Armi e cicatrici

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    Questa è una delle ultime fanfiction che ho scritto, ma ammetto di essermici affezionata in fretta *^^* Non succede granché a livello di avvenimenti – anzi, si potrebbe dire che non succeda nulla, ma spero si capisca quanta importanza ho voluto dare ai sentimenti, alle emozioni e ai conflitti interiori dei protagonisti.
    Come per “Maternità”, ho diviso la storia in due parti per facilitarvi la lettura, sebbene si tratti di un racconto unico. Questa volta, però, vedrete che sono tornata a un tipo di narrazione che mi è più congeniale, poiché la struttura non è frammentata, nonostante la presenza di vari flashback.
    Bene, credo di aver detto tutto ciò che c’era da dire. Vi lascio alla lettura :)


    Armi e cicatrici


    OPERA DI RIFERIMENTO: “Pirati dei Caraibi”
    CATEGORIA: bollino verde (per tutti)
    GENERE: Sentimentale, Introspettivo, Drammatico, Avventura con elementi fantasy
    NOTE AGGIUNTIVE: Canon-Fic
    DICHIARAZIONE DI NON RESPONSABILITÀ: “Pirati dei Caraibi” e i suoi personaggi non sono di mia proprietà, ma appartengono alla Walt Disney Company. Questa fanfiction non è stata realizzata a scopo di profitto, ma solo per il piacere di scriverla e di condividerla gratuitamente.


    Sinossi

    Le cicatrici di Will, fisiche ma soprattutto emotive.
    I sensi di colpa di Elizabeth per la morte di Jack Sparrow.
    Che fine fa l’amore in questo scenario?



    hai-peng



    Elizabeth radunò tutte le pistole possibili, scegliendo con cura dove sistemarle. Il suo abbigliamento le permetteva di nasconderne parecchie, perciò lei decise di approfittare di quella fortuna: aveva intenzione di girare per Singapore ben armata.

    Sorrise a sé stessa, ma era un sorriso amaro. Eccola lì, piratessa fino al midollo, capace di sparare e anche di uccidere. Le storie che aveva letto in passato erano piene di pirati e trasgressioni ai danni della legge, eppure rendevano eccitante ogni scenario. La realtà era alquanto diversa, molto più crudele e drammatica: dolore, impotenza e sensi di colpa erano più forti della voglia di avventura, che si era ormai trasformata in mera lotta per la sopravvivenza.

    Sospirando, Elizabeth strinse il nodo del nastro che le fermava la treccia. Se solo fossero bastate le armi a farla sentire salda sulle sue gambe come voleva essere! Se solo ciò che le era stato insegnato avesse potuto darle una garanzia sugli avvenimenti futuri, una certezza in più, una speranza…

    Troppo rigida, Elizabeth.

    La voce di Will – un’eco degli albori del loro fidanzamento – parve stuzzicare un angolo della sua mente. La assalì una sensazione di malinconia. Will era sempre nei suoi pensieri, nonostante lei si sforzasse di evitare ogni contatto con lui da mesi, tenendolo a distanza come un estraneo, o tutt’al più un semplice conoscente.

    Troppo rigida. All’epoca il riferimento era circoscritto alla sua presa ferrea intorno all’elsa della spada, ma ormai poteva riguardare il suo atteggiamento e i suoi modi. Lei era rigida. Il suo cuore si era indurito, le sue risate si erano spente e il silenzio aveva sostituito ogni parola dolce, ogni tenerezza, ogni battuta allegra o ironica.

    Sfiorò l’impugnatura di una delle pistole che portava alla cintura. Chiuse gli occhi e altri ricordi la assalirono…


    A Port Royal si stavano verificando vari furti, persino nelle case dei nobili protette meglio. Doveva esserci in giro una banda di ladri piuttosto scaltra, ipotizzò il padre di Elizabeth. La soluzione era raddoppiare subito la sorveglianza nelle zone a rischio.

    Elizabeth aveva addirittura sentito dei rumori notturni alla villa, anche se, quando si era alzata per controllare cosa stesse accadendo, la quiete avvolgeva di nuovo le stanze e i corridoi, come se non fosse successo nulla. Quella situazione si era ripetuta due volte, perciò – oltre a parlarne con Will e con suo padre – le parve giusto affrontare l’argomento con James.

    Malgrado l’imbarazzo di un fidanzamento sfumato a dividerli, loro due avevano mantenuto un rapporto cordiale. Così, quando lei gli riferì gli ultimi avvenimenti, James si impegnò a tranquillizzarla, promettendole che la sicurezza di Port Royal e dei suoi abitanti sarebbe stata garantita a qualsiasi costo.

    Fiduciosa ma poco incline ad accontentarsi, Elizabeth non si limitò a ringraziare: chiese di assistere, insieme con suo padre, alle esercitazioni supplementari degli ufficiali di Marina. Fu proprio l’osservazione di quelle attività a far nascere in lei il desiderio di imparare a usare le armi da fuoco.

    Non poteva pretendere delle lezioni vere e proprie, non in quel caso. L’addestramento con Will la impegnava già abbastanza – e c’erano anche i preparativi per il matrimonio da considerare. Suo padre non le avrebbe consentito ulteriori “distrazioni”, specie se esulavano dall’educazione femminile ed erano appannaggio degli uomini. Tuttavia, James fu così gentile da venirle incontro, almeno in parte, accettando di offrire a lei e a Will l’occasione di prendere familiarità con le armi: permise loro di partecipare ad alcune esercitazioni riservate e addirittura di fare qualche prova.

    «I miei complimenti» disse, quando venne fuori che Elizabeth aveva una buona mira. «Se foste un militare, vi consiglierei di allenarvi e affinare le vostre capacità, in modo da divenire un eccellente tiratore… Avreste davvero le carte in regola per esserlo.»

    Su Will, invece, James non si espresse. Elizabeth sapeva che non era stato facile per lui, ambizioso Commodoro e fidanzato ideale, tirarsi indietro per cedere il posto a un uomo di origini molto più umili, estraneo ai fasti della nobiltà. Ciononostante, in quei mesi non era mai stato sgarbato con Will, né aveva tentato di vendicarsi in qualche maniera. I due riuscivano a rispettarsi e a mantenere un certo livello di stima reciproca, pur senza illudersi di poter diventare amici.

    Il padre di Elizabeth, dal canto suo, non fu felice degli ultimi atti d’indulgenza di James. Non gradiva affatto che la figlia e il futuro genero andassero a disturbare con le loro richieste stravaganti proprio il Commodoro: si sentiva ancora colpevole per le mancate nozze di quest’ultimo con Elizabeth e non desiderava rigirare il coltello nella piaga del pretendente respinto. Con suo enorme sollievo, quella delle armi da fuoco si rivelò una breve parentesi. La stessa catena di furti in città finì per cessare – e i misteriosi rumori alla villa si scoprirono essere la conseguenza della tresca di una delle domestiche, la quale s’incontrava di nascosto col figlio della sarta preferita di Elizabeth. Insomma, tanto chiasso per nulla…



    Elizabeth si sforzò di tornare al presente, ma la sua memoria era restìa a riemergere dagli abissi del passato. Chi avrebbe mai previsto che saper sparare sarebbe risultato utile nel giro di poco tempo, nel giorno dell’organizzazione della difesa della Perla Nera contro il Kraken? Lei no di certo, al di là della sua fervida immaginazione. Che momento incredibile era stato…


    «Non mancare il bersaglio» raccomandò Will, consegnando un fucile alla fidanzata.

    Se non fosse stata preoccupatissima, sia per le sorti di lui che per quelle del resto dell’equipaggio, Elizabeth avrebbe manifestato la sua gratitudine per una simile dimostrazione di fiducia incondizionata. Will credeva in lei a tal punto da affidarle un compito fondamentale, nonostante avesse la possibilità di rivolgersi a qualsiasi pirata sulla nave. Erano tutti uomini lì; Elizabeth era l’unica donna, l’unico anello debole della catena secondo il pensiero comune. Le faceva rabbia quell’idea, ma era irrealisticamente ottimista aspettarsi di essere trattata da pari a pari, al di fuori di casi eccezionali. Per questo lei era orgogliosa di vedere l’uomo che amava così fiducioso nelle sue capacità, lesto nel riconoscere la sua forza d’animo e il suo coraggio. Will non l’avrebbe mai considerata inferiore, indifesa o fragile.

    «Appena sarai al sicuro» gli disse, risoluta. Voleva che l’intera ciurma si salvasse, ovvio… ma il suo primo pensiero era lui.



    Il ricordo si dissipò, mentre Elizabeth rifletteva su quanta poca attenzione avesse prestato a Will di recente. Eppure non era altro che apparenza. In realtà avrebbe voluto averlo sempre accanto: ne sentiva la mancanza ogni istante di più e lo cercava con lo sguardo quand’era sicura che non se ne sarebbe accorto.

    Lo amava, ecco tutto. Non aveva mai smesso, solo che temeva di non meritarlo più. Finché Jack non fosse stato riportato nel regno dei vivi, lei avrebbe continuato a sentirsi sporca, contaminata e indegna di amore. C’era soltanto una cosa che potesse fare nel frattempo: imbarcarsi nel viaggio ai confini del mondo e provare di essere all’altezza di quella sfida, riacquistando un po’ di speranza per sé, per Will, per Jack. Anzi, per chiunque fosse finito nel mirino di Beckett…


    «Vedremo se sarete all’altezza, miss» disse Barbossa con un ghigno che scopriva i denti marci. «Mi servono elementi validi per riprendere possesso della mia nave.»

    Elizabeth non ebbe il tempo di rispondere che un rumore di passi lungo le scale annunciò l’arrivo di Will dal piano di sopra.

    «Mastro Turner» salutò Barbossa, ancora sogghignante. Gli altri pirati si limitarono a un cenno del capo, poco loquaci dopo gli avvenimenti delle ultime ventiquattro ore. «Ben svegliato. Ce la siamo presa comoda, vedo.»


    «C’è un motivo in particolare per cui avrei dovuto raggiungervi prima, Capitan Barbossa?» Will assunse un tono ribelle, l’enfasi sulla parola “capitan” che trasudava un palese sarcasmo. In effetti, Barbossa era sprovvisto di nave, oltre a non avere alcun equipaggio ai suoi ordini – anche se si stava adoperando per radunarne uno.

    Elizabeth lanciò a Will un’occhiata di sfuggita. Sembrava… diverso, in qualche modo. Più sfrontato, più sicuro di sé. Le braccia conserte, le labbra che si rifiutavano di sorridere, lo sguardo penetrante… Era come se lo circondasse una corazza.

    Barbossa non parve notare la differenza rispetto alla sera prima, quando Will era stato angosciato e sconvolto. «Stavo dicendo alla tua bella damigella, qui» Elizabeth non trattenne una smorfia nel sentirsi chiamare in causa, eppure non parlò, «che ho bisogno di gente valida nella mia ciurma. Non avrò dei buoni a nulla al mio fianco, per nessuna ragione.»

    A quel punto Elizabeth incrociò le braccia a sua volta. «Credevo non avessimo tempo da perdere» obiettò.


    «Non è tempo perso» replicò Barbossa, secco. «Se la Perla Nera va recuperata, devo essere certo che chi mi accompagna nell’impresa è in grado di combattere, difendersi e mantenere il sangue freddo. Tirate fuori le vostre lame, signori.» Spinse indietro la sedia e portò la mano all’elsa della spada.

    Formavano uno strano quadro, tutti quanti. Will in piedi, distaccato e granitico, la mascella tesa e le spalle rivolte alla scalinata; Gibbs, Cotton, Marty, Pintel e Ragetti quieti e rincantucciati in un angolo della baracca; Elizabeth seduta al tavolo principale; infine Barbossa, che aveva appena abbandonato il posto di fronte a lei per alzarsi, fiero e determinato come solo un Capitano può essere.

    «Prima tu, mozzo» disse a Will, quasi fossero tornati entrambi al periodo in cui la maledizione dell’oro azteco doveva essere spezzata. «Se non ricordo male, non eri proprio inerme di fronte ai miei uomini, quando Jack e io abbiamo duellato nella grotta dell’Isla de Muerta.»

    «Questo è ridicolo» sbottò Will. «Mi esercito regolarmente con la spada da quando avevo quindici anni. Non devo dimostrare nulla a nessuno, tanto meno a te.»

    Barbossa inarcò un sopracciglio. «Ebbene, dacci uno sfoggio delle tue abilità, mastro Turner. Non vorrai mica farmi credere di essere un codardo che si tira indietro.»

    Will digrignò i denti, ma si piegò alla richiesta. Estrasse la spada, i muscoli pronti a scattare.

    «Non qui» intervenne Tia Dalma, emergendo a sorpresa da dietro una tenda. Indicò i barattoli, le ampolle e gli altri oggetti appesi al soffitto, che le lame rischiavano di danneggiare. «Andate fuori.»

    Barbossa acconsentì senza sollevare proteste. Will lo seguì. Elizabeth esitò, poi gli andò dietro, insieme con Gibbs e gli altri pirati.

    Fu un duello tra due combattenti esperti, consapevoli della propria bravura. Entrambi lottarono senza esclusione di colpi, mentre il sudore scorreva sui loro visi; i movimenti, fluidi e veloci, erano accompagnati dal rumore metallico delle spade che si scontravano. Sembrava che nessuno dovesse avere la meglio, ma una mossa fulminea con rotazione del polso disarmò Barbossa, decretando la vittoria di Will.


    Ragetti e Pintel fischiarono. Elizabeth guardò il fidanzato, conscia che al suo posto sarebbe stata sconfitta. Barbossa si aspettava che lei fosse brava quanto Will? C’era da augurarsi di no. Comunque stessero le cose, avrebbe dovuto capire di che pasta era fatta: la ragazza presa in ostaggio sulla Perla Nera era molto cambiata, sapeva maneggiare le armi e affrontare il pericolo a viso aperto.

    «Bene!» commentò l’ex primo ufficiale di Jack, dopo essersi chinato a raccogliere la spada. «Sembra che il figlio del vecchio Sputafuoco Bill sia un uomo da non sottovalutare.»

    Will non rispose, asciugandosi la fronte sudata con la manica. Dal suo sguardo traspariva una cupa soddisfazione, ma le sue labbra rimasero sigillate.

    «Tuttavia, la tua signora è fuori luogo» proseguì Barbossa con un’occhiata di sbieco a Elizabeth. «Penso che dovresti riaccompagnarla a Port Royal.»

    «No, è fuori discussione!» si oppose lei, infuriandosi con l’aspirante Capitano prima che il suo promesso sposo potesse aprir bocca. «Anch’io sono in grado di combattere!»

    Fu allora che Will si focalizzò su Elizabeth. Lei deglutì, trovando difficile sostenere il suo sguardo, quasi temesse di avere il senso di colpa per la morte di Jack scritto in faccia dalla sera precedente. Per fortuna, il contatto visivo durò poco e Will tornò a concentrarsi su Barbossa. «È vero, le ho dato io stesso qualche lezione di scherma» chiarì. «Sa perfino sparare.»

    Il pirata scrutò entrambi con una torva aria indagatrice. «In tal caso, miss, datemi una dimostrazione» esclamò, scettico e beffardo insieme. «Le chiacchiere non bastano, servono i fatti.» Si ritrasse e invitò Elizabeth ad avanzare. «Forza, sfidate pure il signor Turner. Sono certo che a lui non dispiacerà. Oh, naturalmente» soggiunse, voltandosi verso Will, «nessun trattamento di favore, o sarò io a battermi con lei al posto tuo.»

    Elizabeth accennò un sorriso. Malgrado avesse difficoltà a parlare con Will a causa della sua vergogna per aver ucciso Jack, non si sarebbe tirata indietro se si trattava di misurarsi con lui. Rammentava con affetto e nostalgia le loro sessioni di allenamento; forse rivivere quei momenti le sarebbe stato di conforto, aiutandola a sentirsi meno in conflitto con sé stessa e attenuando il suo grande disagio. Sì, le armi avrebbero funzionato come una sorta di metodo di avvicinamento, almeno in questo caso. Mosse un passo verso Will…



    «Miss Elizabeth!»

    Il richiamo lontano di Gibbs la riportò alla realtà, sgretolando ogni traccia di quel giorno ormai passato. Era ora di andare, il colloquio con Sao Feng sarebbe cominciato presto. Elizabeth non poteva indugiare oltre.

    Il suo ultimo pensiero, prima di raggiungere Barbossa, fu comunque rivolto a Will, che si era assunto l’incarico di trafugare le carte nautiche appartenenti al pirata di Singapore. Come già altre volte, lui ed Elizabeth erano divisi – e non c’era nulla che potesse colmare il divario creatosi fra loro, eccetto una solida volontà di riavvicinarsi. Purtroppo, Elizabeth non era riuscita a trovare questa volontà dentro di sé. Non conosceva altra arma, se non l’attesa, per rimediare a quanto era successo. Quando Jack avrebbe calpestato di nuovo la terra dei viventi, allora la situazione sarebbe potuta cambiare. Solo allora…




    Link seconda e ultima parte



    Edited by Elizabeth Swann - 14/3/2024, 16:09
     
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    Will lisciò distrattamente il tessuto della camicia scura che indossava. Controllò di avere la pistola appesa alla cintura e nascose nello stivale sinistro il coltello di suo padre. Era pronto per andare a rubare le carte di Sao Feng.

    Non lo aveva confessato a nessuno, ma si sentiva un po’ nervoso. Per Barbossa, abituato ai saccheggi, commettere un furto doveva sembrare una barzelletta. Non così agli occhi di Will, che per anni si era attenuto alla legge e aveva disprezzato i pirati, considerandoli dei delinquenti incapaci di redimersi.

    Si passò una mano sul viso. Da qualche giorno non dormiva bene… Un’altra cosa che non avrebbe mai ammesso. In passato Elizabeth se ne sarebbe accorta: gli avrebbe chiesto quale fosse la causa del suo turbamento, rifiutando di accettare qualsiasi risposta evasiva. Da tempo, invece, sembrava che non notasse più niente in lui. Lo guardava a malapena in faccia e respingeva ogni possibilità di una conversazione da soli. All’inizio Will si era arrabbiato, ma adesso non ne aveva più la forza.

    Si domandò se, quando la rabbia era ancora viva nella sua anima, sarebbe stato meglio sputare in faccia a Elizabeth tutta la verità: il modo in cui si era sentito assistendo all’ultimo “saluto” con Jack, il dolore e il risentimento provati in seguito, l’insicurezza sul da farsi. Tante volte, sin dall’arrivo alla baracca di Tia Dalma, si era chiesto come comportarsi con lei. Doveva dirle che sapeva del bacio, o aspettare che si esponesse per prima, dandole il l’opportunità di trovare il coraggio necessario?

    Alla fine non aveva preso una decisione vera e propria. Si era limitato a osservare Elizabeth in silenzio, nello sforzo di comprendere cosa le passasse per la testa e di lanciarle dei segnali impliciti. Se lei si isolava, lui andava a cercarla; se lei, quand’erano in compagnia di Gibbs e gli altri, faceva una qualsiasi constatazione, allora lui tentava di tirarne fuori un discorso, anche molto breve; se qualcuno menzionava Beckett o Davy Jones, lui era sempre pronto a nominare Jack…

    Non era servito a nulla.

    L’unico momento trascorso insieme, guardandosi negli occhi come persone normali che si conoscono bene, era stato quello del loro improbabile duello. Nessuno dei due si sarebbe mai aspettato che Barbossa pretendesse di vederli combattere… eppure il pirata aveva voluto proprio questo, per mettere alla prova entrambi.

    Suo malgrado, Will finì per abbandonarsi ai ricordi di quella mattina.


    La tattica di Elizabeth era efficace, ma lui rimaneva il più veloce e il più bravo ad anticipare le mosse avversarie. Conosceva anche il punto debole di lei: l’impazienza. Era lo stesso di chiunque avesse cominciato da poco a tirare di scherma… Perlomeno, questa era la convinzione dell’ufficiale di Marina che gli aveva fatto da insegnante. “Un vero spadaccino sa autodisciplinarsi” era stato uno dei suoi mantra. Will l’aveva scoperto a proprie spese in sei anni di addestramento, molti dei quali impiegati a esercitarsi da solo, perché il maestro, a un certo punto, si era convinto che l’allievo potesse cavarsela senza di lui e gli aveva dato il benservito.

    Le prime volte che si allenava, Will era stato molto impaziente. Elizabeth, però, lo era già per carattere, al di là del caso specifico; questo le rendeva più difficile imparare a smettere di esserlo. A Will, inoltre, veniva naturale concentrarsi soltanto sul combattimento, anche se ignorare gli altri pensieri non si rivelava sempre facile. Lui era in grado di estraniarsi dal resto del mondo ed essere una cosa sola con la spada, senza contare che ricoprire per mesi il ruolo di istruttore di Elizabeth lo aiutava a non sottovalutarne la bravura. Certo, gli era servito del tempo e una buona dose d’impegno per arrivare a vedere la donna di fronte a lui come una possibile avversaria da battere… ma c’era riuscito. Ecco perché poteva sostenere un normale scontro persino la mattina dopo il tradimento subìto: aveva abbastanza autocontrollo da tenere del tutto a bada i propri sentimenti.

    Al di là di ciò, gli infondeva sollievo cimentarsi in un’attività familiare, dimenticando Jack, Beckett, Jones e qualsiasi ostacolo alla relazione con Elizabeth. In effetti, quel duello era la cosa migliore che gli fosse capitata da giorni. Chissà se Elizabeth provava la stessa sensazione?


    «Su, bambolina!» incitò Pintel. Lui e Ragetti si scambiarono un’occhiata d’intesa: assistere alla competizione tra i due fidanzati sembrava averli messi di buonumore. «Non hai avuto paura della ciurma di Jones… Dimostra al tuo bello quanto sei in gamba!»

    Elizabeth strinse le labbra. Will immaginò che fosse poco entusiasta di ricevere quel genere d’incoraggiamento, che lasciava trapelare una nota di scherno. Ciononostante, le parve opportuno tentare un affondo, che lui schivò. Allora Elizabeth indietreggiò di un passo, per poi cercare di attaccare di nuovo. Will rispose con una parata e, non appena lei abbassò un po’ la spada, ne colpì l’elsa per farle mollare la presa. La mossa andò a segno, lasciando Elizabeth disarmata.

    «Peccato, bambolina!» gridò Pintel.

    «Passabile» disse invece Barbossa. «D’accordo, la ragazza può venire con noi.»

    Elizabeth assunse un’aria truce. «Sarei venuta in ogni caso» puntualizzò. «Non ho bisogno della tua approvazione per intraprendere questo viaggio!»

    Barbossa emise uno sbuffo divertito, però non ribatté e sparì dentro la baracca di Tia Dalma.

    «Elizabeth» esordì Will, accostandosi a lei. Voleva provare a dirle qualcosa – qualsiasi cosa – e continuare a mantenersi calmo come durante il combattimento, ma la vide irrigidirsi. Ebbe un tuffo al cuore. Perché lo trattava in questo modo? Perché sembrava non sopportare la sua presenza a meno di due passi di distanza?


    Rifiuto. Ecco ciò che esprimevano il volto rabbuiato e i muscoli tesi della sua fidanzata. Lei lo stava respingendo, non c’erano dubbi.

    Alla luce di quanto accaduto il giorno precedente, c’era una sola conclusione plausibile: Elizabeth non amava più Will, bensì qualcun altro. Qualcuno che aveva baciato con passione in segreto – o almeno, così lei credeva – e che era disposta a salvare dalle fauci della morte, ad ogni costo. Qualcuno in grado di offrirle una vita eccitante, piena di esperienze fuori dall’ordinario, lontano dalla tranquillità di Port Royal e dalla monotonia degli appuntamenti mondani. Qualcuno che, pur avendola manipolata per raggiungere i propri scopi, era inspiegabilmente riuscito a guadagnarsi la sua ammirazione e il suo perdono…

    Mentre Elizabeth si allontanava, con la scusa di parlare un attimo con Tia Dalma, Will si sentì impotente e inutile, sopraffatto dalla propria piccolezza. Chi era, in fondo, se non un uomo di bassa estrazione sociale immischiatosi in situazioni più grandi di lui? Sì, aveva dei talenti e delle risorse di cui andava orgoglioso… ma non antenati illustri o parenti nobili. Non era un aristocratico. E nemmeno un pirata, malgrado suo padre lo fosse stato prima di venire schiavizzato da Jones.

    Era un fabbro, nient’altro. E sembrava che a Elizabeth questo non bastasse più.

    Che lei desiderasse davvero di votarsi alla pirateria era una prospettiva mai considerata da Will. Un conto erano le avventure occasionali, simili a quella che li aveva condotti entrambi sull’Isla de Muerta e a lottare contro l’equipaggio maledetto di Barbossa… Un altro conto era arricchirsi depredando navi, città e persone. Forse, però, Elizabeth credeva di trovare un sistema per sopravvivere in mare senza ricorrere a quel tipo di azioni. O forse non aveva riflettuto sulle conseguenze che comportava stare accanto a Jack, perché era troppo sconvolta per averlo perso, quindi pensava soltanto a riportarlo indietro.

    Suonava assurdo, surreale. La donna che Will, con grande gioia di tutti e due, era stato sul punto di prendere in moglie si mostrava a disagio davanti a lui, inventava dei pretesti per stargli lontano e si struggeva per un altro uomo.


    Amareggiato, Will rientrò a sua volta nella baracca. Visto che Elizabeth non era nei paraggi, si ritirò in una delle camere al piano di sopra – quella che Tia Dalma gli aveva prestato per dormire.

    Era accaldato e le fasciature gli davano fastidio, a causa del sudore che si appiccicava alla pelle. Quasi si strappò via la camicia di dosso. Rimasto a torso nudo, tagliò le strisce di stoffa col coltello regalatogli da suo padre, dopodiché gettò i brandelli in un angolo del pavimento della stanza.

    Tia Dalma aveva consigliato di tenere le bende per due giorni. Will suppose che rifiutarsi di seguire quel suggerimento non gli avrebbe nociuto: il dolore si era ormai attenuato moltissimo e lui si sentiva pressoché come nuovo. Si avvicinò allo specchio polveroso e scheggiato che sormontava il cassettone, volse le spalle al vetro e girò la testa di lato, scorgendo per la prima volta le sue ferite.

    Le cinque frustate erano facilmente distinguibili, solo che – invece delle piaghe aperte che dovevano essere state – somigliavano a lunghe strisce rosa scuro che gli decoravano la schiena. Non sembrava potessero ricominciare a sanguinare. Soddisfatto, Will recuperò la camicia scartata e la usò per tergersi il sudore.

    La porta si aprì di scatto ed entrò Tia Dalma. D’istinto, Will cercò di coprirsi. Per un attimo il gesto lo riportò indietro nel tempo, nella fucina, a quel pomeriggio reso speciale dalla visita inattesa di Elizabeth.

    «Che ci fai qui?» esclamò senza mezzi termini. Non voleva essere scortese: Tia Dalma era stata gentile e lo aveva persino medicato. Ciononostante, tendeva a comportarsi in maniera strana con lui. Questa, perlomeno, era stata la sua impressione fin dal loro incontro.

    Lei non si scompose di fronte a quella reazione brusca. «Ti ho sentito salire le scale» spiegò pacata.

    «Elizabeth dov’è?» s’informò Will, cogliendo l’occasione per verificare la buona fede della donna che lo aveva tradito. «Era con te, giusto?»

    Tia Dalma annuì.

    «Cosa voleva?»

    «Mi spiace, William, ma questo resta fra me e lei.»

    Will aggrottò le sopracciglia. Perché tanto mistero?

    «Combatti bene.» Tia Dalma cambiò argomento con sconcertante naturalezza. «Ti ho visto.»

    Lui scrollò le spalle.

    La sua enigmatica interlocutrice lo studiò con occhi pieni di curiosità, le labbra carnose piegate in un sorriso. Poi tornò seria, gli tolse la camicia dalle mani e schioccò la lingua. «Le bende… Ti avevo detto di non toglierle» ammonì.

    «Ho controllato, le ferite sono rimarginate» si giustificò Will. «E non fanno più male.»

    «Forse, però la guarigione non è completa. Non capisci che ogni cosa ha i suoi tempi?»

    «Io sto bene» tagliò corto lui.

    Tia Dalma scosse la testa. «A volte ciò che crediamo di noi stessi e degli altri non è vero. È solo che noi pensiamo che lo sia, essendo troppo avventati per discernere la realtà, o rapidi a cedere alle nostre paure più recondite. O tutt’e due.» Sorrise ancora, eppure c’era un’ombra di tristezza nel suo sguardo. «Sapevi che il tessuto con cui ti ho fasciato aiuta la cicatrizzazione? È una mia creazione, l’ho realizzato con le mie mani. Per questo era giusto che tu tenessi le bende.»

    Stupito, Will sbatté le palpebre. «Non lo avrei mai immaginato. Avresti potuto dirmelo» aggiunse, accigliandosi di nuovo.

    «Avrei potuto, sì» convenne lei. «Ma tu avresti potuto fidarti senza bisogno di parole, non trovi? La fiducia è importante, William. Quando viene a mancare ci sono sempre delle conseguenze.»

    Lui era confuso. Se quella donna si riferiva al rapporto con Elizabeth, non aveva alcun senso che gli facesse un discorso simile… Non quando era stata la stessa Elizabeth a voltargli le spalle.

    «Riflettici» disse Tia Dalma, prima di spostarsi per esaminargli la schiena. Will restò in silenzio, cercando di schiarirsi le idee, benché non smettesse di giudicare fuori luogo le sue affermazioni. Elizabeth aveva baciato Jack, scalpitava per salvarlo e non voleva parlare con il proprio fidanzato… Perché mai Will non avrebbe dovuto dedurre che si era innamorata del pirata?

    «I segni non svaniranno» mormorò Tia Dalma. «Puoi favorire la cicatrizzazione o no. La decisione sta a te.»

    In altri casi Will avrebbe optato subito per la prima alternativa… ma era nervoso, risentito con la sua promessa sposa e infastidito dall’atteggiamento di Tia Dalma. Che importava se sul suo corpo c’erano delle cicatrici più o meno evidenti? Al di là delle ferite fisiche, il dolore e l’umiliazione di essere frustato da suo padre erano impossibili da dimenticare. Will riteneva giusto perdonargli quell’atto poiché ne conosceva le motivazioni, però dubitava di riuscire a rimuovere lo sgradevole episodio dalla sua mente. Pareva che fosse impresso a fuoco dentro di lui… come l’immagine di Elizabeth che baciava Jack. Odiava quella situazione.

    «Ti dispiacerebbe lasciarmi solo?» chiese a Tia Dalma. Non gli andava di prolungare la conversazione.

    Lei gli accarezzò la schiena, causandogli un brivido. Era incredibile quanto si sentisse a suo agio e in confidenza con un uomo che conosceva a stento. Per un folle attimo, Will desiderò che nella stanza fosse presente anche Elizabeth: la scena non avrebbe potuto lasciarla del tutto indifferente…

    «William.» Tia Dalma si mise di fronte a lui e lo scrutò con aria solenne. «Attento, la solitudine chiama l’oscurità. Non permettere che il buio avvolga il tuo cuore.» E uscì dalla camera senza fornire ulteriori spiegazioni.

    Forse aveva ragione, rifletté Will. Stare da solo avrebbe potuto acuire la frustrazione e il senso di inadeguatezza, anziché portargli un po’ di pace. Purtroppo, lui non era preparato ad affrontare di nuovo il distacco di Elizabeth. Doveva almeno iniziare ad abituarsi all’idea che lei non lo amasse più…



    Con un profondo sospiro, Will scacciò le memorie tormentose di quella giornata. Rimuginare su quanto fosse fredda con lui la donna che amava era fonte di angoscia, perfino a distanza di settimane e settimane. Per di più, nell’intero periodo trascorso fra la morte di Jack e il viaggio verso Singapore, lui era stato incapace di mettere alle strette Elizabeth per discutere la faccenda del tradimento. Nemmeno una volta aveva preso il toro per le corna, rinfacciandole le sue azioni. In un certo senso, si era arreso senza lottare.

    Forse era un vigliacco, nonostante tutto.

    L’ira si risvegliò, insieme con l’indignazione, e gli incendiò i nervi. Sì, magari lui stava agendo con codardia, ma che dire di Elizabeth? Dopo tante aspettative, dopo tante promesse, lo aveva pugnalato alle spalle! Perché? Erano sempre stati sinceri fra loro – e lei lo aveva amato davvero. Non era possibile che si fosse presa gioco di lui per più di un anno. Quale ragione l’aveva spinta a comportarsi in maniera tanto disonesta in seguito?

    Io sono un disonesto.” Le parole pronunciate da Jack nella grotta dell’Isla de Muerta risuonarono come un monito nella testa di Will. “E un disonesto puoi sempre confidare che sia disonesto. Onestamente, è dagli onesti che devi guardarti, perché non puoi mai prevedere quando faranno qualcosa di incredibilmente… stupido.

    Jack non si era sbagliato, il comportamento di Elizabeth ne era la prova. Eppure lei non era la sola a cui si addicesse quella descrizione…

    “Anch’io sono stato stupido. Ho avuto fiducia in Jack, che mi ha mandato allo sbaraglio sull’Olandese senza rimorsi; ho creduto di poter sposare Elizabeth; mi sono unito a un gruppo di pirati e sto per andare a rubare delle carte nautiche, pianificando un bel voltafaccia finale. Dovrei essere fiero di me stesso, non c’è che dire.” Will fece del sarcasmo tra sé e sé, mentre la collera si affievoliva fino a scomparire.

    Si era spinto troppo in là per aspettarsi di tornare indietro, o per sprecare tempo ed energie ad arrabbiarsi. Il suo futuro era deciso: avrebbe aiutato Barbossa e gli altri a riportare Jack nel mondo dei vivi, salvato suo padre e contribuito a sconfiggere Beckett. Quanto a Elizabeth… ebbene, lei avrebbe agito in base alle proprie esigenze. Non sarebbe stato lui a fermarla: gli era ancora chiara la differenza tra cos’è giusto e cos’è sbagliato quando si tratta di libertà. Poco importava che gli toccasse soffrire in prima persona per le scelte della donna della sua vita – la donna che in un mondo ideale avrebbe dovuto essere sua moglie.

    S’intrufolò nel tempio di Sao Feng con un peso doloroso sull’anima, ma abbastanza lucido da far fronte alla sfida che gli stava davanti.

    ***


    La notte era calma, gelida e stellata. La Hai Peng navigava tranquilla nelle acque color inchiostro, le vele accarezzate da un leggerissimo alito di vento. La quiete era rotta soltanto dal borbottare sporadico dei pirati, dallo scricchiolio delle scarpe sul legno robusto del ponte e dal lieve sciabordio delle onde del mare.

    Will raggiunse l’angolo dove si trovava Elizabeth, affacciata al parapetto, però si mantenne a qualche passo di distanza da lei. Quello che era successo da Sao Feng lo rendeva meno afflitto e più audace – altrimenti avrebbe girato al largo, conscio che stare da sola con lui era l’ultimo dei desideri di Elizabeth.

    Durante la fuga da Singapore, al momento d’imbarcarsi, gli era parso addirittura che tutto fosse tornato come prima, sia pure per un brevissimo istante… perché Elizabeth lo aveva guardato. Sapeva di essere stato uno sciocco ad attribuire tanta importanza a quel gesto, ma non poteva negare di essersi sentito vicino a lei come un tempo. Questo non solo quando i loro occhi si erano finalmente incontrati; anche nel corso del colloquio con Sao Feng, che a un certo punto aveva minacciato di fargli del male e scatenato la reazione inorridita di Elizabeth. Le era stato impossibile fingere di non conoscere Will e disinteressarsi alla sua sorte, al contrario di Barbossa, che aveva fatto buon viso a cattivo gioco. Inoltre, chi se non lei aveva lanciato una spada a Will, mentre ne era sprovvisto e la battaglia contro gli uomini di Beckett infuriava?

    Non era indispensabile che fosse innamorata per tenere a lui. D’altronde, in passato erano stati amici per anni. Forse sarebbe bastato riallacciarsi a quell’antica amicizia per spingerli a riaprirsi al dialogo. A quel pensiero, Will avvertì una minuscola scintilla di speranza accendersi nel suo petto.

    «Per quanto non parleremo ancora?» azzardò. Scelse un tono basso e fermo, senza caricarlo con una nota d’impazienza o d’accusa.

    Elizabeth si voltò nella sua direzione. A differenza che a Singapore, non incrociò una seconda volta il suo sguardo dopo aver distolto per un attimo il proprio. Invece, abbassò la testa e si concentrò sul panorama al di là del parapetto. «Recuperato Jack, tornerà tutto normale» disse con voce sommessa.

    Normale? Che diamine le era preso?! S’illudeva che Will fosse all’oscuro di ciò che la legava a Jack?

    “Forse teme di non essere ricambiata… o magari è indecisa fra me e lui?” s’interrogò allora Will. “Possibile che ci stia ripensando e non sia sicura dei suoi sentimenti? Del resto, Jack non si è comportato nel migliore dei modi con lei…”

    «E recuperiamo Jack» concluse piano.

    Elizabeth cercò i suoi occhi. Stavolta fu lui a distogliere lo sguardo, agitato all’idea dell’eventualità di ricucire la loro relazione. Era ancora troppo disorientato per gioire, ma lei gli risparmiò qualsiasi possibilità di esprimersi. Si allontanò dal parapetto e gli passò accanto senza aggiungere altro, dileguandosi in silenzio.

    Will si chiese se dovesse andarle dietro. No, probabilmente era meglio darle l’occasione di riflettere in pace. Ormai la meta si avvicinava – e con essa la resa dei conti. Non appena Jack fosse stato sano e salvo, Will avrebbe preteso delle spiegazioni definitive e messo le cose in chiaro. Era stufo dei sotterfugi e delle mezze verità.

    Da parte sua, Elizabeth continuava a ripetere a sé stessa che il suo pronostico si sarebbe avverato. Trovare Jack avrebbe risolto la situazione, era solo questione di tempo…

    Will, però, aveva qualcosa di strano dalla sera in cui erano partiti da Singapore. Nessuno conosceva i particolari del negoziato fra lui e l’ex Capitano della Hai Peng, ma era insolito che un pirata fosse tanto magnanimo da concedere una nave e un equipaggio a un individuo che aveva provato a derubarlo. In che modo Will era riuscito a guadagnarsi l’appoggio di Sao Feng, con le minacce o con la persuasione? Gli aveva promesso qualche tipo di favore?

    Elizabeth rabbrividì quando l’immagine del fidanzato estratto a forza dalla tinozza le riaffiorò alla mente. Qualcuno aveva cercato di affogarlo come punizione per il tentato furto, o Sao Feng si era accontentato di lasciarlo fradicio e legato in attesa di ucciderlo in un secondo momento, sospettando fin dall’inizio di aver catturato un alleato di Barbossa?

    Per fortuna, Will se l’era cavata comunque. Era stato anche piuttosto attivo nello scontro con la Compagnia delle Indie. Elizabeth non poté fare a meno di sorridere: di nuovo un combattimento – seppure di natura molto diversa, dato che non si era trattato di un semplice duello amichevole – le aveva permesso di accorciare le loro distanze. Per qualche assurda ragione, le armi erano diventate una sorta di collante fra lei e Will. Tuttavia, il suo sorriso si spense presto, offuscato dalla consapevolezza che lui stava soffrendo per colpa della sua ripetuta tendenza a scappare, a evitarlo, a nascondersi.

    Per quanto non parleremo ancora?

    La domanda parve rimanere sospesa nel cervello di Elizabeth. Già, quanto? Davvero sarebbe stato sufficiente soccorrere Jack perché lei si riconciliasse con Will?

    La risposta venne, ma fu necessario aspettare un po’…


    Fine






    Qualche precisazione…

    “Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo” non chiarisce quanto tempo separi il viaggio a Singapore dalla morte di Jack. Tuttavia, poiché Beckett ha quasi il pieno controllo sui sette mari, dev’essere trascorso almeno qualche mese. A quel punto sia Elizabeth che Will, entrambi considerati dei fuorilegge, sono stati obbligati dalle circostanze a prendere familiarità con le armi da fuoco… ma come si spiega che nel secondo film, quando il Kraken sta per attaccare la Perla Nera, Will affida il compito di sparare proprio a Elizabeth?

    Certo, in quel momento lei è ancora la persona di cui Will si fida di più, perciò è naturale che lui voglia coinvolgerla nell’organizzazione della difesa. Cosa gli fa credere, però, che sia una buona tiratrice? E che tipo di esperienza ha lui stesso con determinati tipi di armi?

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    Ecco, diciamo che da queste domande è nata l’idea di qualcuno che potesse fungere da “mentore”, sia per Will che per Elizabeth, in materia di armi da fuoco… qualcuno come James Norrington ;) Dopotutto, lui conosce bene i due giovani innamorati. E al di là del suo carattere orgoglioso, si è dimostrato abbastanza umile da farsi da parte in favore di Will, liberando Elizabeth dall’impegno del loro fidanzamento. Questo – assieme al suo sacrificio finale nel terzo film – ci suggerisce che tiene davvero a lei ed è pronto a venirle incontro. Penso che avrebbe potuto accettare di mostrarle come si spara, se Elizabeth glielo avesse chiesto espressamente.

    Inoltre, mi sono resa conto che avevo una gran voglia di far combattere Will ed Elizabeth l’uno contro l’altra, con la spada, dato che l’idea di vederli impegnati in un duello mi affascina molto, non so bene perché :D Così ho pensato che Barbossa avrebbe potuto metterli alla prova subito dopo il suo ritorno… et voilà!

    La conversazione fra Will e Tia Dalma, invece, si collega a un altro dei miei racconti, “Un cuore ferito”, in cui proprio la dea del mare sotto mentite spoglie si occupa di medicare le ferite che Bill Turner è stato costretto a infliggere al figlio.

    Una postilla, infine, sull’abilita di Will con la spada. Quando ho scoperto che alcune sue fan lo hanno definito il più abile spadaccino di tutti, confesso di aver avuto i miei dubbi in merito X) Per carità, in tre film si capisce benissimo che lui è molto bravo… ma, essendo il più giovane, lo si potrebbe sottovalutare a livello di esperienza. Ebbene, sappiatelo: nel commento audio del primo film viene esplicitato che, secondo la teoria di uno degli sceneggiatori, Will è il miglior spadaccino: meglio di Jack, di Barbossa e perfino di Norrington, che è un militare :woot: Quindi non si tratta di un giudizio generoso delle fan, bensì dell’opinione di uno dei realizzatori della saga. Una volta che me ne sono accertata, mi è dunque parso legittimo far uscire Will vincitore dallo scontro con Barbossa mostrato in uno dei miei flashback.

    Spero che questa fanfiction sia stata di vostro gradimento :*:

    Edited by Elizabeth Swann - 14/3/2024, 16:20
     
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    Scrivi davvero divinamente, mi piace proprio!
    Ammetto che mi ha sempre fatto venire il nervoso quest'aspetto nel film: perché diamine non si sono parlati subito?
    Cioè capisco che Elizabeth si senta in difetto e che magari pensa: "Se lo scopre Will probabilmente si allontanerà da me perché ho ucciso un'uomo" però, fischia... Dovresti conoscerlo! O magari spiegando con parole giuste e sincere avrebbe capito. Cacchio, è Will!

    E ammetto anche che James mi ha sempre fatto tanta pena, nonostante ovviamente preferivo la coppia Elizabeth\Will.
    Bella storia, comunque! E non so perché ma mentre leggevo mi veniva in mente: "Saresti molto adatta a scrivere qualcosa su Harry Potter" ma purtroppo le idee e i fandom non si controllano :XD:
     
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    Ti ringrazio moltissimo per i complimenti, sono contenta che apprezzi il mio stile!
    Comunque no, su "Harry Potter" credo proprio che non scriverò, anche perché è una di quelle poche storie di cui non sento il bisogno di "riempire i buchi", se capisci cosa intendo (:

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 26/6/2022, 17:31) 
    ammetto anche che James mi ha sempre fatto tanta pena, nonostante ovviamente preferivo la coppia Elizabeth\Will.

    James è un personaggio interessante. Di solito quelli come lui, che in teoria ostacolano la coppia felice di turno, tendono a essere demonizzati, mentre lui alla fin fine si dimostra un brav'uomo. Certo, nel secondo film un po' viene da odiarlo, dopo che consegna a Beckett il cuore di Davy Jones X) Però, se si riflette bene, si possono comprendere le ragioni del suo gesto...


    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 26/6/2022, 17:31) 
    mi ha sempre fatto venire il nervoso quest'aspetto nel film: perché diamine non si sono parlati subito?
    Cioè capisco che Elizabeth si senta in difetto e che magari pensa: "Se lo scopre Will probabilmente si allontanerà da me perché ho ucciso un'uomo" però, fischia... Dovresti conoscerlo! O magari spiegando con parole giuste e sincere avrebbe capito. Cacchio, è Will!

    Io ho una teoria in merito... ma sarebbe troppo lungo spiegarla qui! Diciamo che la esprimo tramite una delle mie fanfiction :XD:
     
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    Sisi, capisco che intendi sul riempire i buchi 🤣 anche a me succede!

    James è proprio un brav'uomo, non ricordo nello specifico il secondo film, ma ricordo che aveva fatto una cavolata ma poi ha rimediato!

    Beh se vuoi aprire una discussione sui pirati io mi aggrego 🤣
     
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    Al momento ce ne sono due nella sezione "Parliamo un po' di noi!": una sul personaggio preferito e una per parlare in generale della saga ;)
    Non so, se riuscissi a tirar fuori una sintesi del mio discorso, può darsi che affronterei l'argomento in quella sezione... ma mi domando comunque se valga la pena pubblicare la fanfic e discuterne dopo la pubblicazione, oppure no...

    Ah, posso chiederti se c'è qualcosa che ti ha colpita particolarmente leggendo "Armi e cicatrici"?
     
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    Pubblica prima la fan fic e poi la discussione! Perché nella fan fic devi comunque rispettare i personaggi.

    E sì! Mi sono dimenticata di dirlo: mi colpisce tantissimo il fatto che i personaggi li rendi perfettamente canonici! Non sono neanche per un po' OOC e lo ammiro tantissimo perché io non riesco proprio a non scivolare un po' fuori 🤣
     
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    Elizabeth Swann ho letto il primo capitolo. Mi piace che hai deciso di inserire Capitan Barbossa. Lo amo tantissimo come personaggio. :) :] 3_3. Comunque mi piace l'idea che scrivi le parti mancanti che avvengono prima o dopo dei film sulla Saga. Sono molto valide e realistiche, perché appunto seguono la trama dei film. :) Hai una bella immaginazione!
     
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    Elizabeth Swann Ho conclusa la fanfiction adesso. Nel complesso penso sia una di quelle che ho amato di più fino a ora, anche se "Maternità, forse è quella che mi è piaciuta di più. Ti faccio ancora i miei complimenti, perché scrivi davvero molto bene. Anche questa parte l'ho trovata molto coinvolgente e molto realistica, perché attinente al terzo film,
    è stato un piacere leggere le tue fanfiction in merito alla saga dei "Pirati Dei Caraibi".
    Continua così.
     
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    Ti ringrazio molto per i commenti ^_^
    Will ed Elizabeth sono i miei preferiti in assoluto, però mi piace lasciare un po' di spazio anche agli altri personaggi, di tanto in tanto. Seguo la trama dei film perché trovo che i primi tre siano veramente ben fatti, quindi credo che non cambierei nulla degli eventi accaduti... Mi limito a riempire un po' di buchi qua e là ;)

    Sono davvero contenta che tu abbia amato "Maternità", è una fanfiction a cui mi sento molto legata <3 Ma anche questa è importante per me - ed è bellissimo sapere che l'hai trovata coinvolgente e realistica. Grazie mille anche per i complimenti sullo stile *^^*
     
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    Se non ricordo male avevo letto questa fanfic, ma devo ammettere che leggerla è stata comunque molto entusiasmante... sono poche le storie che riescono a piacere anche nella seconda lettura e questa è una di quelle. Complimenti per come hai strutturato la storia e come sei riuscita a incastrare bene flashback e presente e le loro descrizioni. Complimenti, ottimo lavoro
     
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    Grazie mille, Nancy! Sì, avevi già letto e commentato la storia su Wattpad, perché conosci quasi tutte le mie fanfiction pubblicate lì. Mi lusinga che tu abbia trovato il tempo e il modo di passare di nuovo a leggermi *^^*
     
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    Bellissima l'idea di costruire una sorta di missing moment in un momento molto delicato per la coppia (che, a mio parere, ha una risoluzione troppo frettolosa nella narrazione originale) hai saputo scandagliare i sentimenti di entrambi in maniera molto efficace e IC. Molto originale, eppure plausibile, l'intuizione di dare a Norrington il compito di insegnare a sparare ad Elizabeth. Amo queste storie che approfondiscono i sentimenti e le emozioni dei personaggi. Sullo stile già sai, non aggiungo altro. Complimenti!
     
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    Magic_Charly ammetto che da un po' di tempo vorrei revisionare questa storia... ma solo per controllare che mi soddisfi ancora a livello stilistico. A livello di contenuto, invece, non cambierei nulla, perché credo di aver effettivamente riempito in maniera plausibile alcuni spazi rimasti vuoti nei film. In ogni caso, è sempre bello quando ciò che scrivo viene apprezzato e accolto con entusiasmo, perciò non posso che ringraziarti per i tuoi complimenti ^_^
    Vorrei anche farti un sentito ringraziamento per avermi dedicato una parte considerevole del tuo tempo. Leggere e commentare tante mie fanfiction rende chiaro che hai un interesse autentico per quello che scrivo, il che mi gratifica moltissimo. Penso che leggere sia un atto di generosità, apertura e disponibilità verso l'altro, al quale per l'appunto si sceglie di dedicare una parte del proprio tempo, e con la frenesia che domina la società attuale non è scontato scegliere di fare una cosa del genere. Grazie, dunque, dal profondo del <3
     
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