LEGAMI D'AMORE

Laura

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    Anima Sola e Incompresa

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    Magic_Charly Buona Lettura!

    FERITE RIMARGINATE



    Luana entra in casa con i suoi genitori.
    La madre accende la luce.
    Sul tavolo c’è un piatto sulla tavola.
    «C’è un odore strano…» Eugenio si copre il naso con una mano.
    Eloisa prende subito il piatto e lo porta in cucina, borbottando fra sé.
    In silenzio Luana si dirige in camera. Si toglie le scarpe, appoggia la chitarra di fianco all’armadio. Alza il suo smorto e pallido sguardo: è tutto finito. Sospira, i suoi occhi si gonfiano di lacrime. Il suo labbro inferiore trema di dolore e impotenza. I suoi sogni si sono sgretolati in mille pezzi. La felicità è volata via. Il suo fragile cuore manca di un battito, è ritornata nel suo Inferno di solitudine e incomprensione in cui la sofferenza la conforta, dove si deve sopravvivere e non vivere.
    Vuole solo sprofondare e piangere, piangere tanto fino a consumarsi l’anima. Non vuole tornare a scuola. Non vuole prendere altri brutti voti, perché deve studiare materie che non sono alla sua altezza. Non vuole essere presa in giro per come si veste o per il suo aspetto fisico. Non vuole più stare sotto l’oppressione dei suoi genitori. Non vuole più rifugiarsi nella musica perché è l’unica che le dona pace. Vuole essere di più. Vuole inseguire sé stessa e i suoi sogni. Vuole essere solo felice.

    Suo padre si protende verso la porta.
    Lei si volta.
    «Dobbiamo parlare tutti insieme.»
    Luana scuote la testa. Ha timore di affrontare la madre. Sa che le farà del male, sa che le spezzerà il cuore in due e sa che le ucciderà l’anima con le sue cattive parole.
    «Per favore.» Allunga un braccio verso la figlia. «Se non fai un passo verso di noi, non risolveremo niente.» Le afferra la mano. «Ci sono io.» La rassicura con tono calmo.
    Luana terrorizzata fa un passo verso la sala da pranzo.
    Varca la soglia. Incrocia lo sguardo della madre che si sta asciugando le mani con un canovaccio bianco.
    Le sue iridi si incontrano. Nessuna proferisce parola.
    Luana freme, riconoscendo quello sguardo calmo e impassibile che precede il suo uragano d’ira.
    Eloisa lascia lo straccio sul tavolo e continua a fissarla. Nel suo viso piova un’ombra tetra. Fa un passo verso la figlia.
    Luana è piccola e fragile. Le sue guance avvampo rosse come due ciliegie. Le tempie le pulsano. Nel suo corpo divampa un incontrollabile fuoco scosso da infiniti brividi di freddo. Ha il fiato sospeso.
    «Ci sediamo tutti intorno al tavolo?» Prova Eugenio a smorzare l’aria pesante.
    Eloisa fa un altro passo verso la figlia. Il suo sguardo desidera compiere un brutale delitto.
    Luana sgrana gli occhi, sopraffatta. Ha perso.
    Indietreggia, ma sua madre l’afferra e la trattiene per un polso. «Come hai potuto fuggire via così? Senza dire niente a nessuno. Come ti è venuto in mente di scappare? Come ti è saltato in mente di fare una bravata del genere? Come hai solo pensato di prendere il treno e andartene a zonzo, senza un minimo di ritegno e di attenzione!»
    Luana scoppia piangere e a singhiozzare teorizzata dalla madre. La sua stretta è salda e forte. Le sta facendo male.
    «Dimmelo! Dimmelo adesso! Come ti sei permessa di prendere una decisone così avventata e pericolosa! Poteva succederti di tutto. Potevi trovarti in pericolo! Non hai pensato minimante alle conseguenze, perché hai sempre la testa fra le nuvole.»
    «Eloisa, per favore, calmati. La stai terrazzando.» Si intromette il marito. «Lasciala stare. Non ha bisogno…»
    «Tu devi stare zitto!» Gli sbraita contro.
    Si avvicina di più alla figlia e la stritola ancora di più. Singhiozza e prova a divincolarsi, ma non ci riesce. Le sue gambe minacciano di cedere.
    «Come hai potuto farmi questo?!» Le urla in faccia. La lascia andare.
    Luana arretra cercando protezione verso il padre. «Per favore, non farmi del male, mamma…» La supplica tra lacrime e singhiozzi.
    La madre continua a fissarla furiosa. Fa un altro passo in avanti. «Ti rendi conto di quello che mi hai fatto!»
    Luana si copre il viso per proteggersi. Sa che fra poco la colpirà.
    «Mi hai fatto male da morire. Sono distrutta a causa tua!» Gli urla ancora.
    La figlia ha il viso arrossato e bagnato. I capelli corvini sono incollati alle sue guance. È lì, in piedi, che trema. Si copre il viso con le mani, aspettando una schiaffo in viso.
    Eloisa si blocca. Realizza che ha paura di sua madre. Scuote il capo. Si avvicina piano e l’afferra per le braccia. «Vieni qui, non ti voglio fare del male.» La rassicura con voce più calma.
    Con una braccio le cinge la vita e con una mano le appoggia le testa sulla sua spalla. «Mi sei mancata tanto Mi hai fatto morire dentro… La tua mancanza mi ha devastato.» Le accarezza la testa. «Lo sai?» Le si chiude la gola. Le prime lacrime affiorano dagli occhi. «Lo sai che non lo devi fare più? Lo sai che io non posso vivere senza di te? Lo sai che io ho bisogno di te? Ho bisogno di mia figlia.»
    Le lacrime scendono dal suo volto.
    Luana soffoca il suo pianto nel petto della madre che continua a coccolarla. Non vuole più lasciarla.
    Luana si lascia andare al suo dolore e si abbandona al tocco caldo e delicato della madre. Era passato troppo tempo per ricordarsi un suo abbraccio.
    «Luana, tesoro mio, adesso calmati.» La rassicura un po’.
    Luana non vuole frenare le lacrime. Ha bisogno di sfogarsi. Ha bisogno del suo abbraccio. Ha bisogno dell’amore di sua madre.
    Eloisa avverte l’umidità dell’abito in forte contrasto con il suo corpo caldo. Fa uno smorfia accigliata. «Luana, va tutto bene.» Le scosta i capelli dalla fronte per darle un bacio.
    Luana si scosta appena. La madre scruta il suo viso rosso, sudato e accaldato. Non l’aveva mai vista così da quando… Da quando…
    Si scosta di scatto e le mette una mano sulla fronte. «Ma tu stai male!» Sbotta.
    Eugenio fa una faccia sbigottita. I suoi occhi cadono sulla moglie: ha un’espressione sconvolta e molto, molto familiare. L’aveva giù vista… Tanti anni fa… Quando…
    «Ha la febbre Eugenio», constata con un certo timore.
    Riguarda la figlia. Le prende il viso fra le mani. «Luana.»
    Lei continua a singhiozzare, distrutta.
    «Vieni, devi metterti subito sotto le coperte.» La porta nella sua camera. Si avvicina al letto e disfa in fretta le coperte. Riesce a distenderla.
    Si siede sul ciglio. Le accarezza la fronte, scostando alcuni ciuffi di capelli. «Devi toglierti questo vestito bagnato.»
    Luana viene presa da un forte crisi di tosse.
    Eugenio l’aveva già sentita altre volte tossire, ma non pensava stesse già male. Anche lui preoccupato si affaccia alla porta. «Posso fare qualcosa?»
    «Guarda se dentro all’armadio ha un pigiama pulito.»
    Eloisa le solleva la schiena. «Vieni Luana.» La prende e l’abbraccia. Luana affonda il suo viso nel suo petto, non smettendo di pingere.
    Eloisa sospira, non sa cosa fare non sa come comportarsi. Disperata, prova a stringerla ancora di più a sé. Le accarezza il corpo, la riempie di piccoli baci sulle guance. «Luana, piccola mia», prova a parlarle.
    «Mamma», pronuncia con voce rotta.
    «Tranquilla.Va tutto bene,» continua a coccolarla. «Sono qui, amore mio.» Le dà un altro bacio sulla tempia e le accarezza la schiena.
    Le si scioglie il cuore. Si fa piccola nel suo abbraccio e scoppia di nuovo a piangere. «Scusa.»
    La madre le dà un altro bacio sulla guancia «Scusami tu se ti ho spaventata.» La stringe più forte, chiudendo gli occhi. «Scusami se ho sbagliato.»
    Luana singhiozza. «Mi sei mancata tanto.»
    Eloisa le accarezza la schiena e i capelli.
    «Ho bisogno di te, mamma», singhiozza ancora.
    «Sono qui. Non ti lascio. Te lo prometto.»
    «Sento che sto per cadere di nuovo.»
    «No, amore mio.» La coccola e la rassicura tra altri mille baci e carezze. Si tranquillizza. Le sue lacrime smettono di bagnarle il volto. I suoi singhiozzi diventano più dei lievi lamenti.
    Nella stanza piomba un triste silenzio.
    Eloisa le dà un bacio sulla fronte. Prova scostarla e a guardarla in viso. Le asciuga le ultime lacrime con il pollice.
    La figlia la guarda a sua volta con gli occhi lucidi.
    Eloisa le dà altre carezze sulla fronte e le accenna un mezzo sorriso.
    Si stupisce e si incanta ad ammirarla. È da tempo che non le dona un affettuoso e luminoso sorriso.
    Eloisa si rasserena e tira un sospiro di sollievo.
    Eugenio va verso di lei. «Ecco il pigiama.»
    Lo prende in mano. «Tesoro, riesci a cambiarti a sistemarti un po?» Si allontana, alzandosi dal letto. «Ti aiuto a raggiungere il bagno.» L’abbraccia e con calma la alza.
    Luana ha le tempie che rimbombano. Emette un gemito di sofferenza. Si leva in piedi, ma viene invasa da un forte senso di vertigine.
    «Piano, senza fretta.» Eloisa la sospinge con cautela fuori dalla stanza e per mano la conduce alla porta del bagno.
    Luana entra e si chiude dentro.

    ***

    La mamma giunge al suo letto, sedendole accanto. La copre bene e le tasta la fronte. «Cerca di riposare un po’.» Fa per destarsi, ma la trattiene per un polso.
    Eloisa freme al tocco caldo della figlia e si volta a guardarla con occhi lucidi. Nella sua espressione legge una richiesta implorante di non lasciarla sola. «Mamma…»
    Si avvicina e le dà un altro bacio sulla fronte calda. «Riposa. Sono qui.»
    Le accarezza la mano, finché si addormenta in un sonno profondo.

    Eugenio si alza dal divano e osserva la moglie dispiaciuto e affranto. L’aveva già vista così… Non si sarebbe più staccata da lei….
    La donna vede il marito sulla soglia. «Scusa se ti sto ignorando.»
    «È giusto così. È tua figlia.» Appoggia una mano sul muro e con l’altra si tiene il fianco.
    «Lo sai vero? Lo sai come…», prova a parlare, ma viene interrotta.
    «Lo so, non devi dirmi niente….», gli si incrina la voce. «È doloroso anche per me…» Deglutisce a fatica.
    «Non so come ho fatto a non accorgermene che stava male…che tossiva…» Abbassa il capo. Si sente in colpa.
    Le fremono le labbra. La osserva riposare serena. «Sta succedendo un’altra volta…» Le prime lacrime scendono dal suo viso. «Sono preoccupata da morire. Non la vedevo così da…», si bloccò terrorizzata. Gli occhi carichi di tensione e timore che possa succedere ancora. «Non voglio rivivere ancora quel momento…» Sospira a fatica e a bocca aperta. Si porta una mano al petto. Le dita le vibrano
    Il marito crede che sta per avere un attacco d’ansia.
    Fa un passo e le si avvicina calmo. Le accarezza la schiena. «Ha la fronte bollente.» Si asciuga il volto umido e arrossato.
    «Vado a prendere il termometro.»
    Eloisa lo blocca. «No Eugenio. Ho paura…»
    Il marito si china e prende il viso della moglie fra le mani. «Stai tranquilla. Non ha niente di grave. Ha solo un crollo dovuto la stanchezza del viaggio. Tutto qui. Ieri notte ci siamo inzuppati di pioggia tutti quanti, ha solo preso freddo», cerca di rassicurarla. «Non ha niente che non va. È solo tanto stanca.»
    Eloisa scuote la testa. Anche lei è esaurita, ma soprattutto è impotente, non è abbastanza per sua figlia.
    «Mi sento in colpa», sospira trattenendo le lacrime. «È colpa mia se è scappata, se l’ho lasciata andare via, se l’ho solo allontana da noi.» Fallisce e scoppia a singhiozzare. «È colpa mia se adesso sta male, ha la febbre alta. Se mi fossi comportata diversamente, se fossi stata una madre migliore…» Confessa con voce rotta.
    Eugenio la prende fra sé e l’abbraccia forte.
    «Se fossi stata una mamma migliore non sarebbe scappata. Non mi odierebbe.»
    «Non ti odia.» Le sussurra Eugenio, continuando ad accarezzarle il corpo.
    «Non so cosa fare. Vorrei rimediare, aiutarla, ma non so come… Non so quale sia il modo migliore o il modo giusto per farlo…» È disperata.
    «Guardami.» La moglie alza lo sguardo. «Se c’è una cosa che ho imparato da questo viaggio è che nessuno ci insegna a essere genitori. Nessuno ci insegna come prenderci cura di loro. Nessuno lo sa cosa è meglio o meno per i nostri figli. Facciamo quello che possiamo, siamo anche noi quello che siamo. Non siamo perfetti. Non ci sono genitori che sanno subito capirli e ascoltarli.» Gli accarezza le guance, cacciando via le lacrime.
    «Diventare genitori non è un obbligo è una scelta, non mi sono mai pentito di questo.»
    «Nemmeno io. È che quella volta potevo aiutarla di più… Io lo so che posso aiutarla di più…»
    «Lo so che vorresti essere di più per tua figlia, ma tu sei già tanto per tua figlia, perché sei una mamma presente. Sei sempre stata presente per lei. Quando aveva bisogno ci sei sempre stata e ci sei anche adesso. È da quando è ritornata a casa che non riesci a staccarti da lei.»
    Eloisa singhiozza ancora. «Mi sento in colpa perché ho sbagliato. Solo che me ne sono accorta troppo tardi.»
    «Anch’io me ne sono reso conto tardi.» Le lascia il viso per prenderle una mano. «Ma non è tardi per rimediare. Finché sarà qui con noi, non sarà mai troppo tardi per curare le nostre ferite.» Le bacia la fronte.
    «Vorrei che mi perdonasse. Vorrei ricostruire il nostro rapporto. Vorrei aiutarla, vorrei farle ritornare il sorriso. Quel dolce e ingenuo sorriso che ha sempre avuto e che mi ha sempre regalato ogni giorno da quando è nata. Ma non so da dove iniziare. Non so come prenderla, non so cosa dirle, non so come comportarmi. Non voglio rifare gli stessi errori che ho commesso in passato.» Affonda il viso nel petto del marito in preda a un attacco di singhiozzi. «È la mia bambina. Non voglio perderla. Non voglio più vederla soffrire, non voglio più che stia male…»
    Eugenio la scosta dal suo corpo per guardarla in viso. «Quello che devi fare adesso è aiutarla, non importa come. Comincia a fare il primo passo, camicia ad aprirti a lei. Comincia ad ascoltarla per provare a capirla.»
    Tira su col naso e si asciuga le lacrime.
    «Lei ha bisogno di sua mamma. Ha bisogno del tuo amore. Ha bisogno che le stiamo entrambi vicini per ascoltarla, perché è questo che non siamo mai riusciti a fare. Ad ascoltare la nostra figlia che ormai non è più una bambina. Sta crescendo, ha bisogno di essere capita e di potersi esprimere anche lei come meglio desidera. Se noi la ascolteremo, vedrai che lei poi ascolterà noi e infine potremo iniziare a capirci a vicenda. I nostri litigi si trasformerebbero in normali conversazioni, potremmo migliorare il nostro rapporto.» Si volta verso la figlia. «Io credo che questo lo voglia tanto anche lei. Altrimenti non sarebbe scappata…»
    Eloisa si strofina il viso e si asciuga le ultime lacrime.

    Eugenio si alza, lamentandosi del suo mal di schiena.
    Esce dalla camera.
    Ritorna con il termometro e glielo porge.
    Eloisa si morde il labbro e titubante lo prende in mano.
    Lo apre. Si protende verso la figlia per infilarglielo sotto il braccio con delicatezza, cercando di non svegliarla.
    La madre le tasta la fronte. È caldissima.

    ***

    «Allora ha la febbre?» Domanda il marito che è ritornato a sedersi sul divano in salotto.
    «Sì.»
    La moglie si leva e va in cucina. Dalla credenza afferra una caraffa. La riempie con l’acqua. Dal freezer prende dei cubetti di ghiaccio e li getta dentro.
    Tira fuori un panno morbido da un cassetto e ricompare in salotto.
    Il padre la scruta, mentre ritorna in camera dalla figlia. Chiude gli occhi e sorride, lasciandosi andare sul divano. «Hai bisogno?» È da un tempo che non la vede così presa dalla figlia. Non se n’è accorta, ma si stava già prendendo cura di lei.
    «No tranquillo.» Appoggia il vassoio sopra il comodino. «Dovresti riposare pure tu.»
    «Già… Non volevo lasciarti da sola.» Si desta dal divano, sedendosi.
    «Non sono da sola. C’è lei qui con me.» Rivolge lo sguardo verso il marito. «Ho bisogno di stare con lei e lei ha bisogno di me.»
    Eugenio acconsente in silenzio e si alza. Senza indugiare o dire altro si ritira nella sua stanza.

    Eloisa imbeve il panno fino a inumidirlo per bene.
    Lo va ad appoggiare sulla fronte della figlia.
    Luana si lamenta e si scosta un pochino.
    La madre le dà un bacio sulla guancia. «Tranquilla, amore mio. Sono qui.» Le prende e le accarezza la mano. «Ti voglio bene, amore mio.»
    Eloisa rimane lì a vegliarla fino al calar della sera.

    ***

    Luana si risveglia dal sonno. Ha una pezza fredda sulla fronte.
    Vede sua madre ancora lì che la guarda preoccupata e le accarezza la mano.
    «Sei rimasta qui.»
    Eloisa alza gli occhi e sospira sorpresa. «Sì» Si protende verso di lei e le dà un bacio sulla fronte. «Te l’ho detto, non vado da nessuna parte.» Le sorride. Luana la guarda incantata, con gli occhi lucidi per la febbre.
    «Come stai piccola mia?»

    Dal corridoio giunge un sonoro sbadiglio.
    Sulla soglia compare il padre assonnato. Si sgranchisce il corpo. «Che ore sono?» Si gratta la testa.
    «È tarda sera Eugenio. Potevi rimanere a letto.»
    Entra nella camera della figlia.
    «Hai fame, vuoi che ti prepari qualcosa?»
    «No, grazie.» Si avvicina alla figlia e le fa una carezza sulla guancia. «Come stai, tesoro?»
    «Ho male dappertutto», ripete al padre, emettendo dei colpi di tosse. Prova ad alzarsi un poco, ma non riesce come vorrebbe.
    «Non sforzarti troppo.» Eloisa l’abbraccia e la aiuta a sollevarsi, appoggiando la schiena contro i due soffici cuscini sottostanti. «Così va meglio?»
    La figlia annuisce.
    Eugenio va a sedersi dall’altra parte del letto.
    Luana si scosta e sussulta stupita. Sono tutti e due lì che la guardano e le accarezzano il debole corpo.
    Eloisa abbassa e distoglie lo sguardo. «Perché sei scappata?»
    «Vorrei saperlo anch’io. Anche se lo so…» L’uomo viene interrotto dalla moglie.
    «Anch’io lo so, ma vorrei sentirlo dire da lei.»
    Luana guarda il padre.
    «Se te la senti…»
    Luana sbuffa e si morde il labbro. Abbassa gli occhi umidi.
    Eloisa le stringe la mano, incrociando il suo sguardo velato di lacrime. «Siamo qui per ascoltarti. Se lo vuoi…»
    «Se lo sapete, perché dovrei..»
    «Perché abbiamo bisogno di sapere cosa ne pensi tu.»
    «Non mi capireste», gioca con un filo della coperta.
    La madre lascia un’occhiata al marito. Si alza dal letto e si avvicina a lei, stendendosi di fianco. Le prende la mano. «Noi vogliamo provarci. Vogliamo capirti.»
    «Devi però darci il permesso di farlo», aggiunge Eugenio, avvicinandosi anche lui.
    Luana annuisce.
    «Dopo la litigata di quella sera. Ho sentito un forte desiderio di fuggire via da qui. Ero troppo arrabbiata, per…tante, tante cose… Non solo a causa vostra… Cose che penso neanche vi immaginiate.» La sua voce si incrina. «Cose, di cui, non vi siete mai resi conto…»
    «Luana, ora siamo qua e siamo pronti a sentirle. Puoi dirci tutto quello che vuoi..» Le stringe di più la mano. «Sfogati tesoro mio. Non vergognarti di niente.»
    Un magone le soffoca la gola. Gli occhi le si inumidiscono fino a vedere tutto sfocato. Sospira cercando di trattenerle.
    «La odio quella scuola. Mi avete rinchiuso in una prigione infernale.»
    «Pensavamo fosse una buona scelta. Abbiamo sbagliato. Volevamo solo garantirti un istruzione completa con un futuro facile e assicurato. Avevi solo tredici anni. Pensavamo fossi troppo piccola per scegliere da sola.»
    Luana sospira. «Ho brutti voti perché non è la mia scuola.»
    «Va bene. Cosa vorresti fare?» Le accarezza i capelli.
    La figlia non vuole pronunciarsi.
    «Me lo dirai quando sarai pronta o avrai qualche idea, d’accordo? Non è difficile cambiare scuola, forse perderai degli anni, ma…», si sofferma per riflettere un attimo. «Non importa. Se questo ti causa disagio, troveremo una soluzione. Insieme.»
    Eloisa nota che vuole dire altro ma è molto titubante. «C’è qualcos’altro?»
    Luana strizza gli occhi, ma le prime lacrime le rigano il volto.
    Eloisa è allarmata. «No, amore mio»
    Inizia a singhiozzare. «No, non piangere.»
    La figlia non riesce più a trattenersi e prende a piangere.
    «Vieni più vicino a me.» Eloisa la prende e l’abbraccia, coccolandola un poco. Le dà un bacio sulla fronte.
    «Non ho nessuno in quella scuola. Non ho amici. Sono sola. Non ho nessuno con cui parlare, chiacchierare con cui fare merenda insieme. Fa schifo.»
    Eugenio guarda Eloisa che non sa come comportarsi e cosa dire.
    «Luana perché dici così?» Le prova a domandare.
    «Perché è solo la pura verità. Mi prendono in giro in classe e lungo i corridoi. Ogni giorno devo sopportare i loro insulti, più quelli dei professori, che mi detestano e basta. Non c’è un momento in cui non mi rinfacciano quanto fannullona sono, perché non riesco nemmeno a prendere una misera sufficienza. Mi dicono che sono strana e diversa, perciò mi stanno tutti lontano», singhiozza disperata.
    La madre si scosta da lei per mettersi più comoda sul letto: si siede con la schiena appoggiata alla testiera del letto e prende Luana e la fa sede in mezzo alle sue gambe, tradendola sempre stretta a sé.
    Luana si appoggia alla suo petto. «Non potete capire cosa significhi alzarsi tutte le mattine con la nausea di dover sopportare ogni giorno le loro perfide occhiatacce, le prese in giro e venire sempre umiliata davanti a tutti. Chiudersi in bagno per delle ore perché non riesci più a sopportare le ingiuste cattiverie sia dei compagni che dei professori. Sono sempre quella che non studia, che non si impegna abbastanza, che non sa fare niente, che si veste male, che è sempre troppo magra, quella che non sa parlare, quella che non riesce a difendersi, quella sempre sola, triste ed emarginata. Io ci sto morendo in quella scuola, mi sta distruggendo l’anima.»
    Eloisa stringe a sé la figlia, le dà un altro bacio sulla tempie e le accarezza il viso, cercando di alleviare la sua sofferenza. Si volta e lancia un’occhiata a Eugenio che le rivela un’espressione affranta.
    Le crolla il mondo addosso. È impotente, non sa come reagire.
    Eugenio si mette a braccia conserte, si tappa la bocca e si chiude in sé stesse abbassando lo sguardo.
    Se Luana detesta quella scuola è solo loro la colpa. Se solo l’avessero ascolta adesso sarebbe tutto diverso…
    «Perché non hai provato mai a dircelo?» Le scosta una ciocca di capelli dall’orecchio.
    «Perché avevo paura che daste ragione a loro…» Luana guarda la madre. «Tu me lo dici sempre che se fossi diversa…sarei una figlia migliore.»
    Eloisa chiude gli occhi e serra le labbra cercando di trattenere le lacrime. Si sente un disastro come madre.
    «Lo so che tu mi vorresti diversa…»
    Eloisa le preme un dito sulla sua bocca e scuote la testa. «No, non ti voglio diversa», riesce a dire a malapena. Le dà un bacio in piena fronte. Le prime lacrime le rigano il volto.
    «Pregiudizi e critiche che ti ripieno ed entrano nella tua testa fino a diventare delle voci. Perfide voci che ti sussurrano terribili parole. Più ti rimbombano più le dai ascolto e più le udisci più ti sembrano vere.» Singhiozzante, si aggrappa di più a lei. «Mamma, la mia mente è piena di demoni che mi urlano che sono un disastro, che è ora di farla finita…»
    Eloisa prova a coccolarla, ma in questo momento è in una valle di lacrime, più scioccata e turbata della figlia. «Per favore no…» La implora con voce rotta. «Non devi dirlo mai.»
    «Non riesci neppure più a guardarti allo specchio, perché sai che c’è qualcosa che non va in te. Sai che sei brutta, che non piaci e non piacerai mai a nessuno, che nessuno potrà mai amarti, perché sei solo uno schifo, sei una nullità, sei vuota dentro. Vorresti solo scomparire, farla finita, perché se gli altri ti odiano, ti odi ancora di più. Vorresti cambiare, ma c’è qualcosa che ti trattiene. C’è qualcosa dentro di te che soffoca ogni respiro, ti trafigge l’anima e ti punge il cuore, come se attorno ad esso ci fosse un filo spinato che te lo stritolo sempre di più, fino a fartelo sanguinare, finché smette di battere e tu non provi più nessuna emozione. Cadi nel buio più oscuro, cadi tra le braccia del male dove c’è solo il dolore a darti conforto. Non riesci più a muoverti, sei intrappolata e legata in catene in una prigione che prende il nome di depressione.»
    Eugenio si fa più vicino anche lui alla figlia e le stringe una mano.
    Eloisa non riesce a fermare il suo pianto e i suoi singulti. Si sente in colpa perché suo marito glielo aveva detto, ma lei non ci aveva creduto o forse non riusciva ad accettarlo, non lo sapeva nemmeno lei. Sentirlo adesso dalla sua bambina ha tutto un altro valore: è tanto tremendo quanto straziante, perché questa volta sta riuscendo a capirla. Eloisa sta capendo le emozioni e le sensazioni della figlia. Le sembra brutto, ma anche tanto bello che dentro di lei sta sorridendo. Adesso sa come aiutarla.
    «Amore mio…» La stringe di più a sé e la coccola stretta stretta, stampandole altri baci sul viso umido e arrossato.
    «Io mi odio già e voi avete peggiorato tutto. Voi siete la mia famiglia, i miei genitori; pensavo che in voi potessi contare, pensavo di trovare un po’ d’amore, un po’ di pace e conforto, ma anche voi, come gli altri, vi siete rivoltati contro di me.», singhiozza ancora.
    «Lo sappiamo.», aggiunge il padre.
    «Abbiamo sbagliato tutto», confessa la madre.
    «Mi fate sentire sbagliata. Mi fate sentire come se fossi un vostro errore, un peso che dovete sopportare. Sembra che non mi voliate bene. Sembra che non conti nulla. Qualsiasi cosa che dico o che faccio non ha importanza.»
    Eloisa le accarezza i capelli, irrompendo di nuovo in un pianto disperato. La fa sprofondare nelle sue braccia, stringendola a sé perché non la vuole più sentire lontana da lei.
    Eugenio con gli occhi arrossati si rivolge verso la moglie. « È arrivato il momento di dirglielo.»
    La donna scuote il capo, aggrappandosi alla figlia.
    «È la ragione di tutti i nostri sbagli. Lo deve sapere. Ha il diritto di saperlo. Deve capire perché l’abbiamo ostacolata sempre in tutto.»
    «Mamma», la chiama la figlia. Non l’aveva mai vista così distrutta e colma di lacrime.
    «Niente.» Le scosta i capelli dal viso e le accarezza una guancia. «Ho solo sbagliato a…»
    «Non è stato un errore Eloisa. Smettila di darti colpe che non hai.»
    Eloisa distoglie lo sguardo. Chiude un attimo gli occhi. Con una mano si strofina il viso, cercando di frenare le lacrime e i singulti.
    Eugenio le accarezza la spalla.
    Eloisa prende fra e mani il volto della figlia. «Io e tuo padre abbiamo tenuto segreto anche noi qualcosa», sospira. «Io e tuo padre abbiamo faticato molto per averti. Io volevo avere un figlio. Era sempre stato il mio sogno prendermi cura di un bambino e crescerlo con amore. Non so quante volte ho provato a rimanere incinta… Non so quante volte io e tuo padre abbiamo tentato invano… Ci siamo arresi. Io ero distrutta e arrabbiata con me stessa. Mi stavo odiando a morte e detestavo ogni centimetro del mio corpo perché non mi permetteva di avere un figlio.»
    «Mamma…» sibila Luana. I suoi occhi si riempio di lacrime.
    «So cosa vuol dire odiarsi da morire, tesoro mio. Lo so perché ci sono passato anch’io, per avere te. Ti capisco.» Le accarezza la guancia.
    «Ma alla fine ci sei riuscita», constata Luana, appoggiando una mano sulla guancia di lei.
    «Sì», tira su col naso, pronunciando mezzo sorriso. «Non ho mai fatto nulla di importante nella mia vita. È sempre stata piuttosto noiosa. L’unico sogno che avevo era avere te.» Si blocca, cercando di non piangere. «Ti ho desiderata e sognata con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima.»
    Luana è allibita.
    «Sei la mia felicità.»
    La figlia si commuove l’abbraccia forte.
    «Quando ti ho vista per la prima volta, quando ti ho tenuta in braccio la prima volta, facevo fatica a realizzare che era là con me e che stavi bene, che eri entrata a far parte della mia vita. Che eri la mia bambina, che io e tuo padre ce l’avevamo fatta. Penso sia stato il giorno in cui ho iniziato veramente ad amarmi e a vivere», scoppia a piangere di nuovo. Le sue lacrime scendono libere lungo il viso. «Da quel giorno ho iniziato ad amarti sempre di più. Ho iniziato a prendermi cura di te, ha crescerti nel miglior modo possibile, ha confortarti e a proteggerti sempre, non facendoti mai mancare nulla.» Le dà un bacio sulla fronte e le accarezza il viso.
    «Non avevi ancora due anni, forse è per questo che non te lo puoi ricordare…»
    «Ricordare cosa?» Luana è curiosa.
    «Ti sei ammalata. Non sapevamo cosa avessi di preciso… Ti abbiamo portata da diversi dottori. Ci hanno dato delle cure, degli antibiotici e stavi pian piano migliorando, quando una notte mi accorsi che non respiravi più.»
    Luana ha un’espressione incredula.
    «Ti abbiamo portata al pronto soccorso d’urgenza. Ti abbiamo consegnata ai medici… Lasciarti è stato straziante, perché non sapevamo se…», si blocca, cacciando via altre lacrime. «Dopo qualche ora ci hanno chiamato e spiegato che avevi una polmonite trascurata, e che piccola com’eri poteva portarti…» Eloisa sospira e si copre il viso con una mano. Prende a singhiozzare forte.
    «Mamma…» Non l’aveva mai vista così colma di dolore. Dolore che stava provando a causa sua.
    «Mi è caduto il mondo addosso. I dottori ci dissero che c’erano poche probabilità che guarissi, che superassi solo quella notte.» Si sofferma. «La figlia che tanto ho desiderato avere stava morendo…e io non potevo fare nulla per salvarla. Ho iniziato ad avere tanti sensi di colpa. Mi sono sentita così impotente», riprende a singhiozzare forte.
    «Mamma.» La chiama. Le accarezza la guancia. «Io sono qui. È solo un brutto ricordo.» Le si rompe la voce. «Sono qui con voi. È questo ciò che conta adesso.»
    Eloisa la prende e la coccola fra le sue braccia.
    «Perché non me lo avete mai detto?»
    «Certi dolori i genitori preferiscono tenerseli per sé», confessa, accarezzandole il viso. «È per questo che, da quell’avvenimento, io e tuo padre, ma soprattutto io, non ho voluto più lasciarti andare via. Luana io ho sbagliato, lo so, ma non l’ho fatto perché sono cattiva, non volevo privarti della tua stessa vita, ma certi dolori ti cambiano così nel profondo che non sai più cosa è giusto o sbagliato per tua figlia.
    Tu vuoi solo che stia sempre bene, vuoi solo proteggerla e difenderla. È per questo motivo per cui non ti abbiamo mai dato la libertà che in realtà ti meriti tantissimo. Non ti ho mai fatto prendere decisioni da sola, ti ho sempre tenuta rilegata in una prigione, nella mia prigione, perché non voglio soffrire ancora, non voglio rimanere senza la mia bambina. È stata una scelta egoista, ma io ho bisogno di te. Sei la mia felicità. Il mio orgoglio.» Le stringe le mani. «Sono andata in crisi quando ho saputo che eri fuggita via. Sono andata in crisi sapendo che poteva succederti qualcosa di brutto. Mi sono sentita in colpa per aver fallito come madre.»
    «Abbiamo sbagliato entrambi Eloisa», aggiunge Eugenio. «Abbiamo sbagliato a non provare ad ascoltarti, anche solo per una volta.»
    «Avevamo paura di perderti ancora che alla fine è successo veramente….», continua Eloisa.
    «Ho sbagliato anch’io.» La guarda negli occhi. «Mamma, papà, ho sbagliato anch’io perché non dovevo scappare, dovevo affrontarvi, ma mi ero arresa al vostro controllo e non avevo più voglia di combattere, non avevo più voglia di vivere. Non ci ho provato nemmeno io a provare cambiare il nostro rapporto, a provare a capirvi, a riflettere perché siete così oppressivi, ho preferito andarmene via. Sono fuggita via perché qui, con voi, non mi sentivo più felice. Non mi fate sentire amata e accettata. Mi avete distrutto i miei sogni. Ero su tutte le furie, non vi sopportavo più, non sopportavo più stare sotto le vostre scelte che quel giorno ho detto basta. Odiate la musica. Odiate la mia chitarra. Non volete vedermi né suonare né cantare. Ma voi non potete togliermi ciò che io amo di più. Non potete privarmi della mia passione…
    «Hai ragione, Luana. Ci dispiace tantissimo.» La madre le bacia la guancia.
    «Mi avete detto che non mi porterà da nessuna parte, io questo ancora non lo so… So solo che per me è importante perché mi ha salvato la vita, quando non c’eravate. La musica mi capisce e mi ascolta. Io vorrei seguire questo mio sogno. Non so love mi porterà, non so a cosa mi porterà, ma lo voglio inseguire, almeno lasciate che ci provi. Solo questo.» Le si riga il volto di lacrime. «Io vorrei tanto rendervi orgogliosa. Io vorrei tanto farvi felici, ma non posso farlo da sola. Non riesco», si blocca e riprende a singhiozzare. «Perché mi manca il vostro sostegno. Io ho bisogno del vostro incoraggiamento. Ho bisogno che voi due.» Li punta le dita contro. «Crediate e abbiate fiducia in me. Io capisco che volete proteggermi, che volte solo il meglio per me, ma adesso non sono più una bambina, sto crescendo e so cosa è giusto e so cosa voglio fare per me stessa. Ho bisogno che mi accompagnate voi. Dovete solo accettarmi. Siete la mia famiglia.»
    «Sì, amore mio. Noi ti accettiamo, ti amiamo tantissimo. Siamo qui solo per te.» La coccola ancora e le bacia il viso. «Ci perdoni?» Guarda il marito.
    «Ci perdoni?» Aggiunge Eugenio.
    «Vi perdono. Vi voglio tanto bene. Vi chiedo scusa anch’io per avervi fatto soffrire e per avervi fatto stare in pensiero per troppi giorni.»
    «Te lo promettiamo che non faremo più soffrire. Ti chiedo scusa Luana.»
    «Ti chiedo anch’io scusa, ancora una volta, piccola mia.»
    «Mi siete mancati tantissimo. Ve lo giuro: io non vi odio, ero solo tanto arrabbiata e frustrata per tutto quello che vi ho detto. Vi voglio troppo bene per odiarvi. Ve lo prometto non scapperò mai più. Non vi abbonderò mai. Io ci sarò sempre per voi, però per favore non toglietemi la musica, la mia felicità ancora una volta.»
    «No Luana, non succederà più. Promesso.» Eloisa le accarezza il viso.
    «Ci sei mancata tanto anche tu. Troppo che non saper nemmeno come descrivertelo.» La stringe a sé la madre.
    Anche Eugenio si avvicina di più a loro e le abbraccia entrambe.
    Luana, stretta fra i sui genitori, è finalmente a casa. «Non potete capire, ma questo momento l’ho sognavo da una vita!» Li confessa, piangendo tra i suoi singhiozzi.
    «Non sai quanto Luana. Non sai quanto…», confessa Eugenio, baciandole la fronte.

    ***

    Eugenio si alza dal letto e si sgranchisce il corpo indolenzito. Sbadiglia «Io ritorno nel mio letto.Sono esausto.»
    Dà un bacio sulla fronte alla figlia. «Buonanotte, piccola mia.»
    «Buonanotte papà ti voglio bene.»
    «Anch’io. Se hai bisogno sono qui. Riposa adesso. Ne hai bisogno.»
    Eloisa le tasta la fronte. «Ti è risalita la febbre», constata.
    «Mi sento tanto debole, mamma. Mi fa male la testa. Mi pulsa tutta…»
    «Perché hai pianto tanto…» Si alza anche lei dal letto. «Ti aiuto a sistemarti bene sotto le coperte.» Le appoggia il panno freddo e bagnato sulla fronte. «Ecco fatto.» Le bacia la guancia. «Cerca di dormire. Se hai bisogno mi chiami.»
    Luana la trattiene per un braccio. «Per favore, mamma resta qui.»
    Eloisa cede alla sua debolezza. «Sì amore mio. Mi metto qui vicino a te.» Si stende a fianco a lei.
    Luana si fa più stretta e si gira di lato.
    Eloisa l’abbraccia e la stringe a sé.
    Luana chiude gli occhi.
    La madre le dà un bacio sulla guancia. «Buonanotte tesoro mio. Ti amo tanto.»
     
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    Ciao -Laura- , finalmente riesco a postare le mie correzioni, in realtà, davvero poche. Giusto qualche refuso qua e là, qualche tempo verbale errato, qualcosina della punteggiatura e qualcosa (ciò che ho messo tra parentesi) che toglierei. Se hai bisogno di qualche chiarimento - o vuoi parlare di qualche altro aspetto della storia - non esitare a chiedere. Sono felice tu sia riuscita a scrivere e abbia scritto proprio di questo tipo d'amore. <3


    FERITE RIMARGINATE




    Luana entra in casa con i suoi genitori.
    La madre accende la luce.
    Sul tavolo c’è un piatto sulla tavola. (scegliere “sul tavolo” o “sulla tavola”)
    «C’è un odore strano…» Eugenio si copre il naso con una mano.
    Eloisa prende subito il piatto e lo porta in cucina, borbottando fra sé.
    In silenzio Luana si dirige in camera. Si toglie le scarpe, appoggia la chitarra di fianco all’armadio. Alza il suo smorto e pallido (scegliere “smorto” o “pallido”) sguardo: è tutto finito. Sospira, i suoi occhi si gonfiano di lacrime. Il suo labbro inferiore trema di dolore e impotenza. I suoi sogni si sono sgretolati in mille pezzi. La felicità è volata via. Il suo fragile cuore manca di un battito, è ritornata nel suo Inferno di solitudine e incomprensione in cui la sofferenza la conforta, dove si deve sopravvivere e non vivere.
    Vuole solo sprofondare e piangere, piangere tanto fino a consumarsi l’anima. Non vuole tornare a scuola. Non vuole prendere altri brutti voti, perché deve studiare materie che non sono alla sua altezza. Non vuole essere presa in giro per come si veste o per il suo aspetto fisico. Non vuole più stare sotto l’oppressione dei (direi: “sentirsi oppressa dai genitori”) suoi (toglierei “suoi”) genitori. Non vuole più rifugiarsi nella musica perché è l’unica che le dona pace. Vuole essere di più. Vuole inseguire sé stessa e i suoi sogni. Vuole essere solo felice.

    Suo padre si protende verso la porta.
    Lei si volta.
    «Dobbiamo parlare tutti insieme.»
    Luana scuote la testa. Ha timore di affrontare la madre. Sa che le farà del male, sa che le spezzerà il cuore in due e sa che le ucciderà l’anima con le sue cattive parole.
    «Per favore.» Eloisa allunga un braccio verso la figlia. «Se non fai un passo verso di noi, non risolveremo niente.» Afferra la mano di Luana. «Ci sono io.» La rassicura con tono calmo.
    La figlia, terrorizzata, fa un passo verso la sala da pranzo.
    Varca la soglia. Incrocia lo sguardo della madre che si sta asciugando le mani con un canovaccio bianco.
    Le loro iridi si incontrano. Nessuna proferisce parola.
    Luana freme, riconoscendo quello sguardo calmo e impassibile che precede un uragano d’ira.
    Eloisa lascia lo straccio sul tavolo e continua a fissarla. Nel suo viso piove un’ombra tetra. Fa un passo verso la figlia.
    Luana è piccola e fragile. Le sue guance avvampano rosse come due ciliegie. Le tempie le pulsano. Nel suo corpo divampa un incontrollabile fuoco scosso da infiniti brividi di freddo. Ha il fiato sospeso.
    «Ci sediamo tutti intorno al tavolo?» Prova Eugenio a smorzare l’aria pesante.
    Eloisa fa un altro passo verso la figlia. Il suo sguardo desidera compiere un brutale delitto.
    Luana sgrana gli occhi, sopraffatta. Ha perso.
    Indietreggia, ma sua madre l’afferra e la trattiene per un polso. «Come hai potuto fuggire via così? Senza dire niente a nessuno. Come ti è venuto in mente di scappare? Come ti è saltato in mente di fare una bravata del genere? Come hai solo pensato di prendere il treno e andartene a zonzo, senza un minimo di ritegno e di attenzione!»
    Luana scoppia piangere e a singhiozzare, teorizzata dalla madre. La sua stretta è salda e forte. Le sta facendo male.
    «Dimmelo! Dimmelo adesso! Come ti sei permessa di prendere una decisone così avventata e pericolosa! Poteva succederti di tutto. Potevi trovarti in pericolo! Non hai pensato minimamente alle conseguenze, perché hai sempre la testa fra le nuvole.»
    «Eloisa, per favore, calmati. La stai terrorizzando.» Si intromette il marito. «Lasciala stare. Non ha bisogno…»
    «Tu devi stare zitto!» Gli sbraita contro l’altra.
    Si avvicina di più alla figlia e la stritola maggiormente. Luana singhiozza e prova a divincolarsi, ma non ci riesce. Le sue gambe minacciano di cedere.
    «Come hai potuto farmi questo?!» Le urla in faccia Eloisa. La lascia andare.
    Luana arretra cercando protezione verso il padre. «Per favore, non farmi del male, mamma…» La supplica tra lacrime e singhiozzi.
    La madre continua a fissarla furiosa. Fa un altro passo in avanti. «Ti rendi conto di quello che mi hai fatto!»
    Luana si copre il viso per proteggersi. Sa che fra poco la colpirà.
    «Mi hai fatto male da morire. Sono distrutta a causa tua!» Le urla ancora.
    La figlia ha il viso arrossato e bagnato. I capelli corvini sono incollati alle sue (toglierei “sue”) guance. È lì, in piedi, che trema. Si copre il viso con le mani, aspettando uno schiaffo in viso.
    Eloisa si blocca. Realizza che la figlia ha paura della sua stessa madre. Scuote il capo. Si avvicina piano e l’afferra per le braccia. «Vieni qui, non ti voglio fare del male.» La rassicura con voce più calma.
    Con un braccio le cinge la vita e con una mano le poggia le testa sulla sua spalla. «Mi sei mancata tanto. Mi hai fatto morire dentro… La tua mancanza mi ha devastato.» Le accarezza la testa. «Lo sai?» Le si chiude la gola. Le prime lacrime affiorano agli occhi. «Lo sai che non lo devi fare più? Lo sai che io non posso vivere senza di te? Lo sai che io ho bisogno di te? Ho bisogno di mia figlia.»
    Le lacrime scendono dal suo volto.
    Luana soffoca il suo pianto nel petto della madre che continua a coccolarla. Non vuole più lasciarla.
    Si abbandona al suo dolore e al tocco caldo e delicato della madre. È passato troppo tempo per ricordarsi un suo abbraccio.
    «Luana, tesoro mio, adesso calmati.» La rassicura un po’.
    Luana non vuole frenare le lacrime. Ha bisogno di sfogarsi. Ha bisogno del suo abbraccio. Ha bisogno dell’amore di sua madre.
    Eloisa avverte l’umidità dell’abito in forte contrasto con il suo corpo caldo. Fa una smorfia accigliata. «Luana, va tutto bene.» Le scosta i capelli dalla fronte per darle un bacio.
    Luana si scosta appena. La madre scruta il suo viso rosso, sudato e accaldato. Non l’ha mai vista così da quando… Da quando…
    Si scosta di scatto e le mette una mano sulla fronte. «Ma tu stai male!» Sbotta.
    Eugenio fa una faccia sbigottita. I suoi occhi cadono sulla moglie: ha un’espressione sconvolta e molto, molto familiare. L’aveva già vista… Tanti anni fa… Quando…
    «Ha la febbre Eugenio», constata con un certo timore.
    Riguarda la figlia. Le prende il viso fra le mani. «Luana.»
    Lei continua a singhiozzare, distrutta.
    «Vieni, devi metterti subito sotto le coperte.» La porta nella sua camera. Si avvicina al letto e disfa in fretta le coperte. Riesce a distenderla.
    Si siede sul ciglio. Le accarezza la fronte, scostando alcuni ciuffi di capelli. «Devi toglierti questo vestito bagnato.»
    Luana viene presa da una forte crisi di tosse.
    Eugenio l’aveva già sentita altre volte tossire, ma non pensava stesse già male. Anche lui preoccupato si affaccia alla porta. «Posso fare qualcosa?»
    «Guarda se dentro all’armadio ha un pigiama pulito.»
    Eloisa le solleva la schiena. «Vieni Luana.» La prende e l’abbraccia. Luana affonda il suo viso nel suo petto, non smettendo di piangere.
    Eloisa sospira, non sa cosa fare, non sa come comportarsi. Disperata, prova a stringerla ancora di più a sé. Le accarezza il corpo, la riempie di piccoli baci sulle guance. «Luana, piccola mia», prova a parlarle.
    «Mamma», pronuncia con voce rotta.
    «Tranquilla. Va tutto bene,» continua a coccolarla. «Sono qui, amore mio.» Le dà un altro bacio sulla tempia e le accarezza la schiena.
    Le si scioglie il cuore. Si fa piccola nel suo abbraccio e scoppia di nuovo a piangere. «Scusa.»
    La madre le dà un altro bacio sulla guancia «Scusami tu se ti ho spaventata.» La stringe più forte, chiudendo gli occhi. «Scusami se ho sbagliato.»
    Luana singhiozza. «Mi sei mancata tanto.»
    Eloisa le accarezza la schiena e i capelli.
    «Ho bisogno di te, mamma», singhiozza ancora.
    «Sono qui. Non ti lascio. Te lo prometto.»
    «Sento che sto per cadere di nuovo.»
    «No, amore mio.» La coccola e la rassicura tra altri mille baci e carezze. Si tranquillizza. Le sue lacrime smettono di bagnarle il volto. I suoi singhiozzi diventano più dei lievi lamenti.
    Nella stanza piomba un triste silenzio.
    Eloisa le dà un bacio sulla fronte. Prova scostarla e a guardarla in viso. Le asciuga le ultime lacrime con il pollice.
    La figlia la guarda a sua volta con gli occhi lucidi.
    Eloisa le dà altre carezze sulla fronte e le accenna un mezzo sorriso.
    Si stupisce e si incanta ad ammirarla. È da tempo che non le dona un affettuoso e luminoso sorriso.
    Eloisa si rasserena e tira un sospiro di sollievo.
    Eugenio va verso di lei. «Ecco il pigiama.»
    Lo prende in mano. «Tesoro, riesci a cambiarti a sistemarti un po?» Si allontana, alzandosi dal letto. «Ti aiuto a raggiungere il bagno.» L’abbraccia e con calma la alza.
    Luana ha le tempie che rimbombano. Emette un gemito di sofferenza. Si leva in piedi, ma viene invasa da un forte senso di vertigine.
    «Piano, senza fretta.» Eloisa la sospinge con cautela fuori dalla stanza e per mano la conduce alla porta del bagno.
    Luana entra e si chiude dentro.

    ***

    La mamma giunge al suo letto, sedendole accanto. La copre bene e le tasta la fronte. «Cerca di riposare un po’.» Fa per alzarsi, ma viene trattenuta per un polso.
    Eloisa freme al tocco caldo della figlia e si volta a guardarla con occhi lucidi. Nella sua espressione legge una richiesta implorante di non lasciarla sola. «Mamma…»
    Si avvicina e le dà un altro bacio sulla fronte calda. «Riposa. Sono qui.»
    Le accarezza la mano, finché si addormenta in un sonno profondo.

    Eugenio si alza dal divano e osserva la moglie dispiaciuto e affranto. L’aveva già vista così… Non si sarebbe più staccata da lei…
    La donna vede il marito sulla soglia. «Scusa se ti sto ignorando.»
    «È giusto così. È tua figlia.» Appoggia una mano sul muro e con l’altra si tiene il fianco.
    «Lo sai vero? Lo sai come…», prova a parlare, ma viene interrotta.
    «Lo so, non devi dirmi niente...», gli si incrina la voce. «È doloroso anche per me…» Deglutisce a fatica.
    «Non so come ho fatto a non accorgermene che stava male… Che tossiva…» Abbassa il capo. Si sente in colpa.
    Le fremono le labbra. La osserva riposare serena. «Sta succedendo un’altra volta…» Le prime lacrime scendono dal suo viso. «Sono preoccupata da morire. Non la vedevo così da…», si blocca terrorizzata. Gli occhi carichi di tensione e timore che possa succedere ancora. «Non voglio rivivere ancora quel momento…» Sospira a fatica e a bocca aperta. Si porta una mano al petto. Le dita le tremano.
    Il marito crede che stia per avere un attacco d’ansia.
    Fa un passo e le si avvicina calmo. Le accarezza la schiena. «Ha la fronte bollente.» Si asciuga il volto umido e arrossato.
    «Vado a prendere il termometro.»
    Eloisa lo blocca. «No Eugenio. Ho paura…»
    Il marito si china e prende il viso della moglie fra le mani. «Stai tranquilla. Non ha niente di grave. Ha solo un crollo dovuto alla stanchezza del viaggio. Tutto qui. Ieri notte ci siamo inzuppati di pioggia tutti quanti, ha solo preso freddo.», cerca di rassicurarla. «Non ha niente che non va. È solo tanto stanca.»
    Eloisa scuote la testa. Anche lei è esaurita, ma soprattutto è impotente, non si sente abbastanza per sua figlia.
    «Mi sento in colpa», sospira trattenendo le lacrime. «È colpa mia se è scappata, se l’ho lasciata andare via, se l’ho solo allontana da noi.» Fallisce e scoppia a singhiozzare. «È colpa mia se adesso sta male, ha la febbre alta. Se mi fossi comportata diversamente, se fossi stata una madre migliore…» Confessa con voce rotta.
    Eugenio la prende fra sé e l’abbraccia forte.
    «Se fossi stata una mamma migliore non sarebbe scappata. Non mi odierebbe.»
    «Non ti odia.» Le sussurra Eugenio, continuando ad accarezzarle il corpo.
    «Non so cosa fare. Vorrei rimediare, aiutarla, ma non so come… Non so quale sia il modo migliore o il modo giusto per farlo…» È disperata.
    «Guardami.» La moglie alza lo sguardo. «Se c’è una cosa che ho imparato da questo viaggio è che nessuno ci insegna a essere genitori. Nessuno ci insegna come prenderci cura di loro. Nessuno lo sa cosa è meglio o meno per i nostri figli. Facciamo quello che possiamo, siamo anche noi quello che siamo. Non siamo perfetti. Non ci sono genitori che sappiano subito capirli e ascoltarli.»
    Gli accarezza le guance, cacciando via le lacrime.
    «Diventare genitori non è un obbligo, è una scelta; non mi sono mai pentito di questo.»
    «Nemmeno io. È che quella volta potevo aiutarla di più… Io lo so che posso aiutarla di più…»
    «Lo so che vorresti essere di più per tua figlia, ma tu sei già tanto per lei, perché sei una mamma presente. Lo sei sempre stata per lei quando aveva bisogno e ci sei anche adesso. È da quando è ritornata a casa che non riesci a staccarti da lei.»
    Eloisa singhiozza ancora. «Mi sento in colpa perché ho sbagliato. Solo che me ne sono accorta troppo tardi.»
    «Anch’io me ne sono reso conto tardi.» Le lascia il viso per prenderle una mano. «Ma non è tardi per rimediare. Finché sarà qui con noi, non sarà mai troppo tardi per curare le nostre ferite.» Le bacia la fronte.
    «Vorrei che mi perdonasse. Vorrei ricostruire il nostro rapporto. Vorrei aiutarla, vorrei farle ritornare il sorriso. Quel dolce e ingenuo sorriso che ha sempre avuto e che mi ha sempre regalato ogni giorno da quando è nata. Ma non so da dove iniziare. Non so come prenderla, non so cosa dirle, non so come comportarmi. Non voglio rifare gli stessi errori che ho commesso in passato.» Affonda il viso nel petto del marito in preda a un attacco di singhiozzi. «È la mia bambina. Non voglio perderla. Non voglio più vederla soffrire, non voglio più che stia male…»
    Eugenio la scosta dal suo corpo per guardarla in viso. «Quello che devi fare adesso è aiutarla, non importa come. Comincia a fare il primo passo, comincia ad aprirti a lei. Comincia ad ascoltarla per provare a capirla.»
    Tira su col naso e si asciuga le lacrime.
    «Lei ha bisogno di sua mamma. Ha bisogno del tuo amore. Ha bisogno che le stiamo entrambi vicini per ascoltarla, perché è questo che non siamo mai riusciti a fare. Ad ascoltare nostra figlia che ormai non è più una bambina. Sta crescendo, ha bisogno di essere capita e di potersi esprimere anche lei come meglio desidera. Se noi la ascolteremo, vedrai che lei poi lo farà con noi e infine potremo iniziare a capirci a vicenda. I nostri litigi si trasformerebbero in normali conversazioni, potremmo migliorare il nostro rapporto.» Si volta verso la figlia. «Io credo che questo lo voglia tanto anche lei. Altrimenti non sarebbe scappata…»
    Eloisa si strofina il viso e si asciuga le ultime lacrime.

    Eugenio si alza, lamentandosi del suo mal di schiena.
    Esce dalla camera.
    Ritorna con il termometro e glielo porge.
    Eloisa si morde il labbro e titubante lo prende in mano.
    Lo apre. Si protende verso la figlia per infilarglielo sotto il braccio con delicatezza, cercando di non svegliarla.
    La madre le tasta la fronte. È caldissima.

    ***

    «Allora ha la febbre?» Domanda il marito che è ritornato a sedersi sul divano in salotto.
    «Sì.»
    La moglie si leva e va in cucina. Dalla credenza afferra una caraffa. La riempie con l’acqua. Dal freezer prende dei cubetti di ghiaccio e li getta dentro.
    Tira fuori un panno morbido da un cassetto e ricompare in salotto.
    Il padre la scruta, mentre ritorna in camera dalla figlia. Chiude gli occhi e sorride, lasciandosi andare sul divano. «Hai bisogno?» È da tempo che non la vede così presa dalla figlia. Non se n’è accorta, ma si stava già prendendo cura di lei.
    «No tranquillo.» Appoggia il vassoio sopra il comodino. «Dovresti riposare pure tu.»
    «Già… Non volevo lasciarti da sola.» Si desta dal divano, sedendosi.
    «Non sono da sola. C’è lei qui con me.» Rivolge lo sguardo verso il marito. «Ho bisogno di stare con lei e lei ha bisogno di me.»
    Eugenio acconsente in silenzio e si alza. Senza indugiare o dire altro si ritira nella sua stanza.

    Eloisa imbeve il panno fino a inumidirlo per bene e lo va ad appoggiare sulla fronte della figlia.
    Luana si lamenta e si scosta un pochino.
    La madre le dà un bacio sulla guancia. «Tranquilla, amore mio. Sono qui.» Le prende e le accarezza la mano. «Ti voglio bene, amore mio.»
    Eloisa rimane lì a vegliarla fino al calar della sera.

    ***

    Luana si risveglia dal sonno. Ha una pezza fredda sulla fronte.
    Vede sua madre ancora lì che la guarda preoccupata e le accarezza la mano.
    «Sei rimasta qui.»
    Eloisa alza gli occhi e sospira sorpresa. «Sì.» Si protende verso di lei e le dà un bacio sulla fronte. «Te l’ho detto, non vado da nessuna parte.» Le sorride. Luana la guarda incantata, con gli occhi lucidi per la febbre.
    «Come stai piccola mia?»

    Dal corridoio giunge un sonoro sbadiglio.
    Sulla soglia compare il padre assonnato. Si sgranchisce il corpo. «Che ore sono?» Si gratta la testa.
    «È tarda sera Eugenio. Potevi rimanere a letto.»
    Il padre entra nella camera (della figlia).
    «Hai fame, vuoi che ti prepari qualcosa?»
    «No, grazie.» Si avvicina alla figlia e le fa una carezza sulla guancia. «Come stai, tesoro?»
    «Ho male dappertutto» ripete al padre, emettendo dei colpi di tosse. Prova ad alzarsi un poco, ma non le riesce come vorrebbe.
    «Non sforzarti troppo.» Eloisa l’abbraccia e la aiuta a sollevarsi, appoggiando la schiena contro i due soffici cuscini sottostanti. «Così va meglio?»
    La figlia annuisce.
    Eugenio va a sedersi dall’altra parte del letto.
    Luana si scosta e sussulta stupita. Sono tutti e due lì che la guardano e le accarezzano il debole corpo.
    Eloisa abbassa e distoglie lo sguardo. «Perché sei scappata?»
    «Vorrei saperlo anch’io. Anche se lo so…» L’uomo viene interrotto dalla moglie.
    «Anch’io lo so, ma vorrei sentirlo dire da lei.»
    Luana guarda il padre.
    «Se te la senti…»
    Luana sbuffa e si morde il labbro. Abbassa gli occhi umidi.
    Eloisa le stringe la mano, incrociando il suo sguardo velato di lacrime. «Siamo qui per ascoltarti. Se lo vuoi…»
    «Se lo sapete, perché dovrei…»
    «Perché abbiamo bisogno di sapere cosa ne pensi tu.»
    «Non mi capireste» gioca con un filo della coperta.
    La madre lancia un’occhiata al marito. Si alza dal letto e si avvicina a lei, stendendosi di fianco. Le prende la mano. «Noi vogliamo provarci. Vogliamo capirti.»
    «Devi però darci il permesso di farlo», aggiunge Eugenio, avvicinandosi anche lui.
    Luana annuisce.
    «Dopo la litigata di quella sera. Ho sentito un forte desiderio di fuggire via da qui. Ero troppo arrabbiata, per…Tante, tante cose… Non solo a causa vostra… Cose che penso neanche vi immaginiate.» La sua voce si incrina. «Cose di cui non vi siete mai resi conto…»
    «Luana, ora siamo qua e siamo pronti a sentirle. Puoi dirci tutto quello che vuoi.» Le stringe di più la mano. «Sfogati tesoro mio. Non vergognarti di niente.»
    Un magone le soffoca la gola. Gli occhi le si inumidiscono fino a vedere tutto sfocato. Sospira cercando di trattenere le lacrime.
    «La odio quella scuola. Mi avete rinchiuso in una prigione infernale.»
    «Pensavamo fosse una buona scelta. Abbiamo sbagliato. Volevamo solo garantirti un istruzione completa con un futuro facile e assicurato. Avevi solo tredici anni. Pensavamo fossi troppo piccola per scegliere da sola.»
    Luana sospira. «Ho brutti voti perché non è la mia scuola.»
    «Va bene. Cosa vorresti fare?» Le accarezza i capelli.
    La figlia non vuole pronunciarsi.
    «Me lo dirai quando sarai pronta o avrai qualche idea, d’accordo? Non è difficile cambiare scuola, forse perderai degli anni, ma…», si sofferma per riflettere un attimo. «Non importa. Se questo ti causa disagio, troveremo una soluzione. Insieme.»
    Eloisa nota che vuole dire altro ma è molto titubante. «C’è qualcos’altro?»
    Luana strizza gli occhi, ma le prime lacrime le rigano il volto.
    Eloisa è allarmata. «No, amore mio.»
    Inizia a singhiozzare. «No, non piangere.»
    Anche la figlia non riesce più a trattenersi e scoppia in lacrime.
    «Vieni più vicino a me.» Eloisa la prende e l’abbraccia, coccolandola un poco. Le dà un bacio sulla fronte.
    «Non ho nessuno in quella scuola. Non ho amici. Sono sola. Non ho nessuno con cui parlare, chiacchierare, con cui fare merenda insieme. Fa schifo.»
    Eugenio guarda Eloisa che non sa come comportarsi e cosa dire.
    «Luana perché dici così?» Le prova a domandare.
    «Perché è solo la pura verità. Mi prendono in giro in classe e lungo i corridoi. Ogni giorno devo sopportare i loro insulti, più quelli dei professori, che mi detestano e basta. Non c’è un momento in cui non mi rinfacciano quanto fannullona sono, perché non riesco nemmeno a prendere una misera sufficienza. Mi dicono che sono strana e diversa, perciò mi stanno tutti lontano.», singhiozza disperata.
    La madre si scosta da lei per mettersi più comoda sul letto: si siede con la schiena appoggiata alla testiera del letto e prende Luana e la fa sedere in mezzo alle sue gambe, tenendola sempre stretta a sé.
    Luana si appoggia al suo petto. «Non potete capire cosa significhi alzarsi tutte le mattine con la nausea di dover sopportare ogni giorno le loro perfide occhiatacce, le prese in giro e venire sempre umiliata davanti a tutti. Chiudersi in bagno per delle ore perché non riesci più a sopportare le ingiuste cattiverie sia dei compagni che dei professori. Sono sempre quella che non studia, che non si impegna abbastanza, che non sa fare niente, che si veste male, che è sempre troppo magra, quella che non sa parlare, quella che non riesce a difendersi, quella sempre sola, triste ed emarginata. Io ci sto morendo in quella scuola, mi sta distruggendo l’anima.»
    Eloisa stringe a sé la figlia, le dà un altro bacio sulle tempie e le accarezza il viso, cercando di alleviare la sua sofferenza. Si volta e lancia un’occhiata a Eugenio che le rivela un’espressione affranta.
    Le crolla il mondo addosso. È impotente, non sa come reagire.
    Eugenio si mette a braccia conserte, si tappa la bocca e si chiude in sé stesso abbassando lo sguardo.
    Se Luana detesta quella scuola è solo loro la colpa. Se solo l’avessero ascoltata adesso sarebbe tutto diverso…
    «Perché non hai provato mai a dircelo?» Le scosta una ciocca di capelli dall’orecchio.
    «Perché avevo paura che deste ragione a loro…» Luana guarda la madre. «Tu me lo dici sempre che se fossi diversa… Sarei una figlia migliore.»
    Eloisa chiude gli occhi e serra le labbra cercando di trattenere le lacrime. Si sente un disastro come madre.
    «Lo so che tu mi vorresti diversa…»
    Eloisa le preme un dito sulla (sua) bocca e scuote la testa. «No, non ti voglio diversa», riesce a dire a malapena. Le dà un bacio in piena fronte. Le prime lacrime le rigano il volto.
    «Pregiudizi e critiche che ti rimbombano? ed entrano nella tua testa fino a diventare delle voci. Perfide voci che ti sussurrano terribili parole. Più ti rimbombano più dai loro ascolto e più le senti più ti sembrano vere.» Singhiozzante, si aggrappa di più a lei. «Mamma, la mia mente è piena di demoni che mi urlano che sono un disastro, che è ora di farla finita…»
    Eloisa prova a coccolarla, ma in questo momento è in una valle di lacrime, più scioccata e turbata della figlia. «Per favore no…» La implora con voce rotta. «Non devi dirlo mai.»
    «Non riesci neppure più a guardarti allo specchio, perché sai che c’è qualcosa che non va in te. Sai che sei brutta, che non piaci e non piacerai mai a nessuno, che nessuno potrà mai amarti, perché sei solo uno schifo, sei una nullità, sei vuota dentro. Vorresti solo scomparire, farla finita, perché se gli altri ti odiano, ti odi ancora di più. Vorresti cambiare, ma c’è qualcosa che ti trattiene. C’è qualcosa dentro di te che soffoca ogni respiro, ti trafigge l’anima e ti punge il cuore, come se attorno ad esso ci fosse un filo spinato che te lo stritola sempre di più, fino a fartelo sanguinare, finché smette di battere e tu non provi più nessuna emozione. Cadi nel buio più oscuro, cadi tra le braccia del male dove c’è solo il dolore a darti conforto. Non riesci più a muoverti, sei intrappolata e legata in catene in una prigione che prende il nome di depressione.»
    Eugenio si fa più vicino anche lui alla figlia e le stringe una mano.
    Eloisa non riesce a fermare il suo pianto e i suoi singulti. Si sente in colpa perché suo marito glielo aveva detto, ma lei non ci aveva creduto o forse non riusciva ad accettarlo, non lo sapeva nemmeno lei. Sentirlo adesso dalla sua bambina ha tutto un altro valore: è tanto tremendo quanto straziante, perché questa volta sta riuscendo a capirla. Eloisa sta capendo le emozioni e le sensazioni della figlia. Le sembra brutto, ma anche tanto bello che dentro di lei sta sorridendo. Adesso sa come aiutarla.
    «Amore mio…» La stringe di più a sé e la coccola stretta stretta, stampandole altri baci sul viso umido e arrossato.
    «Io mi odio già e voi avete peggiorato tutto. Voi siete la mia famiglia, i miei genitori; pensavo che su di voi potessi contare, pensavo di trovare un po’ d’amore, un po’ di pace e conforto, ma anche voi, come gli altri, vi siete rivoltati contro di me.», singhiozza ancora.
    «Lo sappiamo.», aggiunge il padre.
    «Abbiamo sbagliato tutto», confessa la madre.
    «Mi fate sentire sbagliata. Mi fate sentire come se fossi un vostro errore, un peso che dovete sopportare. Sembra che non mi vogliate bene. Sembra che non conti nulla. Qualsiasi cosa che dico o che faccio non ha importanza.»
    Eloisa le accarezza i capelli, prorompendo di nuovo in un pianto disperato. La fa sprofondare nelle sue braccia, stringendola a sé perché non la vuole più sentire lontana da lei.
    Eugenio con gli occhi arrossati si rivolge alla moglie. « È arrivato il momento di dirglielo.»
    La donna scuote il capo, aggrappandosi alla figlia.
    «È la ragione di tutti i nostri sbagli. Lo deve sapere. Ha il diritto di saperlo. Deve capire perché l’abbiamo ostacolata sempre in tutto.»
    «Mamma», la chiama la figlia. Non l’aveva mai vista così distrutta e colma di lacrime.
    «Niente.» Le scosta i capelli dal viso e le accarezza una guancia. «Ho solo sbagliato a…»
    «Non è stato un errore Eloisa. Smettila di darti colpe che non hai.»
    Eloisa distoglie lo sguardo. Chiude un attimo gli occhi. Con una mano si strofina il viso, cercando di frenare le lacrime e i singulti.
    Eugenio le accarezza la spalla.
    Eloisa prende fra le mani il volto della figlia. «Io e tuo padre abbiamo tenuto segreto anche noi qualcosa», sospira. «Io e tuo padre abbiamo faticato molto per averti. Io volevo avere un figlio. Era sempre stato il mio sogno prendermi cura di un bambino e crescerlo con amore. Non so quante volte ho provato a rimanere incinta… Non so quante volte io e tuo padre abbiamo tentato invano… Ci siamo arresi. Io ero distrutta e arrabbiata con me stessa. Mi stavo odiando a morte e detestavo ogni centimetro del mio corpo, perché non mi permetteva di avere un figlio.»
    «Mamma…» sibila Luana. I suoi occhi si riempiono di lacrime.
    «So cosa vuol dire odiarsi da morire, tesoro mio. Lo so perché ci sono passata anch’io, per avere te. Ti capisco.» Le accarezza la guancia.
    «Ma alla fine ci sei riuscita», constata Luana, appoggiando una mano sulla guancia di lei.
    «Sì», tira su col naso, abbozzando un mezzo sorriso. «Non ho mai fatto nulla di importante nella mia vita. È sempre stata piuttosto noiosa. L’unico sogno che avevo era avere te.» Si blocca, cercando di non piangere. «Ti ho desiderata e sognata con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima.»
    Luana è allibita.
    «Sei la mia felicità.»
    La figlia si commuove l’abbraccia forte.
    «Quando ti ho vista per la prima volta, quando ti ho tenuta in braccio la prima volta, facevo fatica a realizzare che eri là con me e che stavi bene, che eri entrata a far parte della mia vita. Che eri la mia bambina, che io e tuo padre ce l’avevamo fatta. Penso sia stato il giorno in cui ho iniziato veramente ad amarmi e a vivere», scoppia a piangere di nuovo. Le sue lacrime scendono libere lungo il viso. «Da quel giorno ho iniziato ad amarti sempre di più. Ho iniziato a prendermi cura di te, a crescerti nel miglior modo possibile, a confortarti e a proteggerti sempre, non facendoti mai mancare nulla.» Le dà un bacio sulla fronte e le accarezza il viso.
    «Non avevi ancora due anni, forse è per questo che non te lo puoi ricordare…»
    «Ricordare cosa?» Luana è curiosa.
    «Ti sei ammalata. Non sapevamo cosa avessi di preciso… Ti abbiamo portata da diversi dottori. Ci hanno dato delle cure, degli antibiotici e stavi pian piano migliorando, quando una notte mi accorsi che non respiravi più.»
    Luana ha un’espressione incredula.
    «Ti abbiamo portata al pronto soccorso d’urgenza. Ti abbiamo consegnata ai medici… Lasciarti è stato straziante, perché non sapevamo se…», si blocca, cacciando via altre lacrime. «Dopo qualche ora ci hanno chiamato e spiegato che avevi una polmonite trascurata, e che piccola com’eri poteva portarti…» Eloisa sospira e si copre il viso con una mano. Prende a singhiozzare forte.
    «Mamma…» Non l’aveva mai vista così colma di dolore. Dolore che sta provando a causa sua.
    «Mi è caduto il mondo addosso. I dottori ci dissero che c’erano poche probabilità che guarissi, che superassi solo quella notte.» Si sofferma. «La figlia che tanto ho desiderato (avere) stava morendo…e io non potevo fare nulla per salvarla. Ho iniziato ad avere tanti sensi di colpa. Mi sono sentita così impotente», riprende a singhiozzare forte.
    «Mamma.» La chiama. Le accarezza la guancia. «Io sono qui. È solo un brutto ricordo.» Le si rompe la voce. «Sono qui con voi. È questo ciò che conta adesso.»
    Eloisa la prende e la coccola fra le sue braccia.
    «Perché non me lo avete mai detto?»
    «Certi dolori i genitori preferiscono tenerseli per sé», confessa, accarezzandole il viso. «È per questo che, da quell’avvenimento, io e tuo padre, ma soprattutto io, non ho voluto più lasciarti andare via. Luana io ho sbagliato, lo so, ma non l’ho fatto perché sono cattiva, non volevo privarti della tua stessa vita, ma certi dolori ti cambiano così nel profondo che non sai più cosa è giusto o sbagliato per tua figlia.
    Tu vuoi solo che stia sempre bene, vuoi solo proteggerla e difenderla. È per questo motivo che non ti abbiamo mai dato la libertà che in realtà ti meriti tantissimo. Non ti ho mai fatto prendere decisioni da sola, ti ho sempre tenuta relegata in una prigione, nella mia prigione, perché non voglio soffrire ancora, non voglio rimanere senza la mia bambina. È stata una scelta egoista, ma io ho bisogno di te. Sei la mia felicità. Il mio orgoglio.» Le stringe le mani. «Sono andata in crisi quando ho saputo che eri fuggita via. Sono andata in crisi sapendo che poteva succederti qualcosa di brutto. Mi sono sentita in colpa per aver fallito come madre.»
    «Abbiamo sbagliato entrambi Eloisa», aggiunge Eugenio. «Abbiamo sbagliato a non provare ad ascoltarti, anche solo per una volta.»
    «Avevamo paura di perderti ancora che alla fine è successo veramente...», continua Eloisa.
    «Ho sbagliato anch’io.» La guarda negli occhi. «Mamma, papà, ho sbagliato anch’io perché non dovevo scappare, dovevo affrontarvi, ma mi ero arresa al vostro controllo e non avevo più voglia di combattere, non avevo più voglia di vivere. Non ci ho provato nemmeno io a provare cambiare il nostro rapporto, a provare a capirvi, a riflettere sul perché siete così oppressivi, ho preferito andarmene via. Sono fuggita via perché qui, con voi, non mi sentivo più felice. Non mi fate sentire amata e accettata. Mi avete distrutto i miei sogni. Ero su tutte le furie, non vi sopportavo più, non sopportavo più di stare alle vostre scelte che quel giorno ho detto basta. Odiate la musica. Odiate la mia chitarra. Non volete vedermi né suonare né cantare. Ma voi non potete togliermi ciò che io amo di più. Non potete privarmi della mia passione…»
    «Hai ragione, Luana. Ci dispiace tantissimo.» La madre le bacia la guancia.
    «Mi avete detto che non mi porterà da nessuna parte, io questo ancora non lo so… So solo che per me è importante, perché mi ha salvato la vita quando non c’eravate. La musica mi capisce e mi ascolta. Io vorrei seguire questo mio sogno. Non so dove mi porterà, non so a cosa mi porterà, ma lo voglio inseguire, almeno lasciate che ci provi. Solo questo.» Le si riga il volto di lacrime. «Io vorrei tanto rendervi orgogliosa. Io vorrei tanto farvi felici, ma non posso farlo da sola. Non riesco», si blocca e riprende a singhiozzare. «Perché mi manca il vostro sostegno. Io ho bisogno del vostro incoraggiamento. Ho bisogno che voi due - Punta loro le dita contro - crediate e abbiate fiducia in me. Io capisco che volete proteggermi, che volete solo il meglio per me, ma adesso non sono più una bambina, sto crescendo e so cosa è giusto e so cosa voglio fare per me stessa. Ho bisogno che mi accompagniate voi. Dovete solo accettarmi. Siete la mia famiglia.»
    «Sì, amore mio. Noi ti accettiamo, ti amiamo tantissimo. Siamo qui solo per te.» La coccola ancora e le bacia il viso la mamma. «Ci perdoni?» Guarda il marito.
    «Ci perdoni?» Aggiunge Eugenio.
    «Vi perdono. Vi voglio tanto bene. Vi chiedo scusa anch’io per avervi fatto soffrire e per avervi fatto stare in pensiero per troppi giorni.»
    «Te lo promettiamo: non ti faremo più soffrire. Ti chiedo scusa Luana.»
    «Ti chiedo anch’io scusa, ancora una volta, piccola mia.»
    «Mi siete mancati tantissimo. Ve lo giuro: io non vi odio, ero solo tanto arrabbiata e frustrata per tutto quello che vi ho detto. Vi voglio troppo bene per odiarvi. Ve lo prometto non scapperò mai più. Non vi abbandonerò mai. Io ci sarò sempre per voi, però per favore non toglietemi la musica, la mia felicità ancora una volta.»
    «No Luana, non succederà più. Promesso.» Eloisa le accarezza il viso.
    «Ci sei mancata tanto anche tu. Troppo da non saper nemmeno come descrivertelo.» La stringe a sé la madre.
    Anche Eugenio si avvicina di più a loro e le abbraccia entrambe.
    Luana, stretta fra i suoi genitori, è finalmente a casa. «Non potete capire, ma questo momento lo sognavo da una vita!» Confessa loro, piangendo tra i (suoi) singhiozzi.
    «Non sai quanto Luana. Non sai quanto…», confessa Eugenio, baciandole la fronte.

    ***

    Eugenio si alza dal letto e si sgranchisce il corpo indolenzito. Sbadiglia «Io ritorno nel mio letto. Sono esausto.»
    Dà un bacio sulla fronte alla figlia. «Buonanotte, piccola mia.»
    «Buonanotte papà ti voglio bene.»
    «Anch’io. Se hai bisogno sono qui. Riposa adesso. Ne hai bisogno.»
    Eloisa le tasta la fronte. «Ti è risalita la febbre», constata.
    «Mi sento tanto debole, mamma. Mi fa male la testa. Mi pulsa tutta…»
    «Perché hai pianto tanto…» Si alza anche lei dal letto. «Ti aiuto a sistemarti bene sotto le coperte.» Le appoggia il panno freddo e bagnato sulla fronte. «Ecco fatto.» Le bacia la guancia. «Cerca di dormire. Se hai bisogno mi chiami.»
    Luana la trattiene per un braccio. «Per favore, mamma, resta qui.»
    Eloisa cede alla sua debolezza. «Sì amore mio. Mi metto qui vicino a te.» Si stende a fianco a lei.
    Luana si fa più stretta e si gira di lato.
    Eloisa l’abbraccia e la stringe a sé.
    Luana chiude gli occhi.
    La madre le dà un bacio sulla guancia. «Buonanotte tesoro mio. Ti amo tanto.»
     
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    Magic_Charly Grazie mille. Provvedo alle correzioni.
     
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