Vita e Morte

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    Buonasera! Volevo condividere con voi una fanfiction che ho scritto questa primavera, ma che si presta di più a essere letta in autunno ^_^ Spero vi piaccia!
    Il titolo è provvisorio, potrei decidere di cambiarlo se me ne viene in mente uno migliore. In caso abbiate qualche suggerimento da darmi, sono tutt’orecchi :)


    Vita e Morte


    OPERA DI RIFERIMENTO: “Pirati dei Caraibi”
    CATEGORIA: bollino giallo (per adolescenti)
    GENERE: Drammatico con elementi fantasy
    NOTE AGGIUNTIVE: Canon-Fic
    DICHIARAZIONE DI NON RESPONSABILITÀ: “Pirati dei Caraibi” e i suoi personaggi non sono di mia proprietà, ma appartengono alla Walt Disney Company. Questa fanfiction non è stata realizzata a scopo di profitto, ma solo per il piacere di scriverla e di condividerla gratuitamente.


    Sinossi

    Talvolta i sensi di colpa di un padre sono profondi quanto un oceano da solcare…

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    Il cielo lugubre si specchiava nel mare dei morti. L’Olandese Volante scivolava fra le onde, lenta e maestosa, in attesa di altre anime da trasportare nell’aldilà. In quella notte cupa e calma l’unica compagnia dell’equipaggio era una leggera brezza autunnale.

    “Sputafuoco” Bill Turner, primo ufficiale della nave, era in piedi presso il parapetto di prua. Sarebbe potuto scendere sottocoperta per schiacciare un pisolino, ma non l’aveva fatto, nella speranza di veder comparire il Capitano sul ponte, benché al momento la sua presenza non fosse necessaria.

    Di solito il comandante dell’Olandese trascorreva la maggior parte del tempo sopracoperta. Era lui che avvertiva la presenza delle anime da traghettare e le accoglieva a bordo; intavolava perfino delle conversazioni con loro, per quanto brevi. Era raro che si ritirasse nei suoi alloggi, anche perché i suoi doveri gli consentivano pochi attimi di tregua: i morti in mare, tanti o pochi, in quei giorni erano una costante, a cui si aggiungeva il carico di tutti i defunti trascurati da Davy Jones in decenni di negligenza. Ci sarebbero voluti anni prima che il lavoro diminuisse.

    Bill sospirò, mentre contemplava le tranquille acque scure. Forse il Capitano – suo figlio, non poté fare a meno di pensare – si era addormentato: malgrado fosse immortale, beneficiava anche lui di qualche ora di sonno, ma ciò non gli avrebbe impedito di essere in piena attività all’arrivo di nuove anime. Insomma, non c’era di che preoccuparsi.

    Eppure Bill avvertiva l’impulso, sempre più forte e incontrollabile, di andare a vedere cosa stesse succedendo. Era come se un sesto senso gli sussurrasse che il Capitano aveva bisogno di lui.

    “Vecchio stupido” si rimproverò. “A che gli serviresti tu? Proprio oggi ha rivisto sua moglie. Dopo che l’ha salutata dev’essersi ricordato quant’è difficile starle lontano. Deve aver rimpianto ancora la scelta di salvare il suo indegno padre, invece di voltargli le spalle e curarsi solo di lei…”

    Ma ormai il Capitano era solo. Sarebbe stato così sbagliato controllare la sua condizione attuale, accertarsi che si fosse concesso una pausa e presto si sarebbe rimesso all’opera? No, non c’era nulla di male in tutto questo…

    Titubante, strascicando i piedi, Bill abbandonò la sua postazione e si diresse verso una nuova meta. Il suo braccio rimase sospeso in aria per un attimo, prima che lui si decidesse a bussare alla porta degli alloggi del suo comandante, oltre la quale non si udiva alcun rumore o fruscio, dando l’impressione che la cabina fosse vuota.

    «Capitano?» azzardò Bill in un soffio.

    La voce di un uomo perfettamente sveglio risuonò dall’interno: «Avanti.»

    Incoraggiato dall’invito, Bill spinse il battente e varcò la soglia. Il suo sguardo fu subito attratto dall’imponente organo che si ergeva contro la parete in fondo alla cabina: era stato in parte smontato, ma incuteva comunque soggezione. A sinistra dell’enorme strumento musicale, ritto in piedi e con le spalle rivolte all’entrata, c’era il Capitano.

    «Signor Turner.» Si girò in direzione del primo ufficiale e lo salutò con un cenno. Si era tolto sia il cappotto che la bandana, come se quegli strati di tessuto lo facessero sentire castigato. «Ci sono problemi con la navigazione?»

    Bill non fu sorpreso da quella formalità: benché suo figlio, durante i pochi frangenti in cui era rimasto solo con lui, avesse usato un tono confidenziale, generalmente era più propenso a trattarlo da membro dell’equipaggio, senza ostilità ma con quel tipo di cortesia che si riserva ai conoscenti, non ai famigliari.

    «Tutto regolare, Capitano. Mi chiedevo se… se qui le cose andassero bene, ecco.»

    «Avevo bisogno di un po’ di riposo, nient’altro. Ora posso tornare al timone.»

    Bill studiò con attenzione il viso del figlio. Non sembrava riposato: c’era una strana luce nei suoi occhi, simile a un fuoco che, tenuto a bada dagli sforzi di qualcuno che ne ha paura, fatica ad avvampare. Un’emozione travolgente, quasi spaventosa nella sua crudezza e impossibile da spazzar via, stava incrinando un autocontrollo sempre efficace.

    “Che ti è capitato, William? È a causa dell’incontro con tua moglie? Dimmelo…”

    Ma Bill si morse la lingua e ingoiò ogni proposito di pronunciare quelle parole. Non spettava a lui essere il confidente di suo figlio. Del resto, non sarebbe stato in grado di spingerlo a vuotare il sacco: la triste verità era che non lo conosceva a sufficienza. Troppi anni di lontananza li avevano divisi – e la responsabilità era soltanto sua. Non poteva biasimare altri che sé stesso.

    «Stai bene?»

    La voce di William lo fece trasalire e lo strappò a quelle tetre riflessioni.

    “Lui che fa questa domanda a me? Dovrebbe essere il contrario” pensò Bill, mentre le sue spalle s’incurvavano. Si schiarì la gola e borbottò: «Sì, certo. Mi sono distratto un momento.» Dopo una goffa pausa aggiunse: «Allora, andiamo via, Capitano? Posso prendere io il timone: non sono stanco.»

    William gli lanciò un’occhiata indagatrice, quasi cercasse di leggergli dentro l’anima. «Non serve che mi chiami sempre Capitano» osservò. «Te l’ho detto più di una volta.»

    “Ma non mi hai chiesto di chiamarti figlio.” La replica fiorì spontanea nella mente di Bill, pur senza scivolargli via dalle labbra. A sostituirla fu un’affermazione molto più diplomatica.

    «È giusto che io riconosca la tua posizione. Sei il comandante di questa nave.»

    «Sì, ma non sono solo quello. C’è altro in me.»

    Il cuore di Bill sobbalzò. Possibile che suo figlio intendesse…?

    «In realtà ho una notizia da darti. Avrei voluto comunicartela subito… Purtroppo non sapevo da che parte cominciare.» William abbassò la testa, il disagio gli balenò sul viso con la rapidità di un’ombra. «Non ho idea di quali saranno le ripercussioni future, però una cosa è certa: con te non posso tacere.»

    Bill sbatté le palpebre, confuso. Da un lato s’illudeva di essere accettato come padre, sebbene fosse convinto di non meritarlo; dall’altro non riusciva a spiegarsi la ragione di quelle frasi sibilline. In genere William si esprimeva con chiarezza, senza inutili divagazioni.

    «Di che si tratta, Capitano?» Nell’agitazione di provare a decifrare il senso di quel discorso, Bill dimenticò di essere stato esortato a limitare il linguaggio formale.

    «Will» sottolineò suo figlio, brusco. «È sufficiente.» Si passò una mano sulla fronte, un gesto stanco che avrebbe fatto dolere il cuore a qualsiasi padre, anche il più snaturato. Sembrava più giovane senza la bandana: l’aura di autorevolezza che lo ammantava era scomparsa, rivelando la vulnerabilità di quello che, agli occhi di un genitore, era poco più di un ragazzo. «Riguarda Elizabeth. Lei… aspetta un bambino.»

    Bill spalancò la bocca. Un bambino? Significava che…

    «Ne è felice, ma non aveva pianificato nulla. Non è stata una decisione sua né mia: è accaduto perché siamo stati imprudenti. Non capisco che diamine mi sia preso, quella notte sull’isola… C’è voluta l’alba prima che mi rendessi conto delle possibili conseguenze. Anche lei se n’è accorta in ritardo, altrimenti mi avrebbe fermato. Eppure nessuno dei due è uno sciocco ignaro di come va il mondo!»

    A Bill scappò un leggero ghigno. Forse il suo Capitano non lo stava chiamando in causa in qualità di padre, però si comportava da figlio ansioso di sfogarsi, giustificarsi e ricevere consigli.

    «Quanto vi è successo è naturale» fu la sua risposta serafica. «Siete o non siete una coppia sposata?»

    William serrò la mascella. «È tutto quello che hai da dirmi?»

    «L’arrivo di un bambino è sempre una bella notizia» cercò di difendersi Bill. Era stato un po’ precipitoso, ma una volta tanto gli era mancata la prontezza di trattenersi.

    Suo figlio non ribatté. Aveva un’espressione assorta, distante. D’un tratto Bill ricordò la loro prima conversazione dopo la morte di Davy Jones…


    La battaglia era vinta, la nave salva, l’equipaggio rinato a nuova vita. Con un braccio appoggiato al parapetto, il Capitano appena nominato contemplava l’unica donna a bordo dell’altra imbarcazione e nel suo sguardo si confondevano tristezza, solennità, desiderio.

    «Questa nave ha di nuovo uno scopo» esordì Bill, al quale nulla era sfuggito. «E andiamo per mari che lei non può solcare. Un giorno a terra… e dieci anni in mare. È un caro prezzo per quello che si è fatto.»

    Qualcosa si ammorbidì sul volto serio di suo figlio. «Dipende da com’è quel giorno.» Ci fu una pausa di silenzio, a cui presto seguì una domanda: «Dimmi, c’è un posto dove potrei passare la notte, oltre all’Isola dei Relitti?»

    «Non conosco granché la zona» ammise Bill.

    «Non importa, chiederò a Gibbs. Avanti, avviciniamoci di più alla
    Perla

    Bill esitò. «Vuoi salirci? Non sono sicuro che sia una buona idea.»

    «Perché?»

    «Sai che i pirati sono un po’ superstiziosi. Tu… Ebbene, tu adesso sei…»

    «… il successore di Davy Jones? Andiamo, loro mi conoscono semplicemente come Will Turner.» William si allontanò dal parapetto e raggiunse il padre vicino al timone, una sfumatura d’impazienza che dominava la sua voce e i suoi movimenti. «Non può essere cambiato tutto: ero sulla
    Perla fino a… quanto? Un’ora fa?»

    Bill chinò la testa. La vista del corpo del giovane, ferito a morte da una spada che gli dilaniava il petto, non smetteva di ossessionarlo: una parte di lui aveva bisogno della sua vicinanza, della sua presenza tangibile accanto a sé, poiché covava un’irragionevole paura di rivivere un incubo che era stato fin troppo reale. Sarebbe mai riuscito a tollerare la lontananza dal figlio, anche solo per vederlo salire su una nave amica?

    Ignaro dei timori irrazionali del padre, William guardò di sbieco la
    Perla Nera. «Devo parlare almeno con Elizabeth» chiarì. «Ci siamo sposati e…»

    «Quando?!» esclamò Bill, colto alla sprovvista.

    «Durante la battaglia.» Una nota divertita colorò il tono del suo interlocutore. «Voglio scendere a terra con lei.»

    «Ah, capisco» disse Bill con una punta d’imbarazzo. Non era bravo a trattare coi sentimenti. «Allora quello che ti serve è… un posto dove trascorrere la luna di miele?» buttò lì, senza incrociare lo sguardo del figlio.

    Quest’ultimo non rispose subito, perdendosi in chissà quali pensieri. «Avviciniamoci alla
    Perla» ripeté infine.

    Bill si sforzò di non sollevare obiezioni. Tuttavia, contrariamente a quel che si era aspettato, i due novelli sposi si limitarono a comunicare a distanza, poiché Elizabeth aveva già trovato il posto adatto per fermarsi. Doveva dare un paio di indicazioni al marito, prima che lui chiamasse a raccolta il suo equipaggio e annunciasse la sua intenzione di sbarcare…


    C’era una netta differenza, constatò Bill tornato al presente, fra lo stato d’animo di un uomo pronto a godersi il suo ultimo giorno di libertà – nonché l’agognata compagnia della moglie – e lo stato d’animo di chi, apprestandosi a diventare padre, non aveva uno straccio di garanzia d’incontrare il bambino prima di un decennio. William poteva essere poco loquace e tentare di soffocare le emozioni, ma ogni volta i suoi occhi lo tradivano. E le sue parole, in questo caso, non erano state da meno: era evidente che lui aveva consumato con gioia e trepidazione il matrimonio con Elizabeth, nonostante i vincoli imposti dall’incarico appena acquisito, e lì per lì non si era preoccupato granché dell’eventualità che lei restasse incinta.

    “Forse non gli piace l’idea di essere padre?” rimuginò Bill. “Anch’io, in fondo, non ero tagliato per quel ruolo. Avere una moglie e un bambino non è bastato a tenermi lontano dall’oceano o dalla pirateria…”

    Ma sentiva che William, in quello, non era affatto uguale a lui, né lo sarebbe mai stato. E – dettaglio più rilevante – non desiderava esserlo.

    «Stai pensando che il bambino crescerà senza di te?»

    «Non era ciò che volevo. Niente di tutto questo…» William digrignò i denti e indicò le pareti della cabina con un ampio gesto del braccio destro, poi si portò la mano al petto sfregiato. «Ho sbagliato a permettere che accadesse.»

    Bill scosse la testa, odiandosi con ogni fibra del suo essere per ciascun torto che aveva inflitto a suo figlio. «Non è colpa tua. Se c’è qualcuno da incolpare, quello sono io.»

    «Non sei stato tu ad andare a letto con tua moglie senza riflettere sulle conseguenze, pur sapendo di essere legato in eterno all’Olandese

    «Scommetto che Elizabeth se la caverà. Per quel che sono riuscito a indovinare, mi sembra una donna forte. Si prenderà cura del bambino, vedrai.»

    «È questo che hai detto a te stesso quando hai lasciato mia madre?» La reazione di William fu uno scatto di rabbia. «“È una donna forte, se la caverà, si prenderà cura di mio figlio”?!»

    Bill indietreggiò, come colpito da una sferzata. La vergogna gli fece bruciare le guance e torcere lo stomaco.

    «Mi ero sempre ripromesso che sarei stato un bravo marito, un bravo padre. Adesso, invece, ho abbandonato mia moglie nel momento in cui lei ha più bisogno di me. E il bambino… non mi conoscerà nemmeno. Sarò un estraneo ai suoi occhi, finché non comincerà a disprezzarmi perché vede sua madre soffrire a causa mia.»

    Bill aveva un groppo in gola, grosso quanto il nodo di una cima. «Will…»

    «Che razza di vita è questa? Dove diavolo è la giustizia?»

    «William.» Bill alzò la voce, si raddrizzò e mosse un passo avanti. Appoggiò i palmi delle mani sulle spalle del figlio, irrigidite dalla tensione. Per un attimo, anziché le fattezze adulte di un giovane, vide quelle di un bambino dalle guance tonde e il colorito roseo, tenuto in braccio dalla madre, che scrutava con un misto di timidezza e diffidenza lo sconosciuto alto e corpulento apparso sulla soglia di casa. Quant’era stato strano, ricordò Bill, incontrare quel soldo di cacio e rendersi conto che era sangue del suo sangue! Eppure una scintilla di orgoglio si era accesa in lui, ravvivata dalla prospettiva che il piccoletto sarebbe diventato un uomo e avrebbe onorato il nome che portava. Per Bill, all’epoca, c’era una sorta di soddisfazione segreta nel chiamarlo William – malgrado fosse certo che sua moglie preferiva il diminutivo “Will” – poiché in quel modo veniva rimarcato il loro legame.

    «Tu sei un bravo marito. Mi senti? E sarai un ottimo padre, non dubitarne.»

    William tentò di divincolarsi, ma Bill lo tenne fermo.

    «Ascoltami. Non ti sei separato da Elizabeth di tua volontà: non avevi altra scelta che restare su questa nave. Sappiamo entrambi che saresti corso via con lei, se soltanto avessi potuto.» Bill tacque per un istante, poi continuò in tono deciso: «Non sei me. Non paragonarti a un vecchio lupo di mare sciocco ed egoista, che non ha mai dato a sua moglie ciò che lei avrebbe meritato di ricevere. Tu sei diverso, le tue motivazioni sono molto più valide.»

    William girò la testa verso l’organo smontato per metà. «E che importanza hanno le motivazioni se i risultati sono uguali?» mormorò.

    Bill gli sollevò il mento con una mano, per ristabilire il contatto visivo fra loro. «Guardami. Non stai… No, guardami, ho detto.» Strinse la presa ai lati delle sue mascelle inferiori e incontrò i suoi occhi, che ardevano per la frustrazione e non nascondevano il dolore, più vivo e pulsante di uno squarcio che penetra nelle carni. Il cuore gli sanguinò come un animale ferito. Del resto, quel cuore non aveva forse sussultato a ogni frustata che lui era stato costretto a infliggere al figlio, la notte del loro primo incontro sull’Olandese? Non aveva sofferto all’idea del suo distacco forzato da Elizabeth? Non si era riempito fino all’orlo di lacrime non versate quando, per salvare la vita a William nell’unico, orrendo modo possibile, era stato necessario affondare un coltello nel suo petto morente?

    Bill abbassò lentamente il braccio, la compassione e il rimorso che lo inondavano da capo a piedi. A distanza di mesi faticava ancora a liberarsi di quell’ultima, spaventosa immagine – e la cicatrice in bella mostra sul torace di suo figlio non migliorava la situazione. «Non stai abbandonando la tua famiglia» gli sussurrò, la voce più rauca del solito. «Nessun bambino potrebbe mai disprezzarti, dopo che avrà scoperto la verità da sua madre. Se non vuoi fidarti delle mie parole, fidati di te stesso. Sei un brav’uomo, disposto a tutto pur di proteggere le persone che ami e rimanere al loro fianco. Elizabeth non può ignorarlo e non le mancherà il coraggio di affrontare le avversità.»

    William emise un lungo sospiro. «Almeno sono riuscito a vederla e mi ha dato la notizia di persona» riconobbe. «Ma se penso al pericolo che hanno corso lei e il bambino…»

    «Calipso vi ha aiutati. Potrebbe permetterti altre visite a tua moglie.»

    «Ci ho sperato varie volte, ma non sono sicuro che accetterebbe. Magari questa è stata un’eccezione alle regole. Che faccio se mi chiede di restare sempre quaggiù, senza andare mai nel mondo dei vivi? Non posso sottrarmi ai miei doveri di Capitano.»

    «No» convenne Bill, «però non puoi nemmeno dare il futuro per scontato. Il mare è imprevedibile e perciò anche Calipso. Hai solo un’alternativa.»

    Un barlume di speranza illuminò i lineamenti tesi di William. «Quale?»

    «Non cedere alla rabbia o allo sconforto. Avere fiducia, tanto in tua moglie quanto nelle tue capacità, e andare avanti giorno per giorno. Appena arriverà una buona occasione, la coglierai al volo e vi rivedrete. Chissà, potrebbe essere nel momento della nascita» concluse Bill prima di accennare un sorriso.

    William si massaggiò la fronte, le sopracciglia aggrottate in un’espressione concentrata. «Non c’eri quando sono nato, o sbaglio?» chiese.

    «No, in effetti. Mentre finiva la gravidanza di tua madre, sono stato via per parecchio tempo. Ti ho conosciuto che avevi circa un anno. Te l’ha raccontato lei, vero?»

    William scosse il capo. «Ho sentito che lo diceva alla nostra vicina. Non parlava spesso di te davanti a me.»

    «Non le piaceva ricordarmi. Ebbene, non posso darle torto» commentò Bill con un filo di amarezza.

    «Non era per questo» lo contraddisse il figlio. «Non voleva mettermi contro di te.»

    Stupefatto, Bill non reagì. Dunque Charlotte non lo aveva odiato per essere sparito? O piuttosto si era impegnata a non riversare il proprio odio su William, per non influenzare la sua visione delle cose?

    Il silenzio era diventato pesante. A disagio, Bill strofinò sul pavimento la punta consumata degli stivali.

    «Penso sia ora di tornare sul ponte» dichiarò William. Recuperò la bandana dal tavolo dove l’aveva gettata, per legarsela sul retro della testa. «Sono rimasto abbastanza qui dentro.» La rapidità e l’efficienza dei suoi gesti testimoniavano il ritorno della sua abituale determinazione, che teneva a bada lo scoraggiamento. «Vieni anche tu?»

    Bill annuì e seguì il figlio fino all’entrata della cabina.

    «Riguardo a quello che ho detto» attaccò William, bloccatosi davanti alla porta, «immagino di essere stato un po’ duro con te. Hai sbagliato, ma non serve a niente rinfacciarti errori vecchi di quindici anni. Siamo su questa nave insieme, dobbiamo collaborare. Non sei d’accordo?» Il suo tono era fermo, pacato.

    «Hai tutte le ragioni di portarmi rancore» replicò Bill, schietto. «Non credere che non lo capisca.»

    «Ma non ho intenzione di farlo. Non gioverebbe a nessuno dei due.»

    «Non badare a me. Sopravviverò, qualunque cosa succeda» tagliò corto Bill.

    “Anche se tu non mi dessi più confidenza per i prossimi dieci anni” aggiunse fra sé.

    William era ancora sulla porta. «Sono responsabile di tutti gli uomini dell’equipaggio, compreso te» puntualizzò. «Dovrò assicurarmi che non ti accada niente.»

    «Aah, conosco L’Olandese meglio delle mie tasche. Non ho nulla da temere qui.»

    Il fantasma di un sorriso aleggiò sulle labbra del giovane Capitano. «Neanche i malumori del comandante?»

    Era bello, notò Bill, intravedere segni d’allegria su quel viso tirato. «Neanche quelli. D’altronde, ne ho sopportati di peggiori.»

    «Bene.» William aveva di nuovo assunto un’espressione seria, eppure nella voce era rimasta una nota di leggerezza. Si accinse a uscire dalla cabina, ma indugiò sulla soglia, per poi tornare a fronteggiare Bill. «Grazie, padre» disse infine, con la stessa spontaneità con cui gli aveva rimproverato le sue mancanze.

    Bill deglutì. «Prego… figlio.»

    Stavolta William sorrise più apertamente. Prima di andarsene, posò una mano sul suo braccio e lo strinse appena.

    Bill rimase immobile, il battito del cuore che gli rimbombava nelle orecchie. Impiegò un po’ di tempo a identificare l’emozione che lo pervadeva: un intenso sollievo, più rigenerante di una boccata d’aria fresca in un luogo chiuso. Non tanto perché William fosse disposto a seppellire i torti subìti e a ricominciare daccapo, né perché lo aveva chiamato padre – sebbene lui non potesse restare indifferente a nessuno di quei due eventi. No, il sollievo nasceva dalla vista del figlio che sorrideva, messo a dura prova dai suoi fardelli ma ormai riemerso dall’abisso della disperazione.

    Rinfrancato, Bill salì sul ponte. Il Capitano era al timone e lo esortò ad avvicinarglisi.

    «Presto trasporteremo altre anime» lo informò. «La nottata sarà impegnativa.»

    «La morte è sempre in agguato» sentenziò Bill a quel punto, «ma talvolta è la vita a vincere. E di questo dovremmo rallegrarci.» Lanciò al figlio un’occhiata eloquente.

    Le dita di William accarezzarono il legno del timone. «Immagino che sia così. Magari dovrai ricordarmelo quando tendo a dimenticarlo.»

    «Farò del mio meglio.»

    «Grazie.»

    Con William ormai più rilassato e sereno, a Bill pareva di essersi tolto di dosso almeno cinque anni di fatica e privazioni. Forse era questo che significava essere un genitore: sentire sulla propria pelle ciò che provavano i figli, che fosse gioia o dolore, speranza o paura, orgoglio o senso di colpa. E nel figlio di Bill – orfano sin da ragazzino, Capitano per volere del fato più che per il proprio, marito devoto obbligato a sopportare la lontananza dalla moglie, futuro padre – si agitavano insieme tutti quei sentimenti e quelle emozioni contrastanti. Malgrado ciò, non era impossibile che gli stati d’animo più negativi si attenuassero, anche solo in via temporanea.

    «William?» Bill parlò così piano che il suo comandante fu l’unico a udirlo sull’intera nave.

    «Sì?»

    «Quando verrà il grande giorno, festeggeremo. Non dovresti rinunciare per nulla al mondo a un brindisi alla salute della tua famiglia.»

    «Tu credi che ci porterà fortuna?»

    Bill scorse di nuovo una traccia del ragazzo vulnerabile di fronte alla paternità inattesa. «Sarà un segno di buon augurio, se non altro» disse.

    «Nessuna ubriacatura però. Non in nome di Elizabeth e del bambino» avvertì William in un bisbiglio risoluto. «Conto su di te per dare l’esempio all’equipaggio.»

    «Ti aspetti molto dal tuo primo ufficiale» scherzò allora Bill, fingendosi preoccupato.

    «Non è un ordine del Capitano. È una richiesta che faccio al nonno di mio figlio… e a mio padre.»

    Incapace di esprimersi, Bill riuscì solo ad annuire.

    “Nonno… e padre. C’è così tanto in queste due semplici parole” realizzò fra sé.

    Nessuno avrebbe potuto regalare a William una seconda infanzia con entrambi i genitori presenti. Eppure, almeno nell’età adulta, non gli sarebbe stato negato niente da Bill. E al momento giusto, in un modo o nell’altro, la famiglia Turner avrebbe accolto l’ultimo arrivato con un degno benvenuto, per celebrare il trionfo della vita sulla morte.

    Fine




    Nota dell’autrice:

    L’incontro fra i coniugi Turner a cui si allude in questa storia è stato inventato da me: è narrato nella prima parte del mio racconto “Maternità” e ha permesso a Elizabeth di rivelare a Will la sua gravidanza :)

    Edited by Elizabeth Swann - 28/10/2023, 13:28
     
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    Eccomi, non potevo non leggere anche questa tua creazione e, come previsto, ne sono rimasta assolutamente affascinata e commossa ;_;

    Con questa tua seconda incursione nella psiche di Sputafuoco Bill sei riuscita a trattare il tema della paternità e degli affetti in ambito piratesco in maniera davvero coinvolgente, profonda e toccante, unendo al dramma quel tocco di speranza che alla fine lascia con una piacevole sensazione di sollievo.

    In alcuni passaggi ammetto che ho avuto quasi difficoltà a leggere la cupa tristezza, il senso di colpa e la frustrazione provata da Will alla notizia della gravidanza di Elizabeth e mi ha piacevolmente sorpreso come sia stato proprio suo padre, malgrado la sua scarsa dimestichezza con le relazioni, i sentimenti e le parole, a infondergli forza, a consolarlo, ad aiutarlo a vedere il lato positivo di questo evento, in cui anche lui si sente in qualche modo coinvolto.

    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 18/10/2023, 22:18) 
    «No» convenne Bill, «però non puoi nemmeno dare il futuro per scontato. Il mare è imprevedibile e perciò anche Calipso. Hai solo un’alternativa.»

    Un barlume di speranza illuminò i lineamenti tesi di William. «Quale?»

    «Non cedere alla rabbia o allo sconforto. Avere fiducia, tanto in tua moglie quanto nelle tue capacità, e andare avanti giorno per giorno. Appena arriverà una buona occasione, la coglierai al volo e vi rivedrete. Chissà, potrebbe essere nel momento della nascita» concluse Bill prima di accennare un sorriso.

    Hai infuso in quest'uomo una dolcezza e una fede che sono il riflesso della sua gratitudine nei confronti del figlio creduto perduto, al quale deve la sua salvezza e per il quale vuole impegnarsi, anche se tardivamente, ad essere un genitore migliore di quanto non lo sia mai stato, pur non rinnegando i propri errori e le proprie, che Will non esita d'altra parte a rinfacciargli. Perché in verità teme di macchiarsene lui stesso - tremendamente condivisibile questa considerazione.

    CITAZIONE (Elizabeth Swann @ 18/10/2023, 22:18) 
    «La morte è sempre in agguato» sentenziò Bill a quel punto, «ma talvolta è la vita a vincere. E di questo dovremmo rallegrarci.» Lanciò al figlio un’occhiata eloquente.

    Le dita di William accarezzarono il legno del timone. «Immagino che sia così. Magari dovrai ricordarmelo quando tendo a dimenticarlo.»

    Non mi ripeto sulla tua bravura sotto l'aspetto formale - ogni parola è scelta e inserita in maniera ponderata, ma voglio complimentarmi con te anche per il ritmo e l'atmosfera che hai saputo dare al racconto, di immobilità, quiete, sospensione, che è stata davvero perfetta per una lettura consumata in un nuvoloso e solitario pomeriggio autunnale. :]
     
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    Cara Fanny, che emozione leggere questo tuo commento! Ti sono molto grata per le belle parole blush
    A dire il vero mi sono accorta di dover mettere un paio di parole in corsivo e correggere un errore di distrazione per quanto riguarda la punteggiatura, ma per il resto non ho di che lamentarmi di questa storia, almeno per adesso... anche se non mi aspettavo di ricevere tanti complimenti *^^*

    Sono molto contenta che tu abbia apprezzato così tanto la caratterizzazione di Bill. È un personaggio introverso e malinconico che, sto notando, si rivela piuttosto interessante da esplorare. Mi piace immaginare che veda in Will il suo faro - come sottolinei giustamente, gli deve la sua salvezza - e al tempo stesso ne riconosca le fragilità, grazie a una sorta di istinto paterno che, seppur non molto "allenato", lo porta a osservare suo figlio con grande attenzione.
    Quanto a Will, in questo momento particolare da me narrato ha bisogno del sostegno e della fiducia di qualcuno che gli vuole bene. Per quanto abbia un carattere forte e una buona dose di perseveranza, penso che la scoperta della paternità lo abbia sconvolto. Descrivendo la sua frustrazione, il suo dolore e il suo senso d'impotenza, ho provato a mettermi nei suoi panni - e diciamo che mi è venuto spontaneo pensare che a un certo punto si sia arrabbiato col padre, proprio perché ha paura di commettere gli stessi errori. Ma alla fine, come hai visto, riesce a ritrovare il sorriso grazie all'incoraggiamento ricevuto :)
     
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    Eccomi a leggere questo bellissimo testo! Mi hai commosso parecchio, non so dire se preferisco questa fan fic oppure quella "Io ti vedo"... ad ogni modo non voglio decidere perché le adoro entrambe! Adoro troppo il rapporto tra questi due, vorrei aver avuto la possibilità di vedere molte più scene di interazione tra di loro... ma... va bene così! Ciò che ho visto mi è bastato perché era già bello e drammatico al punto giusto!

    CITAZIONE
    Eppure Bill avvertiva l’impulso, sempre più forte e incontrollabile, di andare a vedere cosa stesse succedendo. Era come se un sesto senso gli sussurrasse che il Capitano aveva bisogno di lui.
    “Vecchio stupido” si rimproverò. “A che gli serviresti tu? Proprio oggi ha rivisto sua moglie. Dopo che l’ha salutata dev’essersi ricordato quant’è difficile starle lontano. Deve aver rimpianto ancora la scelta di salvare il suo indegno padre, invece di voltargli le spalle e curarsi solo di lei…”

    Da questa parte hai incominciato a uccidermi! Povero Bill... capisco troppo il suo punto di vista... e mi commuove parecchio ciò che dice e pensa.

    CITAZIONE
    “Ma non mi hai chiesto di chiamarti figlio.” La replica fiorì spontanea nella mente di Bill, pur senza scivolargli via dalle labbra. A sostituirla fu un’affermazione molto più diplomatica.

    E anche in questo momento... la cosa buffa è che ho pensato alla stessa cosa ancor prima di leggere la battuta X)

    CITAZIONE
    Per un attimo, anziché le fattezze adulte di un giovane, vide quelle di un bambino dalle guance tonde e il colorito roseo, tenuto in braccio dalla madre, che scrutava con un misto di timidezza e diffidenza lo sconosciuto alto e corpulento apparso sulla soglia di casa. Quant’era stato strano, ricordò Bill, incontrare quel soldo di cacio e rendersi conto che era sangue del suo sangue!

    E poi in questa parte... va beh, qui gli occhi hanno iniziato a lacrimarmi e avrei voluto stringere entrambi! Per Will dev'essere stata dura crescere senza un padre, mentre per Bill dev'essere stata dura accettare di essere un genitore e poi affrontare i sensi di colpa per le scelte che ha fatto...

    CITAZIONE
    «Grazie, padre» disse infine, con la stessa spontaneità con cui gli aveva rimproverato le sue mancanze.
    Bill deglutì. «Prego… figlio.»

    Beh, qui... qui mi hai dato il colpo di grazie, per poi infierire ancora di più quando a WIll fai dire "nonno e padre" :XD:

    Ho selezionato solo alcune parti, ma la storia l'ho amata in tutta la sua totalità! Mi piace perché è tanto introspettiva, tratti l'argomento con delicatezza, nonostante si molto emotiva e piena di emozioni! Poi i personaggi sono perfettamente in character che mi fa pensare davvero che sia una scena tagliata dal film! Complimentissimi! Semmai scrivessi altro su di loro, beh... nel mio cuore c'è posto per altri feelssss :wub:
    Chissà come l'ha vissuta Bill il fatto di essere nonno... :woot:
    Bella lettura, scorrevole e impeccabile, ancora complimenti!
     
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    Rue Ryuzaki scusami per non averti risposto prima, mi è proprio sfuggito! Ad ogni modo, sono molto contenta che tu abbia apprezzato questo racconto e i tuoi complimenti mi lusingano *^^*

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 17/11/2023, 15:53) 
    [...] Povero Bill... capisco troppo il suo punto di vista... e mi commuove parecchio ciò che dice e pensa.

    È bello sapere che sei riuscita a immedesimarti in Bill! Tende a restare un po' in disparte come personaggio, nonostante abbia un ruolo cruciale nella storia... Penso di aver fatto bene a dargli un minimo di spazio nelle mie fanfiction.

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 17/11/2023, 15:53) 
    CITAZIONE
    “Ma non mi hai chiesto di chiamarti figlio.” La replica fiorì spontanea nella mente di Bill, pur senza scivolargli via dalle labbra. A sostituirla fu un’affermazione molto più diplomatica.

    E anche in questo momento... la cosa buffa è che ho pensato alla stessa cosa ancor prima di leggere la battuta X)

    Wow, mi leggi nel pensiero :lol:

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 17/11/2023, 15:53) 
    CITAZIONE
    «Grazie, padre» disse infine, con la stessa spontaneità con cui gli aveva rimproverato le sue mancanze.
    Bill deglutì. «Prego… figlio.»

    Beh, qui... qui mi hai dato il colpo di grazie, per poi infierire ancora di più quando a WIll fai dire "nonno e padre" :XD:

    Volevo chiudere con una nota di speranza ^_^ Il povero Will è stato sconvolto e pieno di amarezza per quasi tutto il tempo, quindi era giusto farlo risollevare un po'... e visto che si sente meglio per merito di Bill, perché non mostrargli in qualche modo il suo affetto, la sua riconoscenza e la sua fiducia?

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 17/11/2023, 15:53) 
    Ho selezionato solo alcune parti, ma la storia l'ho amata in tutta la sua totalità! Mi piace perché è tanto introspettiva, tratti l'argomento con delicatezza, nonostante si molto emotiva e piena di emozioni! Poi i personaggi sono perfettamente in character che mi fa pensare davvero che sia una scena tagliata dal film! Complimentissimi! Semmai scrivessi altro su di loro, beh... nel mio cuore c'è posto per altri feelssss :wub:
    [...]
    Bella lettura, scorrevole e impeccabile, ancora complimenti!

    Grazie mille, sei carinissima :]

    CITAZIONE (Rue Ryuzaki @ 17/11/2023, 15:53) 
    Chissà come l'ha vissuta Bill il fatto di essere nonno... :woot:

    Penso che ne sia stato contento (si può intuire da alcuni accenni nel mio testo), anche se non se l'aspettava. La sua prospettiva è un po' diversa da quella di Will: un uomo che diventa padre viene messo a confronto con il proprio senso di responsabilità, mentre un nonno magari sente il peso dell'età che avanza, ma la maggiore esperienza può renderlo più saldo e sicuro rispetto a un neo-papà :) Comunque, credo che al buon vecchio nonno Bill non siano mancanti i momenti di ansia e incertezza, dato che non è esattamente un esperto di sentimenti... Diciamo che accenno qualcosa in merito in un'altra mia fanfic ;)
     
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    Elizabeth Swann Ciao! :)
    Finalmente sono passata!
    Devo dire che questa fan-fiction è stato davvero un piacere leggerla. È da un po' che non leggevo fan-fiction. Le tue, sulla saga dei "Pirati dei Caraibi" sono sempre un onore leggere. Le ho trovate fino a ora complete e soprattutto introspettive.
    Questa l'inizio si presenta triste e un po' angosciante devo sottolineare, ma ovvio non in senso negativo. Ha un bel incipit che presagisce un po' la successiva atmosfera cupa e malinconica.
    Lo stile narrativo l'ho apprezzato molto. Hai dosato bene le parole, soprattutto gli aggettivi correlati ai sostantivi. Il testo è scorrevole, quasi perfetto.
    Ho apprezzato sempre le descrizioni anche se quest'ultime le avrei approfondite un pochino di più.
    Secondo me qui, l'introspezione e la caratterizzazione è molto profonda e completa. Le loro emozioni e le loro emozioni traspaiono in modo vivido e concreto, anche accentuate dai gesti e dai loro sguardi di scambio. Anche i loro pensieri/discorsi introversi qui, ho notato subito, vengono molto evidenziati rispetto alle altre tue fan-fiction. Mi è piaciuto molto entrare proprio nelle loro menti e capire subito cosa provavano in quel momento un po' di tensione. Ho percepito sì della tensione, ma non negativa. Quella buona che esiste fra genitore e figlio adulto. Fra padre e figlio.
    Bill è preoccupato, molto preoccupato come sempre, povero, :cry: per il figlio, per il destino di suo figlio. Secondo me si sente, come sempre anche su questo aspetto, in colpa per non essere abbastanza, per non aver fatto abbastanza per suo figlio e per non esserci stato nella sua infanzia. Lo vedo un uomo ucciso anche lui dal suo destino, come se rimpiangesse le scelte fatte in passato. Io lo interpreto così Bill. Ma adesso a Will di nuovo vivono e potrebbe recuperare il tempo perso. Sono sicuro che lo farà...comunque lo vedo allo stesso tempo anche un po' più sereno, più leggero e sicuramente adesso si sente più realizzato di prima, poiché oltre a essere padre fra poco sarà pure nonno Bill :XD: Ci piace vederlo nonno. <3
    Will secondo me è un po' pieno di sensi di colpa come già scritto in altre fan-fiction e si aggiungono anche dei non rimpianti, forse ripensamenti. Devo capire ancora bene se gli piace o meno essere finiti Capitano o meno. Io credo che lo avrà accettato solo con il passare dei decenni e dopo aver visto almeno una volta il figlio. Comunque ha ragione, la vita ha volte gioca davvero brutti scherzi per non parlare che a volte veramente il nostrodestino sia stato scritta su un foglio con un pennarello indelebile. Capisco quanto più far male stare lontani dalla persona amata. Ho proprio percepito questo suo fardello, questa sua sofferenza interiore. :cry: >_< Ma che possiamo farci ormai? Comunque è e sarà un bel e buon padre anche se lontano. Bill lo rassicura in qualche modo perché ci è passato anche lui. Hanno avuto una vita entrami molto simile. Forse è la paura più grande che Will ha adesso: quello di non essere abbastanza per il figlio di non essere presente, lo stesso che, secondo me, Bill pensava di sé stesso. E questi due personaggi si capiscono, si confortano e si capiscono molto. Quanto li ho amati! <3 :wub:
    Mi è piaciuta tantissimo! Davvero! :]
     
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    -Laura- grazie per essere passata a leggere! E che parole gentili mi hai riservato cupidarrow Cerco di scrivere le mie storie meglio che posso e per le fanfiction non faccio eccezione.

    CITAZIONE (-Laura- @ 3/1/2024, 19:28) 
    Ho apprezzato sempre le descrizioni anche se quest'ultime le avrei approfondite un pochino di più.

    Le descrizioni degli ambienti, come forse ormai sai, non sono propriamente il mio forte... In questo caso specifico, peraltro, ammetto che le trovavo un po' superflue, così mi sono limitata all'essenziale perché volevo concentrare tutta la mia attenzione sulle emozioni e i sentimenti dei personaggi :)

    CITAZIONE (-Laura- @ 3/1/2024, 19:28) 
    Secondo me qui, l'introspezione e la caratterizzazione è molto profonda e completa. Le loro emozioni e le loro emozioni traspaiono in modo vivido e concreto, anche accentuate dai gesti e dai loro sguardi di scambio. Anche i loro pensieri/discorsi introversi qui, ho notato subito, vengono molto evidenziati rispetto alle altre tue fan-fiction. Mi è piaciuto molto entrare proprio nelle loro menti e capire subito cosa provavano in quel momento un po' di tensione.

    Ti ringrazio ancora ^_^
    Sì, probabilmente questa è una delle mie fanfiction più introspettive. Penso che il tema della paternità si presti a molte riflessioni, soprattutto in una situazione particolare come quella vissuta da Will (e da Bill).

    CITAZIONE (-Laura- @ 3/1/2024, 19:28) 
    Bill è preoccupato, molto preoccupato come sempre, povero, :cry: per il figlio, per il destino di suo figlio. Secondo me si sente, come sempre anche su questo aspetto, in colpa per non essere abbastanza, per non aver fatto abbastanza per suo figlio e per non esserci stato nella sua infanzia. Lo vedo un uomo ucciso anche lui dal suo destino, come se rimpiangesse le scelte fatte in passato. Io lo interpreto così Bill. Ma adesso a Will di nuovo vivono e potrebbe recuperare il tempo perso. Sono sicuro che lo farà...comunque lo vedo allo stesso tempo anche un po' più sereno, più leggero e sicuramente adesso si sente più realizzato di prima, poiché oltre a essere padre fra poco sarà pure nonno Bill :XD: Ci piace vederlo nonno. <3

    Concordo con te! Bill è un uomo tormentato dai rimpianti e dai rimorsi, ma adesso ha una speranza di rimediare in parte agli errori commessi in passato. Penso che quel barlume di serenità che hai colto in lui si debba al suo desiderio di mostrarsi forte per suo figlio quando quest'ultimo non riesce a esserlo, offrendogli il conforto che solo un buon genitore può dare. E sì, adesso sarà anche nonno ed è una bella cosa :]

    CITAZIONE (-Laura- @ 3/1/2024, 19:28) 
    Will secondo me è un po' pieno di sensi di colpa come già scritto in altre fan-fiction e si aggiungono anche dei non rimpianti, forse ripensamenti. Devo capire ancora bene se gli piace o meno essere finiti Capitano o meno.

    Temo che al momento non lo sappia nemmeno lui. Di sicuro vede il lato più amaro della sua condizione (la lontananza forzata da Elizabeth e, adesso, anche dal loro figlio prossimo a venire al mondo), ma penso che ciò sia comprensibile. Gli è caduto sulle spalle un compito difficile e la scoperta della paternità è arrivata in modo inaspettato...

    CITAZIONE (-Laura- @ 3/1/2024, 19:28) 
    Capisco quanto più far male stare lontani dalla persona amata. Ho proprio percepito questo suo fardello, questa sua sofferenza interiore. :cry:

    Sì, era proprio ciò che intendevo trasmettere. Will desidera più che mai stare al fianco di sua moglie, ma in questo momento non gli è concesso e questo lo fa soffrire.

    CITAZIONE (-Laura- @ 3/1/2024, 19:28) 
    Comunque è e sarà un bel e buon padre anche se lontano. Bill lo rassicura in qualche modo perché ci è passato anche lui. Hanno avuto una vita entrami molto simile. Forse è la paura più grande che Will ha adesso: quello di non essere abbastanza per il figlio di non essere presente, lo stesso che, secondo me, Bill pensava di sé stesso.

    È esattamente così: Will sa per esperienza diretta cosa significa crescere con un padre assente e non vuole assolutamente causare lo stesso dolore a suo figlio. Purtroppo, la mancata vicinanza a Elizabeth e al bambino non è una cosa che dipende da lui... :(
    Per fortuna che c'è Bill, pronto a sostenerlo e a consolarlo, ricordandogli che non è solo lì sull'Olandese (e che Elizabeth non smetterà di amarlo) <3
     
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    Elizabeth Swann Ti faccio i miei più vivi complimenti per lo studio minuzioso di questi due personaggi.
    Li hai resi perfettamente IC e credibili, a parer mio. è una fan fiction densa di malinconia, ma che, per fortuna, si alleggerisce un po' verso la fine. Come dice Bill, in fondo, una nascita non può che portare speranza, no?
    Sei stata molto equilibrata e non hai, diciamo, giudicato il vecchio Sputafuoco che, già di suo, vive di rimpianti e rimorsi. Penso che lo rincuori il fatto che Will non sia come lui, pirata per fato più che per vera scelta, tanto che si allarma e si incolpa al pensiero di lasciare Elizabeth sola e incinta del loro bambino, cosa che, immagino, non avesse toccato più di tanto Bill ai tempi, in quanto il richiamo del mare dev'essere stato più forte. Credo che Will si preoccupi tantissimo, in generale, per le persone amate, a tratti troppo, senza mai pensare a sé stesso e, a volte, questo può risultare molto pesante. Per fortuna, la "tua" calipso ha tratti benevoli e non gli impedirà di conoscere il nascituro e rivedere la moglie prima dei dieci anni. Will, saggiamente, decide di recuperare la relazione col padre, pur con tutte le difficoltà del caso, senza soffermarsi troppo sul passato, un passato che inchioda molto di più Bill, impedendogli di vivere con serenità il rapporto col figlio prima e col nipote poi. Un personaggio decisamente struggente, pur con le sue colpe e difetti. Commovente come Will abbia sempre, da quando l'ha ritrovato sull'Olandese, cercato di salvarlo, non tanto perché lo meritasse, non era certo esente da colpe nei confronti della famiglia, ma perché un uomo giusto e retto avrebbe fatto questo e sappiamo quanto Will sia onesto e leale.
    Grazie di aver approfondito un personaggio che non ha molto spazio nella saga, è sempre un piacere leggerti.
     
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    Prima o poi, se continuo a ricevere complimenti, esaurirò il numero di faccine che arrossiscono! In questi giorni tu e altre utenti mi state lasciando davvero dei commenti carinissimi, non so più come esprimere la mia gratitudine… blush
    È una vera gioia sapere che ciò che scrivo viene letto così volentieri. Regalare letture piacevoli è ciò che ho sempre desiderato come aspirante scrittrice, ma anche come semplice fan-writer che ogni tanto avverte l’esigenza di dedicarsi ai personaggi che ama creati da altri. In questo caso particolare, poi, puntavo a scrivere una fanfiction piena di emozioni forti, “scomode” se vogliamo, quindi forse i complimenti ricevuti mi fanno ancora più effetto. Inoltre, quando mi si dice che mantengo i personaggi fedeli a sé stessi vado in brodo di giuggiole, lo confesso. blush-anim-cl

    CITAZIONE (Magic_Charly @ 22/4/2024, 19:15) 
    Sei stata molto equilibrata e non hai, diciamo, giudicato il vecchio Sputafuoco che, già di suo, vive di rimpianti e rimorsi. Penso che lo rincuori il fatto che Will non sia come lui, pirata per fato più che per vera scelta, tanto che si allarma e si incolpa al pensiero di lasciare Elizabeth sola e incinta del loro bambino, cosa che, immagino, non avesse toccato più di tanto Bill ai tempi, in quanto il richiamo del mare dev'essere stato più forte.

    Sono d’accordo. Bill non era un uomo con la vocazione per la paternità, s’intuisce molto bene nel secondo film, nella scena in cui lui e Will si salutano dopo il furto della chiave di Davy Jones. Ciò non significa, ovviamente, che Turner Senior non possa avere dei rimpianti o che non sia una brava persona. Personalmente provo compassione per lui e mi sento toccata dai suoi sensi di colpa. Se penso a cosa deve provare dopo essersi reso conto che ha combattuto contro suo figlio senza riconoscerlo e, in un secondo momento, si è visto costretto a cavargli il cuore… Pover’uomo! ;_;


    Su Will non mi esprimo, hai detto tutto tu e gli hai reso pienamente giustizia (che poi è ciò che che cerco di fare io stessa nelle mie storie a lui dedicate). Grazie ancora per la lettura e per il commento approfondito <3
     
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8 replies since 18/10/2023, 21:18   107 views
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