Tra me e la beatitudine

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    Buonasera, ciurma! ;P
    Anche se ho già un paio di storie in corso, ho deciso di rischiare con una nuova pubblicazione. Ecco a voi un’altra fanfiction su Will ed Elizabeth di “Pirati dei Caraibi” :D

    Ho un po’ di difficoltà a presentarvela, perché credo che possa risultare davvero comprensibile soltanto a chi conosce la saga e ha ben presenti le varie dinamiche fra i personaggi. Ad ogni modo, sappiate che si tratta di una storia molto introspettiva, più incentrata sulla riflessione che sull’azione. Mi auguro che ciò non scoraggi eventuali lettori!

    C’è un’altra cosa che mi auguro, e di cuore: che sia possibile intavolare qualche discussione costruttiva con chi sceglierà di cimentarsi con la lettura. Ho cercato di indagare a fondo l’anima dei due protagonisti, quindi sarebbe interessante capire se l’ho fatto in maniera credibile e coerente col materiale d’origine, oppure se mi sono presa troppe libertà, per così dire :lol: Certo, la fanfiction ha già ricevuto degli apprezzamenti altrove, ma ammetto che non vorrei rinunciare a potenziali nuovi lettori *^^* Dunque ho deciso di condividerla qui su ESTEL e incrociare le dita, nella speranza che prima o poi qualcuno passi in questo topic…


    ~*~Tra me e la beatitudine~*~

    SPOLdEx

    OPERA DI RIFERIMENTO: “Pirati dei Caraibi”
    CATEGORIA: bollino arancione (per adolescenti e adulti, presenza di tematiche forti)
    GENERE: Sentimentale, Introspettivo, Drammatico con elementi fantasy
    NOTE AGGIUNTIVE: Canon-Fic
    DICHIARAZIONE DI NON RESPONSABILITÀ: “Pirati dei Caraibi” e i suoi personaggi non sono di mia proprietà, ma appartengono alla Walt Disney Company.
    Questa fanfiction non è stata realizzata a scopo di profitto, ma solo per il piacere di scriverla e di condividerla gratuitamente.


    ~*~

    «L’amore è un viaggio perenne lungo una strada piena di curve.
    Non puoi avere un panorama completo dell’altra persona.»


    Lauren Kate, “Waterfall”

    ~*~


    Nei suoi occhi ~ Elizabeth

    zllhn8w


    Elizabeth era immobile, seduta sui gradini di legno che conducevano sottocoperta. Will l’avrebbe raggiunta presto per chiederle spiegazioni, ne era sicura.

    «Quattro hanno tentato di uccidermi e una c’è riuscita» aveva detto Jack Sparrow. Quell’“una” non era altri che lei, Elizabeth Swann, che aveva ingannato Jack, distraendolo con un bacio per incatenarlo all’albero maestro della Perla e farlo finire nelle fauci del Kraken. A lungo questo segreto era rimasto celato a tutti, persino a Will, ma la situazione era cambiata col ritrovamento di Jack nel regno dei morti.

    Elizabeth udì dei passi familiari alle sue spalle, eppure non si voltò. Solo quando Will l’ebbe raggiunta girò la testa per guardarlo.

    «Hai lasciato Jack al Kraken.»

    Non era una domanda. Lei abbassò gli occhi e si strofinò nervosamente una gamba. «È salvo adesso, è finita» disse piano.

    Will le diede le spalle. Il suo silenzio fu più efficace di qualsiasi parola.

    «Will, non avevo scelta!» protestò Elizabeth, alzandosi in piedi. Poiché tutto era venuto fuori, avrebbe tentato almeno di giustificarsi, anche se dubitava che sarebbe servito a molto.

    «Hai scelto di non dirmelo» mormorò lui.

    «Non potevo. Ero io a dover portare quel peso» ribatté lei. Avrebbe dovuto aggiungere che temeva la sua reazione, però le mancò il coraggio.

    Will si voltò a fronteggiarla. «Ma non l’ho portato lo stesso? Senza sapere che fosse?» Le sue iridi apparivano più scure del solito in penombra e nelle loro profondità c’era un velo di tristezza. «Pensavo…»

    «Pensavi che lo amassi?» chiese Elizabeth, quando vide che lui non continuava la frase. Ormai non le era più concesso aggrapparsi all’illusione che il bacio con Jack fosse passato inosservato. Sentì la vergogna sopraffarla: non era pronta ad affrontare certi discorsi con Will. Il problema non era solo aver condannato Jack a una morte orribile, cosa di per sé sufficiente a renderla consapevole che aveva l’anima macchiata. No, c’era quel desiderio ancorché scomparso, che la tormentava. Non poteva mentire a sé stessa: aveva voluto che Jack la baciasse. Anche se ormai non voleva più baci da lui, anche se era così consumata dai sensi di colpa da dubitare di poter provare attrazione per qualsiasi uomo, restava il fatto che il Capitano pirata l’aveva affascinata più di quanto fosse lecito. E non lo amava nemmeno! Che genere di donna era se si aspettava di trovarsi tanto vicina a qualcuno per cui non nutriva un sentimento d’amore? E come poteva spiegare a Will tutto ciò?

    Tentò di allontanarsi, ma lui la prese per le spalle e la spinse contro uno dei puntelli della nave. Non fu doloroso – Will non le aveva mai fatto del male in vita sua, nemmeno per sbaglio quando erano piccoli – e produsse soltanto un lieve tonfo, eppure Elizabeth ebbe un tuffo al cuore. Da troppo tempo non erano faccia a faccia, da troppo tempo lei non sentiva il calore del suo corpo e non riusciva più a specchiarsi nei suoi occhi…

    Lo fissò. Avrebbe potuto baciarla, se avesse voluto, ma era molto probabile che non fosse nelle sue intenzioni. Malgrado questo, l’attenzione di Elizabeth fu catturata dalla sua bocca e un fremito le attraversò lo stomaco. Quelle calde, dolci labbra… Per quanti giorni si era negata il piacere di assaporarne il contatto con le proprie? Per un folle attimo credette che sarebbe stata lei a baciare Will.

    Alzò lo sguardo per incontrare il suo. Lo adombrava un’insolita durezza, di cui non era abituata a essere la destinataria.

    «Se fai le tue scelte da sola… come posso fidarmi?»

    «Non puoi?»

    Suonò come una domanda, pur celando un’affermazione – e Will parve accorgersene. La durezza cedette il posto all’incredulità, la sua presa si allentò. Lasciò che lei lo allontanasse e tornasse verso i gradini: non l’avrebbe più trattenuta.

    Benché Elizabeth fosse ansiosa di mettere fine a quella conversazione scomoda, una parte di lei già rimpiangeva la scelta di andarsene. Non c’era altra soluzione, purtroppo. Non voleva litigare con Will: avrebbe solo causato dolore a entrambi. Fintanto che lui non avesse digerito ciò che era successo, il loro rapporto sarebbe rimasto teso.

    Si passò una mano sulle spalle, come se sentisse ancora il suo tocco. Era una sorta di marchio rimastole addosso – non impresso con la forza e col fuoco, sebbene lei avesse spesso associato a Will quelle due parole. Era un fabbro, dopotutto, o perlomeno quello era stato per tanto tempo il suo mestiere. Poiché aveva iniziato a impararlo l’anno stesso del loro primo incontro, a Elizabeth veniva naturale considerarlo una parte di lui, quasi fosse un tratto caratteriale o esteriore. Per martellare, forgiare e riparare metalli gli occorrevano fuoco e forza, ma non era forte soltanto fisicamente e c’era una scintilla dentro di lui, nella sua anima, che non si spegneva mai.

    Era impetuoso, risoluto, tenace, in grado di amare con tutto il cuore e senza riserve… però era anche gentile, discreto, talvolta persino paziente. Fiamma e cenere, passionale e quieto insieme. Se c’era qualcosa che Elizabeth poteva dare per assodato, erano l’autenticità e la profondità dei suoi sentimenti per lei. Aveva sempre creduto di meritarli e ricambiarli appieno, invece si era sbagliata. Aveva tradito Will, con la mente e col corpo. Il suo tocco, invisibile e all’apparenza innocuo, bruciava su di lei perché non era più espressione d’amore, ma di sofferenza e delusione.

    Chiuse gli occhi. Sì, le sembrava che quelle mani la stessero ancora trattenendo per le spalle. Avrebbero dovuto stringere di più…

    Di più?

    Elizabeth riaprì gli occhi di scatto. Era un pensiero sciocco, che andava respinto – così com’era stato sciocco immaginare di baciare Will e avvertire quello strano fremito allo stomaco. Da quando aveva ucciso Jack, lei non era più capace di provare certe sensazioni. Era come stordita, narcotizzata. Qualunque gesto compisse tendeva a essere meccanico, privo di energia. Solo la prospettiva che Beckett prendesse il controllo dei mari – e perseguitasse ogni pirata sulla faccia della Terra – le aveva restituito un po’ di vitalità, di voglia di combattere, aiutandola a tenere a bada la colpa soffocante che la divorava. No, il desiderio era morto e tale doveva restare.

    Tuttavia, il contatto con Will…

    Elizabeth sospirò e cercò di rivolgere la mente altrove, ma fu impossibile. Non pensò ad altro che a lui per gran parte della giornata: ricordò la sua sollecitudine quando le aveva insegnato a tenere la spada; la luminosità del suo sguardo nel giorno del loro primo bacio; l’attenzione con cui le medicava le ferite dopo lunghe sessioni di allenamento; il suo abbraccio meraviglioso e calmante dopo che si era innervosita per non essere riuscita a disarmarlo; il modo in cui i capelli gli incorniciavano il viso ogniqualvolta li portava sciolti; il tepore del suo palmo e delle sue dita durante una particolare lezione di ballo; il sorriso d’intesa che, ai tempi del corteggiamento ufficiale, le rivolgeva appena s’incontravano in pubblico…

    Fino al pomeriggio inoltrato, dovette lottare con sé stessa per cercare di distrarsi. Se Will era nei paraggi, le venivano le palpitazioni. Alla fine, per pura disperazione, rievocò il periodo trascorso con Jack, prima che il Forziere venisse ritrovato e James Norrington passasse dalla parte di Beckett, nonostante le facesse male tornare con la memoria ai giorni del tradimento.

    Già quando Jack si era impadronito delle lettere di marca, rifiutandosi di restituirle, c’erano state le prime avvisaglie. «Persuadimi» aveva detto il Capitano a Elizabeth, un guizzo di malizia negli occhi. Sembrava non capire che aver convinto Beckett a darle quelle lettere era un risultato ottenuto con le minacce, non grazie a un altro tipo di persuasione… anzi, con ogni probabilità, fingeva di non capire. Con Jack era difficile avere delle certezze assolute, ma questo non aveva impedito a Elizabeth di illudersi di conoscerlo bene e fidarsene.

    All’epoca, rammentò lei, le era venuto spontaneo sorridere, perché l’imprevedibilità e l’impertinenza di Jack l’avevano stuzzicata, al di là dell’iniziale reazione di fastidio. Avrebbe potuto sentirsi offesa, invece era divertita, ignara che lui fosse capace di manipolarla per raggiungere i suoi scopi, come riusciva a fare con chiunque altro quando ne aveva bisogno.

    Nemmeno le parole di James l’avevano aiutata ad accorgersi di questa verità. «Non ti sei chiesta come il tuo attuale fidanzato sia finito sull’Olandese Volante, forse dovresti» aveva osservato, con l’aria di chi sa qualcosa che l’altro non è in grado di comprendere. Era sembrato che stesse… compatendo Elizabeth, se ciò aveva un senso. Ne era rimasta alquanto seccata. Se James la considerava un’ingenua, si era detta, aveva di lei un’opinione distorta. Ciononostante, quell’insinuazione l’aveva portata a controllare subito la bussola, per assicurarsi che indicasse sempre la medesima direzione. Non era una risposta al problema sollevato da James, poiché la bussola poteva essere affidabile senza che lo fosse il proprietario… ma a Elizabeth servivano conferme. Aveva bisogno di rassicurarsi che stava seguendo la strada giusta. Non avrebbe mai immaginato di vedere l’ago magnetico puntare verso Jack.

    Cercare di convincersi che la bussola fosse difettosa era stato inutile, non solo perché questo suonava troppo bizzarro per un oggetto magico. Non a caso, appena Elizabeth e Jack si erano ritrovati a parlare da soli, la situazione aveva preso una piega peggiore.

    Dapprima lui si era limitato a vantarsi del suo intuito in materia di questioni femminili. Poi, quando Elizabeth si era lamentata del proprio matrimonio fallito e aveva sottolineato quanto fosse pronta per sposarsi, non si era lasciato scappare l’occasione per provocarla di nuovo: «Come Capitano di una nave a tutti gli effetti, io potrei… maritarti. Proprio qui, su questo ponte. Anche… ora.»

    Se un uomo le avesse parlato così quand’era ragazzina, Elizabeth non avrebbe compreso l’allusione, prendendo quelle parole alla lettera. Ma Jack Sparrow non era un uomo come gli altri e lei non era più una ragazzina. Figuriamoci se un pirata poteva considerare sul serio l’idea del matrimonio – quello che voleva era altro! Jack era il classico donnaiolo non sposato, che non aveva bisogno di una moglie, bensì di tante amanti.

    Eppure, malgrado fosse un ubriacone e un mascalzone, aveva mantenuto un’insospettabile bontà d’animo. Era affabile, beneducato – a suo modo – e non volgare, in barba all’aspetto trasandato. Aveva un suo fascino. Elizabeth non sapeva quante conquiste di cuori femminili avesse alle spalle; se, tuttavia, si fossero estese al di là degli ambienti malfamati come Tortuga, non si sarebbe affatto sorpresa. Chissà, forse lei non era nemmeno la prima aristocratica a cui aveva fatto le sue profferte…

    Ma l’aspetto più folle dell’intera faccenda era la rapidità con cui si erano svolti gli eventi. Un attimo prima, lei aveva rifiutato Jack senza pensarci due volte. Un attimo dopo, si era ritrovata a compiere una serie di azioni che somigliavano fin troppo a un gioco di seduzione: sorridere in maniera ammiccante, parlare con voce bassa e sensuale, ridurre la distanza che la separava da lui. Il fatto che Jack l’avesse provocata – non tanto con la sua proposta “di matrimonio”, quanto con la sua capacità inaspettata di leggerle dentro l’anima – non cancellava la possibilità di reagire con più razionalità. Lei avrebbe potuto ignorarlo, invece aveva deciso di provare a rendergli pan per focaccia, dicendosi che non era giusto che toccasse sempre a lui condurre il gioco. In passato si era già dimostrata capace di coglierlo alla sprovvista, quando aveva lasciato che si addormentasse e bruciato il rum a sua insaputa. Non sarebbe rimasta inerme mentre le suggeriva sfrontatamente che loro fossero due facce della stessa medaglia, o addirittura due anime gemelle…

    Così l’aveva quasi baciato. Non sapeva quanto fosse stato colpito dal ribaltamento della situazione, però gli aveva letto la lussuria negli occhi. Si era tirato indietro solo all’ultimo momento. Da parte sua, Elizabeth non poteva fingere che in lei non ci fosse stata alcuna risposta a quel desiderio: era impossibile dimenticare il calore che le aveva invaso lo stomaco e le guance, o la speranza, per quanto effimera, di essere baciata.

    Ricevere un bacio da un Capitano pirata! Questo era assurdo, si era detta allora. Nemmeno nelle più fervide fantasie coltivate durante l’infanzia avrebbe mai immaginato uno scenario simile. Non poteva aver provato quel desiderio, non per Jack. Era innamorata di Will e voleva affrettarsi verso il luogo esatto in cui si trovava il Forziere, perché era la chiave per ricongiungersi con lui…

    Già, peccato che poi, quando aveva scelto di lasciare Jack al Kraken per salvare sé stessa e il resto della ciurma, non era riuscita a trovare un modo migliore per distrarlo se non… completare ciò che in precedenza era rimasto in sospeso. L’aveva baciato davvero – e con impeto anche, pur tenendo sempre a mente l’obiettivo primario di quel gesto.

    Elizabeth scosse la testa, come per scacciare il ricordo. Era impossibile per lei tornare indietro, ormai doveva accettare le conseguenze del proprio atto. In fondo, aveva agito male avendo uno scopo buono: Davy Jones voleva uccidere Jack ed era piuttosto probabile che una fuga a bordo della scialuppa non l’avrebbe ingannato. Sacrificando il Capitano, Elizabeth aveva mantenuto in vita tutti gli altri… compreso Will.

    Trasalì, perché proprio Will era nelle vicinanze e scrutava l’orizzonte. Troppo immersa nei propri pensieri, non si era resa conto che fosse di nuovo in circolazione. Se non altro, non la stava osservando né cercando con gli occhi: aveva lo sguardo fisso sul cielo annuvolato e, di tanto in tanto, lo abbassava su qualcosa che teneva in mano. Era il suo coltello, notò Elizabeth: lo rigirava fra le dita dopo averlo tolto dalla custodia. D’un tratto lo conficcò nel legno del parapetto, accanto al suo gomito piegato, e lo tirò fuori. Non era la prima volta che succedeva, solo che i suoi movimenti erano più lenti e la postura della schiena sembrava meno tesa rispetto al passato.

    Elizabeth ignorava la provenienza del coltello. Sospettava che si trattasse di un dono di Sputafuoco Bill Turner, senza aver ricevuto altra conferma che l’abitudine di Will di portarlo sempre con sé da quando era stato sull’Olandese. Lui non le aveva raccontato alcunché delle sue esperienze in mezzo ai mostruosi marinai di Davy Jones, limitandosi ad accennare alla ciurma della Perla come fosse riuscito a evitare le grinfie del Kraken. Un unico strano dettaglio gli era sfuggito: il ritrovamento di un abito da sposa sulla nave dove si era rifugiato. Ed Elizabeth sapeva, sebbene lui non l’avesse detto, che quell’abito era appartenuto a lei e che Will doveva averlo intuito subito.

    Forse si era convinto che, nell’udire quel particolare, lei si sarebbe decisa a parlargli, integrando il resoconto delle proprie disavventure con il suo. Doveva essere rimasto deluso, poiché Elizabeth non aveva aperto bocca. Farlo avrebbe significato riallacciare una forma di contatto con lui, esponendola al rischio di un discorso sulla morte di Jack appena fossero rimasti soli. In assenza del coraggio di confessare la verità, era stato meglio continuare a stare in silenzio, oltre che alla larga da Will.

    Attenta a non farsi scoprire, Elizabeth si spostò di un paio di passi, cosicché la schiena di Will fosse rivolta proprio verso di lei. Almeno in quel modo era più facile passare inosservata mentre gli lanciava qualche sguardo, solo per un momento…

    Col cuore in gola, studiò il profilo familiare delle sue spalle. Le tornò in mente la discussione di quella mattina, la sua espressione aspra e ferita, le parole uscite dalla sua bocca. Il suo viso così vicino…

    Perché aveva immaginato di baciarlo? Non meritava più niente da lui. Era un uomo onesto, nobile – per quanto potesse esserlo qualcuno diventato da poco un fuorilegge – e altruista. Lei era stata egoista e ingiusta. E poi il desiderio era morto.

    Dopo l’ennesima occhiata furtiva, decise di andarsene. Un po’ di riposo le avrebbe fatto bene, perciò scelse come meta la nuova cabina assegnatale per la notte. Si augurava soltanto di non avere incubi – un’esperienza che di recente le era capitata fin troppo spesso…




    KWvrG7n


    Nei suoi occhi ~ Elizabeth

    Resta ~ Will

    Una flebile speranza ~ Elizabeth

    Solo lei ~ Will

    Il pirata nobile e il padre perduto ~ Elizabeth

    Tradimento ~ Will

    Fiducia ritrovata ~ Elizabeth

    Facile da rinnegare ~ Will

    Diversi ma complementari ~ Elizabeth

    Confessioni ~ Will

    Sempre ~ Elizabeth

    Un cammino accidentato verso la beatitudine ~ Will


    Postfazione e ringraziamenti



    Edited by Elizabeth Swann - 17/8/2023, 14:02
     
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    Elizabeth Swann Inutile dirti che dopo aver visto la trilogia, ho amato alla follia Will e la sua relazione con Elizabeth!
    Tuttavia, proprio come hai descritto nella fanfiction, anch'io penso che un'attrazione (e non tanto sottile) ci sia stata fra Elizabeth e Jack (cioè, da parte di Jackie sicuramente). Nel senso che, anche se non l'ha detto esplicitamente, si poteva ben notare il senso di colpa che l'aveva assalita, quindi ti confermo che lo scenario che hai descritto è ben realistico e soprattutto adatto al contesto! Se non avessi visto i film, probabilmente non avrei mai capito nulla!
    Il tuo modo di scrivere è meraviglioso, penso che non sia la prima volta che te lo dico ma permettimi di farlo! Scrittura semplice e fluida, senz'altro, ma ricca di aggettivi ben messi e punteggiatura ottima!
    Non vedo l'ora di leggere le altre storie che hai in mente! :D <3
     
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    Elizabeth Swann L'idea di questa fanfiction è originale e devo dire davvero molto interessante e introspettiva. Ho letto solo il primo capitolo e devo dire che i pensieri introversi di Elizabeth sono già molto articolati e profondi. Si percepisce molto il suo senso di colpa interiore. Devo dire che la sta uccidendo lentamente dentro l'anima. L'idea di come vede Will è molto bella, profonda e sincera. Si vede che per lei è sempre stato importante, un punto di riferimento quasi. Comunque quello che c'è stato fra Elizabeth e Jack sia stato solo un gioco, finito male...
    Ti faccio i miei complimenti, perché scrivi davvero bene. Adoro la tua scrittura, ma attenta ad alcuni errori di battitura.
     
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    CITAZIONE (rosewhitexx_ @ 17/8/2022, 00:42) 
    Inutile dirti che dopo aver visto la trilogia, ho amato alla follia Will e la sua relazione con Elizabeth!

    Bene, mi fa molto piacere, cara rosewhitexx_ :D

    CITAZIONE (rosewhitexx_ @ 17/8/2022, 00:42) 
    Tuttavia, proprio come hai descritto nella fanfiction, anch'io penso che un'attrazione (e non tanto sottile) ci sia stata fra Elizabeth e Jack (cioè, da parte di Jackie sicuramente). Nel senso che, anche se non l'ha detto esplicitamente, si poteva ben notare il senso di colpa che l'aveva assalita, quindi ti confermo che lo scenario che hai descritto è ben realistico e soprattutto adatto al contesto!

    Sì, non penso che Jack fosse indifferente a Elizabeth (e viceversa). Ad ogni modo, uno dei temi principali di questa storia è la differenza tra l'amore e la semplice attrazione, quindi spero che i prossimi capitoli aggiungano altri dettagli in merito e vengano apprezzati come questo primo capitolo.

    CITAZIONE (rosewhitexx_ @ 17/8/2022, 00:42) 
    Il tuo modo di scrivere è meraviglioso, penso che non sia la prima volta che te lo dico ma permettimi di farlo! Scrittura semplice e fluida, senz'altro, ma ricca di aggettivi ben messi e punteggiatura ottima!

    Wow, grazie mille! Complimenti del genere significano molto per me *^^*

    CITAZIONE (rosewhitexx_ @ 17/8/2022, 00:42) 
    Non vedo l'ora di leggere le altre storie che hai in mente! :D <3

    Be', prima di tutto spero che vorrai continuare questa ;) Avevo sperato di pubblicare il secondo capitolo già stasera, ma purtroppo non ci sono riuscita.. Spero di farcela domani!


    CITAZIONE (Laura_Ruetta @ 17/8/2022, 15:18) 
    L'idea di questa fanfiction è originale e devo dire davvero molto interessante e introspettiva. Ho letto solo il primo capitolo e devo dire che i pensieri introversi di Elizabeth sono già molto articolati e profondi. Si percepisce molto il suo senso di colpa interiore. Devo dire che la sta uccidendo lentamente dentro l'anima.

    Laura_Ruetta ti ringrazio tanto :*: Credo che Elizabeth fosse parecchio in conflitto con sé stessa in quel momento della storia, perciò ho tentato di dar voce a tutte le sue inquietudini e ai suoi sensi di colpa.

    CITAZIONE (Laura_Ruetta @ 17/8/2022, 15:18) 
    L'idea di come vede Will è molto bella, profonda e sincera. Si vede che per lei è sempre stato importante, un punto di riferimento quasi.

    Esatto, ciascuno dei due è un punto di riferimento per l'altro, almeno per come la vedo io :)

    CITAZIONE (Laura_Ruetta @ 17/8/2022, 15:18) 
    Comunque quello che c'è stato fra Elizabeth e Jack sia stato solo un gioco, finito male...

    Penso che ci fosse un'attrazione reciproca - e qualcosina in più da parte di Jack. Però sono certa che Elizabeth non sia mai stata innamorata di lui, ma solo di Will.

    CITAZIONE (Laura_Ruetta @ 17/8/2022, 15:18) 
    Ti faccio i miei complimenti, perché scrivi davvero bene. Adoro la tua scrittura, ma attenta ad alcuni errori di battitura.

    Sono molto contenta che ti piaccia la mia scrittura! Per quanto riguarda gli errori, ti dispiacerebbe segnalarmeli? Ho riletto la storia più di una volta, ma qualcosa può sfuggire sempre X)


    Grazie ancora a entrambe per i bei commenti, comunque <3 Vi aspetto al prossimo capitolo!
     
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    alcune parole, forse volevi scriverle in corsivo, risultano attaccate ad altre parole con in font diverso, come all'inizio hai scritto Perla in corsivo ma è attaccata alla congiunzione e ed è scritto così Perlae... Forse è solo un bag del sito, forse lo vedo solo io...Non lo so...
     
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    CITAZIONE (Laura_Ruetta @ 17/8/2022, 21:55) 
    alcune parole, forse volevi scriverle in corsivo, risultano attaccate ad altre parole con in font diverso, come all'inizio hai scritto Perla in corsivo ma è attaccata alla congiunzione e ed è scritto così Perlae... Forse è solo un bag del sito, forse lo vedo solo io...Non lo so...

    Sono abituata a mettere in corsivo i nomi delle navi, quindi se noti non vale solo per la Perla Nera, ma anche per L'Olandese Volante ;) Ovviamente anche quando voglio evidenziare una parola, per farla risaltare all'interno della frase, uso il corsivo... come si può vedere qui:
    CITAZIONE
    Per un folle attimo credette che sarebbe stata lei a baciare Will.

    Comunque, le parole sono staccate, è solo il tipo di carattere che le fa sembrare un po' vicine :)
     
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    «Ti prego, vieni con noi! Ti prego! No, io non ti lascio!»

    Elizabeth urlava e si divincolava, mentre Will cercava di riportarla giù, obbligandola a mollare il sartiame a cui si era aggrappata. A poca distanza il Governatore Swann veniva trascinato via dalla corrente, lontano dalla Perla. «Darò un bacio a tua madre per te» fu il suo ultimo saluto.

    «Ti prego, non andartene, no!» gridò Elizabeth d’un fiato, ogni parola intrisa di disperazione. Il padre si era ormai voltato e non la guardava più, rassegnato alla sua sorte.

    Will tenne stretta Elizabeth. Sapeva che questo non avrebbe lenito il dolore, ma almeno lei non sarebbe più stata in pericolo. Tia Dalma si era espressa con urgenza e con chiarezza: «Non deve lasciare la nave!» Erano nel regno dei morti, circondati da anime spettrali, perdute per sempre nell’oceano scuro. L’unica speranza da mantenere era quella di riuscire ad andarsene da lì.

    Will si chiese se il padre di Elizabeth potesse fare la fine di quelle anime ed ebbe una fitta allo stomaco: possibile che la vita – e la morte – fosse tanto ingiusta? Il povero Governatore era destinato a trasformarsi in un fantasma errante in quelle acque dimenticate da Dio?

    Si scrollò di dosso quel pensiero, cullando Elizabeth con fare tranquillizzante. Doveva pensare a lei, a un modo per confortarla. Non che s’illudesse di ottenere granché: era fin troppo consapevole di cosa significasse perdere l’unico genitore mai conosciuto nel corso dell’infanzia, il genitore che era stato il punto di riferimento su cui contare. Per un lutto così grave non esisteva un vero rimedio.

    Will sentì qualcosa bagnargli il collo e seppe che Elizabeth stava piangendo. Udì un lieve singhiozzo e le accarezzò la testa, senza parlare. Barbossa, Tia Dalma, Marty, Gibbs e Pintel, dapprima riuniti di fronte a loro due, cominciarono a disperdersi. Forse si aspettavano che Will dicesse qualcosa a Elizabeth, invece lui continuò a rimanere in silenzio. La lasciò piangere, per darle tempo e modo di sfogarsi. Lo stava abbracciando anche lei, aggrappandosi alle sue spalle come un naufrago si aggrappa ai resti di una nave per rimanere a galla. Stretta a lui, pareva fragile e delicata. Era sempre stata di corporatura sottile, ma adesso sembrava magrissima. Che fosse a causa del senso di colpa che l’aveva afflitta per settimane, oltre che dell’impossibilità di consumare pasti adeguati durante il viaggio?

    Con un suono soffocato, Elizabeth allentò la presa su di lui. Si passò una mano sugli occhi gonfi di pianto. Fu allora che Will ruppe il silenzio: «Vuoi che ti accompagni nella tua cabina?»

    Lei assentì.

    «Andiamo, allora.»

    Scesero insieme sottocoperta e Will fece strada, dopo aver recuperato una lanterna. Raggiunsero la cabina riservata a Elizabeth e a Tia Dalma, in qualità di uniche donne a bordo. Non era grande quanto gli alloggi destinati al Capitano, però andava bene per due persone. Considerato il livello di igiene personale di Jack, era anche piuttosto pulita, malgrado l’odore di umidità stagnante e l’aspetto vissuto delle cuccette.

    Elizabeth varcò la soglia, strofinandosi le braccia come se avesse freddo. Rimase immobile al centro della cabina, lo sguardo perso nel vuoto… ma, non appena Will fece qualche passo indietro, per appendere la lanterna a un gancio metallico vicino all’entrata, lo afferrò per la manica.

    “Resta” sembrarono pregarlo i suoi occhi imploranti.

    Lui, che non aveva intenzione di andarsene subito, rimase colpito da quella reazione. Elizabeth era… spaventata, come se la sola parvenza di un allontanamento fosse terrificante. Le sfiorò il dorso della mano e annuì, per rassicurarla che sarebbe rimasto.

    Lei capì. Il suo volto, teso e addolorato, si rilassò quel tanto che bastava per far tirare un sospiro di sollievo a Will, il quale l’accompagnò fino alla sua cuccetta e prese le armi che lei gli porgeva: la spada, le due pistole. All’inizio del viaggio era più equipaggiata, ma era stata costretta a rinunciare a qualcosa durante il breve soggiorno a Singapore.

    Dopo essersi liberata anche dei sandali, della cintura e degli spallacci, Elizabeth si sdraiò, mentre Will deponeva con cura le armi sul pavimento, perché fossero a portata di mano. Tra un brivido e l’altro, lei agguantò una coperta logora e se la strinse addosso.

    Will si sedette al suo fianco. «Penso che tu debba riposare» consigliò.

    «Se n’è andato» gracchiò Elizabeth con voce arrochita, come se non l’avesse sentito. Non c’era bisogno di chiedere a chi si stesse riferendo.

    «Nessuno di noi poteva prevedere quello che è accaduto» rispose Will. «Mi dispiace molto.»

    Lei scosse il capo. «La colpa è mia.»

    «Non è vero. Beckett…»

    «L’ha fatto uccidere lui, sì. Ma io ho permesso che succedesse» disse Elizabeth in tono spento.

    Will le strinse una mano attraverso la coperta. «Non rimproverarti, o starai solo peggio. Non è di questo che hai bisogno.» Esitò. «Sai che tuo padre ti vorrebbe sana e salva» aggiunse, sperando di non aggravare la situazione.

    Elizabeth si morse il labbro. Le lacrime ripresero a scorrerle sul viso e scivolarono vicino alle orecchie. Piangeva di rado; se accadeva, era perché le emozioni la travolgevano come una marea impetuosa, rendendola incapace anche solo di provare ad arginarle. Il suo sguardo acquoso vagò su Will, che fu invaso da un enorme senso d’impotenza. Sarebbe riuscito a offrirle un minimo di consolazione? Non era giusto che lei soffrisse tanto…

    Si sfilò il balteo e lo appoggiò a terra, insieme con la spada. Tolse gli stivali, attirò Elizabeth di nuovo a sé e si coricò sulla cuccetta. «Sono qui» le sussurrò fra i capelli, mentre la teneva ancorata al proprio corpo con un braccio. La udì singhiozzare, stavolta in modo più rumoroso, le spalle che tremavano.

    Seguì un altro momento di quiete quasi assoluta, punteggiata dai respiri ansimanti di Elizabeth. Dopo che questi si furono attenuati, lei premette la guancia sullo sterno di Will e tirò su col naso.

    Nell’attesa che si esprimesse a voce, lui non smise di stringerla tra le braccia. A sorpresa, Elizabeth spinse ancora il viso contro il suo petto, poi cominciò ad armeggiare con il suo panciotto. A Will sfuggì un’esclamazione di stupore, ma il proposito di lei divenne presto chiaro: una volta che gli indumenti vennero scostati, l’orecchio aderì alla sua pelle esposta, in corrispondenza del cuore. Già a Port Royal, durante uno dei loro incontri clandestini alla fucina, era accaduto qualcosa di simile.

    Quella sera erano stati impegnati in una delle lezioni di ballo guidate da Elizabeth, ma Will aveva avuto una lunga giornata e si sentiva esausto. Lei si era quindi rassegnata a interrompere le prove, scusandosi per aver preteso troppo.

    «Devi essere distrutto!» aveva esclamato. «Perdonami, non volevo approfittare del poco tempo libero che hai.»

    «Non importa» aveva detto Will, mentre si sedeva nell’angolo accanto a lei. «Lascia solo che mi riprenda un attimo.»

    Con un sorriso, Elizabeth gli si era avvicinata ancor di più e aveva appoggiato la testa sulla sua spalla. «Sai che sei già migliorato nei primi passi di danza?»

    «Ne dubito, però ti ringrazio per la fiducia.»

    «Pensi forse che io menta?» aveva ribattuto lei, le sopracciglia inarcate in segno di disapprovazione.

    «No, penso che tu stia indorando la pillola per incoraggiarmi.»

    A quel punto si erano messi a ridere tutti e due.

    «Sei una brava insegnante, in ogni caso» aveva detto Will. «Questo è certo.»

    «E tu sei un bravo studente. Vedrai che imparerai a conoscere qualsiasi ballo di moda nella prossima stagione.» Senza aggiungere altro, Elizabeth lo aveva abbracciato, seppellendo il viso nella sua camicia.

    Lui era rimasto sorpreso dal prolungato silenzio. «Che c’è?»

    «Ascolto il tuo cuore.»

    L’affermazione era suonata così buffa alle orecchie di Will da farlo ridacchiare. Elizabeth, che era rimasta seria per tutto il tempo, aveva replicato: «Non scherzo. Il tuo battito è… gradevole, in qualche modo. Mi rasserena. Forse dipende dal fatto che appartiene proprio a te?»

    Ed eccola vicina a lui nella cuccetta della Perla, di nuovo intenta ad ascoltare il suo cuore. «Sei vivo» mormorò. «Almeno tu.»

    Will fu preso in contropiede da quelle parole. «Anche tu sei viva, Elizabeth» disse. Non che fosse la risposta ideale, ma non gli era venuto in mente altro.

    Lei spostò un po’ la testa e schiacciò labbra e naso contro la sua camicia. «Mi sento come se non lo fossi» confessò in un soffio. «Ho così freddo.»

    «Lo so.» Nonostante fosse trascorso più di un decennio, Will ricordava bene la sensazione gelida che l’aveva invaso dopo la morte di sua madre. Per due giorni interi non c’era stato focolare capace di scacciare quel gelo. Massaggiò comunque la schiena di Elizabeth, nel tentativo di offrirle un minimo di calore fisico, e sistemò meglio la coperta, perché le arrivasse sopra le spalle.

    Pian piano il corpo di lei si distese contro il suo e i muscoli persero tutta la loro rigidità. «Grazie.» Fu un bisbiglio appena percettibile.

    “Ti amo” avrebbe voluto dire lui, però non lo fece. Non era il caso di tirar fuori certe dichiarazioni: Elizabeth stava affrontando un lutto devastante e la situazione fra loro era incerta. Malgrado non avessero mai avuto un litigio effettivo, Will non sapeva se fossero sulla via della riconciliazione oppure no. Erano stati troppo distanti in quelle settimane. La componente fiduciosa e spensierata della loro relazione non esisteva più – o, se esisteva, era quasi irrecuperabile.

    Will si concesse una carezza sulla spalla di Elizabeth e buttò lì una formula di circostanza: «Prego.» Notò che lei lo stringeva ancora e ricominciò a massaggiarle la schiena. Sperava di scaldarla a sufficienza, pur immaginando che i suoi piedi nudi sarebbero rimasti freddi. Avrebbe desiderato avere un paio di calze di riserva da prestarle… anzi, avrebbe desiderato poterle dare la possibilità di immergersi in un bagno tiepido, di indossare vestiti nuovi, di avere un posto assicurato accanto a un caminetto e sdraiarsi su un bel materasso di piume. A lui stesso non sarebbe dispiaciuto affatto avere almeno qualcuna di quelle comodità.

    «Ha detto che era fiero di me» borbottò Elizabeth. «Mio padre.» Dal suo tono trasparirono incredulità e disaccordo.

    «Perché non dovrebbe esserlo? Sei una donna forte e coraggiosa» le fece presente Will.

    «Ma sono una fuorilegge, vivo come una reietta. Non è così che lui mi ha educata.»

    «Se fossi rimasta a Port Royal, avresti rischiato l’impiccagione. Sei viva, invece.»

    «Sì, e sono un’assassina.»

    Will sussultò. «Elizabeth…»

    «È vero. Posso averlo fatto per una causa superiore, però ho ucciso lo stesso una persona. Io, la figlia del Governatore – un uomo leale e corretto. Io, un’aristocratica a cui sono sempre state insegnate le buone maniere e il rispetto delle regole. Io, che più di una volta mi sono indignata di fronte all’ipocrisia dei nobili. Ho finito con l’assumere una condotta ben peggiore.»

    Anche se Elizabeth aveva parlato con freddezza, il disgusto di sé era percepibile sotto quella barriera di ghiaccio. Will strinse i denti. «Adesso basta. Non ti permetterò di torturarti tanto.»

    Cercò di sollevarle la testa, perché i loro occhi s’incontrassero, ma lei si ritrasse. «Non capisci, Will. Tu non hai mai ingannato nessuno in quel modo. Una volta che lo fai, qualcosa dentro di te cambia, s’indurisce.» Tacque per un istante. «Ora so per certo che ucciderò Beckett – e non pensare di fermarmi.»

    Will rimase zitto. Uno strisciante senso di colpa gli strinse in una morsa lo stomaco e la gola, mentre una parte del suo stesso discorso di quella mattina gli riaffiorava alla mente: “Se fai le tue scelte da sola… come posso fidarmi?

    Aveva rinfacciato a Elizabeth di essere una persona di cui non ci si poteva fidare, ma chi era lui per darle lezioni sul significato della fiducia? Chi era lui per insegnarle la lealtà? Stava ingannando tutti, lei compresa, per raggiungere un suo obiettivo personale. Il fatto che si trattasse di uno scopo nobile non era che una giustificazione parziale…

    Pirata.

    Stavolta fu la voce di Jack a risuonargli in testa, in una lontana eco del loro primo incontro a Port Royal. Poi gli parve di udire un’altra affermazione dello scaltro Capitano, che era stata pronunciata dopo il furto dell’Interceptor: “Hai sangue pirata nelle vene e dovrai farci i conti, un giorno o l’altro…”

    Elizabeth, intanto, si era sdraiata su un fianco e cercava il suo sguardo. «Non ne hai intenzione, vero?» esclamò. «Di fermarmi.»

    Lui chiuse gli occhi. «Se l’avessi, cambierebbe qualcosa?»

    «Suppongo di no. È che non abbiamo scelta, lo sai. Dobbiamo combattere, se vogliamo provare a sopravvivere… o preferiresti sottometterti a Beckett?»

    «Voglio che tu stia bene e che siamo entrambi al sicuro» disse solo Will.

    “Raccontale la verità sul tuo piano. Subito” lo esortò la sua coscienza, ma lui non ebbe la forza: Elizabeth ne aveva già passate abbastanza, quella rivelazione sarebbe stata troppo per lei. Serviva il tempo necessario per spiegarle tutto con calma…

    «Nessuno di noi sarà al sicuro, se l’intero controllo dei mari apparterrà a Beckett» sottolineò lei, brusca.

    «E tu non avrai pace finché non sarai riuscita a vendicare tuo padre, o sbaglio?» dedusse Will.

    «Tu volevi uccidere Jones per liberare tuo padre» ribatté Elizabeth. Lui spalancò gli occhi e sussultò più forte, come se avesse ricevuto un pugno in pancia. «In fondo, ho avuto torto a dire che non capisci. In questo potresti comprendermi, molto meglio di chiunque altro.»

    Calò un silenzio carico di tensione. Alla fine Elizabeth disse: «Mi dispiace. Non volevo turbarti, tanto meno desidero costringerti a darmi il tuo appoggio.» Sfiorò la mano di Will. «Mi accontento che tu rimanga con me adesso. Giusto un altro po’, se non è chiedere troppo.»

    “Se non è chiedere troppo”… Will avrebbe potuto ridere per l’assurdità di quella situazione. Lui ed Elizabeth avevano progettato di sposarsi! Che trascorressero insieme parte delle loro giornate era ovvio. Entrambi erano cresciuti nella società civile, in un ambiente tranquillo e rispettabile, quindi avevano sempre dovuto tenere in considerazione i limiti che la suddetta società imponeva loro, ma nemmeno le signore e i gentiluomini più attaccati all’etichetta avrebbero messo in dubbio che due promessi sposi, di tanto in tanto, avvertono la necessità di tenersi compagnia a vicenda. Inoltre, Elizabeth e Will si erano permessi più volte delle trasgressioni ai tempi del corteggiamento; tuttora i loro incontri notturni erano un segreto ben custodito. Solo qualche mese prima non ci sarebbe stato bisogno di cautela: lei avrebbe dato per scontata la vicinanza del suo fidanzato, perché avrebbe saputo che lui non si sarebbe mai mosso da lì.

    Fidanzato.

    Will deglutì. Sì, lui ed Elizabeth erano stati fidanzati e lo erano ancora, ma questo, lungi dal rendere le cose più facili, le complicava. Se tra loro non fosse esistito un legame ufficiale, il bacio che Elizabeth aveva dato a Jack non avrebbe avuto un’importanza così decisiva, anche se Will si sarebbe comunque ingelosito. L’impegno serio che li legava era stato uno dei motivi dietro la vergogna di Elizabeth e il suo conseguente silenzio, dietro le deboli giustificazioni date a Will appena si era deciso ad affrontarla. Poteva avergli detto che il “peso da portare” era suo e basta, ma lui non era uno sciocco né un ingenuo: aveva capito che la reazione di Elizabeth non derivava soltanto dal desiderio di risparmiarlo da quel fardello. Lei era in conflitto con sé stessa per aver commesso un’azione di cui, per l’appunto, si vergognava, poiché – al di là della questione dell’omicidio – aveva comportato un tradimento nei confronti del suo futuro sposo. Non si sarebbe trattato di un tradimento vero e proprio, se loro due non fossero stati promessi.

    Eppure… poteva Will biasimare fino in fondo Elizabeth per il suo comportamento? Non condivideva la sua scelta di tacere, men che meno il modo che aveva scelto per imbrogliare Jack: il ricordo del bacio gli bruciava, facendogli torcere le viscere dalla gelosia. Al tempo stesso, riconosceva che non si era trattato di un segno d’amore, bensì di un astuto atto di seduzione, usato per portare a termine un inganno mortale. E c’era stata davvero una causa superiore in ballo: la salvezza della ciurma, che altrimenti avrebbe avuto grosse probabilità di essere uccisa assieme al Capitano.

    Will non era arrabbiato con Elizabeth, anche se odiava pensare a ciò che aveva fatto. Del resto, non si considerava superiore a lei dal punto di vista morale ed era consapevole delle proprie azioni illecite. Furto, aggressione, ribellione contro le autorità di Port Royal, combattimento all’ultimo sangue durante la battaglia di Singapore… Mancava che l’ammutinamento programmato diventasse realtà e poi Will avrebbe potuto definirsi un pirata in piena regola. Forse era destino, forse Jack aveva avuto ragione a pronosticargli un futuro di pirateria.

    «Will?» Elizabeth gli lanciò un’occhiata interrogativa. «Stai bene?»

    Lui annuì. «Io… rimarrò con te.»

    Questo bastò perché lei accennasse un sorriso. Da quanto tempo, si chiese Will, non la vedeva sorridere?

    «Grazie» ripeté Elizabeth, parlando con maggior calore. «Significa molto per me.» Si accoccolò nella posizione di prima ed emise un piccolo sospiro di soddisfazione.

    Lui intrecciò le dita fra i suoi capelli, ormai non più setosi, bensì ruvidi e sfibrati per colpa del sole e dell’acqua di mare. Temette di essersi spinto un po’ troppo in là, ma Elizabeth accettò quel gesto di confidenza senza scomporsi.

    «Credo che presto torneremo indietro» le disse Will, tanto per fare conversazione. «Nel mondo dei vivi. Insomma, non rimarremo intrappolati qui ancora a lungo.»

    «Lo spero. Non mi piace questo posto.»

    «Neanche a me» ammise lui. «Però non è importante, al momento. Cerca di rilassarti.» Le lisciò alcune ciocche ribelli.

    A lei sfuggì uno sbadiglio. «Penso proprio che farò un pisolino. Sei caldo» aggiunse, quasi stesse descrivendo il clima.

    Will si sentì arrossire. «I miei abiti sono più pesanti dei tuoi» le fece notare. «Inoltre, non indossi le calze.»

    Elizabeth bofonchiò qualcosa d’incomprensibile e strofinò un piede nudo sul suo polpaccio coperto. Pochi istanti dopo, Will si accorse che respirava in maniera più uniforme e si era addormentata. Si augurò che riposasse bene, perché non era convinto che si trovasse in una posizione comoda. D’altronde, lei aveva preferito così…

    Non era appropriato che una giovane donna dividesse il letto con un uomo, anche se si trattava del suo promesso sposo e l’intenzione era quella di dormire. Elizabeth aveva tralasciato quella norma sociale, com’era prevedibile. Quanto a Will, ci stava riflettendo solo a cose fatte.

    “Ebbene, i pirati danno poca importanza al buon costume nelle situazioni normali” si disse, mentre gli scappava un sorriso. “Figuriamoci in casi di emergenza!”

    Tornò subito serio. Pirata o no, pensò che sarebbe stato meglio andarsene. Elizabeth aveva bisogno di riposo, la sua anima e il suo fisico lo richiedevano. Lui era troppo irrequieto, avrebbe finito col disturbarla.

    Contro ogni logica, scoprì di volersi attardare nella cabina. Era talmente vicino a perdere Elizabeth per sempre che perfino allontanarsi un attimo gli provocava dolore. Il Governatore lo aveva detto: chiunque avesse ucciso Davy Jones sarebbe stato obbligato a prenderne il posto. Per mantenere la promessa fatta a suo padre, Will avrebbe dovuto legarsi all’Olandese, rinunciando all’amore per Elizabeth… e non poteva. Non ci sarebbe mai riuscito.

    Rimpiangeva la sua impulsività, la sua avventatezza nell’assicurare la libertà al padre. Il suo era stato un gesto guidato non tanto da attaccamento filiale, quanto da un profondo senso del dovere. Se William Turner Senior aveva voltato le spalle alla propria famiglia per darsi alla pirateria, William Turner Junior non avrebbe commesso lo stesso errore, perché conosceva bene l’amarezza della solitudine e dell’abbandono. Suo padre, lì sull’Olandese, era infelice e solo. Aveva accettato un destino di schiavitù sentendo che al mondo non c’era più niente per lui, come Will, dopo la morte di sua madre, aveva accettato il suo status di orfano costretto a dipendere dalla carità altrui. Eppure a Will era stato concesso di trovare una luce nell’oscurità, quando Elizabeth gli aveva offerto la propria amicizia e il Governatore Swann una sistemazione presso il signor Brown.

    Grazie al valente artigiano che gli aveva insegnato il mestiere di fabbro, Will si era guadagnato un lavoro, un tetto sopra la testa e la possibilità di condurre un’esistenza dignitosa. Sarebbe sempre stato grato al padre di Elizabeth – ricordando che era appena morto, gli salì un groppo in gola – e a Brown, per quello che avevano fatto per lui. Se era stato così fortunato da sfuggire all’orfanotrofio e alla strada, perché suo padre non poteva esserlo abbastanza da sottrarsi alla malvagità di Jones? E dato che il Turner più anziano non era stato un bravo padre, il più giovane ne avrebbe compensato le mancanze, comportandosi da bravo figlio.

    Era in materia di sentimenti che il discorso cambiava. Sebbene Will non odiasse suo padre, nemmeno provava un affetto profondo per lui. Come avrebbe potuto? Lo conosceva a malapena. Non era mai stato presente nella sua vita, l’unica e sola famiglia di Will era stata sua madre. Charlotte Turner lo aveva cresciuto con amore, ma anche con energia e determinazione, mentre Bill Turner non era che una figura lontana, la cui assenza pesava ogni giorno di più sulle spalle della moglie e su quelle allora esili di un ragazzino…

    La verità era che lo zelo investito nell’ideare un piano per salvare Bill era frutto della convinzione di aver perso Elizabeth. Se Will non l’avesse creduta innamorata di Jack, tutti i suoi sforzi non si sarebbero concentrati in quella direzione… ma suo padre aveva bisogno di lui, si era detto, e lui aveva promesso di liberarlo. C’era ancora uno scopo per cui combattere.

    Dopo il salvataggio di Jack, il confronto con Elizabeth e la rivelazione sul cuore di Jones, il proposito di Will si era trasformato in una catena, un obbligo che lo avrebbe condotto a dilaniarsi l’anima. Solo pensarci lo dilaniava già: come poteva riuscire a stare con Elizabeth senza venir meno alla parola data? Anche considerandosi un pirata, non era pronto a rinnegare quel che restava del suo lato più onesto. Non voleva. Aveva sempre mantenuto le sue promesse. Inoltre, che a suo padre occorresse aiuto era una realtà innegabile. Forse non lo meritava, ma minimizzarne le sofferenze sarebbe stato un atteggiamento vigliacco. Bill si trovava in una condizione alquanto difficile, per non dire intollerabile. Quale uomo con un minimo di dirittura morale, quale figlio avrebbe permesso che quell’ingiustizia continuasse, condannando il proprio padre alla dannazione eterna tra le grinfie di un tiranno senza cuore?

    Fra un sospiro e l’altro, Will cercò di mettere da parte quei pensieri angosciosi. Serrò la mascella e si concentrò sull’immediato. C’era Elizabeth che dormiva; alzarsi dalla cuccetta avrebbe significato rischiare di svegliarla. Forse si sarebbe mossa per cercare una posizione più confortevole? Al di là delle peripezie dell’ultimo anno, rimaneva una donna d’alta classe, abituata ai letti migliori e ai cuscini più morbidi. Bene, lui avrebbe atteso con pazienza che si spostasse, dopodiché sarebbe andato via. L’avrebbe lasciata al sicuro, ostaggio gradito di un sonno rigenerante, e magari lui stesso sarebbe andato a riposare. Sperando di riuscirci, naturalmente…

    Edited by Elizabeth Swann - 17/8/2023, 15:04
     
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    Elizabeth Swann ho letto la seconda parte. Anche questa è scritta benissimo, davvero. Mi è piaciuta molto, mi ha colpito e attratto di più, rispetto alle altre, perché è molto ricca di sentimenti, emozioni e struggimenti interiori da parte di Elizabeth e il caro Will :]. Molto coinvolgente dalle prime righe, devo dire che è stato più straziante di ieri rileggere la scena della morte del padre di Elizabeth. Non so, ma qui è stata descritta ancora più cruda e forte. Adoro che Will la conforti e le stia vicino sempre. Non la lascia mai. Trovare un uomo così... è assai difficile >_<
     
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    È vero, gli uomini come Will sono una vera rarità! Elizabeth è una donna fortunata :lol:
    Sai, questa è stata la prima volta in assoluto in cui ho provato ad avvicinarmi al punto di vista di lui (sia "Armi e cicatrici" che "Troppi cambiamenti" sono state scritte dopo "Tra me e la beatitudine", anche se qui sul forum le ho pubblicate prima). Di solito sono più a mio agio a immedesimarmi nei personaggi femminili che in quelli maschili *^^* Però devo ammettere che sono così affezionata a Will da prendere molto a cuore il tentativo di mettermi nei suoi panni, quindi sapere che questo capitolo ti ha suscitato delle emozioni intense è davvero incoraggiante <3
    Grazie mille per aver letto e commentato, spero che continuerai a seguire la storia... E ricorda che, quando hai voglia, l'ultimo capitolo di "Troppi cambiamenti" ti aspetta ^_^
     
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    Elizabeth Swann

    Questi loro momenti sono così dolci, sebbene carichi di segreti... amare qualcuno vuol dire anche pensare a ciò che è meglio per lui, prendersene cura, ma quando gli interessi di due persone che ami sono agli antipodi come fare? E tu sei riuscita nell'intento di descrivere questo dilemma morale in una maniera così perfetta, introducendo prima la storia di Elizabeth e il suo rapporto con il padre e poi hai spostato l'attenzione su Will e sulla sua promessa. Però chissà cosa sarebbe successo se avesse legato anche Elizabeth alla nave: in fondo, Davy Jones era in quello stato per via della sua mancanza nello svolgere il suo compito, ma non è stato mai specificato che anche il suo equipaggio dovesse ridursi in tale stato.... però così è stato in un certo senso più tragico e più romantico, un contrasto che ha reso speciale la loro storia
     
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    Grazie per il bel commento ^_^ Come dicevo a Laura, questo è stato il primo caso in cui mi sono "spostata" dal punto di vista di Elizabeth a quello di Will, poiché il mio obiettivo era scavare in profondità nell'animo di entrambi. Durante la stesura della fanfiction ho pensato spesso al fatto che i due riescono, in un modo o nell'altro, a essere vicini anche quando sono distanti o divisi dai rispettivi segreti... Volevo perciò tentare di esprimere quanto sia profonda la sintonia che li unisce, mettendo in evidenza che ciascuno si preoccupa sempre per il bene dell'altro, al di là delle incomprensioni <3

    CITAZIONE (Nancy Cuomo @ 24/8/2022, 19:04) 
    Però chissà cosa sarebbe successo se avesse legato anche Elizabeth alla nave: in fondo, Davy Jones era in quello stato per via della sua mancanza nello svolgere il suo compito, ma non è stato mai specificato che anche il suo equipaggio dovesse ridursi in tale stato....

    È una domanda molto interessante!
    Io credo che Will non sarebbe stato completamente felice se Elizabeth si fosse legata all'Olandese; è vero che così facendo avrebbe potuto rimanergli accanto, ma è altrettanto vero che sarebbe stata meno libera. Dopotutto, L'Olandese non è una nave qualunque, poiché ha il compito di traghettare le anime nell'aldilà... Dubito che a Will avrebbe fatto piacere l'idea di vedere la donna che amava a contatto con la morte giorno dopo giorno. Penso che la sua libertà fosse importante per lui, e perciò avrebbe preferito sapere Elizabeth nel mondo dei vivi, con l'opportunità di scegliere quando e come solcare i mari.

    Quanto alla faccenda di Davy Jones, sono convinta che gli autori della trilogia intendessero comunicare al pubblico che L'Olandese - e per estensione l'equipaggio - è una cosa sola con il suo Capitano: quando il Capitano soffre o commette degli errori, ciò si riflette sull'aspetto della nave e sul benessere della ciurma. Questo si vede benissimo anche durante l'"apoteosi" di Will, che fondamentalmente permette all'Olandese e al suo equipaggio di rinascere a nuova vita, dopo chissà quanti anni di oscurità e trascuratezza sotto il comando di Jones :)
     
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    Una flebile speranza ~ Elizabeth

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    Quella notte Elizabeth aprì gli occhi due volte: la prima perché aveva bisogno di sistemarsi in una posizione più comoda, la seconda per ragioni a lei ignote. Nessun incubo l’aveva disturbata e la cabina era silenziosa. La lanterna all’angolo bruciava ancora, sebbene la luce si fosse affievolita. Sembrava tutto tranquillo.

    Lo sguardo di Elizabeth si posò sull’uomo che le giaceva accanto. Will era sdraiato sulla schiena, un braccio alzato e appoggiato sopra il cuscino, l’altro che ricadeva su un fianco. Dormiva, ma il suo viso era accigliato. Fu tentata di allungare la mano per spianargli la fronte e far distendere le sopracciglia.

    Chissà se nel sonno appariva sempre così? L’aveva visto stanco, con gli occhi chiusi, perfino privo di sensi dopo una botta in testa, mai addormentato – tranne il giorno in cui si erano conosciuti, durante la memorabile traversata destinata a condurli a Port Royal. All’epoca, ricordò con affetto e malinconia, aveva ricevuto il compito di prendersi cura di lui. Una volta che era stato portato sottocoperta e visitato dal medico di bordo, si era seduta proprio vicino alla sua cuccetta, per controllare che riposasse bene. In seguito avevano vissuto entrambi sotto lo stesso tetto per qualche tempo, però non le era mai stato permesso di mettere piede nella camera a lui assegnata, così come non le era stato permesso di lasciarlo entrare nella propria. In compenso avevano giocato insieme in altre stanze, in giardino e nella bella spiaggia di Port Royal, baciati dal sole caldo dei Caraibi.

    Quasi dieci anni erano trascorsi da allora. L’esistenza di Elizabeth era stata sconvolta fino alle fondamenta: niente la legava più alla ragazza che era stata. Suo padre era appena morto – quella consapevolezza fu un colpo fisico che le tolse il fiato – e Port Royal non era più la sua casa. Eppure, in mezzo a quell’uragano di cambiamenti, perdite e rimpianti, c’era qualcuno che non aveva smesso di far parte della sua vita, che ancora riusciva a essere un punto di riferimento: Will Turner. Saldo, affidabile e generoso.

    Elizabeth non sapeva se meritare o meno l’affetto di una persona del genere. Una voce nella sua testa continuava a ripeterle “no”, ma quando lei guardava Will… ebbene, in qualche modo assurdo e contorto le cose diventavano più semplici, più nitide. Lui la amava. Questo era tutto. Non poteva scegliere di non amarla di punto in bianco: non c’è alcuna scelta nella direzione presa dai propri sentimenti. L’unica decisione che Will avrebbe potuto prendere, in piena coscienza e libertà, sarebbe stata quella di rinunciare a lei. Di voltarle le spalle, a causa del dolore che gli aveva provocato il suo tradimento.

    Elizabeth sospirò, distogliendo lo sguardo da lui. Era una possibilità reale, da non sottovalutare affatto. Tuttavia, non era sua abitudine tirarsi indietro senza combattere. Forse poteva permettersi di non rinunciare alla speranza? Non sarebbe andata da Will ad avanzare pretese, ma se gli avesse dato il tempo di digerire l’accaduto… magari lui l’avrebbe perdonata. La riconciliazione non era un’utopia, specie dopo l’eccezionale vicinanza che avevano condiviso quella notte.

    Di solito Elizabeth non era il tipo di donna che resta con le mani in mano. Avrebbe fatto un’eccezione, perché era giusto così. Non sarebbe stato corretto mettere pressione a Will. Gli aveva già chiesto di rimanere con lei nella cabina e non doveva spingersi oltre.

    Sospirò ancora. Il cuore le doleva come se fosse pieno di lividi; la prospettiva di non vedere mai più suo padre era quanto di peggio avesse mai provato. Nemmeno il senso di colpa per l’omicidio di Jack era stato così difficile da affrontare… L’aveva fatta a pezzi, ma perlomeno le era rimasta la magra consolazione di aver salvato delle vite in cambio di quella di lui. A chi giovava la morte di suo padre, invece? Solo a Beckett e a chi faceva volentieri ciò che ordinava.

    Serrò i pugni contro il lenzuolo. Lei avrebbe ucciso Beckett, altroché. Non solo voleva vendicarsi; era convinta che non ci sarebbe più stata libertà sui mari se quel malvagio individuo fosse sopravvissuto. Beckett doveva morire, non c’erano alternative.

    Ciononostante, quando pensò a suo padre si sentì una figlia indegna, malgrado si fosse dichiarato fiero di lei. La verità era che lui non avrebbe approvato l’idea di uccidere Beckett, pur con tutte le motivazioni del mondo a sostenerla. D’altro canto, cosa sapeva della condotta disdicevole assunta da Elizabeth dopo la sua fuga da Port Royal? E ormai era tardi – non avrebbe saputo più niente di lei, né di quel che accadeva nel mondo dei vivi.

    Elizabeth si voltò sull’altro fianco e si raggomitolò su sé stessa. Non riusciva nemmeno a piangere, aveva esaurito tutte le lacrime prima di addormentarsi. Si strofinò gli occhi stanchi. Avrebbe mai smesso di sentirsi così esausta, sofferente e sola?

    Will aveva cercato di consolarla nel migliore dei modi, ma neanche il suo conforto era sufficiente a restituirle la serenità. Paradossale, dato che lei si era consumata a lungo nella nostalgia per i suoi abbracci e la sua vicinanza… Il lutto e la disperazione, purtroppo, rischiavano di inghiottire qualsiasi emozione positiva. Ogni barlume di felicità, gratitudine o sollievo era fragile, come la fiamma di una candela in una notte ventosa. Che si trattasse del prezzo da pagare per gli errori commessi? In fondo, se a mandare a monte il matrimonio di Elizabeth e far uccidere suo padre era stato Beckett, il resto era dipeso da lei, che dunque non poteva scaricare su nessuno la responsabilità delle sue azioni.

    Con gli occhi della mente rivisse i momenti trascorsi con Jack. Quand’era passata dal farsi provocare al provocarlo, aveva voluto essere baciata… e la bussola puntava verso di lui già in precedenza. Eppure, prima di incontrarlo, Elizabeth aveva sempre pensato a Jack Sparrow come a una figura affascinante – non avrebbe potuto essere altrimenti, viste le storie esilaranti che lo riguardavano – e ne era stata incuriosita, ma non le era mai passato per la testa di andarci a letto o innamorarsene. Conoscerlo non aveva cambiato questa realtà, mentre rivederlo dopo più di un anno le era parso un evento normale, anche se propizio; la bussola stessa ne era la dimostrazione, poiché a Tortuga non aveva indicare lui, bensì la rotta per il Forziere.

    Jack tendeva ad attirare l’attenzione, con le sue chiacchiere e il suo modo di fare. Sulla Perla Elizabeth ne aveva apprezzato la compagnia, si era convinta che lui meritasse piena fiducia e ritenuta fortunata per averlo dalla propria parte, il che poteva significare che Jack le piacesse come persona, non necessariamente come uomo. In un certo senso, prima che un uomo, per lei era sempre stato un famoso pirata, perfino quand’erano rimasti insieme sull’isola dove Barbossa li aveva abbandonati. In quell’occasione entrambi si erano accontentati di scherzare in maniera innocua, dopo una bevuta di rum, e non le era parso che Jack fosse intenzionato a sedurla.

    A dire il vero, per la maggior parte del tempo, la mente di Elizabeth non era concentrata su di lui, quanto sull’ideazione di un piano per fuggire dall’isola. Trovarsi lì proprio con il Capitano Jack Sparrow non la lasciava indifferente, ma la sensazione era stata simile a quella che si potrebbe provare incontrando un personaggio eroico o leggendario. Nessun coinvolgimento fisico, insomma – anche perché l’ansia per la sorte di Will aveva prevalso sul resto.

    Forse Elizabeth aveva percepito il fascino maschile di Jack solo nell’istante in cui lui se n’era servito per influenzarla; di conseguenza aveva immaginato di essere baciata. Se, tuttavia, bastavano un po’ di attenzioni da parte di un altro uomo per farle mancare di rispetto al suo fidanzato, non aveva molto di cui rallegrarsi. A tormentarla contribuiva il ricordo di alcuni suoi pensieri su Will, che erano stati piuttosto… specifici.

    Lui le era mancato tanto durante la separazione: per i sorrisi, la complicità, le risate, le lezioni di danza e le esercitazioni con la spada, le lunghe conversazioni, le passeggiate in spiaggia. E il matrimonio interrotto le aveva causato una tremenda frustrazione, rendendo amara e rabbiosa la sua nostalgia. Da mesi lei sognava la sua prima notte di nozze; faticava a credere che, proprio all’ultimo, le fosse stata tolta l’opportunità di viverla! Il suo bisogno più urgente era stato di natura carnale, perché aveva sentito l’esigenza di essere baciata, spogliata e toccata ovunque. Che poi si fosse lasciata “distrarre” da Jack poteva significare soltanto una cosa – e accettarla non era affatto facile.

    Per molto tempo sentimento e sensualità erano andati di pari passo per Elizabeth. Tutto era stato lineare e intuitivo: amare Will implicava desiderare solo lui, in maniera spontanea e naturale, a maggior ragione dopo che entrambi avevano deciso di sposarsi. L’atto di donarsi l’un l’altro, di assaporare insieme le gioie del corpo, era una forma d’amore. Non a caso, costituiva una parte integrante del matrimonio e permetteva di mettere al mondo i figli. Farsi ammaliare da Jack, nonostante l’impazienza di condividere l’intimità con Will, dimostrava a Elizabeth di essere capacissima di separare il desiderio dall’amore.

    C’era dunque una parte del suo animo – quella più provata dall’attesa, più arrabbiata con Beckett per le nozze andate in fumo – che aveva voluto un appagamento immediato, rapido, poco importava con chi. Non fino al punto di giacere col primo uomo che passava, ma abbastanza da farlo con qualcuno che avesse un certo interesse per lei. Se Jack non era dolce, sincero e amorevole come Will, in compenso non gli mancavano fascino e carisma. Era intelligente, arguto, abile nel rigirare qualsiasi situazione a proprio favore. Sembrava così libero da ogni regola, da ogni condizionamento esterno. Aveva uno sguardo magnetico, lineamenti regolari, labbra ben modellate, un sorriso accattivante – se non si prestava troppa attenzione ai denti d’oro. Perfino il fatto che avesse avuto molte donne non era da disprezzare, se si pensava che lo rendesse in grado d’insegnare il necessario a una ragazza giovane, inesperta e avida d’imparare.

    La bussola aveva puntato verso Jack perché Elizabeth era stata disposta a concedersi a lui, malgrado non ne fosse innamorata. Si trattava di pura e semplice lussuria: Jack era stato molto vicino, Will molto lontano. Lei non aveva potuto essere una moglie, ma le era stata data l’occasione di trasformarsi in un’amante, esperienza che avrebbe potuto saziare la sua bramosia.

    Si domandò cosa sarebbe accaduto se il suo promesso sposo fosse stato sulla Perla, anziché sull’Olandese. Si sarebbe impuntata affinché lui si comportasse da marito? L’avrebbe sedotto? E quale reazione avrebbe suscitato?

    «Elizabeth, sai che non potrei mai macchiare la tua rispettabilità» le aveva detto in passato Will, quando si era presentata a sorpresa alla fucina, trovandolo a torso nudo. Appena lei aveva insinuato che sarebbe bastato mescolarsi a una marmaglia di pirati per mandare al diavolo le convenzioni sociali, il suo fidanzato era rimasto fermo sulle proprie posizioni, convinto che lui non avrebbe fatto niente del genere. Questo, però, era successo prima che Beckett impedisse loro di sposarsi. Chissà se dopo…?

    Elizabeth scosse la testa. Stava prendendo in giro sé stessa. Will era sempre stato coerente con i suoi princìpi. Non che fosse incapace di mentire, o di cercare delle scappatoie in determinate situazioni, ma aveva le idee chiare su cos’era giusto o sbagliato se si trattava della donna che amava. E poi la decisione di non consumare il matrimonio anzitempo era stata presa di comune accordo…

    Peccato che ormai non avesse alcun senso parlare di rispettabilità: Elizabeth non era più una donna dell’alta società, bensì una fuggiasca e una criminale. Una piratessa, come Jack stesso le aveva detto dopo il loro bacio.

    Il bacio, già. Il tradimento immaginato che era divenuto atto. Baciare Jack le era piaciuto, ma al tempo stesso le aveva instillato il dubbio che non sarebbe mai andata oltre. Non per senso della decenza, o perché fosse fidanzata: sin da quando aveva elaborato il piano per uccidere il Capitano, si era costretta a ricacciare il pensiero di Will in un angolo remoto del proprio cuore. Nemmeno per una questione di buonsenso – non poteva mica togliersi i vestiti quando c’era un mostro a pochi passi, pronto a divorare un’intera nave! Aveva soltanto avuto questo rapido lampo di comprensione, andato via in fretta com’era venuto: fare l’amore con Jack sarebbe stato un passo falso e avrebbe finito col deluderla.

    Tutt’oggi non riusciva a spiegarsi da dove avesse avuto origine una sensazione del genere. Era dipesa dal bacio stesso? Malgrado l’innegabile passione, non l’aveva soddisfatta fino in fondo. Che Jack fosse piuttosto avvezzo a baciare una donna era palese, perciò non c’entrava l’inesperienza. Magari era stato… l’alito? Elizabeth non avrebbe dimenticato quella pesantezza intrisa di alcol, sale e Dio solo sapeva che altro. No, a dirla tutta non era stato così piacevole permettere a Jack di infilarle la lingua in bocca. Però lei non ignorava la sua negligenza in fatto di igiene e, quando si era trovata vicina a lui in precedenza, aveva già ricevuto qualche zaffata del suo alito. Non poteva esserne stata troppo colpita in seguito…

    Forse l’ago della bilancia erano i sentimenti. Non amandolo, sarebbe mai stata capace di  fare l’amore con lui? Appagare le esigenze della carne l’avrebbe resa davvero felice, le avrebbe donato una gioia autentica? Oppure, passato l’attimo, lei si sarebbe sentita vuota?

    Buone domande. Mentre le labbra di Jack premevano contro le sue, non era riuscita a rifletterci su, perché aveva già la mente occupata. In seguito era stata troppo afflitta per mettersi a rimuginare proprio sul bacio che aveva portato tanti guai. Quale senso avrebbe avuto? Poteva solo distruggerla ancora, si era detta. Oltretutto, a lei non importava più di saziare la sua lussuria, dato che questa lussuria era scomparsa.

    Neanche adesso si sentiva abbastanza sicura di sé da scavare nel suo animo per cercare le risposte. Ad ogni modo, non escludeva che la chiave per superare i suoi sensi di colpa si trovasse proprio nell’accettazione di quel lato di sé più egoista e avido, affamato solo di baci roventi sulla pelle, del contatto con un corpo caldo, solido e virile. Il lato che era stato alla ricerca di una soddisfazione personale, stanco di attendere una cerimonia che chissà quando sarebbe stata celebrata, pronto a gustare il frutto proibito infischiandosene delle conseguenze. Una volta che quelle esigenze primordiali erano svanite, lei poteva guardarle con maggior distacco e lucidità…

    Il problema era che la questione rimaneva aperta. Se Beckett fosse morto e Will l’avesse perdonata, la possibilità di sposarsi sarebbe tornata reale; malgrado ci sperasse con tutta l’anima, Elizabeth temeva di non riuscire a vivere i piaceri coniugali con la giusta dose di serenità ed entusiasmo. Aveva paura che, al momento cruciale, le sue membra sarebbero state fredde e fiacche, i suoi sensi addormentati.

    Cercò allora di prendere in considerazione l’altra eventualità, ovvero un addio definitivo tra lei e Will. La sola idea le provocò un attacco di nausea, mentre il cuore le batteva così forte che pareva dovesse scoppiare.

    Respirò a fondo per calmare i nervi e lo stomaco. Si girò a guardare Will. Per fortuna, muovendosi non aveva disturbato il suo sonno: lui giaceva nella stessa posizione di prima, il respiro regolare, il petto che si alzava e si abbassava. Possibile che fosse anche meno accigliato?

    Di sicuro, osservò Elizabeth fra sé, versava in condizioni migliori di lei, non solo da un punto di vista emotivo. Aveva bisogno di una lavata – entrambi ne avevano bisogno, nessuno dei loro corpi emanava un odore gradevole – e di un cambio d’abiti, eppure non sembrava tanto diverso dai vecchi tempi in cui lavorava per il signor Brown. Più segnato, sì, a causa dell’espressione non del tutto distesa e delle continue fatiche del viaggio. Aveva gli zigomi più pronunciati, le guance affilate, qualche screpolatura sulle labbra. Poi c’era l’orecchino d’oro, ancora così estraneo per lei, benché Will si fosse fatto forare il lobo già prima di raggiungere Singapore. Per il resto, in lui non si notavano altri cambiamenti. Era perfino riuscito a trovare il tempo e il modo per radersi, anche se la rasatura era stata approssimativa. Diversi peli spuntavano qua e là, lungo la mascella e ai lati del mento.

    Elizabeth spostò lo sguardo più in basso, sul suo panciotto per metà sbottonato, rimasto così dal momento in cui lei aveva voluto ascoltare il suo battito cardiaco. Rispetto al solito, risultava visibile una parte più ampia del torace; i ciondoli della collana pendevano sul lato destro, a eccezione della minuscola conchiglia appoggiata poco al di sotto dell’incavo della gola. I muscoli sembravano tonici come sempre, almeno per quel che lei era in grado di dire, e l’abbronzatura spiccava laddove la pelle veniva esposta al sole giorno per giorno. Solo una piccola zona appariva insolitamente chiara – quella un po’ più vicina al capezzolo, non poté fare a meno di pensare Elizabeth, indovinando il punto in cui spuntava la lieve protuberanza. Per un istante immaginò di scostare la camicia e sbirciare…

    No, non doveva farlo. Innanzitutto avrebbe rischiato di svegliare Will. In secondo luogo sarebbe stato un gesto stupido. Il desiderio era morto, si ripeté per l’ennesima volta. Non la metteva forse in ansia l’idea di trovarsi nuda fra le braccia di un uomo – fosse anche colui che amava? Fra le pochissime certezze rimaste dopo la morte di Jack, c’era quella di non voler essere baciata da nessuno, tanto meno spogliata. Supponeva che prima o poi avrebbe di nuovo avvertito l’esigenza di vivere l’intimità, ma chissà tra quanto tempo!

    Solo che Will…

    Will era stato il suo fidanzato. In teoria non aveva mai smesso di esserlo, perché il fidanzamento non era sciolto. Se uno scenario che comprendeva loro due, nudi e insieme, avesse presto preso forma nella sua mente, non sarebbe stato strano…

    Si trattava, in ogni caso, di una riflessione da rimandare. Will era lì con lei, nel suo letto, ma ciò non significava nulla. Elizabeth gli aveva chiesto di restare perché sopraffatta dal bisogno di una vicinanza emotiva e spirituale, prima che fisica, e lui era stato così premuroso da farla sentire subito a suo agio mentre la teneva tra le braccia, come se non fossero esistiti i lunghi giorni costellati di silenzi, rimpianti e mancanza di contatti essenziali. Addormentarsi sapendolo lì, a vegliare su di lei, le aveva regalato uno straordinario, seppur fuggevole, senso di pace: in un momento di pena immensa, allorché tutto sembrava perduto, la presenza di lui era stata un dono del Cielo, un soffio di beatitudine. Ecco perché aveva senso aspettare: anche una flebile speranza di tornare a essere felici insieme non doveva estinguersi.

    Come Elizabeth aveva imparato nel modo più doloroso, sostegno e sintonia erano più importanti dei baci o di qualsiasi forma di “divertimento”. La lussuria era inaffidabile e mutevole, l’amore saldo. L’amore era vitale. Non le importava se e quando avrebbe conosciuto i piaceri della carne, ma si augurava di specchiarsi ancora in due occhi innamorati, scambiare con Will dei sorrisi complici, aiutarlo e ricevere aiuto in caso di difficoltà.

    Rinfrancata da quest’ultimo pensiero, appoggiò di nuovo la testa sul petto di lui, dopo aver aggiustato la coperta per coprire entrambi. Will sospirò nel sonno e mosse il braccio sinistro, ma non si destò. Cullandosi nell’ascolto del battito ritmico del suo cuore, Elizabeth si riaddormentò nel giro di un quarto d’ora.

    Edited by Elizabeth Swann - 21/8/2023, 19:39
     
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    Buonasera, ciurma!
    Eccomi qui con il quarto capitolo di questa fanfiction. Spero vi piacerà :)
    Chi ha letto con attenzione “Troppi cambiamenti” riconoscerà un paio di nomi di personaggi da me inventati ;) Tuttavia, al centro della scena ci sono sempre Elizabeth e Will – lui in particolare, stavolta. Se nel capitolo precedente abbiamo scoperto alcuni pensieri più reconditi della nostra piratessa preferita, adesso tocca al nostro pirata gentiluomo :D

    Tenete presente una cosa: “Pirati dei Caraibi” è un’opera che, pur affrontando anche temi difficili come la morte, il sacrificio e la libertà, si mantiene a livello di intrattenimento e tende a romanzare il periodo storico di ambientazione. Per questo motivo, mi sono sentita in qualche modo autorizzata a offrire una rappresentazione abbastanza “leggera” di certi aspetti della vita. Nonostante abbia parlato di sessualità maschile, infatti, ho scelto di fare pochissimi riferimenti alla prostituzione, benché non dubiti che molti ragazzi e giovani uomini frequentassero le cosiddette “case di tolleranza”. D’altronde, quando Will nel primo film va a Tortuga con Jack, sembra abbastanza fuori posto in quell’ambiente chiassoso, variopinto e un po’ volgare. Non riesco proprio a immaginarlo che frequenta prostitute, anche perché è troppo innamorato di Elizabeth :lol: D’altra parte, però, dipingerlo come totalmente inesperto in materia di sesso mi pareva eccessivo, quindi un minimo di esperienza gliel’ho attribuita, in modo da delineare un quadro che fosse coerente con l’opera di riferimento e la caratterizzazione del personaggio, ma che al tempo stesso non risultasse troppo irrealistico.
    Mi auguro caldamente di essere riuscita nel mio intento. Buona lettura a tutti, ci vediamo ai commenti :*:



    Solo lei ~ Will

    INISmzX


    Will si svegliò alle prime luci dell’alba.

    Subito si accorse di un peso sul suo cuore – e non in senso figurato: si trattava della testa di Elizabeth, immobile e tinta di scuro nella cabina ombrosa, appoggiata sul suo torace. L’orecchio era ancora premuto contro la sua pelle, in apparente ascolto del battito cardiaco, ma lei stava dormendo. Il respiro regolare che Will avvertiva, dolce come una brezza d’estate, ne era la prova.

    Passati i primi istanti di confusione, i suoi sensi divennero più vigili e lui percepì il “risveglio” un po’ troppo accentuato di una particolare zona del suo corpo. Non che fosse la prima volta che si verificava un evento del genere: non era un eunuco, a dispetto delle buffonate di Jack. Di solito, però, quelle erezioni mattutine avevano vita breve. Per anni era stato il pensiero del lavoro a buttare Will giù dal letto, imponendogli di concentrarsi sulle sue fatiche quotidiane, mentre gli ultimi mesi erano stati così densi d’inquietudine da impedirgli qualsiasi rilassamento a lungo termine. Dormiva il minimo indispensabile e si alzava poco dopo aver aperto gli occhi, anche se non aveva avuto una notte riposante. Rimanere sdraiato a non far nulla di concreto non era in cima alla sua lista delle priorità, né doveva esserlo.

    Stavolta era tutto diverso. Non aveva pianificato di rimanere in quella cuccetta, la stanchezza doveva avergli giocato un brutto tiro. Inoltre, non c’era mai stata una donna nel suo letto, né lui si era permesso d’introdursi in quello di qualcuna. Adesso si trovava nientemeno che con Elizabeth! Immersa in un sonno profondo e accoccolata contro di lui, stava usando il suo petto come cuscino. Quella calda presenza femminile, che condivideva il suo stesso spazio per riposare e la medesima coperta sfilacciata per proteggersi dal freddo, era una sorta d’invito a mettere da parte ogni pensiero sul da farsi, anche se in via temporanea.

    Elizabeth si mosse all’improvviso, emettendo una specie di mugolìo. Il cuore di Will saltò un battito: e se si fosse svegliata? Lui non voleva disturbarla, gli era parsa così esausta! Se si fosse trattenuta ancora nel mondo dei sogni, lontana dal dolore e dallo sfinimento, sarebbe stato un bene per lei. Quanto al resto…

    Will rilasciò un lieve sospiro, appena divenne chiaro che Elizabeth sarebbe rimasta addormentata, ma non fu soltanto una reazione di sollievo. Era come se il piccolo movimento e il suono flebile l’avessero reso più consapevole della situazione: parte del volto di Elizabeth era a contatto con la sua pelle nuda, sul suo stomaco giaceva una bella mano elegante e la presenza degli abiti era l’unico ostacolo che si frapponeva tra il suo fianco e le curve del seno di lei…

    Avevano discusso la questione dell’intimità in un giorno di sole – il primo di una settimana di temporali primaverili a Port Royal. Elizabeth aveva fatto una passeggiata, insieme con la fedele cameriera Estrella, ma si era spinta fino al molo da sola. Allo scoppio di un acquazzone era corsa verso la fucina, in cerca di riparo.

    Will, come spesso accadeva, stava lavorando da ore. Aveva fatto entrare Elizabeth e, temendo che potesse prendersi un malanno, si era offerto di prestarle degli indumenti puliti. L’aveva lasciata da sola nella sua stanza da letto, perché si liberasse del vestito bagnato, ma presto Elizabeth aveva chiamato il suo nome oltre la porta. Le serviva aiuto per allentare i lacci del corsetto, così si era creata fra loro un’atmosfera intima, molto simile a quella della sera in cui Will le aveva permesso di lavargli la schiena. L’iniziale moto di imbarazzo si era attenuato e lei aveva colto l’occasione per porre alcune domande, che le ronzavano in testa da tempo.

    «Secondo Estrella è pressoché impossibile che un giovane uomo abbia avuto un’unica donna. Mia zia, non ne parliamo: per lei siete tutti dongiovanni inaffidabili. Tu che ne pensi?»

    «Penso che tu sia gelosa» aveva detto Will. «Ma non ne hai motivo, credimi.»

    «Non sono gelosa.»

    «Oh, invece sì.»

    Elizabeth aveva fatto un broncio che agli occhi di lui era adorabile. «E va bene, forse un po’. Adesso fuori i nomi, Will Turner: con quali donne sei stato?»

    Gli era sfuggita una risatina. «Elizabeth, mi sopravvaluti. Non c’è ragione di parlare al plurale.»

    «Era una sola?» Sul viso di lei si era dipinta un’espressione strana, un misto di irritazione e sollievo. Le sue sopracciglia sottili e ben curate erano aggrottate, la bocca carnosa pareva non sapere quale piega assumere. «Di chi si trattava? Aspetta, lo so: Lucy Bennet.»

    «Perché proprio Lucy Bennet?» aveva esclamato Will, gli occhi sgranati e increduli.

    «Stai dicendo che non ti sei mai reso conto del modo in cui ti guardava? Santo Cielo, credevo avessi maggior spirito di osservazione!»

    «Non era lei, te l’assicuro.»

    «Allora chi? Non… Polly Brown, giusto?»

    «Elizabeth!» aveva protestato Will, indignato. «L’ho sempre considerata una sorella minore!»

    «Avete solo tre anni di differenza» si era difesa Elizabeth, arrossendo.

    «Non significa niente, non sarei mai potuto andare con lei. Diamine, abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto per un sacco di tempo!»

    «D’accordo, d’accordo! Ora vuoi dirmi chi era questa donna, oppure no?»

    Will aveva distolto lo sguardo. «Suzie Murray.»

    «Cosa?» Elizabeth aveva spalancato la bocca. «È uno scherzo?»

    «No.»

    «Non ci posso credere! Una ragazza del tutto insignificante, per giunta con un naso orribile…»

    «Non dire così, per favore. Non è gentile.»

    Elizabeth aveva incrociato le braccia sul petto. «Almeno Lucy è carina. Perché hai scelto Suzie, che ti è passato per la testa?»

    «Non è stata esattamente una scelta. Ho preso quel che c’era.»

    Le labbra di Elizabeth si erano arricciate in una smorfia di disgusto. «Comincio a pensare che abbia ragione mia zia sugli uomini: non ci si può mai fidare di loro. E dimmi, cos’hai combinato con la deliziosa Suzie Murray?»

    Will aveva sospirato. «Non sono sicuro che ti piacerà saperlo.»

    «Sempre meglio che non sapere nulla.»

    «Prima finisci di cambiarti. Potresti prendere freddo.»

    Vedendo che Will si avviava alla porta, Elizabeth aveva stretto gli occhi con sospetto. «Non penserai mica di scappare, vero?»

    «Nient’affatto» aveva detto lui. «La storia che vuoi conoscere è lunga, perciò credo che entrambi dovremmo metterci a nostro agio.»

    Elizabeth era rimasta scettica, ma aveva accettato la proposta senza aggiungere altro. Eppure, al di là di qualsiasi cosa lei potesse aver creduto, Will aveva detto la verità: l’“avventura” con Suzie Murray non era stata soltanto il frutto di una scelta personale. Se al suo posto ci fosse stata un’altra ragazza, Will sarebbe andato con lei lo stesso pur di allontanare il pensiero di Elizabeth, che in quel periodo era un chiodo fisso. Da poco si era scoperto innamorato e, sapendo di non essere un pretendente adatto alla figlia del Governatore, aveva dovuto abbassare la testa e mordersi la lingua.

    Il primo approccio con Suzie era avvenuto una tarda sera di settembre, quando Will aveva quindici anni. Il primogenito dei Brown, allora sedicenne, gli aveva proposto di andare all’osteria con lui per scacciar via i cattivi pensieri. Era stato un anno difficile per entrambi, soprattutto a causa della malattia della signora Brown. Se Will non era quel che si dice un gran bevitore, a John Brown Junior non dispiaceva alzare il gomito di tanto in tanto. Siccome aveva anche un appuntamento segreto con una ragazza, pensava che un po’ d’alcol nel sangue avrebbe aggiunto un tocco di allegria alla situazione.

    La ragazza era una delle cameriere del Governatore e aveva già ventun anni. Il piano prevedeva che uscisse di nascosto dalla villa e John la incontrasse nelle stalle, dopo aver buttato giù qualche buon bicchiere. Se da un lato l’idea di avere una tresca con lei lo eccitava, per via della differenza d’età, dall’altro gli dispiaceva che Will non si divertisse e aveva insistito per rimediare.

    Le donne nubili non avevano il permesso di girare per la città di sera, né da sole, né tanto meno mescolandosi a una compagnia maschile, ma John aveva un asso nella manica per aggirare il problema. Alcuni giorni prima aveva vinto una scommessa contro Tom Murray, il figlio quindicenne del calzolaio di Port Royal, che di conseguenza gli doveva un favore. Tom avrebbe quindi fatto sgattaiolare sua sorella fuori di casa.

    «So che Suzie Murray è bruttina» aveva detto John. «Purtroppo non posso offrirti altro.»

    Will non era convinto della faccenda. La prima infanzia trascorsa con sua madre come unico genitore e gli anni nella casa dei Brown gli avevano insegnato un certo rispetto per le donne. John Brown Senior poteva essere burbero e brontolone, eppure aveva sempre avuto un buon rapporto con la moglie, tenendo in considerazione le sue esigenze. Da quando lei si era ammalata, aveva trascurato il lavoro pur di rimanere al suo fianco e aiutare Polly ad assisterla. Considerare una ragazza come oggetto di divertimento per una sera non era dignitoso, né per la ragazza in questione, né per l’uomo che avanzava quel tipo di pretesa. Fosse stato nei panni di Tom, Will si sarebbe impegnato a difendere l’onore della sorella… altro che darla in pasto ai primi che passavano sotto la sua finestra!

    Aveva chiesto a John Junior che reazione avrebbe avuto se Polly fosse stata al posto di Suzie, ma lui non aveva risposto. Allora, non appena Tom si era affacciato dalla porta sul retro di casa Murray, Will aveva messo in chiaro che Suzie non era obbligata a seguire nessuno.

    «Oh, non preoccuparti, Turner» aveva detto Tom con un ghigno. «Lei è felice di avere compagnia. Ti avverto però: non spingerti troppo in là… a meno che la tua intenzione non sia sposartela! E mica lo faresti.»

    A Will era sembrato che la faccia gli andasse a fuoco, come se lui stesse utilizzando la forgia, invece di essere all’aperto durante una fresca notte settembrina. «Sei sicuro che lei voglia venire con noi?»

    «Oh, sì, è lusingata. Poverina, nessun ragazzo l’ha mai degnata di uno sguardo, con quel brutto naso che si ritrova.»

    Will stava per rimproverare a Tom quell’atteggiamento di scherno quando Suzie era arrivata, rossa in viso e coi capelli tirati su, proprio in cima alla testa. Alcune ciocche le ricadevano lungo un lato del collo, nell’evidente tentativo di imitare una tipica acconciatura da fanciulla aristocratica, ma erano male arricciate: pendevano flosce e stoppose sulla spalla.

    «Non fare tardi» le aveva raccomandato Tom prima di allontanarsi. Dal canto suo, John aveva accompagnato Will e Suzie per un pezzo di strada, poi si era dileguato per andare dalla sua cameriera.

    Will si era sentito talmente a disagio che avrebbe voluto scomparire. Perché diavolo, si era chiesto, aveva accettato di lasciarsi coinvolgere in quel pasticcio? Non che gli mancasse la curiosità su determinati aspetti della vita, per così dire… però continuava a giudicare poco corretto il comportamento di Tom e John.

    Per fortuna, Suzie non si trovava lì controvoglia. Anzi, dato che Will aveva cercato di trattarla fin dal principio con la massima gentilezza, si era addirittura confidata con lui. Aveva paura che nessuno la notasse, a causa della sua poca avvenenza, perciò l’idea di uscire di nascosto con un ragazzo – qualsiasi ragazzo – la faceva sentire meglio.

    «So che non ti piaccio» aveva detto a Will. «Credo che non piacerò mai a qualcuno, ma tu hai accettato di stare con me per una sera. È già tanto.»

    Pervaso da un moto di comprensione e simpatia, Will si era ripromesso di farle passare una serata gradevole. Che lei non fosse bella era vero: troppo larga di spalle, con un andamento sgraziato, occhi piccoli e vicini… oltre al famigerato naso, grosso e un po’ schiacciato. Questo non le impediva di essere una ragazza con cui poter parlare a lungo, una volta superata la timidezza. Will si era reso conto che la sua compagnia non gli dispiaceva: forse loro due si somigliavano perfino! Se Suzie temeva di non arrivare mai davanti all’altare, lui non riusciva a togliersi dalla testa Elizabeth e aveva difficoltà a interessarsi a qualsiasi altra donna. Insomma, trovare una persona con cui stare non era facile per nessuno dei due – e avere anni a disposizione per farlo non li consolava molto.

    Durante quella prima serata insieme avevano solo chiacchierato. Will si era permesso di dare a Suzie un bacio sulla guancia quando l’aveva salutata, ma soltanto perché voleva che anche lei, per una volta, si sentisse apprezzata e benvoluta. Non aveva pensato che un gesto del genere potesse illuderla, invece la povera Suzie non era riuscita a evitare di costruire qualche romantico castello in aria. Appena lei e Will si erano rincontrati per caso, aveva iniziato ad arrossire e a balbettare.

    Troppo concentrato sulle sue pene d’amore personali, lui se n’era accorto a malapena, dando poca importanza a quei “segnali d’allarme”. Alcuni mesi dopo gli era venuto in mente che, esclusa Polly, l’unica ragazza con cui avesse un po’ di confidenza era proprio Suzie. Elizabeth, diventata irraggiungibile e oggetto d’attenzione dei gran signori, ormai non contava. Sempre più frustrato dalla sua incapacità di dimenticarla, Will aveva deciso di proporre a Suzie di rivedersi. Non era sicuro di cosa volesse fare con lei, però gli era bastato provare a baciarla sulle labbra, all’inizio dell’appuntamento, perché i dubbi si volatilizzassero. Passato il primo momento di stupore, infatti, lei era apparsa così felice da sciogliersi fra le sue braccia come neve al sole.

    Un bacio e un incontro clandestino in un granaio erano stati più che sufficienti a innescare la miccia. Suzie aveva dischiuso le labbra e la lingua di Will si era spinta dentro la sua bocca, dapprima esitante, poi con più sicurezza. Presto gli abiti di entrambi si erano trasformati in un intralcio. Will aveva aiutato Suzie a sfilarsi il vestito, si era tolto la giacca e slacciato la cintura. Lei, troppo riservata per mostrarsi nuda, gli aveva permesso di toccarle il seno prosperoso attraverso la biancheria. Il contatto le aveva causato un violento rossore sul viso e sul collo.

    Certo di essere quasi altrettanto rosso, Will l’aveva baciata di nuovo, la mano ancora premuta sul suo ampio petto. Con un gemito di piacere, Suzie aveva inarcato la schiena, però si era subito tirata indietro. Di fronte allo sguardo interrogativo di lui si era affrettata a scusarsi, visibilmente impacciata, e aveva gesticolato più volte. Proprio i suoi gesti erano stati abbastanza eloquenti da far capire a Will che lei non conosceva il segno rivelatore del desiderio maschile, provocandogli così un’improvvisa titubanza: doveva assicurarle che andava tutto bene o spiegarle cosa stesse succedendo?

    Se Suzie aveva avuto quella reazione, era probabile che sapesse poco o nulla del corpo degli uomini, della penetrazione durante i rapporti fisici, eccetera. Lui non era esperto, ma nemmeno cadeva dalle nuvole: aveva ricevuto molti consigli e informazioni da John – che, pur avendo l’età di Suzie, era ben più smaliziato. In ogni caso, anche se la totale innocenza della ragazza avrebbe potuto essere un motivo per fermarsi, Will si era persuaso a continuare. Non è che volesse comprometterla, quindi non sarebbe “andato fino in fondo”. Nella speranza che lei non si turbasse ancora di più, aveva deciso di rimanere con la camicia addosso e darle una dimostrazione pratica.

    Lei lo aveva osservato con occhi dilatati dallo stupore, mentre massaggiava il proprio membro nascosto sotto la stoffa. Will era convinto che sarebbe rimasta a guardare, invece lo aveva sorpreso con un goffo tentativo di accarezzarlo. Pur non osando togliere la mano e affidarle tutto il “lavoro”, lui l’aveva incoraggiata. Non che la biasimasse per essere inesperta: chi non lo sarebbe stata, nella stessa situazione?

    Forse, se l’avesse guidata passo per passo, i risultati sarebbero stati migliori. Non se l’era sentita, anche se ne ignorava la ragione: era andato avanti per conto suo, con lei che aggiungeva un paio di tocchi qua e là. Quando aveva chiuso gli occhi, gli era sembrato che le sensazioni si amplificassero, perché una carezza femminile era piacevole da ricevere, per quanto maldestra potesse essere. In quel momento, però, un’immagine del volto di Elizabeth l’aveva colpito a tradimento, galleggiando nella sua mente come un tappo di sughero sulla superficie dell’acqua. Inutile, Will non riusciva proprio a fingere che i suoi sentimenti non esistessero. Oh, se solo ci fosse stata Elizabeth al posto di Suzie! L’unica donna dei suoi desideri era lei, Elizabeth Anne Catherine Swann! La sua migliore amica di un tempo, la leggiadra creatura dagli occhi color nocciola e i capelli striati d’oro, che possedeva un temperamento fiero e audace quanto quello di un Capitano di Marina, a dispetto di tutte le apparenze…

    Preda di emozioni contrastanti, Will aveva finito per allontanare Suzie, che era rimasta in silenzio… scoppiando in lacrime appena lui aveva finito di darsi piacere da solo.

    «Che succede?» Allarmato, Will non riusciva a capire perché lei piangesse, dato che non era stata respinta con forza.

    Tra un singhiozzo e l’altro, Suzie aveva affondato il volto nel suo petto. «C’è un’altra, non è vero? Stai pensando a un’altra ragazza. Lo sapevo, sapevo che era stupido farsi delle illusioni!»

    Will era rimasto tanto sconcertato da non spiccicare parola. Suzie lo aveva rimproverato, eppure si teneva stretta a lui, come se non volesse lasciarlo andare. Era disorientante! E come diavolo aveva intuito la verità sui suoi pensieri? A differenza di lei, Will non si era mai sbilanciato su suoi problemi di cuore, limitandosi a dire di non aver trovato la donna giusta, poiché non attratto da nessuna delle coetanee. La sua riservatezza e il suo orgoglio maschile gli avevano impedito di spingersi oltre. Com’era possibile che Suzie conoscesse il suo dilemma?

    «Sei così trasparente» gli aveva detto lei con voce rotta, in risposta al suo sguardo inebetito. «L’ho capito dalla tua faccia, non è la stessa che fai quando mi guardi! E poi mi hai spinta via.»

    “Gli uomini eccitati hanno tutti la stessa faccia” era stato sul punto di ribattere Will. “Mica è uguale a quella che fanno guardando una ragazza!” In realtà non la pensava esattamente così, perciò non aveva dato quella risposta. «Mi dispiace, Suzie. Io… non volevo ferirti» si era scusato.

    «Dimmi che non mi cercherai più, ti prego! Non riuscirei a sopportare una seconda delusione. Se non mi vuoi, vai pure con quell’altra… Sarà molto più bella di me, ci metto la mano sul fuoco!» E Suzie gli aveva voltato le spalle, il viso nascosto fra le mani.

    Con una fitta allo stomaco, Will si era reso conto di aver giocato coi sentimenti che lei stava iniziando a provare nei suoi confronti – sentimenti che erano una conseguenza inevitabile del minimo di attenzioni ricevute, per la prima volta nella vita, da un ragazzo. Anziché essere onesto con Suzie, lui l’aveva usata per i suoi comodi… e a che pro? Per ottenere una soddisfazione momentanea? Perché non avrebbe potuto condividere una simile esperienza con Elizabeth e questa consapevolezza gli faceva male? Non era una scusante, dato che lui si reputava capace di rispettare le donne. Bel modo di dimostrare quanto fosse rispettoso!

    «Perdonami» aveva detto a Suzie. «È stato uno sbaglio chiederti un appuntamento. Non… non lo farò più.»

    Con suo enorme sollievo, lo sfogo di lei si era esaurito più in fretta del previsto. «Ti chiedo scusa anch’io. Mi sono crogiolata nelle mie fantasie e ho perso di vista la realtà» aveva mormorato Suzie, asciugandosi le lacrime. «È solo che…. era bello sentirsi un po’ amata. Sei stato gentile con me.»

    «Mi dispiace.» Malgrado ripetere quella frase gli sembrasse inutile, Will non era riuscito a dire altro.

    Da persona conciliante e bendisposta, Suzie aveva deciso di accontentarsi così. Lei e Will avevano quindi mantenuto un rapporto amichevole, rimanendo a debita distanza, fino all’incontro casuale di un tardo pomeriggio di molto tempo dopo. Suzie, disperata perché Tom era rimasto ferito durante una rissa, aveva reagito d’impulso e baciato Will sulle labbra, in una sorta di ringraziamento per le sue parole incoraggianti. Lui le aveva restituito il bacio, ma si era scostato in fretta per paura di ripetere lo stesso errore della prima volta.

    Suzie gli aveva giurato che non sarebbe rimasta ferita o delusa. «Vorrei solo un abbraccio di consolazione, con qualche carezza. Concedimelo, anche solo per pietà» aveva supplicato a mezza voce.

    Incapace di negarle quella richiesta, lui non si era opposto. Il secondo bacio era stato frenetico, cairco di foga. Tutti e due avevano capito di volere di più e, mentre si appartavano in un vicolo dove non passava mai nessuno, avevano trafficato con bottoni e chiusure degli abiti, le mani avide del contatto con la pelle nuda. C’era mancato poco che Suzie perdesse la verginità. Per fortuna, Will aveva avuto il buonsenso di fermarsi prima che la situazione degenerasse fino a quel punto.

    «Ti piaccio ancora, vero?» le aveva chiesto, conscio che quella fosse una domanda retorica.

    «Sì, ma tu mi considererai una donnaccia, visto il modo in cui mi sono comportata oggi» aveva detto Suzie a testa bassa. «Non devi preoccuparti, d’ora in avanti ti lascerò in pace.»

    «Suzie…»

    «Lo prometto!» aveva esclamato lei, alzando il capo per rivelare uno sguardo colmo d’agitazione, lucido di lacrime. «Per favore, non raccontare ai miei genitori e a mio fratello quel che abbiamo fatto… Ti scongiuro!»

    Povera Suzie, tanto bisognosa d’affetto! Will si era sentito invadere dalla compassione.

    «Terrò la bocca chiusa, hai la mia parola» le aveva assicurato. Non se ne intendeva di seduzione e trasgressioni, ma dubitava che una prostituta si sarebbe comportata in quel modo. «E poi non ti considero una donnaccia.»

    A Suzie era sfuggito uno strano singhiozzo, che avrebbe quasi potuto essere un risolino. «Chi ti sposerà sarà una ragazza fortunata, non c’è dubbio.»

    “Anche chi sposerà te sarà fortunato” aveva pensato Will. Si era trattenuto dal dirlo perché sapeva che lei non gli avrebbe creduto, sebbene quel pensiero gli venisse dal cuore. Aveva capito, imparando a conoscerla, che Suzie era una persona sensibile e sincera, ma troppo severa con sé stessa, a causa della mancata bellezza per cui non aveva nessuna colpa. In fondo, contava così tanto essere bella? Era davvero un peccato che lei sottovalutasse le proprie qualità caratteriali.

    «Da adesso ognuno andrà per la propria strada» aveva aggiunto Suzie. «Immagino che rimarrò zitella, mentre tu prenderai moglie, un giorno o l’altro. Quanto meno potrò consolarmi, perché so cosa significa ricevere un po’ di attenzioni da parte di un brav’uomo.»

    Will si era chinato a baciarla sulla fronte. «Non possiamo conoscere il nostro futuro in anticipo. Chissà, magari sarà tutto diverso. In ogni caso, ti auguro il meglio. Sei una ragazza buona, te lo meriti.»

    Dopo una pausa di silenzio, trascorsa a rivestirsi, si erano guardati negli occhi.

    «Non vuoi dirmi chi è la tua lei?» aveva chiesto Suzie. «La ami ancora, scommetto.»

    «Se la amo o meno, non fa differenza» era stata l’amara risposta. «Non potrà mai ricambiare.»

    «È un vero peccato. Penso che sapresti renderla felice.»

    Will aveva scosso il capo. «Non sono abbastanza per lei.»

    «Come io per te.» Suzie era di nuovo sull’orlo delle lacrime, ma aveva teso la mano verso di lui, anziché prendere un fazzoletto. «Addio, William. Ricordati di me qualche volta»

    «Addio, Suzie. Io… ti ringrazio. Grazie di tutto, davvero.»

    Quello era stato il loro saluto. Will non aveva più avuto rapporti con altre donne, concludendo che la soluzione migliore fosse aspettare di seppellire il suo amore per Elizabeth, che lui riteneva senza speranza. Non era stato capace di seppellire un bel niente, però era stato premiato oltre l’immaginabile. Un giorno Elizabeth in persona aveva dimostrato di ricambiare i suoi sentimenti… e loro due si erano baciati.

    Proprio con qualche accenno alle emozioni di quel bacio si era concluso il racconto fatto da Will alla donna che amava, ai tempi del loro fidanzamento, mentre fuori dalla bottega da fabbro pioveva a catinelle. Elizabeth era stata affamata di dettagli e aveva insistito per conoscerli tutti, anche se Will voleva risparmiarglieli. Infine, si era seduta sulle sue ginocchia, con le braccia intorno al suo collo. «Sono felice che tu non sia andato fino in fondo con Suzie» gli aveva bisbigliato all’orecchio. «Così ti donerai soltanto a me.»

    «E tu a me» le aveva detto Will in un soffio. Si erano presi delle libertà, ma senza togliersi i vestiti e scoprendo la pelle solo dov’era possibile slacciare qualche bottone, o sollevare con facilità il tessuto delle camicie che indossavano.

    Chi avrebbe mai immaginato che poi avrebbero dormito e basta, anziché gettarsi l’uno addosso all’altro e fare l’amore? Sembrava una specie di scherzo del destino! Ma Elizabeth aveva bisogno di riposo e conforto, Will lo sapeva. Non per niente il suo stupore era stato genuino, quando gli era parso che lei volesse togliergli il panciotto.

    No, la notte non aveva portato problemi. Il risveglio, invece… forse poteva. Will cercò di essere ragionevole, con scarso successo. Ricordare il giorno in cui Elizabeth era arrivata da lui bagnata da capo a piedi, nonché i trascorsi con Suzie Murray, non gli aveva fatto bene. E quella mano appoggiata sopra la sua cintura… Immaginò che si spostasse sotto e il suo sangue s’incendiò, affluendo implacabile alle guance e all’inguine. Lui voleva Elizabeth, proprio lì, in quell’istante.

    Non che fosse una novità. L’aveva desiderata per anni, da quando il suo corpo e la sua mente erano stati pronti. Aveva desiderato anche Suzie, dopo la vaga sensazione di rifiuto e il disagio iniziali, ma solo perché Suzie si trovava alla sua portata. Accortosi di quanto il suo egoismo l’avesse ferita, si era pentito e aveva promesso a sé stesso di non mancare più di rispetto ai sentimenti altrui. Si era sforzato di convincersi che, se avesse trovato una brava donna di cui innamorarsi e che potesse amarlo, l’avrebbe corteggiata come un vero gentiluomo. Se aveva fallito, non era perché a Port Royal mancassero le ragazze carine e simpatiche, gentili e laboriose, o con qualsiasi altra qualità apprezzabile ai suoi occhi… Non attiravano mai abbastanza la sua attenzione, ecco. Né risvegliavano in lui sentimenti intensi: soltanto Elizabeth ci riusciva. Senza amore l’attrazione fisica era passeggera, blanda, o addirittura inesistente.

    Passati un paio d’anni, dopo che c’era stata anche la seconda esperienza con Suzie, Will aveva finito per rassegnarsi. Magari avrebbe fatto un buon matrimonio, prima o poi, però non s’illudeva più di potersi innamorare. Ormai gli era chiaro che il suo cuore apparteneva a Elizabeth e che, in confronto alla passione per lei, il resto scompariva. Così aveva continuato ad amarla in segreto, a guardarla da lontano, a immaginare sia baci casti che nottate piccanti…

    La stava desiderando con ardore in quella cuccetta logora, benché non fosse il momento giusto. Al di là del fatto che non era sveglia, Elizabeth aveva appena vissuto un’esperienza terribile. Avrebbe impiegato molto tempo a riprendersi dalla perdita di suo padre, come dimostrava anche la sua sete di vendetta verso Beckett. Will stesso soffriva per la morte del Governatore, seppure in misura minore e senza essere impaziente di cercare lo scontro col capo della Compagnia delle Indie. Capiva perché Elizabeth volesse vederlo morto, lo odiava per tutti i problemi che aveva causato, ma non era sicuro che impegnarsi in prima persona per toglierlo di mezzo fosse la cosa giusta. Arrivare a lui non era affatto facile: sarebbe stato meno complicato uccidere Jones, una volta messo in atto l’ammutinamento. Solo che serviva il Forziere, per pugnalare il cuore… ed era necessario rinunciare a Elizabeth.

    No, doveva esserci un’altra soluzione. Will l’avrebbe cercata a qualsiasi costo, non poteva separarsi da lei adesso che per loro c’era una possibilità. Le sfiorò i capelli, fantasticò di dirle quanto la amasse, quanto la desiderasse, quanto la ritenesse meravigliosa, nonostante i suoi sbagli e i suoi limiti…

    Ma la cosa fondamentale era che fosse serena. Will voleva il suo bene prima che il proprio, nella quotidianità come nella straordinarietà. Per questo, decise, stavolta avrebbe aspettato che lei si svegliasse e poi sarebbe uscito dalla cabina. Se soltanto fosse stato più semplice ignorare determinati impulsi! Anche nell’immobilità del sonno, con i capelli arruffati, il viso non lavato e abiti sgualciti da piratessa, Elizabeth era una visione erotica. Lui non vedeva granché dei suoi lineamenti e della sua figura, sia per via della posizione in cui si trovavano entrambi, sia a causa della semioscurità che regnava nella cabina, eppure la sua vicinanza era sufficiente ad accendergli il fuoco nelle vene.

    Non gli veniva difficile figurarsela nuda, avendola vista con i soli indumenti intimi e perfino accarezzata attraverso il tessuto. Sapeva che i suoi fianchi erano un po’ stretti e che il seno, al contrario di quello di Suzie, non era abbondante. A compensare questo bastavano la rotondità del suo sedere, la morbidezza delle sue labbra, il tocco audace delle mani, l’abilità a muoversi in maniera seducente e lo spirito appassionato.

    «Vorrei dire che mi dispiace averti costretto a sprecare mezza mattinata di lavoro, ma sarebbe una bugia» aveva commentato quel giorno alla fucina, lasciando scorrere il dito indice lungo la mascella inferiore di Will, fino a incontrare il mento e risalire verso le labbra.

    Lui si era messo a ridere. «Sono sveglio da prima che sorgesse il sole. Il tempo che mi hai fatto perdere non è nemmeno un terzo della mia mattinata.»

    «Bene, ne sono lieta.» Elizabeth si era chinata a baciargli il collo, nel punto esatto in cui si congiungeva con la spalla.

    «Pensavo avessimo finito» aveva detto Will, rafforzando la presa intorno alla vita di lei.

    «Mmh… forse non era abbastanza.»

    «Se è così, allora temo che ci ritroveremo al punto di non ritorno.»

    Elizabeth aveva sospirato. «Tu hai più esperienza di me. Mi fido delle tue parole.» Si era alzata in piedi, riluttante.

    Mentre lei riabbottonava il panciotto preso in prestito, Will aveva voluto aggiungere un tocco di ottimismo alla “separazione”: «Occorrerà solo qualche mese, dopodiché condivideremo la stanza… e il letto. Dobbiamo avere pazienza.»

    Pazienza, già. Lui era stato convinto di ciò che pensava, così come lo era tuttora. Aspettare continuava a essere la scelta migliore, anche se per motivi diversi.

    Contro ogni buonsenso, invece, fantasie di ogni genere gli stavano annebbiando la mente: Elizabeth che si svegliava e si tirava su, per sfilarsi la camicia e mostrargli il seno nudo, o gli dava un bacio sullo sterno, la lingua che scorreva sulla sua pelle. Oppure gli scopriva per intero il torace, le dita che stuzzicavano i peli proprio sotto il suo ombelico, per poi sdraiarsi sulla schiena e chiedergli di essere spogliata. O ancora, tastava il suo membro indurito e si metteva a cavalcioni su di lui. I capelli le ricadevano davanti al viso, gli occhi erano accesi di brama selvaggia. Quest’ultima immagine divenne nitida a tal punto che Will dovette mordersi le labbra per non ansimare, mentre la sua erezione in aumento rendeva i calzoni scomodi e restrittivi.

    “Devo alzarmi. Non posso rimanere qui, ho bisogno d’aria” si disse.

    Strinse i denti e si sforzò di scacciare quelle visioni allettanti. Non gli restava altra scelta che guastare il sonno alla bella addormentata! Le afferrò una spalla, grato che la coperta nascondesse la sua eccitazione.

    «Elizabeth? Devo andare» le sussurrò. «Tu resta qui e riposa.» La allontanò da sé con la maggior cautela possibile.

    Elizabeth emise un suono inarticolato – un incrocio tra un lamento e uno sbadiglio. «Che… che succede?» chiese, assonnata e confusa.

    Lui scivolò via dalla cuccetta. «Resta qui» ripeté.

    «Will» gemette lei, gli occhi chiusi e la voce impastata. «Non andartene.»

    Will avvertì una strana fitta al cuore, una sensazione agrodolce, di dolore misto a tenerezza. Non era abituato a vedere Elizabeth bisognosa di rassicurazioni e di protezione, fragile come un uccellino caduto dal nido. Era uno scenario sconvolgente, lo faceva sentire triste e, al tempo stesso, ansioso di rendersi utile per confortarla. Lei era sempre stata forte, volitiva, piena di risorse. Talvolta si crogiolava nelle attenzioni donatele da lui, approfittando un po’ della sua natura premurosa per giocare a indossare i panni della fanciulla indifesa, ma era il tipo di persona che voleva reggersi a tutti i costi sulle proprie gambe. Sembrava che non ne fosse più in grado, non dopo aver appena perso il padre. Del resto, era anche semiaddormentata, forse immersa per metà in un sogno…

    Will si chinò ad aggiustarle la coperta. «Torno subito» promise. Non si arrischiò a darle un bacio prima di uscire dalla cabina – nemmeno sulla cima della testa. Una parte di lui voleva farlo e fu messa a tacere in fretta.

    Più tardi, quando fu abbastanza calmo, Will tornò da Elizabeth e la trovò che dormiva. Rimase appoggiato al muro accanto a lei, finché Gibbs non venne a chiamarlo e gli chiese di salire sul ponte.

    Al di là dell’ennesimo caso di mancata intimità fisica, aver passato la notte insieme restava un’esperienza da ricordare. Il desiderio poteva essere parte integrante dell’amore, ma erano il rispetto, la devozione e la cura della persona amata a contare di più. Ci sarebbe stata un’occasione migliore per soddisfarsi reciprocamente, se la fortuna fosse tornata a sorridere a Will e a Elizabeth. Lui voleva credere che fosse solo una questione di tempo e che esistesse un modo, qualsiasi esso fosse, di salvare suo padre senza perdere lei… Doveva crederci, o la sua anima si sarebbe frantumata in migliaia di pezzi.

    Edited by Elizabeth Swann - 22/8/2023, 18:42
     
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    Il pirata nobile e il padre perduto ~ Elizabeth

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    “Non sta succedendo davvero” si disse Elizabeth. “No, non sta succedendo.”

    Si trovava nientemeno che sull’Olandese Volante, dove aveva addirittura incontrato James, lì per conto di Beckett… e ìstava per essere condotta in prigione, insieme con l’equipaggio di Sao Feng. Anzi, no, il suo equipaggio. Scosse la testa. Non riusciva ancora a credere che il famigerato pirata di Singapore fosse morto, tanto meno che l’avesse nominata Capitano un attimo prima di esalare l’ultimo respiro.

    Non che fosse stata accolta con approvazione o entusiasmo. Tai Huang aveva reagito con manifesta ostilità alla sua improvvisa nomina – e lei sospettava che gli altri pirati avrebbero seguito molto più volentieri lui. Del resto, chi era Elizabeth se non un’estranea che il Capitano da loro servito fino a poco prima si era incapricciato di prendere con sé?

    Elizabeth fece una smorfia al pensiero di Sao Feng. Voleva dimenticare ciò che era successo con lui, anche perché rimuginarvi su non l’avrebbe aiutata a fuggire dall’Olandese. Oh, se solo James fosse stato disposto a darle una mano! Lo conosceva come un uomo ambizioso, rigido e severo, ma buono d’animo; per questo, quando aveva scoperto che si era messo dalla parte di Beckett, era rimasta delusa e arrabbiata.

    Ciononostante, non era tutto perduto. Elizabeth ricordò che sulla nave di Davy Jones c’era qualcun altro a cui lei poteva rivolgersi, qualcuno che forse sarebbe stato in grado di aiutarla: il padre di Will. Ignorava che aspetto avesse, o quali mansioni svolgesse per conto dell’orrendo Capitano con la faccia da polpo, ma non era possibile che fosse altrettanto malvagio. Al contrario, desiderava sicuramente sottrarsi alla schiavitù dell’Olandese, come qualsiasi individuo sano di mente avrebbe fatto al suo posto…

    Ormai rinchiusa in cella, Elizabeth si aggrappò alle sbarre e si rivolse, esitante e speranzosa, a uno degli uomini che l’avevano appena imprigionata, un mostruoso marinaio il cui viso somigliava più a quello di un pesce velenoso che di un essere umano.

    «Sputafuoco?»

    Lui le rise in faccia e si voltò per andarsene – un chiaro segno che si trattava della persona sbagliata. Allora Elizabeth riprovò con l’altro marinaio che stava fuori dalla prigione, meno deforme e con l’aria un po’ più dimessa. Non ebbe successo.

    Dannazione, sembrava proprio che la fortuna che l’aveva assistita quel giorno fosse svanita!

    «Sputafuoco» sussurrò d’un tratto una voce roca dietro di lei. Colta alla sprovvista, si girò. Camminò a passi lenti verso l’angolo della cella.

    Un uomo era addossato alla parete dello scafo, ma non nel senso che vi si aggrappava: era come se fosse parte della parete stessa, incorporato fra le irregolarità del materiale che la costituiva, che era vecchio e rovinato, infestato da coralli e alghe. Dell’uomo Elizabeth riusciva a scorgere solo il viso, coperto di cirripedi e con alcuni mitili che pendevano da sopra la testa.

    «Conosci il mio nome?» bisbigliò lui. Aveva il tono di chi pensa di essersi smarrito in un sogno.

    Lei era ancora stranita. Si sforzò di mantenere ferma la voce, annuì e disse: «Sì, conosco tuo figlio. Will Turner» aggiunse, accorgendosi che le sue parole erano state insufficienti per penetrare nella nebbia che invadeva la mente di Sputafuoco.

    Gli occhi dell’uomo si spalancarono in un’espressione di riconoscimento. «William.»

    Elizabeth annuì di nuovo. Il suo istinto primario era quello di allontanarsi, come se avesse davanti una minaccia. Non era spaventata, eppure sentiva un gran turbamento avvolgerle il cuore, quasi fosse stato uno dei grossi tentacoli di Jones. Pur avendo già visto l’aspetto ripugnante dei membri della ciurma dell’Olandese, non avrebbe mai previsto di trovarne uno in condizioni tanto miserevoli, men che meno il padre di Will.

    Un grido di giubilo la fece indietreggiare. Sputafuoco era riuscito, Dio solo sapeva in che modo, a staccarsi dalla parete. «Ce l’ha fatta! È vivo!» Sembrava estatico. «E ha mandato te… per dirmi che sta venendo a prendermi.» Indicò Elizabeth con una mano. Un sorriso a bocca aperta gli si era allargato sul volto sfigurato, esprimendo la felicità che lui provava al pensiero di riunirsi con il figlio. «Diavolacci, sta arrivando!»

    «Sì, Will è vivo» dichiarò Elizabeth. «E vuole aiutarti.»

    Sputafuoco perse in un baleno l’aria baldanzosa e la sua voce suonò molto più spenta. «Non può aiutarmi» disse. «E non verrà.»

    Lei non capiva quale fosse la causa di quel repentino cambio di rotta, ma era profondamente dispiaciuta. Quanto doveva essere stato difficile per Will vedere suo padre in uno stato così pietoso! E Sputafuoco stesso doveva aver sofferto, per essere conciato tanto male al momento dell’incontro col figlio. Elizabeth si chiese se avesse riconosciuto Will con facilità, o se entrambi fossero stati costretti a parlare a lungo prima che ciascuno capisse chi aveva davanti…

    «Ma sei suo padre» mormorò, il tono addolcito dalla compassione.

    Sputafuoco le puntò il dito contro con fare accusatorio. «Ti conosco. Mi ha parlato di te.»

    Elizabeth si ritrasse: l’indice le aveva quasi toccato il naso.

    «Non può salvarmi e non può venire per causa tua!» continuò lui, abbassando la mano.

    «Mia?»

    Sputafuoco parlò più piano: «Tu sei Elizabeth.»

    «Sì, sono Elizabeth» confermò lei con una nota d’impazienza. Si era sbagliata o pronunciare il suo nome aveva trasformato lo sguardo del padre di Will, accendendo in esso un bagliore di reverenza? Gli sbalzi d’umore di quest’uomo erano alquanto rapidi e improvvisi…

    «Se Jones viene ucciso, chi lo uccide prende il suo posto» rivelò Sputafuoco per tutta risposta. «Capitano… per sempre. L’Olandese deve sempre avere un Capitano» insistette con enfasi, mentre avvicinava il viso a quello di Elizabeth, che stavolta non indietreggiò. «E se Will salva me… perderà te.»

    Ci fu un momento di silenzio. Poi Elizabeth disse: «Capisco.» Era incredibile quanto suonasse calma quell’affermazione, quando dentro di lei turbinava un vortice di emozioni…

    «Non verrà a prendermi. Io non verrei a prendermi» replicò Sputafuoco. Si allontanò, ondeggiando lievemente. «Digli di non venire. Digli di stare lontano.» Era di nuovo addossato alla parete. «Digli che è troppo tardi. Ormai faccio parte della nave… e della ciurma.»

    Elizabeth lo raggiunse e provò a toccargli una gamba. «Sputafuoco?» lo chiamò incerta.

    Lui ebbe un piccolo sussulto e sgranò gli occhi. Non erano scuri come quelli di Will, bensì del colore delle onde del mare. «Conosci il mio nome? Conosci il mio nome?» ripeté.

    Disorientata, Elizabeth non trovò di meglio che rispondergli: «Sì, conosco tuo figlio.»

    «William.» Il pensiero di Will parve risvegliare la gioia in Sputafuoco, sebbene non conducesse più ad alcuna esplosione giubilante. «Sta venendo a prendermi. Aspetta e vedrai. Vedrai.» La sua voce cominciò ad affievolirsi. «Ha promesso.» Chiuse gli occhi, senza più parlare, ormai una cosa sola con lo scafo.

    Sopraffatta, Elizabeth rimase a guardarlo. Si sentiva del tutto impotente – e che dolorosa pietà stava provando! Sputafuoco era infelice e confuso, abbandonato a sé stesso su quella nave maledetta! Di sanità mentale, gliene rimaneva ben poca. E quel che aveva detto a proposito di Davy Jones… Elizabeth voleva credere che fosse una falsità, un’illusione frutto della sua lucidità vacillante, ma sapeva che non era così. Rammentò la notte nel regno dei morti, quando aveva visto arrivare le barche coi defunti… e fra loro c’era stata l’ultima persona che si sarebbe aspettata d’incontrare.

    Elizabeth! Sei morta? Io credo di esserlo. È stato per un… forziere.”

    Le lacrime iniziarono a pizzicarle gli occhi al ricordo del viso del padre, familiare ma fuori posto in quel luogo oscuro in cui il salvataggio di Jack l’aveva condotta…

    E un cuore. Ho appreso che, se pugnali il cuore, il tuo deve prenderne il posto… e solcherai i mari per l'eternità. L’Olandese deve avere un Capitano.”

    Lì per lì Elizabeth non aveva dato peso a quelle parole: era troppo sconvolta all’idea di perdere il suo caro padre. Ciononostante, la sua memoria doveva averle conservate, poiché stavano riaffiorando con immediatezza e semplicità, come se qualcuno gliele bisbigliasse all’orecchio… e facevano male, tanto per il sapore acre del lutto che portavano con sé, quanto per il loro significato, mai elaborato fino a quel momento. Un significato che, invece, era stato subito chiaro per Will, il quale ne aveva colto al volo le implicazioni.

    Eppure non le aveva detto niente. Tutto ciò che aveva fatto era stato abbracciarla mentre lei piangeva, acconsentire alla richiesta di rimanere nella sua cuccetta, permetterle di appoggiarsi a lui, il suo orecchio premuto contro il cuore, in ascolto del suono della vita udibile sotto la pelle. Non aveva parlato delle preoccupazioni che lo affliggevano, mai.

    E lei, solo poco tempo dopo, gli si era rivoltata contro.

    Il senso di colpa minacciò di travolgerla. Sapeva di avere delle buone ragioni per essere arrabbiata con Will, ma col senno di poi capiva che avrebbe potuto reagire meglio. Il fatto che lui le avesse nascosto le sue intenzioni non la scusava del tutto. Anche lei non era stata sempre leale e aperta nei suoi confronti: lo aveva tenuto a distanza, lasciandolo annegare nel suo dolore, rifugiandosi nella falsa convinzione che non l’avesse vista baciare Jack, o che comunque sarebbe bastato ritrovare il Capitano della Perla per risolvere le cose… Non si era realmente resa conto di quanto lui soffrisse, di quale peso portasse sulle spalle. Era un fardello ben più grande del segreto dell’ammutinamento contro Barbossa e Jack: la consapevolezza che l’unico modo per liberare Sputafuoco esigeva il servizio a vita sull’Olandese.

    Will era quindi obbligato a scegliere tra la salvezza del padre e l’opportunità di restare con Elizabeth, tra la devozione filiale e l’amore verso la sua fidanzata. All’uomo il cui sangue scorreva nelle sue vene aveva promesso la libertà, ma in precedenza si era impegnato a prendere Elizabeth come moglie, giurando di unirsi in matrimonio con lei. Quanto era crudele vivere una situazione del genere per qualcuno che aveva sempre voluto agire con onore e mantenere la parola data! Che Will avesse imparato a giocare sporco non implicava che non fosse più una persona corretta…

    Elizabeth distolse lo sguardo dalla sagoma immobile di Sputafuoco. Come le era venuto in mente di colpire Will? Anche se aveva provocato poco o nessun dolore al suo corpo, non valeva altrettanto per i suoi sentimenti. Lo aveva ferito, rinfacciandogli di essere un pirata, insinuando che lui non fosse migliore di Sao Feng e di chi ne eseguiva gli ordini. Ma Will non era affatto come Sao Feng o altri! Poteva avere la pirateria nel sangue, eppure i motivi che lo avevano spinto a infrangere la legge erano il suo senso della giustizia e la sua preoccupazione per coloro che amava. Si era esposto in prima persona per salvare Jack dalla forca perché trovava sbagliato che venisse ucciso; in precedenza aveva rubato una nave della Marina solo per accorrere in aiuto di Elizabeth. Non gli interessava arricchirsi coi tesori, non bramava il potere, né faceva volentieri del male alla gente.

    Alla fine aveva tradito tutti, ma il suo scopo era liberare suo padre da un destino infausto. Era un uomo integro, ben più di quanto lo fosse chi si vantava di essere dalla parte giusta, come Beckett e i tirapiedi che gli ubbidivano, i quali non si erano fatti alcuno scrupolo a impiccare degli innocenti, soltanto per il sospetto che avessero qualcosa a che vedere con la pirateria.

    “Will mi ama” pensò Elizabeth. “Non ha mai voluto ferirmi – ed era contrario all’idea che andassi con Sao Feng, perché temeva che finissi in pericolo. A ragion veduta...”

    Rabbrividì nel ricordare lo sguardo lussurioso del pirata di Singapore. Il contrasto con il modo in cui la guardava Will non avrebbe potuto essere più netto: esisteva un oceano di differenza tra loro, come esiste tra il possesso e l’amore, la prevaricazione e il rispetto, l’arroganza e l’umiltà, l’egoismo e la generosità. Anche se Will, davanti agli occhi altrui, contava poco o niente, Elizabeth sapeva che meritava molto di più di quanto avesse meritato Sao Feng. Era Will il vero pirata nobile, poiché la sua nobiltà veniva dal cuore, non dalla ricchezza o dal prestigio.

    “Devo parlargli” si disse Elizabeth. “Devo andare da lui.”

    Appoggiò la fronte contro le sbarre sudicie. Le serviva un piano, una possibilità di agire per tirarsi fuori dai guai – una qualsiasi! Non poteva restare lì inerme, per nessuna ragione al mondo. Beckett era ancora a piede libero, a tramare ai danni di chiunque gli fosse d’intralcio; il Consiglio della Fratellanza doveva riunirsi alla Baia dei Relitti… e Will aveva bisogno di lei. Era indispensabile raggiungerlo.

    Edited by Elizabeth Swann - 23/8/2023, 15:20
     
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    Elizabeth Swann Ciao. Rieccomi sono tornata per il continuo della fanfiction. Ho letto il capitolo terzo.
    Di questa parte mi ha colpito e ho sentito molto l'eterno conflitto che ha Elizabeth dentro di sè. Perdere una persona cara, come il padre fa davvero male, come anche pensa di avere rotto definitivamente con Will, anche se diciamolo non durerà molto la loro separazione. :D
    L'ultima parte del capitolo è davvero bellissima. L'ultima scena che lei si riaddormenta ascoltando il battito di lui è troppo bello e romantico. Qui c'è tanto AMORE :cry: <3.
    E quando voleva sbirciare sotto il panciotto sbottonato. (: :lol:
     
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