LA MALEDIZIONE DI SETH

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Anima Sola e Incompresa

    Group
    Signori di Andúnië
    Posts
    691
    Reputation
    +638
    Location
    Multiverso, insieme a Loki, il Dio delle Storie

    Status
    Offline

    Categoria: bollino verde (per ragazzi di 10-13 anni)
    Genere: Mitologico/Fantasy/Avventura/Sentimentale
    Sinossi: La madre di Jamal organizza una festa la notte di Halloween nella sua villa inglese per aiutare suo figlio adottivo a instaurare nuove amicizie con i suoi compagni di scuola...
    Ma non va come previsto...
    Durante la caccia ai biscotti di marzapane Jamal viene rinchiuso, per scherzo, nella soffitta dove sveglierà il fantasma di una mummia che gli rivelerà la sua vera discendenza.
    Note Aggiuntive:
    "Per chi ha amato Percy Jackson e gli Dei Dell’Olimpo. Per chi ha amato Magnus Chase e gli Dei di Asgard”
    Questo racconto lo dedico a voi.
    Buona Lettura.💛



    LA MALEDIZIONE DI SETH


    “…è più facile odiare che amare…”



    Nel cielo blu trapuntato di fulgide e argentate stelle, aleggiavano, come fantasmi, nuvole gonfie e plumbee. Circondarono la cerea luna dal volto sfigurato, segnato da un urlo di solitario terrore.
    Dalla foresta un ululato si disperse nelle tenebre del bosco scheletrico fino a giungere nelle vie del villaggio.
    Ogni abitazione era addobbata a festa: penzolanti, dalle vetrate delle finestre, i ragni tessevano giganti ragnatele. Nei giardini, cosparsi di foglie sfumate dai colori del tramonto, c’erano una moltitudine di zucche arancioni dai ghigni perfidi e malefici. Alcuni spaventapasseri decapitati incombevano minacciosi, creando ombre nere sull’erba. Lenzuoli candidi, appesi ai rami degli alberi, ricordavano gli spiriti dei parenti defunti.
    Qualcuno all’entrata delle dimore aveva lasciato già dei dolcetti color arcobaleno.
    La magica notte di Halloween era calata nella campagna inglese e attendeva solo la resurrezione dei suoi mostri.

    Nella villa, in stile liberty, di una famiglia egiziana si assaporava un’atmosfera calda e confortevole. Dai corridoi e dalle innumerevoli stanze provenivano voci allegre, urletti isterici e risate acute di bambini, impegnati in una proficua caccia al tesoro.
    La Signora Zahirah, dai lunghi capelli bruni ondulati e dall’animo gentile e amorevole, stava infornando altri Kahk*. Aveva organizzato una festa solo per il figlio di nove anni, invitando i suoi nuovi compagni di scuola, nella speranza che la sua vita sarebbe pian piano migliorata. Desiderava molto vedere il figlio sereno, giocare insieme con i giovani della sua età, desiderava tanto che avesse degli amici; non voleva più vederlo solo e venire escluso perché considerato diverso solo per essere stato abbandonato sulla riva di un fiume.
    Lei non poteva avere figli, così aveva deciso di adottarlo, insieme al suo marito, il Signor Shamal.

    «Tesoro, desideri dei biscotti e una tazza di tè con del latte freddo?» Domandò, andando ad appoggiare il vassoio sopra alla scrivania in legno di mogano antico e pregiato.
    Il maritò girò la sedia. In bocca teneva una pipa fumante e in mano aveva dei fogli ingialliti, concentrato in una minuziosa lettura.
    Li gettò sopra al tavolo e guardò la moglie con i suoi occhi neri e profondi. Sbuffò. «Sì lascia pure qui.» Prese in mano una penna stilografica e si mise a firmare altre scartoffie.
    «Non hai ancora finito di lavorare?»
    Dal piano di sopra un tonfo sordo seguito da altre urla spezzò un attimo di tranquillità.
    Il marito roteò gli occhi all’insù, mostrando una faccia di disgusto e impazienza.
    La moglie le rivolse un’espressione dolce e comprensiva. «Si stanno divertendo molto.»
    «Anche troppo adesso», constatò l’uomo, che si abbandonò sullo schienale dondolandosi un po’ sulla comoda poltrona in velluto porpora.
    «Vorrei solo che avesse degli amici.»
    «Sei sicura che tutto questo», gesticolò con le mani «casino, lo stai facendo solo per lui?»
    La donna lo osservò senza proferire parola.
    «O lo stai facendo anche per te?» La incalzò, giocando con la penna tra le dita della mano destra.
    «Perché dici questo?» Lo attaccò con voce incrinata, i suoi occhi mostrarono il velo di una lacrima.
    «Ho visto quanto ti considerano le altre madri, come ti scrutano male dall’alto al basso. Per loro non sei nessuno, non vali niente. Quello che vuoi per tuo figlio, credo lo vuoi più per te stessa. Non sei abituata a venire lasciate in disparte, in Egitto eri…»
    La moglie lo interruppe subito. «Quello che faccio lo faccio solo per nostro figlio», sbottò con tono deciso. «Voglio vederlo felice. Non è quello che un genitore dovrebbe fare?» Lo rimbeccò come per accusarlo di qualche colpa.
    «Non credo funzionerà», tagliò corto lui. «Metteranno solo in subbuglio la casa. La domestica lunedì mattina si licenzierà notando tutto lo sporco lasciato da quei marmocchi.»
    La madre innervosita lasciò lo studio del marito e scomparve dalla sua vista.

    Un bambino, travestito da vampiro, spalancò una porta. «Trovati!» Gridò «Ho trovato altri tre biscotti.» Si fiondò giù per l’ampia scalinata, mettendo i dolcetti dentro al cestino a forma di zucca.
    «Ehi, c’ero prima io!» Lo prese per il mantello una streghetta dalle trecce lunghe e ramate.
    «Chantal trova anche gli altri del gruppo, devi impedire che trovino gli ultimi biscotti», parlò un fantasmino sbucato dal buio.
    «E tu cosa credi di fare, Dylan?»
    «Misterooo», rispose, imitando la voce di uno spirito.
    «Abbiamo già controllato tutte le stanze qui sopra, non ci sono altri dolcetti. Gli ultimi saranno al piano di sotto!» Gli urlò contro, ma il bambino la ignorò e fuggì via.

    «Ma dove ti eri cacciato!» Esclamò un Frankestein in miniatura.
    Dylan afferrò la spalla dell’amico, cercando di riprendere fiato.
    «Forza, di qua, queste sono le ultime stanze», fece eco un altro bambino.
    «C’è anche la soffitta!» Aggiunse Jamal.
    Dylan alzò la testa e rivolse uno sguardo malizioso al suo vicino.
    Di fianco a loro due bambole assassine spalancarono un’altra porta. «La soffitta?» Domandò la più bassa. «No, io lì non ci salirò mai», affermò la seconda. «Chissà cosa nascondono…»
    «Fifone, avete forse paura?» Le incalzò il loro amico fantasmino, facendoli l’occhiolino.
    Le due bambine si scambiarono uno sguardo complice.

    Il gruppo si ritrovò ai piedi dell’angusta e impolverata scala che portava alla soffitta.
    «Lasciamo andare Jamal», propose Dylan.
    «Sì, lasciamo andare lui», incalzarono due piccoli zombie.
    «Perché?» Chiese confuso, voltandosi verso gli altri.
    «È casa tua. Diamo a te l’onore di trovare gli ultimi biscotti», disse il fantasmino con aria altezzosa.
    «Sì, ma io non voglio andare lì sopra. È da tanto…»
    Dylan fece un passo verso di lui, puntandogli le sue iridi blu contro. «Se lo farai ti promettiamo che diventeremo amici, per davvero.»
    «Non ti prenderemo più in giro», affermò sicura una bambina.
    «Non ti ruberemo più la merenda», aggiunse l’altra.
    «E a pranzo potrai sederti al nostro tavolo», concluse uno scheletrino.
    «Ti abbiamo convinto?»
    Jamal acconsentì con il capo.
    «Ora va, forza! Dobbiamo vincere contro gli sfigati della scuola.»
    Il bambino si voltò di spalle, con un braccio si aggrappò allo scorrimano. Deglutì a fatica. Aveva paura. Nessuno della famiglia ci era ancora entrato lì dentro da quando erano venuti ad abitare in Inghilterra.
    Dylan e il suo amico più fidato lo seguirono.
    Jamal mise la mano attorno al pomello, avvertì che era gelato. Fece un respiro profondo, lo girò e con uno scatto la porta si aprì, rivelando l’oscurità.
    Il bambino si girò, sobbalzando spaventato.
    «Entra, che stai aspettando?» Lo forzò il fantasmino.
    Jamal si voltò e fece tre passi.
    Nel volto di Dylan comparì un sorriso subdolo e perverso. Lo spinse dentro, facendolo cadere in ginocchio. Sbatté la porta, girando il pomello all’incontrario, chiudendolo all’interno. Rise divertito. «Addio!» Scese le scale, seguito dallo zombie. «Ci sei cascato!» Esclamò, irrompendo in una fragorosa risata.
    Anche gli altri si sbellicarono fino al mal di pancia.
    Il bambino provò ad aprire la porta, ma era bloccata allo stipite. «Non è divertente! Tiratemi fuori!» Gridò impaurito, ma gli altri continuarono a scherzare. Gli si velarono gli occhi di lacrime. «Tiratemi furi di qui! Aiuto! Per favore! Voglio uscire! È troppo buio, non vedo niente!» Prese a singhiozzare.
    È così ingenuo», disse una delle bambine.
    «E patetico», confermò uno dei due zombie.
    «Dai, andiamo via.» I bambini corsero lungo il corridoio, diretti al piano inferiore.
    «Frigna quanto vuoi, chiama pure la mammina. Tanto non ti sentirà!» Gli urlò infine Dylan, prima di scappare via insieme al suo gruppo.

    Jamal si arrese e si mise con la schiena contro il legno della porta.
    Un raggio di luna, che filtrava dal vetro rotto del lucernario, illuminò le sue scarpe.
    Si rialzò e si strofinò i vestiti. Sotto di lui c’era qualcosa di morbido.
    Avanzò nel buio come un cieco, alla disperata ricerca di aggrapparsi a qualcosa di familiare, ma andò a sbattere solo a qualcosa di alto e duro.
    A tastoni provò a individuare quello che lo circondava.
    Prese in mano quella che sembrava assomigliare a una clessidra.
    La studiò con le mani fino a individuarne una specie di pulsante. Lo premette con forza e si accese: era una lampada. Jamal la osservò con più attenzione. Era un manufatto antico e pregiato, decorata con intarsi floreali dorati. Emanava un insolito bagliore vermiglio che illuminava in parte la stanza.
    Jamal iniziò a scrutarsi intorno. Sotto di lui c’era una coperta morbida di sabbia. Rimase un attimo stranito. Prese la lanterna in mano e si mosse verso il centro della soffitta. Era un disordine di mobili, scaffali, libri e oggetti di antiquariato disposti alla rinfusa, sommersi da uno strato di spessa polvere grigia, ragnatele e nera muffa.
    Il bambino scorse una superficie lucida, nascosta sotto un drappo di un bianco tessuto. Lo scostò e lo fece scivolare a terra. Davanti trovò la sua immagine riflessa su uno specchio ovale dalla cornice decorata in argento. Rimase lì, immobile, a fissare il suo corpo mingherlino e sciupato. Aveva la pelle liscia color caramello, i capelli lucidi e corvini e due iridi luminose sfumate di castagno. La sua carnagione scura si differenziava troppo da quella più chiara dei suoi coetanei. Era l’unico a non aver indossato un costume quella sera, suo padre gli aveva proibito di acquistarlo perché contrario alla cultura occidentale, così si ritrovò a mettere uno dei suoi soliti completi: pantaloncini blu, maglione color crema accompagnato da una camicia inamidata di lino. Era diverso dagli altri, non lo avrebbero mai accettato come un loro amico anche se di animo paziente, buono e gentile.
    Jamal avvertì dell’aria fredda avvolgerlo in un abbraccio. Alle sue orecchie parve giungere un sospiro sinistro. Si irrigidì di colpo, un brivido gli scese lungo le vertebre.
    Si voltò di scatto, ma non c’era nessuno.
    I suoi occhi caddero sopra una bizzarra cassa. Si avvicinò con cautela e si accucciò. Sotto a un tavolo sbilenco c’era un sarcofago dorato con incastonate delle pietre preziose multicolore e incisi dei disegni orientali. Jamal accarezzò la ruvida e rovinata superficie, rivelando il volto di una divinità.
    Si soffermò su alcune frasi di una preghiera, scritta in geroglifico.
    “Tu illumini le tenebre, tu emetti aria dalle tue piume, e tu inondi le Due Terre come il grande Sole all'alba. La tua corona permea la sommità del cielo, tu sei il compagno delle stelle e la guida per ogni uomo. Tu sei caritatevole nel decretare e parlare, il favorito e i prediletto fra tutti gli dei…”

    Uno sordo boato fece vibrare la soffitta. Jamal si ridestò.
    Di fronte a lui il sarcofago prese a tremare e a rimbalzare.
    Indietreggiò scandalizzato, con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta.
    Si precipitò verso la porta, tentando di scardinarla.
    Un’ ombra nera si avvicinò verso di lui, diventando sempre più maestosa e minacciosa.
    Jamal spaventato, sudaticcio e con il cuore che gli rimbalzava nel petto, si voltò cacciando un urlo di agghiacciante terrore.

    Sua madre al piano di sotto si soffermò preoccupata.
    Uscì dalla soglia da pranzo e notò un gruppo di bambini rincorrersi nell’ampio atrio della casa.
    Fece un passo verso di loro, ma un pensiero intrusivo la bloccò. Non voleva fare la madre ficcanaso e iperprotettiva, suo figlio era da qualche altra parte a giocare con i suoi nuovi amici. Trasse un respiro di conforto e ritornò alle sue faccende domestiche.

    Jamal gridò ancora e si coprì il volto con le mani.
    Un indice fasciato gli tastò la spalla.
    «Vattene via! Mostro! Ritorna da dove sei venuto!»
    L’essere sconosciuto si schiarì la gola.
    Il bambino abbassò le braccia. Di fronte a lui c’era una mummia coperta da innumerevoli strisce di bende filanti scolorite che lasciavano scoperti solo gli occhi infossati, dalle pupille luccicanti e dorate. Jamal venne ipnotizzato dalla loro luminescenza. «Chi sei tu? Puoi parlare?»
    La creatura tossì forte, formando una nuvoletta di fuliggine nell’aria. «O sì certo che posso parlare», rise divertito.
    Il bambino sbiancò e sbatté contro il muro.
    «Sono lo spirito di una mummia», si presentò con tono autorevole «E tu sei?» Chiese con voce stridula e gentile, mostrando un sorriso quasi sdentato.
    «Mi chiamo Jamal», rispose con una smorfia di disgusto.
    «Come hai fatto a svegliarmi dal mio eterno riposo?»
    «Non lo so… Loro mi hanno rinchiuso qui…»
    «Loro chi?» Si fece più curioso e si avvicinò al piccolo giovane.
    Lui non rispose. Si accasciò a terra e iniziò a piangere, affondando il viso tra le sue gambe.
    «Perché piangi, adesso?» Domandò preoccupato, mordicchiandosi le unghie che non aveva.
    Jamal singhiozzò e scosse il capo.
    «Scusa, non volevo spaventarti», disse affranto e con voce rotta.
    «Non sono miei amici. Sono dei mostri. Mi hanno fatto un altro scherzo. Pensavo di potermi fidare, pensavo volessero essere miei amici almeno questa sera, ma mi hanno ingannato, ancora», singhiozzò «e ancora», tirò su col naso. «E continueranno ancora a deridermi perché sono egiziano, perché provengo da un altro Paese. Per loro sono solo strano e diverso. Mi odiano e mi disgustano.» Si asciugò le lacrime. «E hanno ragione, perché io non sono nessuno. Sono solo e abbandonato. Vorrei tanto sapere chi è la mia vera famiglia e perché mi hanno lasciato.»

    La mummia lo osservò in silenzio, con occhi pieni di compassione. Gli accarezzò un braccio. «Vorresti aiutarmi? Anche io devo cercare la mia famiglia, forse se ci aiutiamo a vicenda possiamo ritornare a casa entrambi, non credi?» Propose, inclinando la testa di lato.
    Il bambino lo guardò confuso.
    La mummia un po’ in imbarazzo si girò e andò verso la sua tomba.
    Si mise a gesticolare e a farfugliare. «O quanta robaccia c’è da sistemare qui.» Prese a lanciare ovunque ogni oggetto che gli passava per le mani. «Questo no, questo non è.»
    «Cosa stai facendo adesso?» Domandò accigliato.
    «Questo non li assomiglia per niente.»
    Il bambino non ottenne risposta.
    «O eccolo l’ho trovato!» Esclamò felice. «Ah no!» Lo rigirò e lo rigirò sul palmo. «È solo uno stupido libro.» Lo tirò quasi dritto in faccia al bambino. «Stai più attento! Accidenti!»
    «Scusa», borbottò. «Eccolo qui!»
    Jamal si pose dietro al corpo della mummia che prese un papiro rilegato.
    Lo spirito srotolò il foglio che rivelò una mappa antica e sbiadita. La spostò verso il giovane curioso.
    «Che cos’è?»
    «Vieni vicino a me.»
    Jamal si sporse davanti al sarcofago, la mummia emise con un ghigno e lo spinse dentro.
    Il bambino urlò e cadde nel buio totale, seguito dalla mummia.

    Jamal riaprì pian piano le palpebre. Cercò di muoversi, ma gli doleva ogni arto del corpo. Gemette di dolore.
    «Buuu!» Il fantasma della mummia gli piombò davanti al viso.
    Il bambino urlò, spaventato.
    «Su, forza, rialzati.» Lo invitò.
    Jamal si rimise in piedi. Si guardò intorno. Era in un luogo sconosciuto, freddo e umido, dove regnava l’oscurità delle tenebre.
    «Dove siamo?» Domandò spaesato.
    «Nel vuoto, più vuoto. Qui tutto doveva venire ancora plasmato e definito», iniziò a parlare, volando da una parte all’altra. «Aspetta e vedrai…» Si pose davanti a lui. «Voglio raccontarti una storia…»
    “C’era una volta, tanto tempo fa, il vuoto, dove la Dea del cielo Nut dominava il caos delle tenebre. Un giorno, da un remoto mondo, giunse a farle visita il Dio della terra, Geb. Si innamorarono e diedro alla luce quattro figli.
    Iside e Osiride erano i più splendenti. Fin da quando erano nel grembo della madre, manifestarono un legame molto profondo. Quando nacquero, Iside divenne la Dea dell’amore, della maternità, della magia e dell’assoluta regalità, mentre il fratello Osiride discese fra gli uomini e gli insegnò l’agricoltura e l’arte della produzione del vino. Uniti insieme fecero costruire, tra la sabbia dorata di un deserto, un regno, dove il loro popolo li ringraziava, li adorava per la loro sincera, onesta e umile gloria, fondata solo sull’amore e sulla bontà.”


    Il bambino rimase stupito del luogo in cui la mummia lo aveva condotto.
    Era in Egitto.
    Le acque scroscianti del Nilo, erano azzurre e limpide, brillavano come mille diamanti sotto la luce calda del tondo e luminoso sole. Lungo le sue sponde cresceva rigogliosa una moltitudine di piante verdi brillanti, dove alcune donne, con indosso lunghe e candide tuniche, lavavano i panni e i bambini giocavano e facevano il bagno. Al di là del fiume, sopra un’altura, sorgeva un’immensa città di alti palazzi. Dalle vie si udivano risate e schiamazzi e anche qualche imprecazione. La strada principale conduceva dritta al tempio, dove abitavano le loro sacre e immortali divinità. Verso il cielo blu chiaro si innalzavano una imperiosa Sfinge e tre Piramidi di mattoni color sabbia.
    La mummia guardò Jamal «Sei pronto a seguirmi durante questo viaggio?»
    Il piccolo annuì senza proferire parola, troppo incantato dalle meraviglie di quel nuovo mondo.
    La mummia compì un passo in avanti e seguita dal bambino si inoltrarono nella città.
    Entrarono in una stanza del divino palazzo, nascondendosi dietro il velo di una tenda.
    Jamal guardò il fantasma.
    “Iside e Osiride erano i sovrani dell’Egitto. Erano perdutamente innamorati uno dell’altra. Il loro amore era tanto forte, quanto la loro bruciante passione carnale e spirituale che li stava lentamente consumando il corpo e l’anima. Non passavano ora, minuto, secondo senza sfiorarsi. Rimanere separati era un’agonia struggente.”
    Jamal vide Osiride inginocchiarsi davanti alla sua amata.
    «Desideri diventare mia moglie?»
    «Sì.»
    Il Dio le infilò un anello dorato con un rubino rosso al suo anulare sinistro. Si alzò e abbracciò la sua sposa.
    Si scambiarono un inteso e profondo bacio del loro potente amore. Tanto potente ma non eterno…
    Non tutti furono d’accordo alla loro unione.

    La mummia riprese per mano Jamal.
    Si ritrovò in un’altra stanza. Era avvolta dal buio, illuminata solo da alcune fiaccole appese a dei tripodi al muro.
    Al centro c’era un uomo, la sua testa assomigliava a quella di un tenebroso sciacallo. Nelle sue iridi ardevano rosse e furiose fiamme.
    “Seth, il fratello maggiore, aveva sempre odiato il loro amoroso rapporto, era disgustato dalla loro incestuosa relazione. Nutriva una profonda gelosia verso la bellezza, la potenza e la gloria perfetta della sorella che voleva averla tutta per sé, e ancora peggio, era invidioso verso il fratello Osiride, troppo ingenuo e buono per essere degno di governare insieme a una donna autorevole come la sorella. Quel trono aspettava a lui, aspettava a lui governare il regno insieme a Iside. Odiava il loro amore, troppo infantile e sciocco, e odiava il suo popolo che continuava ad adorare solo loro due, mettendo così in ombra tutte le altre divinità.
    Non poteva più sopportarlo, doveva cambiare il loro destino.
    Continuava a interrogarsi nelle sue stanze, facendo avanti indietro, sempre più scosso e in collera, finché nella sua mente si plasmò la vendetta più malvagia e crudele che nessun Dio avesse mai escogitato.
    Chiamò all’ordine i sue servi più stretti e fidati. «Non posso permettere che la loro gloria nasconda quella mia e degli altri dèi. Come hanno potuto compiere un atto così avventato. Sono fratelli, dannazione! Che insegnamento danno al popolo! Dobbiamo fare qualcosa o presto l’Egitto soccomberà per colpa del loro insulso amore!» Si soffermò e rifletté, accarezzandosi il mento. Nel suo volto comparì un ghigno sinistro. «Farò un banchetto, organizzeremo una festa in onore di tutte le divinità maschili. Costruirete, per me, un sarcofago tutto d’oro e incastonato di mille pietre preziose, le più rare e pregiate del deserto e lo porterete alla festa. Chi riuscirà a entrarci sarà suo per sempre e la sua tomba per l’aldilà…», rise malefico.
    I servi obbedirono agli ordini del loro perfido padrone e lasciarono le stanze per completare l’opera."


    La mummia cancellò la scena davanti agli occhi di Jamal in una nera foschia.
    Il piccolo si ritrovò in cima a un’ampia terrazza ovale, sospesa nel cielo blu trapuntato di stelle argentate. All’orizzonte si stagliavano gli aguzzi contorni delle tre Piramidi. Soffiava un leggero vento tiepido. Il luogo era illuminato da molte fiaccole vibranti. Al centro c’era una lunga tavolata coperta da una tovaglia ricamata in oro. Sopra era cosparsa di colorate e squisite prelibatezze. Attorno al banchetto c’erano molti uomini di bell’aspetto intenti a intrattenersi con risate e scherzi. Sembravano felici… In mezzo a loro Jamal scorse anche la figura di Osiride.
    “La festa ebbe inizio tra canti, danze e cibo, tanto cibo.” La mummia aveva la bava alla bocca.
    Jamal lo scrutò con una smorfia basita.
    “Venne interrotta dal Dio Seth che comparì all’improvviso, seguito dai suoi servi che sorreggevano a fatica la bara.
    «Amici miei», avanzò fra la folla.
    Gli invitati smisero di bere e mangiare.
    «Che piacere avervi tutti qui, questa notte.»
    Seth fece cenno ai suoi schiavi di seguirlo fin sopra una specie di altare che si trovava davanti alla tavola imbandita.”

    Jamal si accorse che il sarcofago era molto molto simile a quello trovato nella sua soffitta. Era coperto d’oro, con incastonate mille pietre arcobaleno, con incisi dei geroglifici e intarsiato di disegni animaleschi e floreali.
    La mummia si rivolse al bambino. «Mi stai ascoltando?» Gli diede una gomitata. «Non distrarti.»
    Il giovane rinvenne dal suo stato trasognato.
    “Seth salì i gradini e i suoi servi posizionarono il sarcofago sopra all’altare.
    Aprì le braccia e si rivolse ai suoi amici. «Questo è un regalo che offro a voi, miei dèi. Ma solo uno potrà possederlo e farlo suo per sempre. Solo chi riuscirà a entrarci perfettamente.»
    Nella terrazza piombò un imbarazzante silenzio.
    «Chi vuole tentare?»
    Uno a uno, in fila indiana, ci provarono. Alcuni erano troppi alti e grossi, altri troppo bassi e minuti, altri troppo grandi che il sarcofago rimaneva mezzo aperto.
    L’ultimo della compagnia fu Osiride.
    Seth lo invitò con un inchino. «Osiride, mio caro fratellino.»
    Il Giovane e innocente Dio salì sull’altare.
    Seth, con un sorriso malizioso, vide il suo piano compiersi.
    Osiride si posizionò dentro. Tutti guardarono stupefatti. Ci stava perfettamente con le gambe e le braccia ben distese a pochi millimetri dalla parete.
    Seth rise di malvagità e lo intrappolò dentro.
    «La festa è finita!» Urlò.”
    La scena scomparve evaporando in un fumo cenerino.
    “Seth ingannò il fratello. Gettò il sarcofago nel fiume Nilo."

    Jamal guardò preoccupato la mummia. «E adesso dove finirà?»
    “Il sarcofago navigò per giorni e notti nel Nilo, tra onde impetuosi, circondato da famelici coccodrilli e serpenti che volevano sbranarlo, fino a che…”

    Il bambino si ritrovò in una nuova città.
    «Benvenuto a Biblo.» Esordì lo mummia.
    Jamal era davanti alle porte di una città in costruzione e in espansione, che si affacciava sul mare.
    La mummia volò dentro alle mura, scomparendo in mezzo alla folla.
    Jamal corse per raggiungerla.
    Era in mezzo a un chiassoso caos di persone dalla pelle abbronzata. C’erano schiavi piegati in due che portavano sulla schiena sacchi pieni e mattoni pesanti, altri uomini stavano ergendo nuovi e imponenti edifici. Alcuni artigiani scolpivano nuovi utensili da lavoro, le donne tessevano tessuti e i bambini correvano tra un vicolo e l’altro, bisticciando con i loro animali.
    La mummia comparì alle spalle del bambino e lo spinse verso la foce del Nilo.
    “Il sarcofago discese il fiume fino al mare per poi fermarsi, dove un albero di acacia lo avvolse coi propri rami, intrappolandolo. Sprofondò nel legno, unendosi all’albero, l’oro si mescolò al legno come anche le pietre preziose.
    Nei tempi avvenire, quell’albero venne tagliato e dal tronco venne ricavato un pregiato pilastro per il palazzo reale della città.”

    Jamal era sconvolto. «È morto?»
    «No,» tossì sabbia, «Diciamo che si stava facendo un lieve riposino», rise la mummia.

    “Era Iside a soffrire la sua perdita.”
    La mummia abbracciò il bambino per mostrargli uno scenario diverso.
    “Iside piangeva china sul letto matrimoniale, la sua scomparsa. Temeva che l’avesse abbandonata.
    «Amor mio dove sei finito?» Si chiedeva.
    Non poteva crederci, perché in cuor suo sapeva che qualcuno gli aveva fato del male. Disperata, tentò di cercare aiuto.
    Andò a fare visita a ciascun fratello, ma nessuno le diede le risposte che sperava.
    Finché…”


    La mummia girò di spalle il bambino.
    Adesso erano entrambi nascosti dietro alla ruota di un carro.
    “Stanca e accaldata, arrivò alle porte della dimora del fratello maggiore.
    Seth l’accolse a braccia aperte. «Buongiorno, mia cara sorellina.»
    «Posso entrare?» Domandò gentile.
    «Accomodati pure.» Si spostò per farla entrare.”
    «Andiamo dentro anche noi», disse la mummia trascinando Jamal dentro all’abitazione.
    «A cosa devo l’onore di questa tua visita?»
    Iside si voltò verso il Dio.
    «Osiride è scomparso. Non lo trovo più, è da giorni ormai che non fa ritorno a casa. Sono molto preoccupata.»
    Seth rivelò il suo malefico sorriso e ruppe in una profonda risata subdola.

    Jamal rabbrividì, cominciava a spaventarlo.
    «L’ho rinchiuso in un sarcofago e l’ho gettato nelle acque del Nilo», confessò con molta disinvoltura e naturalezza, come se non avesse commesso nulla di atroce.
    Iside sgranò gli occhi e indietreggiò. Si portò una mano al petto, toccata dalla verità appena rivelata. Andò a sbattere contro una parete. «Perché lo hai fatto?» Domandò. Il suo volto si scolorì, mostrando un’espressione sconvolta. «Ti ha forse importunato?» Aggiunse. «Avete litigato?» Era davvero turbata, poiché non riusciva a realizzarlo ancora bene.
    «No, niente di tutto ciò», rispose distaccato. Avanzò, a passo lento, verso di lei. «Sono solo stanco, Iside», sospirò. «Stanco di venire messo da parte, stanco di non essere adorato come un vero Dio.» Seth si pose di fronte alla sorellina. Iside avvertì il suo fiato sul suo collo. «Vi siete pure sposati, ma che fratellini adorabili.» Le prese il mento tra il pollice e l’indice. Ammirò le sue labbra rosee e vellutate e i suoi occhi color nocciola. «Siete sempre attaccati, fate sempre tutto insieme, siete così disgustosi.» La lasciò andare. «Credete veramente che il vostro odioso amore sia abbastanza per tenere in piedi un regno grande come l’Egitto?»
    «Cosa ci trovi di male?»
    Seth ci pensò un attimo. «L’Egitto ha bisogno di due sovrani irascibili, autoritari, forti e potenti, molto potenti che sappiano mantenere un’armonia costante tra il Bene e il Male. Un regno ha bisogno di leggi e di regole ferree per durare a lungo, non di certo un effimero sentimento come l’amore.
    «Forse perché non credi nella sua potenza. Forse perché non credi nella potenza del nostro amore…», sbottò in collera.
    «L’amore è solo per i deboli. Un Re non può dimostrarsi mai fragile.»
    «Tu vuoi comandare come un tiranno.»
    «Oh Iside», sbuffò «Non essere sempre così melodrammatica.»
    «Tu sei solo un egoista invidioso di mio marito.» Gli urlò.
    Seth le strinse una mano attorno al collo.
    La Dea si sentì soffocare. I suoi occhi divennero lucidi e rossi.
    «Io voglio governare l’Egitto insieme a te», sibilò con tono suadente.
    Un freddo brivido scese lungo la schiena della prigioniera.
    «Ti amo tanto Iside. Ti ho sempre amato. Io posso darti tutto l’amore che brami anche di più di quello che ricevi da Osiride.» Le diede un bacio sulla guancia.
    Jamal aveva il fiato sospeso. «Cosa vuole farle?»
    Iside si scansò dal fratello, parandolo via. «Smettila. Non succederà mai. Io ti odio.» Gridò con le lacrime agli occhi. «Ti odierò per sempre. Hai portato via mio marito e mio fratello. Mi hai spezzato il cuore.»
    Spalancò la porta e corse fuori. Seth la raggiunse. «Sono tuo fratello anch’io!»
    La donna si voltò a guardarlo con aria furiosa. «Tu non meriterai mai il mio amore.»


    «Cosa succede adesso?» Domandò Jamal, mentre uscivano anche loro dalla dimora del Dio.
    «Vieni con me», gli strinse la mano. Insieme salirono in cielo e sorvolarono numerose villaggi e città.
    “Iside non voleva darla vinta al fratello maggiore, così si mise in viaggio alla disperata ricerca del marito.
    Fino a giungere a Biblo.”

    «Lo ritrova vero? Dimmi, lo ritrova? Non è così?» Chiese il giovane in forte apprensione.
    «Non essere così insistente… Guarda…»
    “Iside, servendosi delle sue doti magiche, entrò a far parte della corte reale e a diventare nutrice del piccolo Principe della regina Nemano, ma di Osiride non vi era alcuna traccia.
    Era sempre più triste e avvilita. Senza il suo amore, la sua vita era diventata monotona, vuota e spenta. La felicità nel suo volto era scomparsa, lasciando solo patimento e tanta, tanta tristezza.
    Iside continuò ad allevare il piccolo principe. Una mattina lo prese in braccio e lo condusse nel tempio della città per renderlo immortale.
    La regina Nemano sospettosa del suo insolito comportamento, la pedinò e fece irruzione nel sacro luogo.
    Iside era davanti a un focolare, sopra, sospeso in aria, teneva il figlio della Regina.
    «Non toccare mio figlio!» Le ordinò, correndo incontro al piccolo, strappandolo dalle grinfie della donna. «Chi sei veramente, tu?»
    Iside svelò il suo vero aspetto divino alla sovrana che subito indietreggiò, colpita dalla sua sublime bellezza, ma soprattutto dalla sua divinità.
    «Mi dispiace», rispose affranta. Distolse lo sguardo, abbassandolo come segno di sottomissione. «Non volevo fargli del male.»
    «Perché sei qui, che cosa vuoi da noi?» Domandò, osservandola un po’ impaurita.
    «Sto cercando mio marito Osiride… L’ho perso…» Una lacrima rigò il suo volto.
    «Credo di sapere dove potrebbe trovarsi.»
    A Iside si illuminarono gli occhi di gioia.”


    La mummia condusse Jamal all’entrata del palazzo reale.
    “La sovrana consegnò il sarcofago che era stato estrapolato dalla colonna del suo palazzo.
    Iside l’abbracciò e la ringraziò, benedicendo lei, il piccolo principe e l’intera città, donando agli abitanti un sereno e florido futuro di gloriose ricchezze.”


    Il bambino e la mummia ritornarono nella casa della dea.
    Era in ginocchio, di di fronte al sarcofago.
    “Iside con la sua magia riuscì a forzare la serratura. Quando lo aprì, il povero marito era già divento una mummia. Il suo corpo, rimasto troppo tempo rinchiuso, era morto per la mancanza d’aria e si stava già decomponendo.
    Iside urlò disperata. Le fece male il cuore trovarlo in quelle pietose condizioni.”

    Jamal si rattristò.
    La mummia si strappò un pezzo di benda e si soffiò il naso.
    «Deve fare qualcosa? Non può salvarlo?» Chiese il piccolo. Alzò lo sguardo verso la mummia.
    “Dopo aver accettato il dolore, si rimise in forza e, pensando alla potenza del suo amore e l’odio che avrebbe provato Seth nel vederli ancora uniti più di prima, riuscì a ricomporre il suo corpo servendosi delle sue doti magiche.”
    Jamal si voltò verso Iside. In ginocchio pregava in una lingua incomprensibile, mentre una nube grigia e viola avvolgeva il sarcofago. Iniziò ad agitarsi e a tremare, finché Osiride comparì in carne e ossa.
    “Riuscì, perciò, a riportarlo in vita. Iside si tuffò nella bara e lo abbracciò con gli occhi splendenti di gioia. «Osiride, mi sei mancato tantissimo.»
    «Iside, mi hai salvato! Grazie.»
    «Ti amo tantissimo.»
    «Ti amo tanto anch’io.»

    La mummia irruppe in un pianto, dai suoi occhi zampillarono lacrime di felicità. Strinse il bambino in un confortevole abbraccio.
    Lui lo scrutò perplesso. Tutto d’un tratto si sentiva più sollevato.
    “La notte calò e si ricongiunsero sotto le stelle del deserto. Si appartarono dentro un tenda.
    Osiride si accoccolò sopra l’amata e prese a baciare ogni centimetro del suo corpo fino a liberarla dalla sua tunica bianca.”

    «Ecco meglio che non vedi questa parte! Sei ancora troppo piccolo!» Gli coprì gli occhi.
    «Ma!»
    Divenne tutto buio.

    Il bambino era nella dimora degli dèi.
    “Nelle settimane avvenire Iside scoprì di essere incinta, mentre Osiride stava perdendo la sua luce, stava diventando sempre più debole.
    Iside accorse a sorreggerlo. «Amore mio, cosa ti sta succedendo?»
    «La tua magia Iside, non durerà ancora a lungo… Sto per morire…»
    «No, non puoi, non adesso, Osiride, per favore. Ho bisogno di te.»
    Svenne fra le sue braccia.
    Iside lo fece riposare nel loro letto e lo vegliò nelle settimane avvenire. La sua pelle esangue diventava ogni giorno più grigia, cerchiata da ematomi violacei. Gli occhi erano sempre più incavati in due ombre nere. Le sue labbra erano candide e screpolate. Il suo corpo risultava sempre più magro e diafano. Stava peggiorando.
    Iside provò ancora a ridestarlo con l’aiuto della magia, ma non bastava come non bastava più il suo amore e tantomeno quello del figlio appena nato.
    Una mattina si accorse che ormai non c’era più nulla da fare. Gli chiuse le palpebre e piangendo in silenzio lo ripose nel suo sarcofago. Prese in braccio suo figlio e abbandonò il palazzo.”

    La mummia condusse Jamal in un nuovo luogo vicino alle sponde del Nilo.
    “Iside aveva nascosto il corpo del marito tra gli alti e verdi giunchi in modo che nessuno potesse scovarlo o farli del male. Nel frattempo si occupava di nutrire e crescere il figlio in una capanna ai margini di un povero villaggio.
    Un servo di Seth era di passaggio e la scoprì insieme al piccolo.
    Andò subito a informare il suo padrone.”
    «No!» Gridò Jamal.

    La mummia prese il bambino di peso per riportarlo all’interno del palazzo del dio Seth.
    Vide lo schiavo riferirli tutto.
    «Signore abbiamo scoperto Iside, alle foci del Nilo, in compagnia di un piccolo bambino. Credo sia suo figlio.»
    Seth lo acciuffò e lo sollevò da terra.
    Le sue iridi lampeggiarono di rabbia e incredulità. «Ho sentito bene?» Domandò basito.
    «Sì, ha un figlio, mio Signore.»
    Seth avvertì la furia e l’odio ribollire dentro il suo corpo. «Hanno generato un figlio!» Gridò irato.
    Lasciò andare lo schiavò e si abbandonò su una sedia. «Maledizione!» Si strofinò le tempie dolenti.
    Un figlio significava un futuro erede. Erede del regno d’Egitto. Quel regno non sarebbe mai stato suo, non avrebbe mai governato, non sarebbe mai diventato Re.
    Doveva pensare, dove agire, doveva attuare un nuovo piano.
    Chiamò altri servi. «Voi verrete con me. Ho bisogno del vostro aiuto. Domani partiremo verso il fiume Nilo.»
    I servi obbedirono e preparano tutto il necessario per il viaggio.


    Jamal e la mummia li seguirono nel loro cammino, volando nel cielo fino al tramonto.
    “Nella notte Seth e i suoi servitori si immersero nelle acque del Nilo, spiarono Iside che dormiva insieme al piccolo figlio.
    Tra gli steli, con gran sorpresa, notarono il sarcofago di Osiride.
    Seth si sfregò le mani e rise perverso.
    Con la sua magia lo liberò dalle erbacce e dall’incantesimo della sorella. Lo aprì rivelando il corpo morto del minore.
    «Mi dispiace tanto Osiride», afferrò un braccio e glielo staccò.”
    Il bambino si coprì il viso. «Non voglio vedere.»
    “Seth distrusse il corpo del fratello e quella stessa notte sparse i suoi resti putrefatti in tutto l’Egitto.”

    «Adesso puoi guardare.» Lo invitò la mummia.
    “La mattina seguente Iside andò a trovare il defunto marito nel suo sarcofago, ma era aperto e lui era scomparso. Cacciò un urlo carico d’angoscia, spezzando la quiete del giorno.
    Seth, che era ancora lì nei paraggi, udì i suoi lamenti e uscì allo scoperto.
    Si presentò davanti alla dimora della dea.
    «Seth.» Gli puntò contro i suoi crudeli occhi. «Dov’è mio marito!?»
    «Ora non lo è più», bofonchiò. «L’ho sparso per tutto l’Egitto.» Sorrise soddisfatto. Si avvicinò a lei. «E adesso tu.» La prese per i capelli. «Verrai con me. Servi miei, legatela nelle prigioni sotterranee. Assicuratevi che non scappi.»
    «Ti odio.» Digrignò i denti rabbiosa.
    Io vi odio entrambi.» Seth le voltò le spalle. «Portatela via.»


    Jamal aveva di nuovo gli occhi gonfi di lacrime.
    La mummia era distrutta quanto lui. Lo prese per mano. «Vuoi ancora continuare il viaggio?»
    Jamal annuì in silenzio.
    “Iside era rinchiusa nelle prigioni segrete del palazzo reale. Incatenata, piangeva d’impotenza. La sua anima era devastata dal dolore. Arresa in ginocchio si abbandonò tra urla di rabbia e singhiozzi. Aveva perso il marito e aveva abbandonato il piccolo figlio.
    Sembrava ormai tutto perduto, finché la sorella Nefti e altre sette dee vennero a liberarla.”

    Nel viso di Jamal si riaccese la speranza. La mummia gli sorrise.
    «Iside!» Esclamò la dea e aprì la cella.
    Si fiondò per liberarla dalle catene.
    «L’avete trovata!» Proruppe una delle donne con un sospiro di sollievo. Poco dopo accorsero anche le altre compagne.
    «È stata un’impresa difficile scovarti», confessò Nefti.
    «Come mai siete qui?» Chiese Iside, mentre si massaggiava i polsi indolenziti.
    «Ci è giunta notizia dei piani malefici di Seth ed è da tempo che Osiride non viene a farci visita», parlò una delle dee.
    «Che fine ha fatto nostro fratello?» Domando la sorella minore.
    «È morto», rispose con voce rotta.
    Ci fu un eco di sorpresa fra le donne.
    «Come?» Nefti si portò una mano alla bocca e guardò Iside con occhi spaventati.
    «Seth ha gettato i resti del suo corpo per tutto l’Egitto.» Iside si aggrappò alla sorella. «Per favore, dovete aiutarmi.» Le rivolse uno sguardo supplichevole. «Io non posso vivere senza di lui.»
    Gli dei alleati acconsentirono e si misero alla ricerca dei pezzi perduti del copro di Osiride.


    “Dopo mesi di ricerche ciascuna trovò un suo arto.”
    La mummia condusse il bambino nella casa della dea.
    “Infine si riunirono e ognuna consegnò un pezzo.
    Insieme lo ricomposero, fasciandolo e mummificandolo."

    Jamal notò che quel corpo imbalsamato assomigliava molto al fantasma che gli stava raccontando la storia.

    La mummia lo accompagnò in una distesa desolata. Regnava la quiete e la pace.
    Il bambino lasciò la presa e avanzò verso la terra bianca e deserta che si incontrava con il cielo azzurro terso.
    «Dove siamo?» Domandò spaesato.
    «Nei Campi Aaru. È il Paradiso Egizio. Qui gli dèi possono rinascere e ritornare in vita. Guarda…» Gli indicò con l’indice una figura indistinta.
    “Iside portò il corpo del marito al centro della radura. Lo distese sul terreno e si sedette in ginocchio vicino a lui. Inspirò lentamente, serrò le labbra e chiuse gli occhi. Appoggiò le mani sopra l’amato defunto. Pregò, pregò affinché si risvegliasse, pregò affinché resuscitasse, ma non accadde. Iside, allora, insistette con la sua magia, ma era troppo tardi, perché di Osiride erano rimasti solo dei pezzi decomposti.
    Iside si strinse il petto, si accasciò e si abbandonò a terra. Il suo grido squarciò il silenzio del Paradiso. L’aveva perso per sempre. I suoi occhi si riempirono di lacrime. Scoppiò in un agonizzante e sofferente pianto di strazio e patimento. Il suo cuore si spezzò in mille pezzi e la sua anima cadde nel dolore più atroce. Ora era sola e senza amore. Non avrebbe mai più amato nessuno.”

    Jamal aveva le guance rigate di lacrime «Non può finire così…»

    La mummia con il volto triste, a capo chino lo prese in braccio e lo riportò vicino alla riva del Nilo.
    “I giorni passarono lenti. Divennero sempre più angosciosi. Iside non riusciva più a reggersi in piedi, aveva perso la sua bellezza, la sua grazia, la sua potenza e la sua magia.
    Non si può vivere senza amore…
    Avanzò verso le sponde del fiume. In mano teneva un pugnale. Osservò l’affilata e lucida lama.
    Se lo portò al petto e conficcò la lama nel cuore per liberarlo dal male.”

    «No!» Urlò il bambino, pronto a correre verso la donna.
    «Jamal fermati!» Lo bloccò subito la mummia.
    “Dalla profonda ferità sgorgò del sangue che andò a spargersi nel terreno.
    L’Egitto era rimasto senza i loro dèi. Presto cadde in rovina. Perse il suo caldo colore. I palazzi iniziarono a sgretolarsi. Il Nilo esondò, coprendo i villaggi vicini e distruggendo le loro meraviglie dorate. Le piramidi si sbriciolarono e divennero sabbia. Il mondo piombò nell’oscurità, le terre divennero aride e secche. Fra il popolo dilagarono conflitti, lotte e gravi pestilenze.
    Dalle tenebre giunse il dio Seth, glorioso di aver vinto contro l’amore dei fratelli. Imprigionò tutte le divinità in modo che non lo ostacolassero e quando furono tutti legati nelle sue prigioni, prese in mano il regno che gli era sempre aspettato. Diede inizio a una nuova dinastia di faraoni perfidi e tiranni. Intrappolarono il povero popolo sotto il loro dominio e comando. Il regno si spezzò in due, soffocato dal controllo del Male, governato dall’odio e dalla rabbia del dio Seth, per sempre.”

    «Come per sempre?» Chiese il piccolo.
    «Per Sempre…», ripeté la mummia
    «Ma non può finire così!» Si impuntò.
    «Non è finita…»
    «Cosa succede dopo?»
    Lo spirito non rispose. Si chiuse in sé stesso e abbassò il capo, affranto. «Davvero non riesci a capirlo?»
    Nella viso di Jamal era impressa solo un’espressione sconvolta.
    «Io sono Osiride. Pronunciando alcune preghiere, mi hai risvegliato dall’Oltretomba, dove mio fratello mi aveva imprigionato.»
    Aveva notato una vaga somiglianza, ma mai lo avrebbe pensato che potesse essere la stessa mummia.
    «E c’è solo una persona che può liberarmi dalla maledizione.»
    «E chi sarebbe?» Domando con voce tremante.
    «Tu.» Gli abbozzò un lieve sorriso imbarazzato.
    «Io!» Sbottò il giovane, sempre più scioccato. «Ma come…»
    «Tu sei Horus, mio figlio.» Si avvicinò al piccolo. Gli accarezzò la spalla. «Sono tuo padre e Iside è tua madre. Ti ha abbandonato per salvare me.»
    Jamal si scostò e indietreggiò, non smettendo di fissare, con occhi terrificati, la mummia di fronte a sé. La testa gli doleva molto. Il suo corpo fremeva e sudava freddo, mentre il suo respiro si faceva sempre più affannoso. Il cuore minacciava di scoppiarli nel petto. «Non è vero. Tutto questo è solo un sogno.»
    «No, sei il figlio perduto, quel figlio che l’Egitto ha bisogno per rinascere. Tu sei Horus, il portatore di luce.»
    «Ma ci sarà un’altra soluzione…»
    «No, lo devi fare tu.»
    «Perché?»
    «Sei la chiave per liberare l’Egitto dal Male e dalla tirannia di tuo zio, perché sei l’unico erede al trono divino.»
    Osiride si riavvicinò al figlio e gli prese la mano.
    «Adesso capisci da chi discendi. Non sei più solo, sei il figlio degli dèi.»
    «Io sono un Dio?» Ripetè incredulo. Non riusciva a realizzarlo.
    «Sì», affermò la mummia. «Lo so che potrebbe essere difficile da accettare, ma.…» Si bloccò per guardarlo meglio negli occhi. «Raccogli tutto il disgusto, l’odio, il rancore e il dolore che reprimi dentro. Raccogli tutto il male che ti hanno fatto. Tiralo fuori e libera i tuoi veri genitori. So che ce la puoi fare. Io credo in te.»
    A Jamal ritornarono in mente tutti i momenti difficili passati con il suo padre adottivo, costruiti sulla diffidenza e su un’acida freddezza. Le false carezze della madre che tentava di farlo sentire accettato dagli altri, quando, in realtà era lei che cercava disperate attenzioni. Le risate subdole e umilianti dei suoi falsi amici che lo torturavano, lo assillavano, lo importunavano con scherzi e insulti della peggior specie.
    «D’accordo», affermo deciso, rivelando uno sguardo serio.
    La mummia acconsentì e lo avvolse in una plumbea nuvola di fumo.

    Jamal si ritrovò nella sua soffitta.
    «Perché siamo ritornati a casa?» Domandò sorpreso.
    Osiride prese la lampada. «Libera tua madre.»
    Horus non riusciva a capire. Lo guardò sbigottito.
    «Dentro ci sono dei quarzi. Ecco perché emana questo bagliore rosso. Le pietre contengono il suo sangue che è colato dalla sua ferita, quando ha deciso di suicidarsi. Rompi la lampada e lei ritornerà in vita.»
    Il bambino afferrò l’oggetto luminescente, pronto a salvare anche la madre.
    «Dobbiamo ritornare in Egitto», disse il Dio.
    Il figlio saltò dentro al sarcofago, seguito dal padre.

    Horus e Osiride erano, di nuovo, davanti alle rive del Nilo.
    Un caldo vento soffiava alle loro spalle.
    Il bambino si voltò verso il Dio.
    «Vai nel punto dove è morta. Rompi la lampada.» Gli urlò. «Sta arrivando una tempesta di sabbia. Fallo adesso.»
    Horus scaraventò a terra la reliquia che si frantumò in tanti pezzi di vetro, liberando i minuscoli quarzi rossi simili a gocce di lacrime.
    «Horus!» Lo chiamò a gran voce. «Evoca tua madre.»
    Il bambino serrò i pugni e osservò le pietre.
    «Ora!» Gli gridò. «Coraggio, Horus.»
    «Iside! Iside!» Iniziò a invocare il suo nome con tutto il fiato che possedeva.
    Suo padre si affiancò a lui, posandogli una mano sulla spalla.
    «Ritorna da noi. Risvegliati dall’Oltretomba», aggiunse il marito.
    «Iside! Iside! Risorgi! Ascolta la mia voce!» Urlò il piccolo. «Iside, Iside! Iside!» Si inginocchiò a terra.
    La Dea non li ascoltava.
    Osiride si voltò. La tempesta stava per sopraffarli.
    Il figlio prese fra le mani le pietre. «Mamma!» Gridò. «Mamma!» Gridò ancora con gli occhi lucidi. «Ti prego…» Le prime lacrime scesero lungo le sue guance. «Ti prego, ritorna da me!» Singhiozzò. «Ho bisogno di te.»
    Una raffica gli avvolse, portandoli in salvo dalla parte opposta del fiume.
    Osiride e il bambino si ritrovarono distesi a terra. La tempesta gli abbandonò.
    «Sono qui, tesoro mio», rispose una voce dolce e femminile.
    «Mamma?» Pronunciò, scoppiando a tossire. «S…s…s ei t…u?» Balbettò tutto tremante.
    «Sì.» Gli sorrise.
    Horus si rialzò e si strofinò gli occhi.
    Davanti al bambino, c’era una donna alta e snella, con il corpo fasciato da una lunga tunica candida.
    «Mamma», sussurrò piano.
    La Dea spalancò le sue braccia.
    A Horus si illuminarono le iridi e si precipitò ad abbracciarla.
    La madre lo prese in braccio e lo strinse forte a sé. «Finalmente ci hai trovati e ricongiunti. Sono molto fiera di te.»
    Osiride si ricompose, strofinandosi il corpo per cacciare via la sabbia. Osservò il figlio abbracciato alla sua amata moglie. Gli si strinse il cuore per la troppa commozione. Corse ad abbracciarli entrambi.
    «Iside, mi sei mancata tantissimo.» Le baciò la fronte.
    «Osiride, mio amore, quanto tempo è passato…» Gli rivolse uno sguardo sofferto. «Mai quanto tu sei mancato a me.» Le stampò un bacio sulle labbra.
    Il figlio si era lasciato andare in un pianto di singhiozzi fra le braccia dei suoi genitori.
    «Horus» Iside gli accarezzò i morbidi capelli. «Mi dispiace tanto per averti abbandonato. Sono stata una pessima madre… Volevo amarvi entrambi, ma alla fine vi ho perduti tutti e due.»
    «Non fa niente, mamma.» La strinse di più a sé, non voleva staccarsi da lei.
    Non voleva essere arrabbiato, né voleva odiarli per le loro scelte. Per la prima volta nella sua vita si sentiva in pace e a casa, si sentiva accettato e amato, circondato fra le braccia della sua vera famiglia. Aveva ritrovato l’amore e la felicità.
    Iside lo pose giù. Gli accarezzò il viso. «Ora, devi sconfiggere lo zio Seth.»
    «Ma come posso riuscirci?» Domandò, sentendosi gracile e impotente. «Lui è troppo forte, il suo potere è troppo malefico per venire sconfitto.»
    La Dea si pose alla sua altezza, guardandolo dritto negli occhi. «C’è un potere ancora più grande e più forte del Male, capace di sconfiggerlo.» Gli puntò l’indice contro il petto. «Anche tu nascondi un potere molto speciale. Credi in te stesso e vedrai che riuscirai a trovarlo. Solo così potremo di nuovo vivere insieme, per sempre.»
    Horus acconsentì, pronto alla sfida.

    Avanzò nell’oscura città, avvolta da minacciose nubi plumbee. A ogni passo un pezzo di mura si sgretolava a terra. Giunse davanti alle porte del palazzo reale, quello che un tempo era stato dei suoi genitori.
    «Zio Seth.» Lo chiamò a gran voce.
    Dal buio uscì una figura alta, risoluta e nera.
    «Bene, bene, chi abbiamo qui?» Lo scrutò dall’alto al basso. Scese dalla scalinata per osservarlo meglio.
    Il Dio gli girò attorno, ammirando ogni centimetro del suo magro corpo.
    Il bambino si irrigidì sotto lo sguardo severo e imperturbabile del sovrano. Con gli occhi seguiva ogni sua mossa, ogni suo sospiro. Aveva paura.
    «Sono tuo nipote, Horus», confessò.
    «Lo so chi sei», sbottò annoiato. «Pensavo di averti consegnato alle persone giuste, ma se sei qui, vuol dire che non ne sono stati poi così capaci…»
    «Cosa vorresti dire?» Chiese accigliato.
    «Quando i tuoi cari amati genitori ti hanno abbandonato.» Si pose di fronte a lui. Gli prese il mento fra le dita, ma il piccolo si scostò subito. «Ho mandato a prenderti da una donna ricca e facoltosa. Sai», fece una pausa. «Voleva disperatamente un figlio e tu avevi disperatamente bisogno di una nuova famiglia, quindi…» Si voltò di spalle. «Come si dice?» Si rigirò di scatto. «Ho colto l’attimo.» Gli rivolse un sorriso perverso.
    «È tutta colpa tua!» Sbraitò
    «E di chi se no?» Rise diabolico. «Ho dovuto farlo, per il bene del regno.» Si abbassò e si protese verso il suo orecchio destro. «Ringrazia, invece, che non ti ho ucciso. Eri così piccolo, mi hai fatto un po’ pena…» Sibilò come un serpente malefico e si scostò dal giovane Dio.
    «Allora, cosa ti porta qui? Non dirmi che sei venuto a rivendicare i tuoi genitori.»
    «Li ho già rivendicati», confessò con sguardo di sfida. «Sono venuto a reclamare il loro regno.»
    «Il loro regno?» Domandò, scoppiando in una fragorosa risata colma di derisione.
    Una risata che Jamal aveva udito fin troppe volte. Il suo volto si rabbuiò, mostrando un’espressione dura.
    «Sei solo un ingenuo moccioso, non puoi batterti con me.»
    «Invece sì. Sono anch’io un Dio!» Gli urlò contro liberando tutto la rabbia repressa.
    La terra sotto i suoi piedi prese a tramare. Le nuvole in cielo si allontanarono scoprendo uno scorcio di cielo blu chiaro.
    Horus avvertì un’insolita energia dentro di lui. Uno strano calore nacque dentro il suo corpo.
    Divaricò le gambe e aprì le braccia.
    Seth indietreggiò, preparandosi allo scontro con il nipote. Scosse il capo in senso di disapprovazione. «Non puoi farcela…»
    Dal petto del giovane Dio scaturì una luce.
    Jamal rimembrò tutta la collera provata nella sua vita. Tutto il dolore e le ingiustizie subite dai suoi falsi amici e dalla sua finta famiglia.
    Cacciò un acuto grido. La luce si espanse dal suo petto, fino a circondarlo in un aurea fulgida, calorosa e dorata, più luminosa di una stella, più spendente del sole.
    Seth indietreggiò ancora, coprendosi gli occhi con l’avambraccio.
    Jamal guardò basito quello che aveva appena creato. Era anche lui coraggioso e potente e poteva esserlo come i suoi genitori.
    Nella sua mente riecheggiarono le parole del padre: “Raccogli tutto il disgusto, l’odio, il rancore e il dolore che reprimi dentro. Raccogli tutto il male che ti hanno fatto. Tiralo fuori e libera i tuoi veri genitori. So che ce la puoi fare. Io credo in te… Quel figlio che l’Egitto ha bisogno per rinascere.”
    E poi anche quelle della madre: “C’è un potere ancora più grande e più forte del Male, capace di sconfiggerlo… Anche tu nascondi un potere molto speciale. Credi in te stesso e vedrai che riuscirai a trovarlo.”
    Avevano ragione. Dentro di lui c’era una forza nascosta. Una forza potentissima che possedeva solo lui, donata dall’amore luminoso dei suoi genitori, in grado di sconfiggere le tenebre del male. Lui era Horus, il dio della luce. Il dio Sole. Il dio della rinascita eterna. Il dio della vita.
    Jamal raccolse allora tutta la sua forza, sprigionò tutto il suo brillante potere e lo scagliò con un urlo violento contro il dio Seth che venne accecato e scaraventato lontano, molto lontano.
    Si ritrovò in mezzo al deserto, tra le infinite dune di sabbia a vagare, a vagare, perso, solo e abbandonato, incapace di amare, annebbiato e corrotto dal suo odio e dal suo oscuro male.

    Jamal chiuse gli occhi e rilassò il corpo. Il bagliore scomparve.
    Iside e Osiride raggiunsero il figlio e lo abbracciarono forte.
    «Lo sapevamo che avresti sconfitto il male e riportato la pace nel regno», disse la madre felice e di nuovo serena.
    «Siamo orgogliosi di aver generato un erede fedele, coraggioso e valoroso.» Gli si incrinò la voce. «Ma soprattutto buono e colmo del nostro amore.» Osiride baciò la fronte al figlio.
    «Sei stato la salvezza dell’intero Egitto», confessò fiera la Dea.
    «Ma è giunto il momento di salutarci», aggiunse Osiride.
    Il bambino si scostò dalla madre. «Ma come?» Domandò confuso. «Avevate detto che saremo rimasti per sempre insieme.» Indietreggiò. I suoi occhi si riempirono di lacrime.
    «Lo so, ma tu ci hai solo vendicati. Ormai siamo solo degli spiriti, morti da secoli.» La madre strinse le mani del figlio. «Ci hai ritrovati e ci hai ricongiunti., sconfiggendo tuo zio. Ora siamo di nuovo insieme. Questo per noi è ciò che conta veramente.»
    «Ti aspetteremo nell’Oltretomba», disse il padre e gli diede un ultimo bacio sulla fronte.
    «Un glorioso destino ti attende nella tua nuova famiglia, nella tua nuova casa.» Anche la madre gli diede un ultimo bacio sulla fronte. «Credi in te, perché sei portatore di luce e di nuova vita.» Infine lo abbracciò forte, seguito da Osiride.
    «Non voglio lasciarvi vi ho appena ritrovati», singhiozzò, avvolto nelle loro braccia.
    «Hai scoperto la tua vera discendenza. Hai ritrovato la tua vera famiglia e sconfitto chi ti ha allontano da noi. Adesso sai chi sei e sarai libero di essere ciò che vorrai.»
    I due Dèi si scostarono dal figlio, si presero per mano e si allontanarono.
    «Cresci figlio mio, diventa un uomo saggio e buono.»
    «Il nostro amore ti proteggerà sempre», aggiunse Osiride.
    «Addio Horus.» I genitori lo salutarono.
    «Addio mamma, addio papà.»
    «Ti vogliamo bene.»
    Jamal li salutò con la mano, mentre diventavano cenere al vento.

    Sotto di lui la terra tremò fino a sgretolarsi e a ritrovarsi rinchiuso nella sua soffitta.
    Il sarcofago era aperto e sotto i suoi piedi c'era la lampada rotta.
    Zahirah spalancò la porta e fece irruzione nella stanza. Guardò Jamal con aria preoccupata. «Tesoro, cos’è successo?» Chiese, notando i suoi occhi rossi e gonfi. «Ma dov’eri finito? Mi hai fatto stare in pensiero.» Confessò, raccogliendo il vetro della lampada rotta. « I tuoi amici sono andati via…» La donna si osservò intorno. «Che ci facevi qui?»
    «Niente.» Si rialzò e si strofinò i vestiti impolverati.
    Entrò anche il padre. «Tutto bene?»
    «Sì», tagliò corto il piccolo.
    «Non mi ricordavo che qua sopra c’era ancora tutta questa roba.» Si grattò la ruvida barba. «Dovremmo farla sparire o venderla, quanti gingilli inutili…»
    «Di chi sono?» Sbottò Jamal.
    «Appartenevano a un mio lontano nonno. Alcuni dicevano che discendesse dalla dinastia dei faraoni, scelti dal dio Seth.» Si mise le mani in tasca e lasciò la stanza.
    La madre guardò il figlio che mostrò un grande e luminoso sorriso.

    La sua vittoria contro lo zio Seth, portò nuova vita e nuova speranza nell’antico Egitto.
    Alla morte dei suoi cari genitori, occupò il trono in veste di splendente e glorioso faraone.
    Governò il suo regno con bontà e amore fino alla fine dei suoi tempi.



    Fine.



    Note Aggiuntive
    -Questa storia è stata ispirata da uno dei miti più famosi dell'Antico Egitto.
    -I biscotti Kahk che preparava la madre Zahirah sono un dolce tipico egiziano.
    -I quarzi rossi sono delle pietre preziose che si trovano nei terreni dell'Egitto ed erano un simbolo associato alla dea Iside.
    -Alcuni sostengono che lo scontro fra il Dio Horus e il Dio Seth portò alla spaccatura del regno in Alto e Basso Egitto.

    Laura
     
    Top
    .
  2.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Penna d'argento

    Group
    Amici degli Elfi
    Posts
    439
    Reputation
    +171

    Status
    Offline
    Ohibò, per la prima metà del testo mi sono immaginato in sottofondo "it's a B movie show!" (se la conosci, capirai) L'introduzione mi è piaciuta molto, c'era un lessico ricercato, forse con un po' troppi aggettivi. Ho notato che dopo la descrizione iniziale il lessico cambia completamente, non so se sia voluto, ma dà un effetto un po' bizzarro.

    Ammetto che quando la mummia ha gettato Jamal nel sarcofago temevo che lo rinchiudesse lì, facendo cambio!


    “Seth, il fratello maggiore, aveva sempre odiato il loro amoroso rapporto, era disgustato dalla loro incestuosa relazione."

    Aaaah, i tempi in cui praticavano l'incesto prima che martin lo rendesse famoso!

    CITAZIONE
    Osiride si posizionò dentro. Tutti guardarono stupefatti. Ci stava perfettamente con le gambe e le braccia ben distese a pochi millimetri dalla parete.

    Osiride: Ehi, sembra davvero della mia misura!
    Seth: Sembra?
    Osiride: Ehi, perché sorridi coOH WAIT

    Non so se sia un caso, ma mi hai fatto pensare a papyrus e i misteri del nilo, quando Seth imprigiona Horus in un sarcofago magico. Mi sono sempre chiesto come lo avrebbe fatto, visto che Horus era più potente, forse ha fatto davvero così!

    CITAZIONE
    prese in mano il regno che gli era sempre aspettato.

    Suggerisco un "secondo lui" gli era sempre spettato, non Aspettato. :)

    In conclusione, una storia graziosa e godibile! ;)
     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Avventori di Brea
    Posts
    21,214
    Reputation
    +147

    Status
    Online
    -Laura-

    Storia interessante. E, come dice Martin Luther King, l'oscurità si sconfigge solo con la luce.
     
    Top
    .
2 replies since 21/11/2023, 19:32   34 views
  Share  
.