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Vi racconto la mia esperienza col blocco dello scrittore. Non so se potrà essere utile a qualcuno, ma spero di sì. Mi scuso in anticipo per la lunghezza del post.
Sogno da sempre un futuro come scrittrice e per anni ho cercato di lavorare a una saga fantasy divisa in sei volumi (che non ho mai terminato). Sono riuscita a portarla avanti più o meno fino a metà del secondo anno di università, dopodiché ho mollato... Un po' perché lo studio era sempre più impegnativo e, quando non preparavo un esame o seguivo lezioni, volevo rilassarmi; un po' perché l'ispirazione si era persa e non mi sentivo più motivata come un tempo. Per un annetto diciamo che mi sono tenuta in allenamento grazie alle fanfiction (la scrittura è anche esercizio); scrivevo su un cartone giapponese, una mia grande passione dell'epoca. Poi niente, anche lì qualcosa si è rotto e ho smesso. Se si eccettua un tentativo fallito con un concorso letterario, non ho scritto più niente per qualche anno.
A quel tempo credevo si trattasse di una conseguenza inevitabile della situazione in cui mi trovavo. Si cresce, si va all'università, si cerca di costruire il proprio futuro - e probabilmente non c'è più molto tempo da dedicare ai sogni. Eppure, a un certo punto, ho riscoperto la gioia di scrivere, quasi per caso. Ero talmente satura dei "fenomeni letterari" che facevano impazzire il pubblico femminile giovane ("After" di Anna Todd e simili, per intenderci) che ho deciso di provare a buttar giù anch'io una storia basata sul cliché visto e rivisto della brava ragazza ingenua, la tizia della porta accanto, che s'innamora del belloccio ambito da tutte le altre. Come lettrice ero un po' fuori target, poiché questo tipo di opere sembra indirizzato principalmente alle adolescenti, senza contare che ne vanno pazze anche molte ragazzine appena entrate nella pubertà; però m'interessava il fenomeno dal punto di vista sociale, prima che letterario (dopotutto, non ho studiato Lettere all'università ), dunque mi sono improvvisata autrice di Wattpad, la celebre piattaforma online su cui spopolano quelle storie , nella speranza di cercare un contatto con le fan. (Non ci sono riuscita, ma questo è un altro discorso!)
L'impulso di scrivere è tornato anche dopo, quando mi mancava un ultimo esame prima della laurea, e non è più andato via. Ho provato, fra le altre cose, a scrivere una specie di romanzo, nato da una storia che avevo inventato per puro svago, e sono perfino arrivata alla fine; eppure, proprio com'è successo a fanwriter91 , mi sono bloccata al momento della revisione - che, diciamocelo, era più una riscrittura, almeno parziale - e non sono più riuscita a proseguire. In questo caso sono certa che fosse colpa della crisi di ansia che stavo vivendo, per la ricerca di un lavoro, la paura di sentirsi inutile e di affrontare i commenti e/o la delusione delle persone intorno a me... Avrei potuto abbandonare di nuovo la scrittura e concentrarmi totalmente su altro, come avevo già fatto ai tempi dell'università, ma devo ammettere che non mi sembrava giusto. Così, lasciata da parte la revisione del romanzo, ho ripreso in mano dei raccontini brevi, scritti anni addietro in occasione di un concorso letterario che non avevo vinto, e ho provato a ricominciare da lì. Non per ambizione o perché pensavo che avrei potuto guadagnarci dei soldi... No, l'ho fatto perché sapevo che dentro di me, da qualche parte, viveva ancora la gioia di scrivere, e che questa poteva essere la mia unica e ultima possibilità di ritrovarla, prima di arrendermi e gettare la penna.
Penso che, quando si perde sé stessi, la cosa migliore da fare sia ricominciare dal basso, dal piccolo. Prendi questo racconto qui di circa cinque anni fa. Leggilo da lettrice, cerca di capire cosa ti comunica. C’è qualcosa di goffo, di impreciso nella catena di parole che dà corpo alla vicenda. Troppi dialoghi che sembrano essere stati scritti per il puro gusto di scriverli, anziché per dare carattere ai personaggi. Il finale è affrettato, rischia di risultare superficiale. Cosa cambieresti, se potessi farlo? Riesci a ripartire dai fondamenti, dal messaggio essenziale che la storia dovrebbe trasmettere?
Non pensavo che sarebbe stato così faticoso. Erano racconti semplicissimi, oserei dire banali; facile trovare il bandolo della matassa. Non era certo un'impresa capire cosa volessi aggiustare o cambiare. Eppure c'erano giorni in cui non riuscivo a scrivere una riga - e non per mancanza di tempo. Altre volte modificavo o scrivevo di nuovo un paragrafo, ma poi era un'impresa proseguire oltre. Mi sono dannata per cambiare la maggior parte degli incipit (non me ne piaceva quasi nessuno). Mi sono fermata ogni volta che mi facevo le paranoie sull'uso dello show, don't tell (che sia maledetto!)... cioè al termine di quasi tutti i dialoghi a cui riuscivo a dare forma. Insomma, è stato un continuo mettermi in discussione, arrancare, lottare con le parole che non venivano, cercare il giusto equilibrio fra parti dialogiche e parti narrate, non cadere nel paradosso di non raccontare mai per la paura di raccontare troppo (rendendo così il testo inutilmente prolisso)... Ho avuto una fortuna in tutto questo: un'amica fidata con cui parlare, alla quale comunicavo passo per passo i miei progressi, chiedevo consiglio quando non riuscivo a proseguire, spiegavo quali idee volessi mettere in pratica per migliorare questo o quel racconto. Non credo di sbagliarmi se dico che è stato il suo supporto costante a fare la differenza. Grazie a lei non mi sono mai sentita sola. Ho scoperto che scrivere una riga o una pagina non avrebbe fatto differenza per chi era disposta ad ascoltarmi, qualunque pezzo di storia le leggessi. E così, con la lentezza di una lumachina, ho cominciato a fare progressi. A scrivere di più, a non fermarmi finché non ero stanca fisicamente, anziché insicura o bloccata. Ricordo ore e ore dedicate alla scrittura. Era un impegno? Sì. Ma ho trovato gioia in ciò che facevo, mi sono sentita di nuovo in sintonia con le parole, ho saputo cercarle più agevolmente, sceglierle, assaporarle. Pian piano anche le ansie relative allo show, don't tell sono venute meno...
La mia conclusione personale è questa: per affrontare il blocco dello scrittore c'è bisogno del sostegno di un amico. Non un amico qualsiasi e non un sostegno generico... No, bisogna ritrovarsi in quel tipo di situazione che ci fa dire: "Questa persona mi conosce, mi capisce, mi ascolta". Dev'esserci una comunicazione continua, quasi come se si lavorasse insieme (anche se a scrivere è solo uno dei due soggetti coinvolti). Dev'esserci quel tipo di sintonia e fiducia che trasforma un momento di crisi (della serie: e mo' che cappero scrivo/faccio/m'invento?) in una chiacchierata per scambiarsi idee, vagliare ipotesi, intravedere nuove possibilità. Io mi sono accorta che, semplicemente parlando con la mia amica, riuscivo a focalizzare meglio i miei obiettivi e ad avere delle illuminazioni. Non è che seguissi sempre i consigli che lei mi dava, anzi, facevo a modo mio la maggior parte delle volte... ma era come se esternare tutto ad alta voce mi aiutasse a schiarirmi la mente, a prendere delle decisioni fondamentali per le mie piccole storie.
Mi rendo conto che non tutti hanno la fortuna di avere amici così. È piuttosto difficile, lo so... ma, se ne avete almeno uno e state attraversando la crisi del foglio bianco, non abbiate timore né vergogna di mettervi nelle sue mani. Parlateci, sfogatevi, condividete ciò che vi passa per la testa, anche qualora si trattasse di pensieri confusi e disordinati, di svolte di trama lasciate a metà, di incertezze sul finale e sui personaggi. Date voce ai vostri dubbi, non cercate di scioglierli da soli ad ogni costo. E mettete da parte le (in)certezze sulle tecniche di scrittura da manuale, per cercare innanzitutto di scrivere nel modo che vi viene più naturale. L'importante è che i personaggi e la trama siano coerenti, che abbiano uno scopo (diciamo che dev'esserci un punto di partenza e un punto d'arrivo). E più semplici sono, meglio sarà. Non conta se si tratta di una storia che sa di già visto, che non contiene colpi di scena o invenzioni straordinarie; conta che la sentiate vostra e che proviate gusto all'idea di raccontarla.
Spero che questo mio messaggio non risulti noioso o confusionario. Che la gioia di scrivere sia con voi e il calore dell'amicizia vi aiuti a ravvivare il fuoco dell'ispirazione
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