
     
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    Eccomi qui dopo il tuo commento al contest di Halloween.
    Ti confesso che all'inizio con tutti quei personaggi/mostri nella foresta ero un po' confusa, ma poi alla fine ho compreso la loro natura di bimbi perduti e tutto è tornato al suo posto in maniera ben delineata e sensata. Mi è piaciuta molto la piccola protagonista e anche i vari riferimenti alle fiabe che hai messo qua e là.
    Come sempre la tua scrittura è ricca, soprattutto nelle descrizioni, ma mai pesante. Da un po' di tempo a questa parte trovo anche meno refusi (non che la reputi una cosa grave di per sé), brava! Incredibile comunque quanti topos letterari in comune abbiano le nostre due storie, si vede che siamo cresciute con e amiamo le fiabe - almeno quando le scrivi tu si avverte parecchio. Ti faccio i miei complimenti cara e alla prossima!
     
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    Niente male. I mostri che cercano di spaventare la protagonista sono la metafora di come la paura possa proteggere dai pericoli e quello che è successo alla strega è la prova di cosa possa creare una società corrotta, e il come si è risolto tutto mostra che solo il bene sconfigge il male e che l'odio si sconfigge con l'amore.
     
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